L’attività stragiudiziale resa dall’avvocato nell’interesse del condominio va sempre autorizzata dall’assemblea?
09 Ottobre 2023
Massima L' iniziativa dell'amministratore di avvalersi della collaborazione di un terzo per lo svolgimento di attività di ordinaria amministrazione, nell'alveo delle proprie specifiche prerogative, è essa stessa iniziativa che si pone al di fuori dell'ordinaria amministrazione, per cui la prestazione professionale eseguita da un avvocato esula dalle fattispecie per le quali l'amministratore possa unilateralmente decidere di nominare un legale del condominio in assenza di apposita autorizzazione dell'assemblea condominiale. Il caso Il condominio conveniva in giudizio in Tribunale un avvocato, al fine di ottenere la riforma della sentenza di primo grado emessa dal Giudice di Pace con cui veniva condannato al pagamento di € 1.500,00, oltre alle spese di lite, in conseguenza dell’accoglimento della richiesta di pagamento di compensi professionali per attività stragiudiziale dal medesimo svolta. Precisamente, il condominio proponeva i seguenti motivi di appello: a) il Giudice di Pace aveva erroneamente applicato gli artt. 1130, 1131 e 1135 c.c. ritenendo che l'amministratore di condominio, nel conferire mandato professionale ad un avvocato per svolgere attività stragiudiziale in favore del condominio, non necessiti di apposita autorizzazione dell' assemblea condominiale; b) una errata/omessa valutazione delle risultanze istruttorie; c) una errata statuizione in merito al principio di non contestazione sulla congruità delle somme chieste. L’avvocato convenuto si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata, sostenendo che: a) il giudice aveva correttamente accolto la domanda, ritenendo che l'amministratore possa provvedere a nominare un avvocato del condominio in assenza di una previa delibera assembleare; b) solamente gli atti di amministrazione straordinaria necessitano di delibera assembleare; c) l'attività svolta dal legale in favore del condominio risulta dai documenti prodotti in causa. La causa veniva istruita solo documentalmente. Il Tribunale accoglieva l’appello, riformando integralmente la sentenza del Giudice di Pace, con condanna dell’appellato a rifondere all’appellante le spese legali del primo e secondo grado di giudizio. La questione Si tratta di inquadrare l'attività professionale in àmbito stragiudiziale svolta da un avvocato incaricato dall'amministratore di condominio, ovvero se essa rientri nell'alveo delle ordinarie attribuzioni dell'amministratore stesso ai sensi dell'art. 1130 c.c. o se essa inerisca alla salvaguardia degli interessi del condominio, necessitando, in questa ultima situazione, di una autorizzazione preventivamente deliberata dall'assemblea condominiale. Le soluzioni giuridiche Il Tribunale di Treviso affronta la questione in analisi, in primis, soffermandosi su quali fattispecie l'amministratore possa nominare un avvocato senza la delibera dell'assemblea condominiale. In particolare, ai sensi dell'art. 1131, comma 2, c.c., nelle controversie che riguardano il condominio, l'amministratore è l'unico soggetto legittimato ad essere evocato in giudizio e, quindi, tenuto a nominare un avvocato in assenza di una previa delibera assembleare, al fine di tutelare gli interessi dell'ente di gestione e consentirne così la costituzione in giudizio (ad esempio, in caso di impugnativa da parte di un condomino di una delibera assembleare). In un'altra ipotesi, quella disciplinata dall'art. 63 disp. att. c.c., l'amministratore può chiedere all'Autorità giudiziaria l'emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti di un condomino inadempiente sulla base del piano di riparto approvato dall'assemblea, anche in questa evenienza senza la preventiva autorizzazione della assemblea, potendo conferire direttamente mandato ad un avvocato di sua fiducia (si pensi, altresì, al giudizio nascente dalla opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del condomino moroso). Nella fattispecie in esame, a seguire, il Tribunale indaga la tipologia di attività professionale svolta dal legale - su incarico dell'amministratore - esclusivamente stragiudiziale riguardante la revisione di una lettera scritta dall'amministratore (e poi inviata al condomino interessato), la disamina di verbali di assemblea, dei pareri telefonici. Secondo la prospettazione offerta, l'attività professionale svolta dal legale era a supporto delle ordinarie attribuzioni dell'amministratore ex art. 1130 c.c., peraltro non profilandosi situazioni di urgenza che ne avessero indirizzato l'azione. Pertanto, detta attività di ausilio alla mansione dell'amministratore non può essere posta a carico del condominio senza una specifica approvazione dell'assemblea dell'ente di gestione. Quanto ai restanti motivi di impugnazione, essi risultano superflui. Pertanto, il Tribunale di Treviso, definitivamente pronunciando, accoglieva l'appello, rigettava le domande di parte appellata e, stante il principio della soccombenza, condannava l'avvocato al pagamento in favore del condominio delle spese di lite del primo grado e della fase di appello . Invece, dichiarava inammissibile la richiesta di condanna dell'appellata alla restituzione delle somme che si assumono versate in ragione della sentenza di primo grado, in quanto genericamente prospettata e non documentata. Osservazioni La pronuncia in esame affronta l'àmbito dell'attività professionale che un avvocato può svolgere, su incarico dell'amministratore, nell'interesse del condominio medesimo e, quindi, previa specifica autorizzazione dell'assemblea. Il nodo centrale della disamina riguarda, in primis, la legittimazione dell'amministratore di condominio che, dal lato attivo, coincide con i limiti delle sue attribuzioni derivanti dall'art. 1131 c.c. (mentre, dal lato passivo, non incontra impedimenti sussistendo in merito ad ogni azione che concerna le parti comuni dell'edificio). Secondo la predetta disposizione codicistica, egli è dunque legittimato ad agire in giudizio nei confronti dei singoli condomini e dei terzi ai fini delle attribuzioni che gli sono proprie dall'art. 1130 c.c. (nel testo originario del codice civile), ossia, in particolare: 1) eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini; 2) disciplinare l'uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell'interesse comune; 3) riscuotere i contributi dai condomini in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria; 4) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti relativi alle parti comuni dell'edificio. Nelle circostanze di cui sopra, l'amministratore di condominio può provvedere a nominare un avvocato del condominio senza una previa delibera di autorizzazione dell'assemblea: si tratta, infatti, di un potere che deriva dal più generale dovere di tutelare il condominio contro le azioni intraprese da terzi, inclusi i condomini. Attenzione, però, che l'amministratore non ha pieni poteri nel gestire ogni contenzioso che riguarda il condominio, decidendo secondo la propria volontà a chi affidare il mandato legale e la salvaguardia dei diritti della compagine condominiale; in alcuni casi, allorquando si tratta di una vertenza che esorbita dalle funzioni attribuite all'amministratore, questi non può decidere autonomamente e deve, obbligatoriamente (art. 1131, comma 3, c.c.) sottostare al vaglio dell'assemblea. Ipotesi in cui l'amministratore può agevolmente nominare un avvocato autonomamente - senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea - è, ad esempio, resistere all'impugnazione di una delibera assembleare e gravare la relativa sentenza del giudice, poiché l'esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientrano fra le attribuzioni proprie dello stesso, nell'esercizio delle sue funzioni (Cass. civ., sez. II, 23 aprile 2015, n. 8309; Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2014, n. 1451). A questa conclusione non è di ostacolo il principio, granitico, enunciato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite, secondo cui l'amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all'assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell'art. 1131, commi 2 e 3, c.c., può bensì costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione (Cass. civ., sez. un., 6 agosto 2010, n. 18331). L'ambito applicativo del dictum delle Sezioni Unite si riferisce, quindi, a tutti quei giudizi che riguardano controversie che eccedono dai poteri propri dell'amministratore, in base alla già citata disposizione codicistica dell'art. 1131, commi 2 e 3, c.c. Caso analogo, senza necessità di previa autorizzazione, è l'esercizio della azione civile nel giudizio penale per il risarcimento dei danni subiti dal condominio, poiché l'amministratore è titolare ex lege di un potere rappresentativo comprendente tutte le azioni volte a realizzare la tutela dei diritti sulle parti comuni dell'edificio (Cass. pen., sez. IV, 12 dicembre 2014, n. 3320). Anche la disposizione di cui all'art. 63 disp. att. c.c., nel prevedere che l'amministratore possa rivolgersi all'Autorità giudiziaria per l'emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei confronti di un condomino moroso, e comunque sulla base del piano di riparto approvato dall'assemblea, non richiede la preventiva autorizzazione della stessa, potendo l'amministratore conferire il mandato difensivo ad un legale di sua fiducia. Orbene, in tutte queste situazioni - citate a mero titolo esemplificativo - la necessità di rivolgersi ad un avvocato che predisponga la difesa del condominio e ne salvaguardi i legittimi interessi determina, conseguentemente, il pagamento in capo al condomino della parcella professionale. L'intenzione della motivazione della sentenza in commento, invece, è di sviscerare quale sia l'attività professionale dell'avvocato che necessiti di una specifica approvazione dell'assemblea: sicuramente quella prestata in ambito giudiziale nei giudizi che eccedono dai poteri propri dell'amministratore; nondimeno quella prestata dall'avvocato in campo stragiudiziale, nell'interesse del condominio, da esso richiesta ed autorizzata dall'assemblea o eventualmente dalla stessa successivamente ratificata, in assenza di profili di urgenza. Pertanto, come nella fattispecie sottoposta oggi ad indagine, l'iniziativa propria dell'amministratore di richiedere la collaborazione di un soggetto terzo - quale è in questo caso l'avvocato - per lo svolgimento di attività rientrante nell'alveo della ordinaria amministrazione (una mera consulenza, la revisione di una lettera da inviare ad un condomino, un parere telefonico, ecc.) è un atto che esula dalle ipotesi in cui l'amministratore può nominare unilateralmente un avvocato a nome del condominio e porre a carico del medesimo il relativo costo. Dunque, l'amministratore non può, di propria iniziativa, ovvero senza essere stato preventivamente autorizzato dall'assemblea, rivolgersi ad un avvocato nella sua veste di legale rappresentante del condominio, così impegnando la compagine condominiale a sostenere il costo della consulenza. In relazione ad una vicenda simile, ovvero alla richiesta da parte di un amministratore ad un avvocato di una consulenza per la redazione di un contratto di appalto, il Tribunale di Treviso ha individuato e citato a riferimento una specifica pronuncia della Suprema Corte, la quale ha avuto modo di affermare che “l'iniziativa contrattuale dell'amministratore che, senza previa approvazione o successiva ratifica dell'assemblea, disponga l' esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria dell'edificio condominiale e conferisca altresì ad un professionista legale l' incarico di assistenza per la redazione del relativo contratto di appalto, non determina l' insorgenza di alcun obbligo di contribuzione dei condomini […] giacché i poteri dell' amministratore del condominio e dell' assemblea sono delineati con precisione dagli artt. 1130 e 1335 c.c., che limitano le attribuzioni del primo all' ordinaria amministrazione, mentre riservano alla seconda le decisioni in materia di amministrazione straordinaria” (Cass. civ., sez. VI/II 17 agosto 2017, n. 20136). Resta salva la facoltà o l'opportunità della assemblea condominiale, nel caso in cui l'amministratore abbia conferito autonomamente un incarico ad un terzo - senza autorizzazione della stessa - per attività da svolgersi nell'interesse del condominio, ratificare la spesa ponendola a carico della compagine condominiale. In materia di ratifica, infatti, è consolidato quel principio secondo il quale l'assemblea può, infatti, ratificare le spese straordinarie erogate dall'amministratore senza preventiva autorizzazione, anche se prive dei connotati di indifferibilità ed urgenza, e, di conseguenza, approvarle, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva di delibera di esecuzione (Cass. civ. sez. II, 21 febbraio 2017, n. 4430; Cass. civ., sez. II, 10 agosto 2009, n. 18192; Cass. civ., sez. II, 7 febbraio 2008, n. 2864), In assenza di un diverso e specifico accordo tra tutti i condòmini (art. 1123, comma 1, c.c.), il costo per l'attività professionale resa dall'avvocato dovrà essere suddiviso tra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà, dovendosi considerare tale attività alla stregua di un servizio reso nell'interesse comune. Infine, il d.lgs. n. 149/2022 - con cui è stata attuata la legge delega per la riforma del processo civile della ministra Cartabia - nel disporre l'introduzione del nuovo art. 5-ter nel d.lgs. n. 28/2010, che disciplina la mediazione, ha riconosciuto all'amministratore di condominio la legittimazione di agire, resistere e partecipare in sede di mediazione. Ora la mediazione civile non richiede più all'amministratore un'autorizzazione preventiva da parte della assemblea condominiale, risultando necessaria solo in via successiva per deliberare sul verbale contenente l'accordo di mediazione, o sulla proposta conciliativa formulata dal mediatore nel corso della procedura; di tal che, anche in questa determinata fattispecie, l'amministratore è legittimato a nominare in autonomia un legale per assistere e difendere il condominio. Riferimenti Amagliani, L’amministratore e la rappresentanza degli interessi condominiali, Milano, 1992; Cusano, Il codice del condominio, sub Art. 1131, Napoli, 2013, 225; De Tilla, Sulla legittimazione passiva dell’amministratore di condominio, in Arch. loc. e cond., 2000, 266; Izzo, L’amministratore e la difesa del condominio, in Giust. civ., 2006, I, 116. |