Caduta di calcinacci dal soffitto: il vizio di costruzione non esclude la responsabilità del condominio
20 Ottobre 2023
Il Tribunale di Bari, in funzione di giudice di appello, in riforma della pronuncia resa in primo grado dal Giudice di Pace della stessa città, giunge ad affermare la responsabilità del condominio, ai sensi dell'art. 2051 c.c., nella causazione del sinistro verificatosi, condannandolo conseguentemente al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dai danneggiati. Massima La circostanza che il distacco dell'intonaco derivi da vizi di costruzione dell'immobile non esonera il condominio dalla responsabilità per custodia, essendo questi tenuto, ai sensi dell'art. 2051 c.c., ad adottare tutte le misure precauzionali e necessarie per evitare che le cose comuni arrechino pregiudizio ad alcuno. Il caso Due condomini adivano il Giudice di Pace di Bari, chiedendo la condanna del Condominio al risarcimento dei danni patrimoniali riportati all'appartamento di proprietà di uno dei due, situato nello stabile, e di quelli non patrimoniali riportati dall'altro a seguito della caduta, nel vano bagno, di calcinacci dal soffitto, dovuta all'improvviso dissesto del solaio del piano superiore. A seguito della verifica, da parte dei Vigili del Fuoco di Bari, dello stato dei luoghi, veniva dichiarata l'inagibilità del bagno fino al ripristino. Si costituiva in giudizio il Condominio, contestando ogni addebito e chiamando in causa la compagnia di assicurazioni del medesimo Condominio, al fine di essere garantito e tenuto indenne in caso di accoglimento della domanda. Deducendo la sussistenza del caso fortuito, interruttivo del nesso eziologico, chiedeva il rigetto della domanda. La compagnia assicuratrice si costituiva in giudizio ed eccepiva l'inapplicabilità della polizza e chiedeva il rigetto della richiesta di manleva. Il Giudice di Pace rigettava la domanda, condannando i condomini al pagamento delle spese di lite. Avverso tale sentenza i soccombenti proponevano ricorso in appello dinanzi al Tribunale di Bari, chiedendo la riforma della decisione - previo accertamento della responsabilità del Condominio nella causazione dell'evento dannoso - e la condanna del Condominio, anche in solido con la compagnia di assicurazione, al risarcimento dei danni materiali occorsi all'appartamento, al pagamento delle spese della C.T.U. tecnica e al risarcimento dei danni subiti dal condomino per le lesioni riportate in occasione del crollo, oltre alle spese della C.T.U. medico-legale. Il Condominio si costituiva in giudizio contestando la fondatezza delle pretese avverse, ritenendo non sussistente una responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo al Condominio e sostenendo che l'unica responsabilità fosse quella derivante dai vizi di costruzione del manufatto. Chiedeva, dunque, il rigetto del gravame con condanna al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio. Si costituiva altresì la compagnia assicuratrice, la quale chiedeva il rigetto della domanda e, in subordine, la riduzione del petitum. La questione Si tratta di stabilire se dei danni (patrimoniali e non patrimoniali) causati dalla caduta di calcinacci dal soffitto del vano bagno in un appartamento situato in uno stabile condominiale sia responsabile il Condominio stesso, ai sensi dell'art. 2051 c.c., oppure se esso può esonerarsi da responsabilità adducendo la difettosa realizzazione delle parti comuni dell'edificio. Le soluzioni giuridiche Il Tribunale di Bari, in funzione di giudice di appello, ritenendo la descrizione dei fatti riportata dagli appellanti compatibile con i danni lamentati, accoglie il ricorso e dichiara l'esclusiva responsabilità del Condominio nella causazione del sinistro verificatosi in seguito alla caduta di calcinacci, condannandolo al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dagli appellanti, al pagamento delle spese di CTU, nonchè alla rifusione - in favore degli appellanti - delle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio e del procedimento di Accertamento tecnico preventivo (ante causam). ll Condominio e la Compagnia di assicurazione, quindi, vengono condannati a restituire agli appellanti quanto eventualmente da essi pagato in esecuzione della sentenza di primo grado. La seconda, infine, viene condannata alla rifusione delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio in favore del Condominio appellato, nonchè a manlevare il Condominio stesso di quanto questi debba versare in favore degli appellanti in virtù della sentenza, a titolo risarcitorio e di spese processuali. Osservazioni Deve, in prima battuta, soffermarsi sulla responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia ai sensi dell'art. 2051 c.c.Essa ha carattere oggettivo, essendo sufficiente per la sua configurazione la dimostrazione da parte del danneggiato del verificarsi dell'evento dannoso e del nesso di causalità tra questo e la cosa in custodia. Il fondamento della responsabilità deve essere, dunque, individuato nel dovere di custodia che grava sul soggetto che, a qualsiasi titolo, ha un effettivo e non occasionale potere fisico sulla res in relazione all'obbligo di vigilare, affinchè la stessa non arrechi danni a terzi. Elemento indispensabile, pertanto, è la relazione diretta tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, intesa nel senso che la prima abbia prodotto direttamente il secondo, e non abbia, invece, costituito lo strumento mediante il quale l'uomo abbia causato il danno con la sua azione od omissione. In tema di ripartizione dell'onere della prova, all'attore/danneggiato compete, pertanto, provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo e che, dunque, la cosa ha rappresentato una condizione necessaria e sufficiente perché l'evento si verificasse, mentre sul custode/convenuto grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale (Cass. civ., sez. III, 21 luglio 2023, n. 21972; Cass. civ., sez. VI, 28 aprile 2021, n. 11122; Cass. civ., sez. III, 22 maggio 2023, n. 14065). Ai fini della configurabilità dell'esimente del caso fortuito non rileva il grado di diligenza della custodia, bensì esclusivamente l'esistenza di cause che abbiano cagionato autonomamente l'evento dannoso. In definitiva l'art. 2051 c.c. individua un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa, ma opera sul piano oggettivo dell'accertamento del rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso e della ricorrenza del caso fortuito, quale elemento idoneo ad elidere tale rapporto (Cass. civ., sez. VI, 28 aprile 2021, n. 11122; Cass. civ., sez. III, 1° febbraio 2018, n. 2481). In particolare, per ottenere l'esonero dalla responsabilità il custode deve provare che il fatto del terzo abbia i requisiti dell'autonomia, dell'eccezionalità, dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità e che sia, quindi, idoneo a produrre l'evento, escludendo fattori causali concorrenti. (Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2011, n. 21286). Tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente ovvero tutto ciò che rappresenta un'eccezione alla normale sequenza causale, integra il caso fortuito, quale fattore estraneo alla sequenza originaria. È ricorrente in giurisprudenza la precisazione che, nei casi in cui il danno non sia l'effetto di un dinamismo interno alla cosa, scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento, ma richieda che l'agire umano (di un terzo o dello stesso danneggiato) si unisca al modo di essere della cosa, di per sé statica e inerte, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno. I giudici della Suprema Corte hanno affermato che la responsabilità da custodia è configurabile anche in capo al Condominio, obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, e, pertanto, responsabile dei danni originati da parti comuni dell'edificio e dagli accessori e pertinenze e subiti da terzi estranei nonché dagli stessi singoli condomini (v., ex multis, Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2021, n. 13595). L'esistenza di una relazione di custodia tra il Condominio e il bene comune è pacifica e trova origine in quel potere di fatto sulla cosa che conferisce al custode la possibilità concreta di escludere dalla res ogni situazione di pericolo che possa ragionevolmente rappresentarsi secondo criteri di normalità in un determinato contesto storico e sociale (Trib. Milano, 20 aprile 2008, n. 5574). Nella fattispecie sottoposta alla nostra attenzione, dalle risultanze istruttorie è emerso che la causa primaria del distacco dell'intonaco doveva individuarsi nell'ossidazione delle armature. In particolare, dalla CTU esperita, si è evidenziato che i danni lamentati dagli appellanti erano stati causati dall'improvviso distacco dell'intonaco in buona parte della superficie della copertura del bagno, a causa di vizi costruttivi. La trave visibile era interessata dall'ossidazione di alcune staffe che affioravano e che non erano state poste ad almeno 2 cm di profondità all'interno del calcestruzzo. Il Giudice di Pace di Bari ha omesso di considerare che la trave fa parte della struttura dell'edificio e ha, dunque, natura condominiale, in quanto oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio. Il vizio di costruzione della cosa in custodia, anche se ascrivibile al terzo costruttore, non esclude la responsabilità del custode nei confronti del terzo danneggiato, non potendo tale vizio integrare un'ipotesi di caso fortuito, interruttivo del nesso eziologico, come invece eccepito dal Condominio. Il Tribunale, contrariamente a quanto affermato dal Giudice di Pace, ravvisa una responsabilità del Condominio ai sensi dell'art. 2051 c.c., dovendosi il danno ritenere cagionato non da un comportamento del custode, ma dalla cosa in custodia. Con riferimento ai danni cagionati da vizi di costruzione, va esclusa l'ipotesi del caso fortuito - invocato dal custode per esonerarsi dalla propria responsabilità - in quanto il Condominio appellato è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno e risponde dei danni da queste cagionati, ancorché i danni siano imputabili a vizi edificatori dello stabile, non potendosi equiparare i difetti originari dell'immobile al caso fortuito. Il Tribunale condivide le conclusioni cui è pervenuto il CTU, ritenendo che i danni lamentati dagli appellanti sono stati causati principalmente dalla difettosa realizzazione delle parti comuni dell'edificio di cui il Condominio è custode e che la condotta degli appellanti non ha avuto rilevanza causale nella determinazione dell'evento, in quanto non era possibile accertare se l'ossidazione era avvenuta nel corso degli anni o in seguito ad un evento dannoso. La circostanza che il distacco dell'intonaco derivi da vizi di costruzione dell'immobile non esonera il Condominio dalla responsabilità per custodia, ai sensi dell'art. 2051 c.c, per danni derivanti dalle cose comuni. La Corte Suprema ha già avuto modo di affermare in passato, con riguardo ai danni che una porzione di proprietà esclusiva, in edificio condominiale, subisca per vizi delle parti comuni, imputabili all'originario costruttore-venditore, che deve riconoscersi al titolare di detta porzione la possibilità di esperire azione risarcitoria contro il condominio, non in forza dell'art. 1669 c.c., dato che il condominio quale successore a titolo particolare di detto costruttore non subentra nella responsabilità posta a suo carico da detta norma, ma in base all'art. 2051 c.c. in relazione alla ricollegabilità di quei danni all'inosservanza da parte del condominio medesimo dell'obbligo di provvedere quale custode ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa (Cass. civ., sez. II, 21 giugno 1993, n. 6856; Cass. civ., sez. III, 9 maggio 1988, n. 3405; Cass. civ., sez. II, 6 novembre 1986 n. 6507). L'art. 1117 c.c., così come riformato a seguito della l. n. 220/2012, annovera ora espressamente, tra le parti comuni, i pilastri e le travi portanti. La legge di riforma della disciplina condominiale si è limitata a recepire principi già ampiamente consolidati in giurisprudenza, la quale ha pacificamente affermato la condominialità di entrambi, considerati parte organica ed essenziale dell'intero immobile (Cass. civ., sez. II, 7 marzo 1992, n. 2773), ed elementi necessari, al pari dei muri maestri, all'esistenza del fabbricato, poiché per la loro struttura e funzione concorrono in modo indissolubile a formare le unità abitative e da queste sono materialmente inscindibili. L'elencazione contenuta nella disposizione in esame è soltanto esemplificativa e non tassativa dei beni che si presumono comuni, poiché sono tali anche quelli aventi un'oggettiva e concreta destinazione al servizio comune, salvo che risulti diversamente dal titolo, mentre, al contrario, tale presunzione non opera con riguardo a beni che, per le proprie caratteristiche strutturali, devono ritenersi destinati oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari. Riferimenti Recchia, Le parti comuni del condominio: Profili giurisprudenziali, Vicalvi, 2016, 45; Scarpa - Triola - Chiesi, Codice del condominio annotato con la giurisprudenza, Milano, 2022, sub art. 2051, 365 ss. |