Dichiarazione omessa o incompleta: la Corte di cassazione torna sull’ambito di operatività della fattispecie delittuosa di cui all’art. 5 d.lgs. 74/2000
09 Ottobre 2023
Il caso Nei confronti del legale rappresentante di una società corrente in territorio italiano e formalmente esercente attività di manutenzione di veicoli di compagnia aerea avente sede in territorio estero, l'Ufficio del pubblico ministero emetteva decreto di sequestro probatorio. Ad essere contestato era il reato di cui all'art. 5 d.lgs. 74/2000, da ritenersi sussistente, secondo la prospettazione accusatoria, perché: (a) la società di diritto italiano era in realtà da considerarsi alla stregua di una stabile organizzazione [sul territorio italiano] della predetta compagnia aerea, operante a mezzo di varie sedi fisse d'affari ubicate presso diversi scali aeroportuali italiani ed esercente [mercé l'impiego del personale della suddetta società di diritto italiano] attività connesse al trasporto aereo di tale vettore; (b) quale legale rappresentante di detta stabile organizzazione occulta, l'indagato aveva quindi omesso, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, di presentare [pur essendovi obbligato in ragione di detta legale rappresentanza], le dichiarazioni relative agli anzidetti tributi [con imposta evasa superiore alle soglie normativamente previste] per gli anni di imposta 2016, 2017, 2018 e 2019. Secondo l'ipotesi accusatoria, quindi, la condotta illecita di omessa dichiarazione era da riferirsi all'attività svolta dalla società di diritto italiano, legalmente rappresentata dall'indagato, quale stabile organizzazione occulta della società di diritto straniero. Le censure proposte dall'indagato avverso l'evocato provvedimento di sequestro non trovavano accoglimento. L'istanza di riesame veniva infatti respinta, ancorché il giudice, nel disattendere le doglianze articolate dall'indagato, non mancasse di precisare [così però discostandosi dalla prospettazione posta a fondamento del provvedimento di sequestro] che l'attività di indagine aveva consentito di accertare, quantomeno a livello di gravità indiziaria, la sussistenza, nel territorio nazionale, di una organizzazione della società commerciale di diritto straniero, svolgente – mediante diverse sedi fisse d'affari presso diversi scali aeroportuali nazionali, coincidenti con gli uffici della società di diritto nazionale legalmente rappresentata dall'indagato – attività economiche connesse all'attività di impresa della anzidetta società di diritto straniero e come tali diverse ed ulteriori rispetto a quelle esercitate dalla branch italiana della medesima società di diritto straniero e dunque sottratte alla tassazione dello Stato. Secondo la prospettazione avallata dal Tribunale del riesame, quindi, la condotta illecita di omessa dichiarazione era da riferirsi all'attività svolta da una stabile organizzazione occulta, legalmente rappresentata dall'indagato, che, pur avvalendosi delle strutture e del personale della società di diritto italiano, ne rimaneva distinta. L'ordinanza veniva impugnata con ricorso per cassazione dall'indagato che denunciava: (a) la violazione di legge, in riferimento all'art. 5 d.lgs. 74/2000, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., con riguardo alla ritenuta configurabilità della condotta incriminata dal reato di “omessa dichiarazione”; (b) la violazione di legge, in riferimento all'art. 10-bis l. 27 luglio 2000 n. 212, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., con riguardo ancora alla ritenuta sussistenza della condotta di omessa dichiarazione; (c) la violazione di legge, in riferimento agli artt. 5 e 18 l. 212/2000, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., in punto di competenza per territorio dell'autorità giudiziaria; (d) la violazione di legge, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b) e c), c.p.p., con riguardo alla ritenuta sussistenza dei requisiti della pertinenzialità e della proporzionalità dei sequestri. La questione Sono molteplici le questioni devolute alla cognizione del giudice di legittimità; questioni che, per quanto qui di interesse, involgono il tema della configurabilità dell'art. 5 d.lgs. 74/2000, con particolare riguardo a quelle ipotesi in cui l'obbligo di presentazione della dichiarazione relativa alle imposte sul reddito, ovvero della dichiarazione relativa all'imposta sul valore aggiunto, è solo parzialmente adempiuto, giacché la prescritta dichiarazione tributaria risulta compilata in alcune soltanto delle sue parti [è il caso, in altri termini, della c.d. “dichiarazione incompleta”, cioè della dichiarazione compilata in alcuni soltanto degli appositi quadri]. Tema che, peraltro, la Corte di cassazione – preso atto che, come detto, l'ipotesi di reato prospettata dal pubblico ministero “non appare del tutto in linea” con quella ricostruita dal giudice cautelare – ha ritenuto di dover scrutinare sia con riguardo alla fattispecie delittuosa descritta nel provvedimento di sequestro originariamente impugnato, sia con riguardo alla prospettazione fatta propria dall'ordinanza del Tribunale del riesame. E tanto pur se, giova evidenziarlo fin d'ora, la S.C., acclarata la non configurabilità del reato posto a base del provvedimento di sequestro, ha annullato senza rinvio l'ordinanza impugnata e il decreto di sequestro da questa confermato, specificando [e richiamando, sul punto, Cass. pen., sez. I, 7.1.1994, n. 4556, Rv. 196770-01] che “la Corte di cassazione deve procedere ad annullare senza rinvio l'ordinanza impugnata ed il decreto di sequestro da questa confermato quando il Tribunale del riesame non avrebbe potuto non rilevare immediatamente che il P.M. non aveva individuato ipotesi criminose concrete né elementi fattuali specifici e precisi, in quanto, per evitare la trasformazione della perquisizione e del sequestro da mezzi di ricerca della prova in strumenti di ricerca della notitia criminis, e, quindi, non consentite violazioni degli artt. 13 e 14 Cost., è essenziale la previa individuazione del thema probandum ed è necessaria l'esistenza di indizi di rilievo convergenti in riferimento ad una concreta figura di reato”. La soluzione giuridica Con statuizione certamente corretta la Corte di cassazione ha circoscritto l'ambito di operatività dell'art. 5 d.lgs. 74/2000 alla sola condotta di chi ha omesso di presentare la dichiarazione relativa alle imposte sui redditi o la dichiarazione relativa alle imposte sul valore aggiunto, con esclusione quindi della “condotta di chi ha presentato una dichiarazione parziale per l'una o l'altra di dette imposte” [così, letteralmente, è dato leggersi nella sentenza in commento]. Dirimenti al riguardo:
Osservazioni V'è poco da aggiungere alle conclusioni fatte proprie dal giudice di legittimità in ordine all'estraneità della c.d. “dichiarazione incompleta” [cioè a dire della dichiarazione tributaria sì presentata, ma con dati parziali (perché compilata soltanto in alcuni dei prescritti quadri)] all'ambito di operatività del delitto di “omessa dichiarazione”. Può soltanto precisarsi che:
Ribadita la correttezza dell'interpretazione offerta dalla sentenza in commento, meritano però di essere evidenziate le conseguenze che il Giudice di legittimità ha tratto dall'affermato principio di diritto e dalla applicazione di esso ai fatti di causa. Fatti nei quali, per vero e come già accennato, l'ipotesi di reato prospettata dall'Ufficio del Pubblico Ministero non certo poteva dirsi “del tutto in linea” con quella ricostruita dal Giudice cautelare. Ed infatti, come evidenziato dal Giudice di legittimità:
Orbene, preso atto che, mentre l'ipotesi di accusa formulata nell'imputazione provvisoria ricollegava “la condotta illecita di omessa dichiarazione all'attività svolta dall'indagato quale legale rappresentante” della società di diritto italiano [da intendersi quale stabile organizzazione occulta della società di diritto straniero], la [ben diversa] fattispecie delittuosa descritta nell'ordinanza cautelare riferiva la ridetta condotta omissiva “all'attività svolta dall'indagato quale "vertice" di un'organizzazione che si avvale degli uffici e del personale” della società di diritto italiano, ma che da essa “ne resta distinta”, la Corte di cassazione – dando seguito all'interpretazione avallata con riguardo all'ambito di operatività dell'art. 5 d.lgs. 74/2000 – ha escluso che detta fattispecie delittuosa possa essere ravvisata sia con riguardo alla ipotesi accusatoria prospettata dal pubblico ministero nel decreto di sequestro probatorio, sia con riguardo a quella ricostruita dal giudice cautelare. Nel primo caso [ipotesi accusatoria prospettata dal pubblico ministero] perché – attenendo il reato di omessa dichiarazione “al totale inadempimento dell'obbligo dichiarativo, e non anche alla presentazione di una dichiarazione lacunosa” – per ritenere il medesimo reato configurabile, sarebbe stato necessario accertare, in capo alla società di diritto italiano [pur se ritenuta stabile organizzazione occulta della società di diritto straniero perché svolgente, di fatto, non attività di manutenzione di veicoli della compagnia aerea avente sede in territorio estero, ma attività connesse al core business di tale vettore], l'omissione della presentazione della dichiarazione tributaria penalmente rilevante: viceversa, come osservato dal Giudice di legittimità, non vi era, negli atti devoluti alla propria cognizione, alcun elemento dal quale inferire che la società di diritto italiano avesse “omesso di presentare (…) le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto”, emergendo, invece, l'avvenuto adempimento dell'obbligo dichiarativo [si legge, infatti, nella sentenza qui in commento che “il ricorrente evidenzia che proprio la nota informativa della Guardia di Finanza (…) riporta i dati delle dichiarazioni presentate (…) nel periodo in contestazione (…) e, quindi, esclude radicalmente una vicenda di totale inadempimento dell'obbligo dichiarativo (…). E l'ordinanza impugnata, nell'indicare le modalità di quantificazione dell'imposta evasa, fa riferimento a “l'utile ante imposte dichiarato (…), così implicitamente confermando l'avvenuta presentazione delle dichiarazioni da parte della società”]. Con riguardo, invece, alla ipotesi di reato prospettata nell'ordinanza resa dal Tribunale del riesame, il giudice di legittimità ha osservato che detto provvedimento – laddove ha ritenuto che le attività riconducibili al core-business della società di diritto straniero sono state “svolte, sia pur impropriamente, dal (solo) personale” della società di diritto italiano, “mediante sedi fisse di affari coincidenti con gli uffici” di detta ultima società – ha dato per presupposto [e ha affermato] la “coincidenza tra le strutture ed il personale di questa società e l'organizzazione che svolge in Italia le attività riconducibili al business” della società di diritto straniero. Di talché:
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