Attività commerciali e limitazioni d’uso contenute nel regolamento di condominio
17 Novembre 2023
Massima Nell’ipotesi di limitazione nell'uso del lastrico condominiale da parte dei singoli condomini prevista dal regolamento condominiale, nel quale risulta espressamente sancito il divieto di occupare le terrazze e in generale gli spazi comuni con oggetti mobili di qualunque genere, l’utilizzo della terrazza con tavolini e sedie per un’attività commerciale - nello specifico, di un bar - determina l'apposizione delle transenne (a tutela della pubblica incolumità), e avviene in spregio al medesimo, senza che vi fosse, al riguardo, alcun diritto. Tale limitazione di accesso all’attività commerciale non può essere fonte di responsabilità per il condominio, risultando i locali comunque raggiungibili dal pubblico, mediante accesso pedonale, e, non risultando dal regolamento condominiale un diritto, in capo ai singoli condomini, di utilizzo dell'area comune quale parcheggio o zona di esercizio dell'attività commerciale nell'interesse del singolo proprietario (con tavoli e sedie dedicate alla clientela del bar), non può ritenersi ivi precluso, in conseguenza del transennamento dell'area antistante, l'esercizio delle rispettive attività commerciali. Il caso Con atto di citazione, due attività commerciali agivano in giudizio nei confronti del Condominio ex art. 2051 c.c. per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza della chiusura della terrazza/lastrico condominiale, assumendo che, in ragione di ciò, fossero cessate/impedite le attività commerciali presso i rispettivi locali commerciali che si affacciavano sulla stessa. Il Condominio si costituiva in giudizio, chiedendo il differimento dell'udienza ai fini della chiamata in causa della Compagnia assicurativa e, nel merito, il rigetto delle domande attoree; parimenti, la Compagnia assicurativa, chiamata in causa dal Condominio, chiedeva il rigetto delle pretese attoree. La causa veniva ritenuta matura per la decisione sulla base delle risultanze documentali, per cui si rigettava la richiesta di prove orali formulata dalle parti. Il Tribunale di Belluno, ritenuto che non sussisteva in capo al Condominio una responsabilità ex art. 2051 c.c., rigettava le domande attoree e condannava gli attori, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore del Condominio convenuto e in favore della Compagnia assicurativa. La questione Vertendo in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., si tratta di verificare se sussista una responsabilità ascrivibile al Condominio nel caso in cui alcune attività commerciali presenti sulla terrazza condominiale lamentino il distacco di porzione del solaio della soletta - ed il conseguente transennamento delle autorimesse sottostanti e della terrazza sulle quali si affacciano - limitando l'accesso alla clientela e, se dette problematiche, possano invece essere causate da un uso improprio del lastrico solare da parte delle medesime attività commerciali, già oggetto di specifico divieto nel regolamento condominiale. Le soluzioni giuridiche Il Tribunale di Belluno, chiamato a decidere in ordine alla causa promossa da due attività commerciali nei confronti del Condominio presso il quale hanno sede, valuta la sussistenza della responsabilità ex art. 2051 c.c.per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza della chiusura della terrazza/lastrico condominiale. Precisamente, le società attrici lamentano la mancata manutenzione della terrazza/soletta antistante alle due unità commerciali di proprietà da cui era derivato il distacco di una porzione del solaio dalla soletta, ed il conseguente transennamento delle autorimesse sottostanti e della stessa terrazza (chiusa in data 31 agosto 2019), cagionando l'impossibilità per gli avventori dei locali commerciali di accedere ad entrambi i locali. In particolare, secondo la tesi attore, dette problematiche risultavano essere note al Condominio già dal 2015 e che, nelle more, non erano stati eseguiti gli interventi necessari; inoltre, in conseguenza della chiusura della terrazza, l'esercente del locale adibito a bar, al quale una delle società attrici aveva concesso in locazione l'immobile, aveva comunicato la propria volontà di recedere dal contratto (proprio a far data dal 31 agosto 2019). La richiesta risarcitoria veniva determinata nel mancato guadagno (lucro cessante) oltre al ripristino dello stato di sicurezza dell'accesso alle attività commerciali, alla perdita di avviamento commerciale (da liquidarsi in via equitativa) nonché al danno conseguente decadenza della licenza commerciale (per la chiusura forzata dei locali). Il Condominio evidenzia, invece, che, a norma del regolamento condominiale, era vietato parcheggiare nell'area del lastrico condominiale ed occupare la medesima con oggetti mobili di qualunque tipo (tavoli e sedie); inoltre, nel 2015, l'assemblea straordinaria aveva deliberato all'unanimità di nominare una commissione per analizzare le possibili soluzioni alle problematiche riscontrate e che erano stati successivamente svolti degli interventi per porre rimedio alle infiltrazioni; infine, l'accesso pedonale agli esercizi commerciali non era mai stato impedito; in ogni caso, alcun danno era stato oggetto di prova. Si costituiva anche la Compagnia assicurativa, chiamata in causa dal Condominio, chiedendo a sua volta il rigetto delle pretese attoree ed evidenziando la esecuzione da parte del Condominio medesimo dei lavori di bitumatura delle crepe del lastrico e di sistemazione della guaina laterale lungo tutto il perimetro per far fronte al lamentato problema delle infiltrazioni; sottolineava, quindi, che la caduta dei calcinacci, verificatasi nel 2019 in corrispondenza del centro del lastrico, rendeva verosimile che il cedimento fosse imputabile al carico derivante dal parcheggio improprio dei veicoli sul lastrico (e non dalle infiltrazioni); in via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale delle domande attoree, chiedeva comunque accertarsi e dichiararsi il prevalente concorso di colpa di parte attrice nella causazione dell'evento danno. Il magistrato veneto, ritenuta la causa matura per la decisione, senza la necessità di procedere all'assunzione delle prove orali formulate da parte attrice e dal Condominio convenuto, esclude la dedotta responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo al Condominio in quanto il transennamento della terrazza, a tutela della pubblica incolumità, non aveva di fatto impedito l'accesso al pubblico presso i locali commerciali e, quindi, l'esercizio delle relative attività nei termini dedotte dalle società attrici, bensì solamente l'accesso all'area con i veicoli. La circostanza viene, peraltro, ribadita dalle produzioni documentali (un rapporto dei Vigili del Fuoco intervenuti in loco il 27 agosto 2019; una comunicazione mail del gestore di un bar presente nell'area commerciale). Il giudice adìto non ritiene, poi, responsabile il Condominio neppure del recesso del gestore del bar, né della perdita di una occasione di guadagno per la società attrice, circostanze tutte comunque indimostrate; di tal che risulta superfluo verificare le cause che avevano determinato il distacco del solaio. Il Tribunale di Belluno, pronunciata l'insussistenza in capo al Condominio di una responsabilità ex ex art. 2051 c.c., né che poteva essere responsabile del recesso da parte del gestore del bar né della perdita di guadagno della società attrice, rigetta le domande attoree e condanna le società attrici, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore del Condominio convenuto e in favore della Compagnia assicurativa. Osservazioni La pronuncia del Tribunale di Belluno si colloca nel filone giurisprudenziale che tratta della responsabilità delle cose in custodia previsto dall'art. 2051 c.c. e delinea, ancora una volta, le particolarità che questo istituto esplica all'interno della materia condominiale. In realtà, questa disamina legge e contempera con occhio critico la vicenda in esame prendendo a riferimento anche il regolamento di condominio, presente in ogni compagine condominiale. Infatti, poiché le parti attrici sono attività commerciali operanti all'interno del Condominio, la convivenza tra le unità immobiliari e gli esercizi commerciali è permessa solo se il regolamento condominiale lo consente e a condizione, certamente, che lo stesso sia stato trascritto negli atti di compravendita delle singole unità abitative. La norma cui fare riferimento è sempre l'art. 2051 c.c. che prevede che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. La richiesta di risarcimento danni formulata dalle due attività commerciali nei confronti del Condominio si fonda sulle cattive condizioni della terrazza condominiale / lastrico solare antistante i rispettivi locali che avrebbe determinato la comparsa di infiltrazioni e la conseguente caduta di calcinacci sulle autorimesse sottostanti; detta situazione determinava il transennamento delle autorimesse e della terrazza, con impossibilità di accedere ad entrambi i locali; in ragione di ciò parte attrice instava anche per la richiesta di risarcimento dovuta al recesso da parte del gestore della attività commerciale adibita a bar ed alla perdita della occasione di guadagno per la società locatrice. In verità, dalla parte motiva della sentenza, si evince che l'impossibilità non riguardava l'accesso pedonale alla clientela che, invece, poteva liberamente accedere ai locali commerciali. Quindi, verificato dal giudice di prime cure che il Condominio non era incorso in responsabilità ex art. 2051 c.c. avendo provveduto, nel 2015, dopo una delibera assunta all'unanimità, a nominare una commissione per analizzare le possibili soluzioni alla riscontrata problematica delle infiltrazioni, realizzando successivamente degli interventi risolutivi, ne escludeva i profili di responsabilità. Non poteva, perciò, essere imputata al Condominio una carenza / omissione / negligenza nella vigilanza delle aree comuni condominiali e nella conservazione di un idoneo stato di manutenzione della res comune, essendosi viceversa adoperato, dopo il consesso assembleare ed alla relativa delibera assunta, affinchè le parti comuni (nel caso di specie la terrazza condominiale / lastrico solare) risultassero prive di insidie e pericoli, evitando il prodursi di danni ai condomini o a terzi. Nella fattispecie de qua, invece, ciò che emerge expressis verbis dalle difese sia del Condominio convenuto che della Compagnia di assicurazioni, è che a norma del regolamento condominiale, era vietato parcheggiare nell'area del lastrico condominiale, nonché occupare la medesima area con oggetti mobili di qualunque genere come, ad esempio, i tavoli e sedie propri delle attività commerciali. Difatti, la caduta dei calcinacci verificatasi nel 2019 si manifestava in corrispondenza del centro del lastrico, ovvero del parcheggio improprio dei clienti delle attività commerciali. Sul punto veniva precisato che nel regolamento di condominio era indicata la limitazione nell'uso del lastrico condominiale da parte dei condomini, ovvero veniva chiaramente stabilito il divieto di occupare le terrazze e, in generale, gli spazi comuni con oggetti mobili di qualunque genere; invece, differentemente da quanto espressamente previsto, la terrazza veniva utilizzata principalmente per allocare proprio le sedie e i tavolini di una delle attività commerciali (quella di bar). Come da principio noto ad ogni attento lettore, la regola generale è che la proprietà può essere utilizzata secondo la destinazione impressa al bene (ad esempio, unità abitativa o commerciale); se l'immobile è, però, inserito all'interno di una compagine condominiale, ed è una attività commerciale, essa può prevedere in seno al regolamento alcune tutele a salvaguardia degli altri partecipanti il condominio, come nel caso di un più intenso uso delle parti comuni dell'edificio, che può essere espressamente indicato proprio in ragione degli avventori che si possono alternare nel Condominio. Anzi, è la stessa disposizione codicistica di cui all'art. 1102 c.c. che stabilisce che tutti i partecipanti alla comunione, rectius al Condominio, possono usare le parti dell'edificio in comune a condizione che non ne alternino la destinazione e non impediscano agli altri di farne il medesimo uso. Ciò detto, in ossequio alla libera espressione e volontà dei partecipanti al condominio, nulla vieta di operare sulle clausole del regolamento condominiale operando alcune limitazioni, sia in termini generici di vietare attività rumorose o poco decorose, sia in termini di vietare attività specifiche (come ristoranti, asili, palestre, ecc.). Difatti, come graniticamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è principio assodato che “l'art 1102 c.c., nel prescrivere che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, non pone una norma inderogabile; ne consegue che i suddetti limiti possono essere resi più rigorosi dal regolamento condominiale, o da delibere assembleari adottate con il "quorum" prescritto dalla legge, fermo restando che non è consentita l'introduzione di un divieto di utilizzazione generalizzato delle parti comuni” (così Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2018 n. 2114). La medesima Corte di Cassazione rimarca anche come, in tema di condominio negli edifici, poiché l'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell'art. 1102 c.c., al duplice divieto di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa stessa secondo il loro diritto, deve pacificamente ritenersi che la condotta del condomino, consistente nella stabile occupazione di una porzione dell'area comune, configuri un abuso, in quanto impedisce agli altri condomini di partecipare all'utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà (v., per tutte, Cass. civ., sez. II, 24 febbraio 2004, n. 3640). E ancora, a mente di un altro principio cristallizzato dal Supremo Collegio, “il regolamento condominiale di origine contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare. In quest'ultimo caso, peraltro, per evitare ogni equivoco in una materia atta a incidere sulla proprietà dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni chiare, avuto riguardo, più che alla clausola in sè, alle attività e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentate intende impedire, così consentendo di apprezzare se la compromissione delle facoltà inerenti allo statuto proprietario corrisponda ad un interesse meritevole di tutela” (così Cass. civ., sez. II, 20 ottobre 2016, n. 21307). Nel regolamento in oggetto, risultava espressamente sancito il divieto di occupare le terrazze e, in generale, gli spazi comuni con oggetti mobili di qualunque genere. Tralasciando il fatto che, nella sentenza in esame, la limitazione dell'area tramite transenne non era fonte di responsabilità condominiale, “risultando i locali attorei comunque raggiungibili dal pubblico, mediante accesso pedonale, e non risultando dal regolamento condominiale un diritto, in capo ai singoli condomini, di utilizzo dell' area comune quale parcheggio o zona di esercizio dell'attività commerciale nell' interesse del singolo proprietario (con tavoli e sedie dedicate alla clientela del bar )” (motivazione pag. 5), e venendo meno la verifica delle cause che hanno determinato il distacco di parti del solaio (riconducibili o meno ai carichi derivanti dall'uso improprio dell' area quale parcheggio), la violazione della regola condominiale può dare origine a rigorose conseguenze. Difatti, il regolamento condominiale può anche autorizzare l'amministratore ad infliggere multe a chi viola il regolamento stesso: l'art. 70 disp. att. c.c. statuisce che, per le infrazioni al regolamento di condominio, può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad € 200,00 e, in caso di recidiva, fino ad € 800,00; la somma è da devolvere al fondo di cui l'amministratore dispone per le spese ordinarie. A precisazione di quanto sopra dedotto, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che “non si può ritenere che sia consentito introdurre nel regolamento condominiale sanzioni diverse da quelle pecuniarie, ovvero diversamente “afflittive”, ciò che sarebbe in contrasto con i principi generali dell'ordinamento che non consentono al privato - se non eccezionalmente - il diritto di autotutela” (così Cass. civ, sez. II, 6 gennaio 2014, n. 820). L'irrogazione della sanzione deve essere deliberata dall'assemblea con le maggioranze di cui al comma 2 dell'art. 1136 c.c., ovvero con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell'edificio, mentre sarà sempre l'amministratore il soggetto delegato ad applicare tali sanzioni; una eventuale sua inerzia non sarà comunque di impedimento ai condomini che intendano agire in prima persona a difesa del condominio medesimo. Qualora il regolamento non preveda la possibilità di irrogare le sanzioni, nulla esclude che l'assemblea condominiale possa modificarlo successivamente, con la dovuta precisazione che la nuova previsione varrà evidentemente per le violazioni successive (e non per quelle già verificatesi); nel caso in cui la condotta in violazione di una norma regolamentare integri un reato penale, sarà possibile presentare querela avanti all'Autorità giudiziaria (disturbo quiete pubblica, danneggiamento, ecc.). Riferimenti Cusano, Il codice del condominio - Commento all’art. 70 disp. att. c.c., Napoli, 2022, 351; Ginesi, Limiti posti dal regolamento contrattuale alle proprietà individuali: natura, opponibilità e rilevabilità in giudizio, in Immob. & proprietà, 2018, fasc. 5; Rezzonico, Manuale del condominio, Rimini, 2018, 221 e 788; Trapuzzano, Commento sub art. 2051 c.c., in Codice della responsabilità civile, Milano, 2017. |