Trattamento fiscale cd. “bonus misti”

20 Novembre 2023

I cd. “bonus misti” ossia quel genere di premi erogati a favore del venditore al raggiungimento congiunto di obbiettivi qualitativi e quantitativi sono trattati – ai fini IVA – quali buoni / sconti, per i quali trova applicazione la variazione in diminuzione ex art. 26 c. 2 d.P.R. 633/72.

Massima

È stato confermato il principio di diritto, quindi, secondo il quale i “bonus misti” non possono ritenersi soggetti ad IVA come richiesto invece per i bonus (esclusivamente) qualitativi, ex art. 3 d.P.R. 633/1972.

A questa decisione è giunta la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 25101/2023, confermando precedenti indirizzi giurisprudenziali.

Il caso 

L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della società concessionaria alcuni avvisi d’accertamento con i quali – fra i vari rilievi - riprendeva a tassazione IVA i bonus ricevuti dal contribuente, considerando questi ultimi aventi natura di bonus qualitativi, ossia erogabili al raggiungimento di determinati obbiettivi qualitativi.

La società contribuente presentava ricorso alla commissione tributaria competente e la questione si sviluppava, fino a giungere alla commissione tributaria regionale la quale sanciva che gli sconti riconosciuti dalla casa automobilistica al concessionario erano di carattere misto. Il giudice di secondo grado, infatti, riconosceva la natura “quantitativa” dei bonus stessi - in quanto legati al raggiungimento di volumi prestabiliti di acquisti – ma evidenziava anche il fatto che la loro erogazione era sospensivamente condizionata al verificarsi di alcuni risultati qualitativi.

Da ciò ne conseguiva che lo sconto non poteva ritenersi soggetto a IVA, in quanto i cd. “bonus misti” sono trattati – ai fini IVA – quali buoni / sconti, per i quali trova applicazione la variazione in diminuzione ex art. 26 c. 2 d.P.R. 633/72.

L’Agenzia delle Entrate, non soddisfatta, presentava ricorso in Cassazione, la quale ha deciso con ordinanza n. 25101, pubblicata il 23/08/2023, rigettando il ricorso.

La questione

I fatti oggetto del presente approfondimento riguardano una contestazione fiscale mossa dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un’impresa concessionaria, in merito alla rilevanza tributaria degli incentivi commerciali/bonus erogati dalla propria casa automobilistica di riferimento e ricevuti nell’anno d’imposta 2004. 

La soluzione giuridica

Com'è noto, l'art. 26 comma 2 d.P.R. 633/1972 recita: “Se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell'articolo 19 l'imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell'articolo 25.

La disposizione di cui al comma 2 non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti e può essere applicata, entro lo stesso termine, anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all'applicazione dell'articolo 21, comma 7.”.

La suprema Corte, chiamata a decidere sul tema in questione, ha ricordato che secondo la giurisprudenza della stessa corte, «In tema di IVA, qualora i "bonus", erogati dalla casa automobilistica al concessionario per il raggiungimento di obbiettivi quantitativi e qualitativi, abbiano, in concreto, natura mista, in quanto il riconoscimento dello sconto sia collegato ad obbligazioni qualitative non autonome ma funzionali alla realizzazione dell'obbiettivo quantitativo (al cui verificarsi è condizionata l'esigibilità del "bonus"), sì da determinare una riduzione dei prezzi praticati dalla casa madre, ad essi trova applicazione il regime fiscale riservato agli "abbuoni o sconti" di cui all'art. 26, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633» (Cass. n. 11398 del 03/06/2015).

Entrando nello specifico e affrontando la questione oggetto del presente approfondimento la Cassazione ha evidenziato, innanzitutto, come la Commissione Tributaria regionale, sulla base dell'esame del contratto tra le parti, avesse ritenuto correttamente che i bonus riconosciuti dalla casa madre al concessionario fossero di natura mista. Il raggiungimento del risultato di vendita, infatti, era condizione necessaria all'ottenimento dello sconto, ma non era sufficiente, dovendo il concessionario rispettare anche alcuni standard qualitativi.

In altri termini, senza il rispetto degli standard qualitativi la concessionaria non avrebbe potuto ottenere lo sconto sugli acquisti precedentemente effettuati, con una conseguente funzionalizzazione della prima prestazione alla seconda.

Data la natura dei bonus in questione (cd. “bonus misti”), quindi, trovava applicazione il regime fiscale riservato agli "abbuoni o sconti" di cui la variazione in diminuzione ex art. 26 c. 2 d.P.R. 633/72.

Osservazioni

La sentenza in commento pone in luce i seguenti aspetti:

In tema di trattamento fiscale dei bonus / abbuoni risulta necessario definire con esattezza la natura dei bonus in questione, capendo se si tratta di un bonus “qualitativo” (ossia collegato al raggiungimento di obbiettivi qualitativi), “quantitativo” (subordinato al raggiungimento di obbiettivi quantitativi), oppure “misto” (erogato al conseguimento di obbiettivi sia quantitativi sia qualitativi).

Nei confronti dei cd. “bonus misti” ossia gli abbuoni / sconti riconosciuti a favore del venditore e subordinati al conseguimento congiunto di obbiettivi qualitativi e di obbiettivi quantitativi trova applicazione – ai fini IVA - la variazione in diminuzione ex art. 26 c. 2 d.P.R. 633/72.

Cass. Civ.,  23 agosto 2023, n. 25101

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