L’avvio della procedura fallimentare non osta al sequestro preventivo finalizzato alla confisca
15 Novembre 2023
Massima L’avvio della procedura fallimentare non osta all’adozione o alla permanenza, se già disposto, del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca relativa ai reati tributari. Il caso La vicenda fattuale in commento prende le mosse dalla decisione del Tribunale del riesame di Pescara il quale, pronunciando sull'appello cautelare proposto dalla curatela del fallimento di una società in nome collettivo, aveva confermato il provvedimento del Tribunale del medesimo capoluogo, che aveva rigettato la richiesta di restituzione di alcuni beni (mobili ed immobili) sequestrati dal GIP nell'ambito del procedimento penale a carico di più persone, per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all'art. 11, D.lgs. n. 74/2000. In motivazione il Giudice di merito dava atto della sussistenza dei rapporti fra il sequestro preventivo in materia di reati tributari ed il fallimento della impresa coinvolta, affermando che, in una fattispecie quale è quella ora in esame, “…il sequestro preventivo (...) prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto di qualsiasi procedura concorsuale (...) attesa l'obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro, per cui il rapporto fra il vincolo imposto dall'apertura della procedura concorsuale e quello discendente dal sequestro deve essere risolto a favore della seconda misura…”. Altresì, il Tribunale di Pescara ricordava, come l'orientamento da esso fatto proprio era stato di recente confermato, anche, dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale aveva affermato la prevalenza del sequestro preventivo sui diritti di credito vantati sul medesimo bene, per effetto di qualsiasi procedura concorsuale, anche qualora la dichiarazione di fallimento fosse intervenuta prima del sequestro (v. Cass. 3575/2022). Avverso tale decisione era frapposto tempestivo ricorso per Cassazione in cui la Curatela, ricorrente, evidenziava che il Tribunale di Pescara avrebbe errato nell'interpretare, con riferimento al tenore testuale dell'art. 12-bis del D.Lgs. n. 74/2000, l'espressione, in esso contenuta, limitativa del potere di confisca “salvo che appartengano a persona estranea al reato”. Con ordinanza del 29 novembre 2022 la Terza Sezione penale della Corte di Cassazione rimetteva il ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 618 c.p.p., avendo la questione sottoposta al suo esame dato luogo, nella giurisprudenza di legittimità, ad un contrasto interpretativo. Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, espressione della tesi della prevalenza funzionale della misura ablatoria penale, “i beni attratti alla massa fallimentare non possono considerarsi beni “appartenenti a persona estranea al reato”, con la conseguenza che la dichiarazione di fallimento dell'imputato non osta al provvedimento di confisca diretta o per equivalente, ai sensi dell'art. 12-bis, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74”. Un secondo orientamento interpretativo, fondato sulla risoluzione della coesistenza dei vincoli in ragione del criterio della priorità temporale sul presupposto logico della recessività della misura rispetto alla procedura concorsuale, riteneva che “non può essere disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni, ai sensi dell'art. 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, anche per equivalente, in presenza di una dichiarazione di fallimento, si fonda, invece, anzitutto, sull'assunto che la dichiarazione di fallimento comporta il venir meno in capo al fallito del potere di disporre del proprio patrimonio e l'attribuzione al curatore, terzo estraneo al reato, del compito di gestire tale patrimonio al fine di evitare il depauperamento”. Tale contrasto giurisprudenziale era risolto con la sentenza n. 40797 depositata il 6 ottobre 2023 in cui, aderendo al primo indirizzo, le Sezioni Unite affermavano il seguente principio: «l'avvio della procedura fallimentare non preclude il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni attratti alla massa fallimentare per i reati tributari». La questione La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se l’avvio della procedura fallimentare sia di impedimento all’adozione o alla permanenza, se già disposto, del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca relativa ai reati tributari. La soluzione giuridica Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in disamina. A mente del comma 1 dell'art. 12-bis (Confisca) del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto. Il comma 2 della citata norma prevede che la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta. Il comma 1 della predetta norma introduce una ipotesi di confisca obbligatoria, anche per equivalente, del prezzo e del profitto del reato (v. Cass. 35781/2017). Per profitto dei reati tributari deve intendersi qualunque vantaggio direttamente derivante dal reato, anche se consistente in un risparmio d'imposta (v. Cass. 11497/2015, Cass. 7359/2014 e Cass. SS.UU. 18374/2013). Il comma 2 dell'art. 12-bis statuisce che la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'Erario, anche in presenza di sequestro, privilegiando le pretese dell'Erario rispetto a quelle più strettamente punitive. Principalmente il disposto di cui al citato comma 2 trova applicazione in caso di accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale e anche procedure di rateizzazione, automatica o a domanda, come l'accordo per il pagamento rateale del debito d'imposta raggiunto con l'Agenzia delle Entrate. Va da sé che laddove sia convenuto un accordo rateale tra Fisco e contribuente, la confisca potrà essere egualmente adottata, ma la stessa non diverrà efficace con riguardo alla parte coperta da tale impegno (v. Cass. 42087/2016). Laddove a fronte del concesso rateizzo, il contribuente dovesse decadere dallo stesso, non ottemperando la dilazione accordata, la confisca andrà disposta per il residuo. Osservazioni La soluzione adottata dalla Suprema Corte con la sentenza n. 40797, depositata il 6 ottobre 2023, afferma con decisione che l'avvio della procedura fallimentare non preclude il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni attratti alla massa fallimentare per i reati tributari. Invero, il fallimento comporta lo spossessamento dei beni, ma lascia inalterata la struttura dell'ente fallito: ne consegue che la società continua ad esistere come soggetto giuridico, suscettibile di essere sanzionata o di essere privata dei beni costituenti il profitto o il prezzo di un reato tributario. L'obbligatorietà della confisca del profitto dei reati tributari comporta la prevalenza del vincolo penalistico rispetto ai diritti incidenti, per effetto della pendenza di una procedura concorsuale, sul patrimonio del soggetto sottoposto alla cautela reale, proprio perché i beni restano nella titolarità del fallito e non “passano” al curatore, essendo quindi necessario sottrarli al primo, non potendosi applicare la deroga del “terzo estraneo” di cui all'art. 12-bis del d.gs. 74/2000. Per completezza di narrazione, si ricorda che con l'art. 317, d.lgs. n. 14/2019, in materia di crisi d'impresa, è stata espressamente disposta, con richiamo agli articoli 318, 319 e 320 del Codice Antimafia, la prevalenza del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, rispetto alle procedure concorsuali. |