IMU: esenzione in caso di utilizzo indiretto dell’immobile

Gabriele Scuffi
09 Novembre 2023

La vicenda trae origine da quattro provvedimenti di diniego al rimborso IMU con i quali Il Comune di Padova ha respinto le richieste presentate dall'Università degli Studi relativamente a quattro immobili concessi in comodato d'uso gratuito all'Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario (E.S.U.). In particolare, l’Università degli Studi di Padova aveva concesso in comodato d’uso gratuito all’Azienda Regionale per il diritto allo studio universitario (ora ESU) 4 immobili chiedendo il rimborso dell’imposta versata sul rilievo dell’utilizzo non commerciale degli stessi affidato all’ESU, quale ente non commerciale senza scopo di lucro.

Massima

L'esenzione di cui all'art. 7, comma 1 lett. i) del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504 (decreto ICI) postula - in linea di principio – l'utilizzazione “diretta” del bene per modalità non commerciali ma - a determinate condizioni – anche l'utilizzazione “indiretta” può essere idonea a consentire l'agevolazione quando il bene, concesso in comodato d'uso gratuito da una istituzione (nella specie Università), sia utilizzato da un altro ente non commerciale (nella specie azienda regionale per il diritto allo studio universitario) strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente.

Oltre a questo presupposto soggettivo per usufruire del beneficio occorre verificare in concreto la sussistenza del presupposto oggettivo, cioè, che l'attività rientrante tra quelle esentate a sensi della norma citata, sia effettivamente esercitata con "modalità non commerciali" .

Il caso

Contro il rifiuto di rimborso da parte del Comune si è aperto  un contenzioso di merito che vedeva vittoriosa l’Università  essendo stato riconosciuto in suo capo  la sussistenza   del diritto di  esenzione quale previsto ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. i) del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (decreto ICI), per gli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento -  con modalità non commerciali - di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive (nonché di religione e di culto).

In particolare, il giudice di appello (confermando la sentenza di primo grado) ha accertato - ai fini della debenza del rimborso - il duplice requisito (soggettivo e oggettivo) della:

a) utilizzazione da parte dell’ente universitario degli immobili per l’esercizio di attività meritevoli come indicate dalla norma di esenzione sia pur tramite il comodatario d’uso;

b) la natura non commerciale di quest’ultimo al primo funzionalmente collegato essendo l’Azienda regionale per il diritto allo studio un ente non commerciale che in forza di apposite convenzioni favoriva il diritto allo studio universitario della fascia di studenti meno abbienti.

La Corte di cassazione, con la decisione in commento, ha convalidato solo in parte tale iter decisionale operando una doppia valutazione in punto di diritto e sulle circostanze di fatto della vicenda che la portava a individuare la sussistenza del presupposto “soggettivo” ma non di quello “oggettivo” necessitante di ulteriori approfondimenti rimessi al giudice del rinvio.

La questione

Spetta l'esenzione IMU prevista dall'art. 7, comma 1, lett. a) del d.lgs n. 504/1992 se il bene immobile è utilizzato in comodato gratuito da altro ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previsti dalla norma agevolativa?

La soluzione giuridica

A) La normativa di riferimento

Con l'ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha fornito in primo luogo chiarimenti significativi sull'impianto normativo di riferimento dell'esenzione IMU.

In favore degli enti non commerciali che operano in settori meritevoli, la disciplina riguardante i tributi locali ha da sempre riservato un trattamento di favore, riconoscendo l'esenzione dal pagamento dell'IMU (ed un tempo dell'Ici) a favore degli immobili destinati allo svolgimento delle attività istituzionali.

Va però rammentato che tale esenzione deve sottostare al rispetto di specifici requisiti che devono essere dimostrati dal beneficiario dell'agevolazione; tra questi la giurisprudenza di legittimità ha rimarcato la necessità che vi sia coincidenza tra possessore dell'immobile ed utilizzatore dello stesso, indipendentemente dal fatto che l'attività esercitata sia meritevole e senza che assuma alcuna rilevanza la concessione in comodato, quindi senza alcun fine di lucro.

Come detto, sin dall'introduzione dell'ICI, gli immobili impiegati dagli enti non commerciali per attività riconosciute di particolare utilità per la collettività sono oggetto di esenzione dal pagamento del tributo.

La norma di riferimento è l'articolo 7, lett. i), d.lgs. 504/1992, richiamata anche dalla disciplina IMU, tanto quella previgente (articolo 9, comma 8, d.lgs. 23/2011) così come dalla disciplina riguardante la nuova IMU vigente dal 2020.

Il trattamento fiscale di tali immobili non ha subito mutazioni nel passaggio da ICI a IMU, ed è subordinato alla verifica dei due maggiori requisiti:

1) Il requisito soggettivo: che impone che l'immobile sia posseduto da enti non commerciali, come individuati dal Testo Unico delle imposte sui redditi: l'articolo 1 D.M. 200/2012 li definisce infatti come “gli enti pubblici e privati diversi dalle società di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), Tuir, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale”.

Pertanto, dall'agevolazione sono esclusi gli immobili delle società, sia commerciali che cooperative, anche se svolgono le attività richieste dalla norma per fruire dell'esenzione;

2) Il requisito oggettivo, ossia la necessità che l'immobile sia destinato allo svolgimento di determinate attività. L'elenco di tali attività, contenuto nella lettera i) dell'articolo 7 d.lgs. 504/1992, assume carattere tassativo, per cui l'agevolazione non può essere estesa, nemmeno per analogia. L'orientamento di questa Corte è saldamente ancorato al concetto di utilizzazione diretta del bene da parte dell'ente possessore come condizione necessaria perché a quest'ultimo spetti il diritto all'esenzione (Cass. n. 7385/2012).

Detta attività deve essere valutata in concreto e deve essere svolta con modalità non commerciali, ossia modalità tali da escludere l'intento lucrativo.

Si deve ritenere che quest'ultimo inciso debba essere riferito solamente alle specifiche modalità di esercizio delle attività in argomento, che consentano di escludere la commercialità allorquando siano assenti gli elementi tipici dell'economia di mercato (quali il lucro soggettivo e la libera concorrenza), ma siano presenti le finalità di solidarietà sociale sottese alla norma di esenzione.

b) L'utilizzazione indiretta del bene. Il comodato gratuito.

Sulla base di queste premesse, il consolidato orientamento della Corte di cassazione ha dunque escluso che l'esenzione in esame spetti nel caso di utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di pubblico interesse, e ciò perché equiparare questo tipo di utilizzazione del bene a quella diretta postulerebbe un intervento interpretativo estensivo impraticabile in materia di agevolazioni fiscali (Cfr. Cass. Civ. Sentenza Corte di cassazione n. 28160/2008.

Al fine di poter beneficiare dell'esenzione è necessario che vi sia identità tra il possessore dell'immobile e l'utilizzatore di questo. Occorre, cioè, che il soggetto che svolge l'attività meritevole di tutela per la quale è stata introdotta l'agevolazione sia il soggetto passivo teoricamente chiamato al pagamento del tributo.

Sotto tale profilo si era posta la questione se fosse comunque possibile fruire dell'esenzione nel momento in cui l'immobile è oggetto di comodato, in considerazione del fatto che tale concessione non comporta alcun ritorno economico per il soggetto che mette a disposizione l'immobile.

Sul punto, come sopra anticipato, l'orientamento prevalente dalla giurisprudenza di legittimità, richiamato dalla sentenza in commento, ha dato risposta negativa ricordando infatti che è necessario che il bene sia anche posseduto dall'ente che ne fruisce in ragione di un diritto di proprietà o altro diritto reale.

L'esenzione non spetta quindi, se l'immobile viene utilizzato non direttamente dall'ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali ma, in forza di un contratto di comodato gratuito, da un soggetto diverso anche se tale utilizzo avviene senza scopo di lucro e con destinazione di pubblico interesse (Cass. 1491 del 20 luglio 2016; Cass.  n. 8073 del 21 marzo 2019).

Anche di recente la giurisprudenza di legittimità (cfr. cass. Civ. n. 1539 del 25 gennaio 2021) ha chiarito che “L'esenzione non spetta, pertanto, nel caso di utilizzazione indiretta, ancorché assistita da finalità di pubblico interesse

c) Il rapporto di strumentalità.

La Corte di cassazione nella sentenza in commento chiarisce tuttavia che a certe determinate condizioni l'utilizzazione indiretta del bene (quindi in caso di comodato) può consentire il riconoscimento dell'esenzione.

E cita, in particolare, il precedente della Sentenza n. 25508/2015 che in tema di Ici, ha chiarito come l'esenzione spetti non soltanto se l'immobile è direttamente utilizzato dall'Ente possessore per lo svolgimento di compiti istituzionali, ma anche se il bene, concesso in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro Ente non commerciale per lo svolgimento di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa, al primo strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente.

Si tratta ovvero dell'ipotesi in cui viene rilevata un rapporto di stretta strumentalità tra i due enti nella realizzazione di attività meritevoli previste dalla norma agevolativa.

L'esenzione spetta quindi anche al bene immobile concesso in comodato gratuito è utilizzato da un altro ente non commerciale al primo strumentalmente collegato e appartenente alla stessa struttura del concedente.

Con la pronuncia in commento è stato accertato il collegamento funzionale tra l'attività didattica dell'Università e quella ricettiva e di ristorazione dell'E.S.U.. Per la Corte di cassazione “i beni risultano programmaticamente destinati allo svolgimento di reciproci compiti istituzionali in un rapporto sinergico tra l'attività dell'azienda e quella dell'Università”

L'esenzione opera quindi quando il rapporto tra i due enti (nel caso di specie Università e E.S.U.) non è di semplice collaborazione caratterizzandosi invece per una “pregnante presenza del primo nell'organizzazione sociale della seconda”. Secondo la Cassazione l'esenzione è subordinata alla verifica della “compenetrazione” tra essi, ma anche della medesima “architettura strutturale” (Cfr. Cass. sent. n. 25508 del 18 dicembre 2015).

d) La verifica in concreto dell'attività non commerciale dell'ente.

Sebbene sia stato chiarito che l'esenzione possa trovare applicazione anche in caso di utilizzo indiretto del bene (a certe condizioni) la Corte di cassazione ha ricordato comunque nella pronuncia in commento la necessità e importanza di   verificare che l'attività cui l'immobile è destinato sia effettivamente svolta con modalità non commerciali (Cfr. Cass. n. 8073/2019 e Cass. n. 1539/2021).

Occorre quindi un accertamento in concreto della sussistenza del requisito oggettivo.

Tale assunto si salda anche con quanto affermato dalla Commissione UE nella decisione adottata il 19 dicembre 2012, nella quale è stato precisato che anche un ente senza fini di lucro può parimenti svolgere attività economica offrendo beni o servizi sul mercato.

La Commissione ha però osservato che anche laddove una attività abbia una finalità sociale, questa non basta da sola ad escluderne la classificazione di attività economica. Per escludere il carattere economico dell'attività quest'ultima deve essere svolta a titolo gratuito ovvero dietro versamento di un importo simbolico.

Osservazioni

La Corte di cassazione ho convalidato solo in parte tale l'iter decisionale del Giudice di secondo grado operando una doppia valutazione in punto di diritto e sulle circostanze di fatto della vicenda che la portava a individuare la sussistenza del presupposto “soggettivo” ma non di quello “oggettivo” necessitante di ulteriori approfondimenti rimessi al giudice del rinvio.

Il giudice di legittimità con un intervento ermeneutico logico e sostanzialmente corretto (ancorché non propriamente conformato sulle regole di interpretazione restrittiva cui sono  soggette per loro natura le esenzioni fiscali) ha superato il principio generale che subordina la usufruibilità dei benefici alla condizione della ”utilizzazione “diretta” del bene (come non era nel  caso essendo stata tale utilizzazione rimessa a soggetto giuridico  formalmente distinto) ed ha chiarito che a determinate condizioni, l'utilizzazione indiretta può assumere valore equivalente a quella diretta, richiamando la propria giurisprudenza in tema di ICI, quando il bene, concesso in comodato gratuito, sia utilizzato da un altro ente non commerciale strumentalmente collegato ed appartenente alla stessa struttura del concedente.

Ora, siccome il  rapporto che legava l'Università all'ESU non era di semplice collaborazione ma costituiva sorta di compenetrazione di tipo organico, in ragione della partecipazione dell'Università all'organo gestorio dell'Azienda regionale, non si realizzava alcun effetto distorsivo rispetto alle finalità̀ tutelate dalla norma, in quanto i beni risultavano programmaticamente destinati allo svolgimento di reciproci compiti istituzionali in un rapporto sinergico tra l'attività dell'azienda e quello dell'Università̀.

Ebbene, se questo ragionamento basato sulla equivalenza di utilizzazioni al cospetto di determinate circostanze era condivisibile altrettanto non era a dirsi con riferimento al presupposto oggettivo la cui verifica doveva essere essere accertata “in concreto”, indagando a che le attività̀ cui i 4 immobili erano destinati (attività ricettiva, di ristorazione e servizio biblioteca), pur rientrando tra quelle esenti, fossero “effettivamente” svolte con modalità̀ non commerciali.

E per effettuare questo riscontro fattuale sulle modalità di esercizio, la Corte di Cassazione ha opportunamente richiamato con modello di riferimento il Regolamento del Ministero dell'Economia e delle Finanze di cui al D.M. del 19 novembre 2012, n. 200 nel quale trovano collocazione - tra l'altro - i requisiti, generali e di settore, per qualificare le attività previste dalla lett. i) del comma 1 dell'art. 7 d.lgs. 504/92 cit. come svolte "con modalità non commerciali" (gratuità, corrispettivi simbolici o comunque al disotto della media etc): modalità da considerare compatibili con il concetto di “attività non economica” su cui si basava la nozione di “impresa” secondo il diritto dell'Unione per non ricadere nel divieto di aiuti di Stato a sensi dell'art. 107.1 del TFUE.

E dunque sarà compito del Giudice del merito ricercare i dati di evidenza di questo presupposto esonerativo in forza del materiale probatorio già acquisito (avvalendosi all'occorrenza anche delle risultanze della CTU disposta in primo grado) essendo il giudizio di rinvio sostanzialmente “chiuso” e, pertanto, preclusivo alla raccolta di nuove prove.

Del resto al fine di identificare gli immobili che meritano l'esenzione, il concetto di non lucratività è il criterio cardine, assolutamente necessario; ad esso deve però accompagnarsi lo strumento degli accertamenti e delle verifiche da prevedere in modo da rendere «effettiva la garanzia di tutela per gli enti non profit e pienamente efficace il controllo rispetto ad eventuali abusi o violazioni».

Per questo motivo si introduce «l'ulteriore criterio della verifica concreta e non solo astratta, sia del requisito soggettivo, sia del requisito oggettivo».

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