Danno da perdita anticipata della vita e danno da perdita di “chance” di sopravvivenza

18 Ottobre 2023

La Cassazione, nel trattare il tema del danno da premorienza e da perdita di chance di sopravvivenza, osserva anzitutto che le conseguenze dannose della premorienza nel corso del giudizio vanno distinte a seconda che la morte sia indipendente o dipendente dall'errore medico.

Massima

Il danno da perdita anticipata della vita va distinto da quello da perdita di chance di sopravvivenza, posto che, se la morte è intervenuta, l’incertezza eventistica che ne costituisce il fondamento logico prima ancora che giuridico, è stata smentita da quell’evento e di regola, è inammissibile la congiunta attribuzione di un risarcimento da perdita anticipata della vita e da perdita di chance di sopravvivenza.

Il caso

La sentenza trae spunto da una fattispecie di malpratcice medica in ambito oncologico ove il paziente a causa dell’errore omissivo del medico (omessa e tardiva diagnosi) decedeva prima del dovuto e nel corso del giudizio. L’errore infatti aveva determinato la mancata prescrizione della terapia ormonale, iniziata tardivamente dopo 3 anni, quando ormai la malattia era evoluta. L’errore diagnostico, secondo l’istante, aveva pertanto determinato la riduzione delle probabilità di sopravvivenza, in particolare a 10 anni.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda liquidando un danno differenziale in misura pari, in specie, al 50% quanto all’invalidità permanente e parimenti un danno da perdita di “chance”, liquidato equitativamente. La sentenza veniva confermata anche in secondo grado.

Per quanto qui consta, ricorre in Cassazione la azienda sanitaria condannata nei precedenti gradi censurando la decisione del giudice del merito che aveva riconosciuto cumulativamente sia il danno da perdita anticipata della vita, che il danno da perdita di chance.

Invero secondo l’azienda sanitaria si era trattato non tanto di danno da perdita di chance quanto piuttosto della possibilità di prolungare l'intervallo libero da malattia, beneficiando di una migliore qualità della vita.

Le soluzioni giuridiche

Orbene i giudici del collegio supremo, accogliendo parzialmente le censure, preliminarmente rammentano come le conseguenze dannose della c.d. premorienza occorsa nelle more del giudizio vadano distinte a seconda che la morte sia indipendente o dipendente dall'errore medico.

Nel caso di morte indipendente dall'errore medico l'ammontare del risarcimento spettante agli eredi del defunto iure successionis va parametrato alla durata effettiva della vita: il punto di partenza sarà dunque il risarcimento spettante alla vittima diminuito in proporzione agli anni di vita residuati effettivamente.

In ipotesi invece di morte dipendente dall'errore medico l'autore del fatto illecito risponderà in toto del danno (potrà al più avere incidenza sulla liquidazione del danno il pregresso stato patologico in cui versava la vittima).

Fatta questa doverosa premessa la Suprema Corte sottolinea come il “danno da perdita anticipata della vita” e il “danno da perdita di chance” siano due danni distinti tra loro incompatibili e che dunque non potrebbero (ndr: il condizionale è d'obbligo) condurre ad una duplicazione risarcitoria.

Sul piano causale, la Corte distingue dunque in modo fattuale e logico del due distinte voci di danno:

Quanto al danno da premorienza, il suo accertamento sarà effettuato secondo il criterio del “più probabile che non”, proprio della responsabilità civile, e avrà ad oggetto un pregiudizio, non risarcibile per la vittima, ma solo per i suoi congiunti (Cass., sez. un., 22 luglio 2015, n. 15350), conseguente all'omissione colposa dell'agente e consolidatosi nel tempo in capo alla vittima quale minor vissuto. L'evento di danno è rappresentato, pertanto, non dalla possibilità di vivere più a lungo, bensì dalla perdita anticipata della vita - perdita che pure si sarebbe, in tesi, comunque verificata, sia pur in epoca successiva, per la pregressa patologia (così Cass. 11 novembre 2019, n. 28993).

Quanto invece alla verifica di un accertamento del nesso di causa tra condotta dei sanitari e perdita di chance, in cui la “possibilità perduta” (e non la perdita anticipata della vita) costituisce l'evento di danno (cfr. da Cass., n. 15991/2011 a Cass., n. 5641/2018, oltre più di recente Cass. 26 giugno 2020, n. 12906 e Cass. 26 gennaio 2022, n. 2261), l'incertezza sull'eventuale e ulteriore segmento temporale di vita di cui il danneggiato avrebbe potuto godere di una sostanzialmente apprezzabile - e non mera ipotesi o speranza - messa a sua volta in relazione causale con l'errore diagnostico e terapeutico, potrebbe, in concreto eccezionalmente legittimare il riconoscimento di un distinto risarcimento, in via strettamente equitativa definito quale “perdita di chance”.

Ciò, bene inteso e come detto, sempre che, sul piano eziologico, sia stata raggiunta una soglia di certezza rispetto a quella concreta possibilità, perché la “seria, apprezzabile e concreta possibilità eventistica” conforma morfologicamente la struttura del bene tutelato, e dunque affermarne la sussistenza, al di là dei termini utilizzati in via di principio, equivale, logicamente, a farlo con eziologica certezza: dovrà, pertanto, risultare causalmente certo che, alla condotta colpevole, sia conseguita la perdita della possibilità di un risultato migliore – non potendosi discorrere di una “probabilità della possibilità”.

Riassumendo, sul piano definitorio:

  • il danno da perdita anticipata della vita rappresenta il danno derivato per non avere avuto una vita che si sarebbe protratta più a lungo e per un tempo determinato (quello sancito dalle statistiche demografiche per un soggetto sano e quello stabilito dalle statistiche cliniche e scientifiche per un soggetto affetto da patologia) se non vi fosse stato l'errore medico;
  • il danno da perdita di chance rappresenta la perdita di “chance” (rectius: possibilità) di sopravvivere più a lungo del previsto se non vi fosse stato l'errore medico.

La seguente semplice equazione rende forse di maggior comprensione la differenza:

X= data dell'evento di danno

Y= tempo di vita perduto

Z=chance ulteriore di vita

X+Y= tempo di vita certo

X+Y+Z=tempo di vita certo + chance

Il primo danno (Y), effettuato secondo il criterio del “più probabile che non”, avrà ad oggetto un pregiudizio consolidatosi nel tempo in capo alla vittima quale minor vissuto, ma a questa non risarcibile, ma solo ai suoi congiunti.

Nella seconda ipotesi l'evento danno è rappresentato dalla “possibilità perduta” (Z) che sia causalmente correlata con certezza all'errore medico e non rappresenta una mera ipotesi o speranza.

In sostanza viene chiarito che:

a) vivere in modo peggiore, sul piano dinamico-relazionale, la propria malattia negli ultimi tempi della propria vita a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico, rappresenta un danno biologico (differenziale);

b) nel contempo, trascorrere quegli ultimi tempi della propria vita con l'acquisita consapevolezza delle conseguenze sulla (ridotta) durata della vita stessa a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico, costituisce un danno morale, inteso come sofferenza interiore e come privazione della capacità di battersi ancora contro il male;

c) perdere la possibilità, seria apprezzabile e concreta, ma incerta nell'an e nel quantum, di vivere più a lungo a causa di diagnosi e/o cure tardive da errore medico, è un danno da perdita di chance;

d) la perdita anticipata della vita per un tempo determinato a causa di un errore medico in relazione al segmento di vita non vissuta, è un danno risarcibile non per la vittima, ma per i suoi congiunti, quale che sia la durata del “segmento” di esistenza cui la vittima ha dovuto rinunciare.

Ipotesi di liquidazione

Per quanto concerne poi la liquidazione del danno la Suprema Corte prende in esame le tre ipotesi possibili, ovvero:

a)          la vittima è già deceduta al momento dell'introduzione del giudizio da parte degli eredi;

b)          la vittima è ancora vivente al momento della liquidazione del danno;

c)           la vittima, vivente al momento dell'introduzione del giudizio, è deceduta al momento della liquidazione del danno.

Nel primo caso non è concepibile, né logicamente né giuridicamente, un “danno da perdita anticipata della vita” trasmissibile iure successionis non essendo predicabile, nell'attuale sistema della responsabilità civile, la risarcibilità del danno tanatologico.

Questo sarà un “danno da perdita anticipata della vita”, con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, quale pregiudizio da minor tempo vissuto, ovvero da valore biologico relazionale residuo di cui non si è fruito, correlato al periodo di tempo effettivamente vissuto.

Sotto detto profilo gli eredi potranno poi agire iure successionis per il danno biologico differenziale (peggiore qualità della vita effettivamente vissuta) subito dalla vittima, considerato nella sua oggettività e come danno morale da lucida consapevolezza della anticipazione della propria morte.

Nel secondo caso, essendo ancora vivente la vittima, questa potrà legittimamente richiedere in proprio quanto sopra, ovvero, il risarcimento del danno da perdita delle chance di sopravvivenza, se vi è incertezza sulle conseguenze quoad vitam dell'errore medico, oppure, se l'errore medico anticiperà la morte,  il danno biologico differenziale (peggiore qualità della vita) e il danno morale da futura morte anticipata (in questo consiste il danno da anticipata perdita della vita per la vittima primaria).

Nel terzo caso, ovvero di morte della vittima che introdusse il giudizio, al momento della liquidazione, si ritorna al primo caso, ovvero il paziente può trasmettere agli eredi un danno biologico differenziale (da intendersi quale peggiore qualità della vita effettivamente perduta), e un danno morale da lucida consapevolezza della morte imminente, ma non un danno da “perdita anticipata della vita”, che, come detto, potranno lamentare soltanto gli eredi iure proprio. Ugualmente potrà essere trasmissibile iure successionis il danno da perdita di chance.

Osservazioni

La decisione fa chiarezza su concetti che di primo acchito posso indurre confusione e sovrapposizione concettuale, ma la Corte ci ricorda che il fil rouge da tenere sempre fermo è quello dell'onere della prova e della serietà e concretezza del danno lamentato.

È infatti solo di pochi giorni antecedente la pronuncia n. 25910 del 5 settembre 2023 con la quale la Suprema Corte aveva sottolineato come il danno da perdita di chance esige la prova, anche presuntiva, purché fondata su circostanze specifiche e concrete, dell'esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere in termini di certezza o di elevata probabilità la sua esistenza che conduca all'accertamento del nesso causale tra la condotta colpevole e l'evento di danno. Si dovrà trattare in sostanza della perdita della possibilità di un risultato migliore – non potendosi discorrere di una “probabilità della possibilità”, tenuto conto in ambito medico in particolare di tutti i dati medico-anamnestici alla luce dei quali predicarsi poi, quanto alla chance, l'esistenza di un'incerta - ma seria concreta e apprezzabile - possibilità di vivere per un lasso temporale ancora più lungo.

La Corte di merito è caduta dunque in errore laddove nel confermare la sentenza di primo grado aveva infatti riconosciuto il danno da perdita di chance sulla scorta della “complessive e coordinate” emergenze della relazione tecnica officiosa del consulente medico legale e dell'ausiliario oncologo, da cui sarebbe emersa la perdita di chance di evitare la recidiva poi occorsa, ma senza specificare quali fossero dette emergenze.

Il concetto chiave che conclusivamente la Cassazione ci tiene ad evidenziare è che il danno da perdita anticipata della vita e il danno da perdita di chance di sopravvivenza, indipendentemente dai soggetti legittimati a richiederli, di regola, non saranno né sovrapponibili né congiuntamente risarcibili in quanto la morte stessa diviene evento assorbente di qualsiasi considerazione sulla risarcibilità di chance future.

Solo eccezionalmente il giudicante potrà riconoscere equitativamente anche un danno da perdita di chance che si basi però sulla eziologica certezza della sua riconducibilità all'errore medico.

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