La rinegoziazione di un mutuo ad un tasso maggiore non costituisce circostanza ostativa alla deduzione degli interessi passivi

07 Settembre 2023

Una società immobiliare di diritto tedesco, con sede operativa in Italia, che ha per oggetto la compravendita di beni immobili in nome proprio e nell'interesse del fondo patrimoniale per il quale ha la gestione, ha impugnato il diniego di rimborso della maggiore Ires versata in ragione della mancata deduzione dall'imponibile degli interessi passivi pagati su un mutuo quinquennale rinegoziato, in prossimità della scadenza, con un nuovo istituto di credito ad un maggiore tasso di interesse annuo.
Massima

L'Amministrazione finanziaria non può disconoscere la deducibilità degli interessi passivi riferiti ad un mutuo ipotecario rinegoziato ad un tasso più elevato e, quindi, non può opporre il diniego alla richiesta di rimborso della maggiore imposta calcolata sull'imponibile da cui non sono stati scomputati detti oneri, in quanto né la legge, né i documenti di prassi pongono, quale condizione per la deducibilità, l'invarianza o la riduzione dei tassi nei casi di rinnovazione, rinegoziazione o proroga dei mutui ipotecari.

Il caso

In specie, la società in questione ha presentato interpello circa la deduzione degli interessi passivi per il mutuo, ricevendo risposta positiva alla duplice condizione che:

L'Agenzia delle entrate ha negato il rimborso eccependo che il perfezionamento, da parte della società, della procedura di adesione su PVC (anno di imposta 2011) relativo alla deduzione di costi per “management fees”, nonché alla omessa applicazione di ritenute alla fonte, rendeva irretrattabile il rapporto tributario, ormai cristallizzato sull'imponibile Ires.

I giudici di prime cure hanno accolto la tesi erariale; i giudici di appello hanno, invece, riformato la sentenza oggetto di impugnativa, sull'assunto che si trattava di procedura di adesione su PVC parziale, non incidente sui profili del rimborso per interessi passivi corrisposti, per cui doveva ritenersi legittima l'istanza di rimborso proposta dalla parte contribuente, anche perché rispettosa delle condizioni non peggiorative del precedente mutuo rinegoziato.

L'Avvocatura ha, quindi, proposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello.

La Suprema Corte, sezione Tributaria, investita della controversia, ha riconosciuto che la questione della deduzione degli interessi passivi del mutuo non è in alcun modo coperta dalla procedura di adesione la quale ha riguardato, invece, la deduzione di costi per “management fees”, nonché l'omessa applicazione di ritenute alla fonte.

Affermano i Giudici di legittimità, pertanto, che “la contribuente non era limitata nella sua istanza di rimborso per mancata deduzione degli interessi passivi di mutuo dal solo fatto di aver aderito ad un PVC parziale che riguardava tutt'altro profilo impositivo”.

Per quanto riguarda la possibilità di dedurre il costo degli interessi passivi del mutuo, la Suprema Corte ha statuito che l'astratta applicazione, nel finanziamento successivo, di condizioni più onerose, non è prevista dal legislatore come causa di indeducibilità degli interessi passivi sicchè, “mancando una previsione di legge sulla invarianza (o riduzione) dei tassi nei casi di rinnovazione, rinegoziazione o proroga dei mutui ipotecari e mancando qualsiasi dubbio di antieconomicità e/o elusività dell'operazione, la tesi dell'Ufficio non può essere accolta”.

La sezione tributaria della Suprema Corte ha, pertanto, confermato la sentenza di secondo grado.

La questione

La questione ha origine dall'impugnazione del rifiuto opposto dall'Amministrazione finanziaria avverso la richiesta di rimborso, presentata dalla società, della maggiore Ires versata in ragione della mancata deduzione dall'imponibile degli interessi passivi pagati su un mutuo quinquennale rinegoziato, in prossimità della scadenza, con un nuovo istituto di credito ad un maggiore tasso di interesse annuo.

L'Agenzia delle entrate ha negato il rimborso rilevando che:

a) La società aveva perfezionato la procedura di adesione con riferimento ai rilievi relativi alla deduzione di costi per “management fees”, nonché alla omessa applicazione di ritenute alla fonte, sicchè tale adesione rendeva irretrattabile il rapporto tributario, ormai cristallizzato sull'imponibile Ires, né modificabile per fatti sopravvenuti i quali, di riflesso, incidono su di una quantificazione definitiva, perché pattuita da entrambe le parti. In specie, secondo l'Ufficio, si trattava di un PVC che sarebbe potuto scaturire in un accertamento parziale, ma anche generale;

b) La risposta ad interpello proposto dalla società circa la deduzione degli interessi passivi del mutuo in questione (e, quindi, circa la possibilità di avere il rimborso della maggiore imposta calcolata sull'imponibile da cui detti interessi non sono scomputati) prevedeva la possibilità di deduzione se (i) le condizioni del secondo mutuo non fossero peggiorative; (ii) la somma rinegoziata non fosse maggiore dell'originario debito assunto.

L'Agenzia delle entrate è risultata vittoriosa in primo grado; i giudici di secondo grado hanno accolto le ragioni della società contribuente.

L'Avvocatura ha, quindi, proposto ricorso per Cassazione articolando due motivi di gravame.

Con il primo motivo l'Avvocatura denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997, nonché dell'art. 41-bis del d.P.R. n. 600/1973 e dell'art. 1362 c.c..

La censura è volta ad evidenziare che il collegio di appello non ha svolto adeguata verifica sul carattere esclusivamente parziale del PVC, da cui sarebbe potuto scaturire anche un accertamento complessivo.

Con il secondo motivo l'Avvocatura deduce la violazione dell'art. 1, comma 36, della Legge n. 2004/2007.

L'Avvocatura ritiene che l'interpello richiesto dalla società per la deduzione degli interessi passivi del mutuo, ha consentito la deduzione degli stessi (e, quindi, il rimborso della maggior imposta calcolata sull'imponibile da cui detti interessi non sono stati scorporati) purchè il mutuo rinegoziato non fosse per importo superiore a quello originario ed a condizioni peggiorative.

Sui confini dell'adesione al PVC

I Giudici di legittimità hanno ritenuto non fondato il primo motivo di ricorso, in quanto i rilievi di cui al PVC riguardavano la deduzione di costi per “management fees”, nonché l'omessa applicazione di ritenute alla fonte, ma non la deduzione degli interessi passivi del mutuo in questione.

Pertanto, tale ultima questione non è in alcun modo coperta dalla procedura di adesione, non potendo essere estesa ad altre fattispecie non contenute in detto PVC. Secondo i Giudici, “diversamente opinando, la definizione con adesione per un rilievo parziale inerente ad una categoria di imposta, per esempio l'Ires, finirebbe per sigillare ogni ulteriore contestazione o istanza di rimborso per profili diversi di quella medesima imposta, in quanto incidente sull'imponibile convenzionalmente fissato. Cosi non è”.

Proseguono i Giudici ad affermare che “e la circostanza che al PVC citato non sia seguito nuovo ed ulteriore rilievo, significa che il suo carattere parziale è dimostrato non solo dal nomen iuris, ma anche dalla sua natura, dalla sua estensione circoscritta a determinati profili che non possono definire irretrattabilmente tutto il rapporto tributario per quell'anno di imposta”.

Sulla deduzione degli interessi passivi del mutuo rinegoziato

I Giudici di legittimità hanno ritenuto non fondato anche il secondo motivo di ricorso, ritenendo dirimente, ai fini della questione, la circostanza per la quale non vi è indicazione legislativa in ordine al limite del peggioramento delle condizioni di finanziamento per la deducibilità dei costi degli interessi passivi del mutuo.

La Suprema Corte ha statuito come la portata del comma 36 dell'art. 1 della Legge n. 244/2007 sia estremamente ampia, tanto da non giustificare limitazioni né sul piano oggettivo, delle tipologie di immobili considerate, né sul piano funzionale, degli obiettivi dell'indebitamento.

Osservano i Giudici come, nel caso di specie, l'indeducibilità degli interessi passivi promani dalla risposta all'interpello richiesto dalla società la quale (risposta), peraltro, non fornisce un criterio di valutazione di miglioramento o di peggioramento del tasso.

Inoltre, l'operazione posta in essere dalla società è documentata ed, infatti, l'Erario non qualifica mai tale operazione nei termini di manovra elusiva da parte della società per garantirsi un più ampio valore di deducibilità degli interessi.

La soluzione giuridica

I Giudici della Suprema Corte sono pervenuti alle seguenti conclusioni:

a)

l'adesione, per la sua natura di atto negoziale, non potrebbe avere ad oggetto profili non circoscritti e non individuati in un PVC o in un atto impositivo” (nella specie, il rilievo non contenuto nel PVC era quello della deducibilità dei costi per interessi passivi riferiti ad un mutuo rinegoziato ad un maggiore tasso di interesse annuo).

b)

l'astratta applicazione, nel finanziamento successivo, di condizioni più onerose, non è prevista come causa di indeducibilità degli interessi passivi da alcuna disposizione di legge, né da atto amministrativo generale o circolare”.

Osservazioni

Con la sentenza in commento i Giudici della sezione tributaria hanno ben delineato i contenuti sia del procedimento di accertamento con adesione, sia della normativa sulla deducibilità degli interessi passivi riferiti ad un contratto di mutuo.

La Suprema Corte ha giustamente riconosciuto, in primis, come l'accertamento definito in adesione sia irretrattabile, non impugnabile e come non tolleri istanze di rimborso, valendo ciò solo con riferimento ai profili dell'imposta oggetto dello stesso. Tale principio non può, invece, essere predicabile per profili diversi dell'imposta interessata dall'adesione e la ragione di tale esclusione deriva dalla natura di atto negoziale dell'adesione.

Altrettanto condivisibilmente i Giudici hanno statuito come mancando una previsione di legge sulla invarianza (o riduzione) dei tassi nei casi di rinnovazione, rinegoziazione o proroga dei mutui ipotecari ed in assenza di qualsiasi dubbio di antieconomicità e/o elusività dell'operazione, l'Amministrazione finanziaria non può disconoscere la deducibilità di tali interessi e, quindi, non può opporre il diniego alla richiesta di rimborso della maggiore imposta calcolata sull'imponibile da cui non sono stati scomputati detti oneri, qualora il mutuo venga rinegoziato ad un tasso maggiore.

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