Non sanzionabile il rappresentante doganale diretto per i dati forniti dall'importatore

11 Settembre 2023

La Cassazione, con ordinanza n. 21053/2023, intervenuta in un caso di rettifica del valore della merce dichiarata in dogana ed in relazione all'eccepita legittimazione passiva in via solidale con l'importatore dello spedizioniere che abbia operato in rappresentanza doganale diretta, ne ha escluso la responsabilità nel caso in cui questo si sia limitato a depositare la dichiarazione che sia stata predisposta dall'importatore con dati da questo comunicati.
Massima

È viceversa configurabile la sua responsabilità solo qualora la Dogana abbia dato prova che sia stato lo stesso spedizioniere, in rappresentanza diretta, in relazione alla dichiarazione doganale depositata, a fornire i dati o allegare i documenti di cui conosceva o ne avrebbe dovuto conoscere l'erroneità, l'irregolarità, l'invalidità, l'incompletezza, o la non veridicità.

Il caso

La vicenda origina da un atto di irrogazione delle sanzioni emesso dall'Agenzia delle Dogane nei confronti di un operatore doganale, agente in qualità di spedizioniere e rappresentante doganale diretto della società importatrice, a titolo di responsabilità solidale e per essere stato autore materiale della sotto fatturazione del valore della merce importata.

Lo spedizioniere proponeva ricorso che veniva respinto in primo grado, a cui seguiva appello con medesimo esito da parte del secondo giudice che riteneva corretta la rideterminazione del valore di transazione dichiarato, sussistendo fondati dubbi sulla veridicità dello stesso ed avendo correttamente la Dogana fatto riferimento alla banca dati Cognos/Merce.

Di qui, secondo la CTR, derivava la corretta irrogazione della sanzione in capo allo spedizioniere “in quanto il contribuente, attesa la sua qualifica professionale, era tenuto a controllare con diligenza la corrispondenza tra la dichiarazione presentata alla dogana e la situazione oggettiva della merce risultante dalla documentazione fornita dall' imprenditore”.

Per tale giudice sussistevano i presupposti per il riconoscimento della responsabilità solidale del contribuente dal momento che questo, essendo tenuto ad asseverare i dati delle dichiarazioni presentate alla dogana, aveva correlativamente un obbligo di verificare la corrispondenza dei dati contenuti nelle dichiarazioni presentate con i documenti sui quali le stesse si basavano, attestando la regolarità dell'operazione doganale, “completa dei documenti necessari e rispondente ai requisiti richiesti dalla normativa vigente per potere essere effettuata”.

La questione

La Corte ha, quindi, inteso verificare se, “in caso di rettifica del valore della merce dichiarata in dogana, possa dirsi sussistente la legittimazione passiva, in via solidale con l'importatore, dello spedizioniere che abbia operato in rappresentanza diretta”, a fronte altresì, come eccepito dal ricorrente, sia dell'illegittimità di forme di responsabilità oggettiva dello spedizioniere “che risponderebbe, sotto il profilo sanzionatorio, unicamente per il solo fatto della qualifica rivestita e indipendentemente dal contributo apportato”, sia della necessità di applicare correttamente il disposto dell'art. 11 del D.Lgs. 472/1997 ai fini della individuazione della responsabilità del contribuente (dipendente) nel pagamento della sanzione.

La soluzione giuridica

Le forme della rappresentanza in dogana e i limiti della responsabilità del rappresentante “dichiarante”.

La Corte qui riferisce come la CTR avesse sostenuto la responsabilità solidale del contribuente in diretta conseguenza dell'asseverazione dei dati delle bollette presentate, e “pur non potendo avere lo spedizioniere una conoscenza diretta della merce presentata in dogana”, derivava in ogni caso il suo obbligo di verificare, in base alla specifica esperienza professionale, la corrispondenza dei dati contenuti nelle medesime.

La Corte, correttamente ed in coerenza con il dato normativo unionale interpretato dalla Corte di giustizia UE, ha rigettato in radice l'impostazione dei giudici di merito in quanto non rispondente “ai principi espressi da questa Corte in ordine ai limiti ed ai presupposti per la configurabilità di una responsabilità solidale dello spedizioniere che ha operato in rappresentanza diretta”.

La Cassazione richiama in sentenza un proprio precedente (sent. 2020/7258) in cui si discuteva circa la responsabilità del rappresentante diretto, per ricordare che la dichiarazione doganale può essere fatta (v. gli artt. 18, 19 e 77, par. 3, del CDU - Codice doganale dell'Unione) personalmente dall'importatore o a mezzo di un rappresentante diretto o indiretto. Nella rappresentanza diretta il rappresentante agisce in nome e per conto di terzi, in quella indiretta egli agisce a nome proprio ma per conto di terzi. Mentre la rappresentanza indiretta è libera, quella diretta implica tanto l'iscrizione in un apposito albo professionale istituito con la L. 1960/1612 quanto il puntuale rispetto della disciplina prevista da tale legge nonché dalla successiva L. n. 213/2000.

Nei casi di rappresentanza in dogana, sia essa diretta o indiretta, al fine di individuare eventuali responsabilità del soggetto che redige e presenta la dichiarazione doganale, esclusa qualsiasi forma di responsabilità oggettiva dell'operatore (come invece sembra aver qui valorizzato la CTR) che non può mai rilevare anche per l'assenza di chiari riferimenti in tal senso tanto nel CDU quanto nei suoi regolamenti delegato RD e di esecuzione RE, è necessario che la Dogana verifichi, volta per volta, le dinamiche effettive dell'operazione per poter argomentare le contestazioni in capo al rappresentante.

Quanto alla rappresentanza indiretta, brevemente, eccetto che nei casi di accertata partecipazione ad illeciti doganali da parte del rappresentante, la Corte UE ha da sempre escluso ogni tentativo di diretta equiparazione rappresentante indiretto-dichiarante-debitore, ipotesi al confine con la responsabilità oggettiva dell'operatore (si vedano, tra i tanti, C-1/21, p. 74; C-4/20, p. 36; C‑499/10, p. 24; C‑384/04, p. 32 e 33; nonché le argomentazioni del leading case Optigen, in C-354/03, p. 52) in quanto strumento eccedentequanto è necessario per preservare i diritti dell'Erario” e come tale, quindi, considerata sproporzionata.

Da tale ipotesi va invece tenuta distinta quella relativa alla “solidarietà” del rappresentante indiretto “unitamente” al suo committente (art. 77, par. 3, CDU).

Anche da ultimo la Corte UE (v. C-714/20, p. 42) ha rimarcato come da tale norma risulti che “tanto il rappresentante doganale indiretto, quale dichiarante, quanto l'importatore per conto del quale esso presenta tale dichiarazione hanno la qualità di debitori”, in tal modo escludendo un diritto di esclusiva “a favore” del rappresentante e rimarcando che (p. 46) l'art. 84 del CDU (in tema di solidarietà per pluralità di debitori) “riguarda esplicitamente l'obbligazione doganale, prevedendo che, quando per l'importo del dazio all'importazione o all'esportazione corrispondente a siffatta obbligazione esistono più debitori, essi ne sono responsabili in solido”.

La responsabilità “principale”, aggiunge però la Corte UE, è dell'importatore/rappresentato, nel senso che “l'operatore che si rivolge ad un agente doganale, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga nel contesto di una rappresentanza diretta o indiretta, è in ogni caso debitore dell'obbligazione doganale nei confronti delle autorità doganali e non può esimersi dalle sue responsabilità adducendo gli errori commessi da tale agente” (v. C-78/10, p. 58; C-38/07, p. 52; C-443/05, p. 186 e 187).

Tale passaggio è poi specificato sostenendo che l'importatore “che si è rivolto ai servizi di un agente doganale non può sottrarsi al recupero di dazi doganali invocando la propria inesperienza in materia di formalità doganali. Infatti, se del caso, gli operatori potrebbero eludere il requisito relativo all'esperienza professionale avvalendosi sistematicamente dei servizi di specialisti in materia doganale e, pertanto, contrariamente a quanto sostiene la H & S, sarebbero gli operatori che realizzano da soli le proprie operazioni doganali ad essere sfavoriti con riferimento alla procedura prevista dall'art. 239 del codice doganale” (C-38/07, p. 53).

Tali argomentazioni erano state rappresentate anche dall'Avvocato Generale P. Mengozzi nelle proprie conclusioni in C-443/05 (p. 132), poi recepite in sentenza dalla Corte UE, ove affermava che “Comunque, anche a supporre che la responsabilità dell'agente doganale per il pagamento dei diritti all'importazione e per la regolarità dei documenti presentati alle autorità doganali sussista pure nel caso in cui le dichiarazioni doganali siano dal medesimo effettuate non in nome proprio, ma in nome dell'importatore, ciò non manderebbe di per sé quest'ultimo esente dalla medesima responsabilità”.

Del resto, ragionando diversamente, ovvero “addossando” al rappresentante la responsabilità “a prescindere” o solo perché ha presentato la dichiarazione doganale, e senza indagare “realmente” circa le modalità effettive della singola operazione doganale (analisi del contratto di mandato, della spedizione, delle condizioni di resa applicate, rapporti tra fornitore ed importatore, etc.), presterebbe il fianco ad una facile elusione della norma, consentendo a qualunque importatore di escludere ogni addebito individuando un soggetto compiacente sul quale poter scaricare il peso della fiscalità e/o degli eventuali illeciti.

Occorre quindi che l'autorità doganale valuti, volta per volta, la responsabilità del rappresentante in chiave mediata e non già esclusiva/principale, a meno di accertata partecipazione volontaria di tale soggetto a disegni criminosi finalizzati all'evasione della fiscalità daziaria unionale, verificando quindi che vi sia stato, da parte dell'operatore, il rispetto del (differente) canone di diligenza che questi, quale operatore professionale, è tenuto pur sempre ad osservare (v. C-454/10; C-522/16; nonché Cassazione ord. n. 16625/2020; sent. nn. 13383/2019 e 5560/2019).

Una sintesi condivisibile la si rinviene nell'ord. 16625/2020 della Cassazione ove si legge che il fatto che l'art. 77 del CDU “preveda che la responsabilità del rappresentante indiretto sia solidale con il proprietario della merce o con l'importatore, non può comportare che le modalità di accertamento della responsabilità stessa - rispetto all'uno e all'altro - procedano in modo identico, a meno che non vi sia una vera e propria compartecipazione tra detti soggetti nell'attività fraudolenta” (anch'essa da dimostrare).

Quanto alla rappresentanza diretta, invece, nel precedente richiamato in sentenza (Cass. 2020/7258), si è correttamente evidenziato che (v. p. 4.1.4) la responsabilità del rappresentante diretto dell'importatore può sorgere, ai sensi dell'art. 201, p. 3, c. 2 del CDC (Reg. 2913/92 che istituisce un Codice Doganale Comunitario, sostituito dal CDU, v. il corrisp. art. 77, par. 3, c. 2) “solo nei limiti in cui egli abbia fornito i dati necessari alla stesura della dichiarazione pur essendo o dovendo ragionevolmente essere a conoscenza della erroneità dei dati medesimi. In tale ipotesi, nella visione sostanzialistica che ispira Codice doganale comunitario e, in generale, tutto il diritto della UE, avendo fornito i dati necessari alla stesura della dichiarazione doganale, il rappresentante diretto partecipa in qualche modo della dichiarazione dell'importatore e, quindi, può essere considerato debitore”.

La norma del CDC richiamata in sentenza, nella sostanza “riproposta” nel CDU, ricollega la nascita dell'obbligazione doganale all'importazione all'ipotesi in cui sia presentata in Dogana una dichiarazione redatta in base a dati che determinano la mancata riscossione, totale o parziale, dei dazi dovuti per legge. In tal caso “le persone che hanno fornito detti dati necessari alla stesura della dichiarazione, e che erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della loro erroneità, possono parimenti essere considerate debitori conformemente alle vigenti disposizioni nazionali”.

Nella definizione di tale “persona”, riferisce la Cassazione, può anche rientrare lo spedizioniere doganale in rappresentanza diretta, chiamato a rispondere in solido con l'importatore della fiscalità daziaria, ma solo nella misura in cui, però, (v. p. 4.3.2.) abbia egli stesso “fornito i dati o i documenti necessari alla stesura della menzionata dichiarazione e sia consapevole, o avrebbe dovuto esserlo, della erroneità di quei dati o dell'invalidità di quei documenti” (v. Cass. 12289/2020, p. 2.4).

In altre parole, prosegue la Corte in 2020/7258 (p. 4.3.2, lett. b)), la violazione, da parte del rappresentante diretto, dell'obbligo (v. art. 2, c. 6, L. 213/2000) di controllare “la regolarità, veridicità e completezza dei dati, nonché l'idoneità e la validità dei documenti allegati alla dichiarazione, si traduce in una responsabilità solidale al pagamento del tributo, per violazione degli obblighi professionali gravanti sullo spedizioniere, solo nel caso in cui la dichiarazione doganale si sia rivelata erronea in ragione della invalidità, irregolarità, inidoneità o incompletezza dei dati e dei documentiforniti dallo stesso spedizioniere e in base ai quali è stata redatta la dichiarazione”.

Viene in tal modo esclusa, condivisibilmente, la solidarietà del rappresentante diretto che si sia “limitato a depositare una dichiarazione utilizzando i dati e allegando i documenti forniti dall'importatore” (v. Cass. 12289/2020; nonché Cass. 2020/7258, p. 4.3.3, id est Cass. 2019/34621, p. 4.3.3).

È quindi configurabile una solidarietà ai fini daziari (e di conseguenza anche sanzionatori), per l'assenza di diligenza professionale, solo qualora la Dogana sia in grado di dimostrare che “egli stesso abbia fornito dati dei quali conosceva o avrebbe dovuto conoscere l' irregolarità, l'incompletezza e la non veridicità ovvero abbia allegato documenti dei quali conosceva o avrebbe dovuto conoscere l'inidoneità o l'invalidità, dati e documenti necessari alla redazione della dichiarazione poi rettificata” (v. p. 4.4).

In argomento attenta dottrina (v. M. Scuffi e F. Vismara, in “Il codice doganale dell'Unione”, Milano, 2021, pagg. 252 e ss.), riprendendo tali argomentazioni, ha evidenziato che una responsabilità può sussistere solo ove l'Ufficio provi che il rappresentante diretto “era, o avrebbe dovuto ragionevolmente essere, a conoscenza della loro erroneità o perché emergente ictu oculi o perché facilmente riscontrabile con l'uso della diligenza professionale qualificata richiesta”.

Occorre, in altri termini, proseguono gli Autori (richiamano Cass. 2019/33330, p. 3.1), anche “una autonoma condotta attiva di partecipazione alla introduzione irregolare della merce in dogana e un elemento soggettivo di conoscenza o ragionevole conoscibilità della sua irregolarità” (rich. Cass. 12141/2019 nonché Corte UE, C-522/16, p. 47-53).

Osservazioni

Le sanzioni e l'istituto dell'autore mediato

Quanto all'aspetto sanzionatorio, la ricorrente aveva correttamente valorizzato la violazione dell'art. 11 del d.lgs. 472/1997, sostenendo il principio della responsabilità personale dell'autore della violazione, non potendosi attribuire al rappresentante una responsabilità diretta “che prescinda dalla verifica di una effettiva colpevolezza in quanto meramente presunta”.

A fronte dell'assenza di norme dedicate alle sanzioni nel sistema normativo unionale (tranne il richiamo ai “principi” contenuti nell'art. 42 del CDU), si rende qui applicabile l'art. 1, c. 1, del d.lgs. 472/1997, secondo il quale “Nei casi in cui una violazione che abbia inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo è commessa dal dipendente … ovvero dal dipendente o dal rappresentante o dall'amministratore, …. nell'esercizio delle sue funzioni o incombenze, la persona fisica, la società, l'associazione o l'ente nell'interesse dei quali ha agito l'autore della violazione sono obbligati solidalmente al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso secondo le disposizioni vigenti”.

In argomento la medesima dottrina su richiamata ha ulteriormente evidenziato che, ai fini sanzionatori, “chiunque delegato nelle funzioni e titolarità elencate dalla norma potrà sempre essere assoggettato alle sanzioni derivanti dalle violazioni delle norme applicabili all'operazione doganale salvo che sia indotto in errore incolpevole, in tal caso rispondendo non l'autore materiale della violazione bensì colui che l'ha provocata quale autore mediato” ai sensi dell'art. 10 del d.lgs. 472/1997.

Non potrà quindi muoversi all'operatore alcuna eccezione in merito alla diligenza professionale dell'attività svolta ed in relazione alla presenza di errori per elementi in bolletta forniti direttamente dal proprietario delle merci (v. Cass. 34621/2019, p. 4.3.2).

Di qui potrà emergere l'addebito della responsabilità a titolo sanzionatorio in capo al soggetto per conto del quale si è agito, e ciò ai sensi dell'art. 10 del d.lgs. 472/1997, sulla base dell'istituto “dell'autore mediato”, per effetto del quale dovrà rispondere della violazione, in luogo dell'autore materiale, colui il quale abbia indotto altri in errore incolpevole (importatore/rappresentato).

Tali considerazioni sono state “condivise” anche dalla prassi agenziale (v. Circ. 22/D del 28.12.2015) che ritiene indenne da sanzione lo spedizioniere doganale abbia operato con piena e corretta diligenza professionale, nelle ipotesi in presenti una dichiarazione doganale contenente “elementi rivelatisi successivamente errati forniti dal proprietario delle merci e la cui inesattezza non poteva emergere dalla valutazione professionale operata, secondo i parametri di cui al citato art. 1176, 2 comma c.c., con conseguente responsabilità a titolo sanzionatorio del soggetto per conto del quale essi hanno agito” (rich. la Circ. 292/1998).

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