Responsabilità dei sindaci per inosservanza del dovere di vigilanza

08 Novembre 2023

Nella pronuncia in commento, la Cassazione affronta alcune questioni relative alla responsabilità dei componenti del collegio sindacale di una società di capitali per omessa vigilanza, ex art. 2407 c.c., indagando sul nesso causale tra la condotta dei sindaci e la produzione del danno.

Massima

La configurabilità dell'inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall' art. 2407, comma 2, c.c. non richiede l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione, o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l'incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all'assemblea le irregolarità di gestione riscontrate, o denunciando i fatti al Pubblico Ministero per consentirgli di provvedere ai sensi dell' art. 2409 c.c.

Il caso

In relazione alla responsabilità degli amministratori per aver tenuto comportamenti tali da cagionare il dissesto e la conseguente dichiarazione di insolvenza di una società posta in liquidazione coatta amministrativa, nonché alla responsabilità dei sindaci per aver omesso di vigilare sul comportamento dell'organo amministrativo, la Corte di Appello di Roma accoglieva in parte le domande della parte attrice (il Commissario liquidatore della società assicuratrice in liquidazione coatta amministrativa) e respingeva la domanda nei confronti dei sindaci, osservando che la loro responsabilità si sarebbe potuta ravvisare solo qualora fosse stato dimostrato che essi erano consapevoli (o dovevano esserlo, alla luce di doverosi standard di diligenza e professionalità) della sopravvalutazione delle partecipazioni cedute a due società facenti capo allo stesso amministratore della società in liquidazione coatta amministrativa, a ripianamento di loro debiti verso la cessionaria.

La Corte di Appello sottolineava che non fosse stata raggiunta tale prova, "tenuto conto che, non essendo stata neanche dedotta una loro diretta compartecipazione al progetto posto in esecuzione dai soci delle società cedute e dagli amministratori della cessionaria, i Sindaci di (Omissis) s.p.a. non svolgevano alcun incarico nelle società cedute, la cui valutazione era conforme alle due perizie di stima in precedenza richiamate, della affidabilità delle quali essi non avevano avuto motivo di dubitare".

La decisione veniva impugnata e la Corte di Cassazione stabiliva che il giudice del merito dovesse rivalutare “la condotta dei sindaci al cospetto dei fatti indicati e dell'eclatante sopravvalutazione delle partecipazioni cedute riscontrata dal giudice d'appello, nonché a fronte delle considerazioni che precedono sulla rilevanza della stima compiuta ex art. 2343, comma 2, c.c., e verifichi se, qualora i sindaci si fossero diligentemente attivati secondo l'esigibile sforzo di verificare la situazione, avrebbero potuto intercettare le condotte illecite poste in essere e porvi rimedio, in modo da prevenire danni ulteriori”.

Le questioni

l a responsabilità dei sindaci per omessa vigilanza ai sensi dell'art. 2407 c.c.

L'art. 2407 c.c. stabilisce che “i sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell'incarico; sono responsabili della verità delle loro attestazioni e devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.

Essi sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.

All'azione di responsabilità contro i sindaci si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis e 2395”.

Si configura una responsabilità omissiva dei sindaci, in concorso con gli amministratori per la mala gestio di questi ultimi, qualora sussistano una condotta inerte dei sindaci, il fatto pregiudizievole altrui e il nesso causale; quest'ultimo da provarsi mediante il cd. giudizio controfattuale, allorché l'attivazione da parte del sindaco avrebbe ragionevolmente impedito l'evento (ovvero la protrazione, la reiterazione o l'aggravamento dello stesso) (si veda Cass. 27 maggio 2013, n. 13081; Cass. 12 luglio 2019, n. 18770. In dottrina, sui sindaci, si veda R. Alessi, N. Abriani, U. Morera, a cura di, Il collegio sindacale: le nuove regole, Torino, 2007; G. Cavalli, Osservazioni sui doveri del collegio sindacale di società per azioni non quotate, in Il nuovo diritto societario, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, Torino, 2007; U. Tombari, Diritto dei gruppi di imprese, Milano, 2010; S. Ambrosini, Il collegio sindacale, in Tratt. dir. priv., vol. XVI, tomo VI, diretto da P. Rescigno, Torino, 2013; N. Abriani, L'organo di controllo, in Corporate governance e “sistema dei controlli” nelle S.p.A., a cura di U. Tombari, Torino, 2013).

Compito essenziale dei sindaci è di vigilare sul rispetto della legge e dello statuto da parte degli amministratori: il dovere di controllo non è limitato allo svolgimento di compiti di mero controllo contabile e formale, ma si estende al contenuto della gestione, essendo richiesto al collegio sindacale di chiedere agli amministratori notizie sull'andamento delle operazioni sociali, ovvero su fatti determinati (si veda Cass. civ., 29 ottobre 2013, n. 24362) e di verificare l'operato gestorio attivandosi per porre rimedio agli eventuali fatti dannosi o potenzialmente dannosi (si veda Cass. 12 luglio 2019, n. 18770; Cass. 6 settembre 2021, n. 24045, in questo portale, con nota di Quaranta, Omessa vigilanza del collegio sindacale, tra responsabilità esclusiva e responsabilità concorrente con gli amministratori; Cass. 11 maggio 2022, n. 14873 in questo portale, con nota di Illuminati, Violazione del divieto di intraprendere nuove operazioni: responsabilità e quantificazione del danno).

Pertanto, insorge la responsabilità per inosservanza del dovere di vigilanza nell'ipotesi in cui i sindaci non abbiano reagito di fronte ad atti illegittimi o di dubbia legittimità e regolarità o non abbiano verificato la correttezza dei procedimenti decisionali in seno all'organo amministrativo (si veda Cass. 14 ottobre 2013, n. 23233; Cass. 13 giugno 2014, n. 13517; Cass. 29 dicembre 2017, n. 31204).

Non sono richiesti specifici comportamenti a carico dei sindaci per la configurabilità dell'inosservanza del dovere di vigilanza, ma è sufficiente che questi non abbiano rilevato evidenti e macroscopiche violazioni nella gestione degli amministratori (senza che possa considerarsi esimente il fatto che dalle relazioni degli amministratori non trasparisse alcuna irregolarità) o anche non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità o regolarità o non abbiano rilevato dei segnali di allarme (ad esempio, la soggezione della società ad una gestione personalistica in un sistema organico di amministrazione di fatto da parte di alcuni soci ovvero, come nel caso oggetto del presente commento, lo svolgimento di operazioni carenti di “correttezza sostanziale” o in presenza di “modalità opache” nei rapporti con parti correlate, ovvero, ancora, il compimento di operazioni straordinarie in un quadro di incertezza della tutela degli interessi della società).

Il nesso causale

Naturalmente, affinché possa validamente sorgere una responsabilità risarcitoria, occorre che i sindaci potessero attivarsi utilmente, in quanto disponessero dei poteri per contrastare l'illecito altrui. Ciò che, come osservato dalla giurisprudenza di legittimità (si veda la sentenza in commento; Cass. 12 luglio 2019, n. 18770; Cass. 11 dicembre 2019, n. 32397), è ampiamente previsto dalle norme positive del nostro ordinamento: inter alia, l'art. 2403-bis c.c. consente ai sindaci un'adeguata attività informativa e valutativa, con poteri di specifico intervento (e pretesa da parte degli amministratori della messa in atto delle azioni correttive necessarie) al fine di evitare condotte gestorie dannose; l'art. 2377 c.c. consente al collegio sindacale di impugnare le deliberazioni assembleari che non sono prese in conformità della legge o dello statuto; l'art. 2406 c.c. permette ai sindaci di convocare l'assemblea, qualora la convocazione sia stata omessa dagli amministratori ovvero sia necessaria per la segnalazione delle irregolarità di gestione riscontrate, oltre che ai fini e per gli effetti degli artt. 2446 e 2447 c.c.; l'art. 2446 c.c. stabilisce che i sindaci possano ricorrere al tribunale per la riduzione del capitale per perdite; l'art. 2485 c.c. prevede che i sindaci possano fare ricorso al tribunale per l'accertamento del verificarsi di una causa di scioglimento ai sensi dell'art. 2484 c.c.; l'art. 2487 c.c. prevede altresì il ricorso al tribunale anche da parte dei sindaci per la nomina dei liquidatori; l'art. 2409 c.c. consente ai sindaci la denunzia al tribunale nell'ipotesi di fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possano arrecare danno alla società o a una o più società controllate. Peraltro, la Corte di Cassazione ha espressamente stabilito che il sindaco è altresì legittimato a denunciare direttamente le irregolarità al P.M. per l'esercizio dei poteri che a questo spettano e che tale denuncia può divenire, anzi, doverosa, quando i rimedi endosocietari (come sopra indicati) si rivelino insufficienti ed una simile iniziativa sia rimasta l'unica esperibile in concreto per poter porre fine alle illegalità di gestione riscontrate (si veda Cass. 11 dicembre 2019, n. 32397).

Dunque, in presenza di iniziative illegittime (o anche soltanto anomale) da parte dell'organo gestorio, i sindaci hanno l'obbligo di attivare ogni loro potere di sollecitazione e denuncia, internamente e esternamente alla società; in mancanza di ciò, essi concorrono nell'illecito civile commesso dagli amministratori per omesso esercizio dei poteri anzidetti (sulla mancata attivazione della denuncia ai sensi dell'art. 2409 c.c. e sulla conseguente responsabilità dei sindaci per omissione di diligente cautela, si veda Trib. Milano 22 dicembre 2016, n. 14062, in giurisprudenzadelleimprese.it).

Deve, quindi, esigersi da parte del sindaco una attività di verifica e di azione rimediale anche in relazione a fatti che siano stati celati ai sindaci ovvero con riguardo a fatti imputabili a amministratori in carica precedentemente alla propria nomina, quando sia esigibile una tale attività in base ai comuni canoni di diligenza applicabili in presenza di segnali di allarme (si veda Trib. Roma 20 febbraio 2012, in www.ilcaso.it; Cass. 29 dicembre 2017, n. 31204; Cass. 12 luglio 2019, n. 18770).

Per quanto detto, va poi sottolineato che le dimissioni (talvolta rassegnate dai sindaci in situazioni di incertezza quanto alla legittimità dell'operato degli amministratori) non possono mai costituire una condotta esimente della propria responsabilità quando alla rinuncia alla propria funzione non si accompagnino atti volti a impedire gli illeciti o a porvi rimedio, In mancanza del compimento di tali atti, le dimissioni dei sindaci vengono a costituire segno di una condotta inerte e indifferente da parte dei sindaci stessi e sono del tutto inidonee ad un esonero da responsabilità risarcitoria (si veda Cass. 12 luglio 2019, n. 18770; Cass. 11 dicembre 2019, n. 32397).

Il concetto di mancata produzione del danno

Nel fornire la chiave di lettura del concetto di mancata produzione del danno (se i sindaci avessero vigilato in conformità agli obblighi della loro carica) previsto nel secondo comma dell'art. 2407 c.c., la Corte di Cassazione specifica che il concetto espresso dalla norma sottende la richiesta ai sindaci non soltanto della condotta di vigilanza espressamente prevista, ma anche di quella tempestività ed efficienza nella segnalazione del pericolo di danno derivante dalla gestione degli amministratori, cosicché tali danni possano essere efficacemente evitati o eliminati o attenuati (si veda la sentenza in commento; Cass. 6 settembre 2021, n. 24045).

Rimane, comunque, da sottolineare che l'omissione delle attività di vigilanza richieste dalla legge è rilevante soltanto quando l'attivazione del controllo avrebbe ragionevolmente evitato o limitato il danno (si veda la sentenza in commento; Cass. 11 dicembre 2020, n. 28357); benché debba anche osservarsi che l'attivazione dei poteri affidati ai sindaci possa considerarsi sempre utile, determinando essa certamente un generale effetto di monito sugli amministratori (si veda Cass. 31 luglio 2023, n. 23200, in questo portale, con nota di Leoni, Responsabilità concorrente dei sindaci e accertamento del nesso causale).  

Osservazioni

Come già anticipato, si ritiene opportuno sottolineare che, in ogni caso, la responsabilità omissiva dei sindaci non può mai costituire una figura di responsabilità solidale oggettiva o di cd. responsabilità “da posizione” dei sindaci stessi (si veda Trib. Milano 31 ottobre 2018, n. 11047, in giurisprudenzadelleimprese.it), risultando sempre necessario, ai fini dell'affermazione della responsabilità conseguente al loro illegittimo comportamento omissivo, “accertare il nesso causale - la cui prova spetta al danneggiato - tra il comportamento illegittimo dei sindaci e le conseguenze che ne siano derivate, a tal fine occorrendo verificare che un diverso e più diligente comportamento dei membri del collegio nell'esercizio dei loro compiti (tra cui la mancata tempestiva segnalazione della situazione agli organi di vigilanza esterni) sarebbe stato idoneo ad evitare le disastrose conseguenze degli illeciti compiuti dagli amministratori” (si veda Cass. 29 ottobre 2013, n. 24362).

Assolti tali oneri di allegazione e prova, l'inerzia del sindaco ne integra per sé la responsabilità, rimanendo a carico dello stesso l'onere di provare di non aver avuto alcuna possibilità di conoscere gli eventi e di porre in essere tutti gli atti necessari ad una sua utile attivazione (ad esempio, “rientra nei doveri dei componenti il collegio sindacale di verificare la correttezza non solo formale della contabilità e la sua rispondenza ai fatti reali da documentare, specialmente quando sia rilevabile una entità anomala delle poste contabili (nella specie, l'ingente credito i.v.a. nel bilancio dell'esercizio chiuso al 31 dicembre 2006, anno in cui i sindaci hanno assunto le loro funzioni)” – si veda Cass. 12 luglio 2019, n. 18770).

Conclusioni

Nonostante non possa riconoscersi la sussistenza di una cd. “posizione di garanzia” dei sindaci (e una loro responsabilità automatica per ogni fatto pregiudizievole derivante dalla condotta degli amministratori), tuttavia, alla luce di quanto precisato nella sentenza oggetto del presente commento e nei precedenti arresti della Suprema Corte, deve sottolinearsi che perché i sindaci possano andare esenti da responsabilità per omessa vigilanza occorre che questi abbiano esercitato o tentato di esercitare - in maniera scrupolosa e in concreto, rifiutando approcci esclusivamente formalistici – tutti quei poteri istruttori e impeditivi affidati loro dalla legge (si veda il paragrafo 1. supra).

Si deve altresì precisare che, nella valutazione del comportamento dei sindaci, assume una specifica rilevanza anche il generale contesto nel quale si svolge la gestione sociale, che contribuisce certamente a connotare ai fini della responsabilità civile i singoli fatti o atti omissivi dei sindaci stessi. Sul punto è esemplificativo quanto indicato dai Giudici nella sentenza in commento, i quali sottolineano che “l'operazione incriminata si era svolta nella cornice di gravi rilievi mossi dall'ISVAP, che avrebbero suggerito un più scrupoloso controllo da parte dei sindaci, tenuti ad attivarsi, secondo lo spettro dei vari poteri di iniziativa loro attribuiti, in conformità ai canoni della diligenza professionale che deve contrassegnarne l'operato, a norma degli artt. 2407 e 1276 c.c.”.

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