Via libera al rimborso alla società madre del credito d’imposta relativo ai dividendi versati dalla società figlia

21 Novembre 2023

In tema di imposte sui dividendi azionari corrisposti da una società figlia residente in Italia a una società madre residente in Francia, il credito d’imposta previsto dalla Convenzione contro le doppie imposizioni firmata tra Italia e Francia non è escluso dal riconoscimento dell’esenzione dalla ritenuta prevista dalla Direttiva madre-figlia, atteso che, secondo l’interpretazione offerta dalla Corte UE, questo secondo beneficio non elimina necessariamente il rischio di doppia imposizione economica né di violazione del principio di neutralità fiscale.

Massima

Ai fini del corretto coordinamento dei due meccanismi di tutela dagli effetti distorsivi della doppia imposizione (esenzione e credito d’imposta), la necessaria verifica in concreto della eliminazione effettiva di detto rischio in danno della società madre francese - a tutela da trattamenti fiscali deteriori rispetto alla disciplina applicabile a una società madre residente in Italia - deve essere compiuta mediante l’accertamento che il dividendo distribuito dalla società figlia italiana sia compreso, una volta assegnato alla società madre francese, nel coacervo dei redditi imponibili in quello Stato, senza che rilevi se nel concreto quel reddito sia ivi assoggettabile ad aliquota pari, inferiore o superiore a quella altrimenti applicabile in Italia, riconducendosi la disciplina nel principio di neutralità ed efficienza fiscale internazionale.

Il caso 

Una società italiana, controllata da una società francese (la quale deteneva partecipazioni pari al 70% nella società italiana) versava, in relazione all'anno 2000, i dividendi alla propria controllante francese avvalendosi della facoltà di cui all'art. 27-bis, terzo comma, del d.P.R. n. 600/1973, che consente di non applicare la ritenuta alla fonte sui dividendi erogati.

La controllante francese, assoggettata nel proprio Paese (Francia) all'imposta sulle società, presentava istanza di rimborso al Fisco italiano, invocando il disposto di cui all'art. 10, paragrafo 4, lettera b), della Convenzione Italia – Francia contro le doppie imposizioni.

La società francese impugnava il silenzio rifiuto, chiedendo il riconoscimento del diritto al rimborso del credito d'imposta in relazione ai dividendi versati dalla propria controllata italiana, dichiarando di essere sottoposta in Francia all'imposta sulle società.

La Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado respingeva il ricorso statuendo che non essendo stata pagata alcuna imposta, né in Italia, né in Francia, il dedotto credito d'imposta doveva ritenersi insussistente.

La società francese proponeva appello avverso la sentenza di primo grado, il quale veniva rigettato; la decisione di secondo grado veniva, quindi, ricorsa per Cassazione. La Suprema Corte accoglieva l'impugnativa e disponeva la cassazione con rinvio della decisione assunta dai Giudici di secondo grado (Cass., sez. V, 20 maggio 2021, n. 13848).

La società francese riassumeva il processo in secondo grado, chiedendo la riforma della pronuncia di primo grado; l'Amministrazione finanziaria chiedeva il rigetto.

La Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado riconosceva la fondatezza della richiesta di rimborso formulata dalla società francese ed avverso tale decisione ricorreva per Cassazione l'Amministrazione finanziaria.

La Suprema Corte, sezione Tributaria, ha ritenuto che la Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado in sede di rinvio avesse correttamente applicato i principi di diritto indicati dalla stessa con sentenza con rinvio (Cass., sez. V, 20 maggio 2012, n. 13848), avendo verificato che il valore dei dividendi era stato indicato dalla controllante francese nella sua dichiarazione dei redditi quale parte dell'imponibile e che non era stato violato il principio di neutralità fiscale.

I Giudici hanno, altresì, osservato come “le critiche proposte in questa sede dall'Amministrazione finanziaria, invocando il mancato rispetto dei principi di diritto indicati dalla Suprema Corte nel disporre il giudizio di rinvio,  mirano in realtà a porre nuovamente in discussione questioni, in  particolare la possibilità di conseguire il rimborso di un'imposta sui  dividendi in senso stretto, la quale però non è stata versata né in Italia né in Francia, che non costituivano tuttavia oggetto del giudizio di rinvio”.

La questione

La questione ha origine dall'impugnazione del silenzio rifiuto formatosi in relazione alla richiesta di rimborso presentata dalla controllante francese del credito d'imposta riferito ai dividendi versati dalla propria controllata italiana, dichiarando di essere sottoposta in Francia alle imposte sulle società e di aver esposto i dividendi percepiti nella dichiarazione dei redditi presentata in Francia.

La Corte di Giustizia Tributaria di Primo Grado respingeva il ricorso promosso dalla società controllante francese statuendo che non essendo stata pagata alcuna imposta, né in Italia, né in Francia, il dedotto credito d'imposta doveva ritenersi insussistente. La sentenza veniva confermata in secondo grado.

La società francese proponeva ricorso per Cassazione, la quale accoglieva l'impugnativa disponendo la cassazione con rinvio (sentenza 20.5.2021, n. 13848) della decisione emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado.

In specie, i Giudici di legittimità statuivano quanto segue: “in tema di imposte sui dividendi azionari corrisposti da una società figlia residente in Italia a una società madre residente in Francia, il credito d'imposta previsto dall'art. 10, co. 4, lett. b), della Convenzione contro le doppie imposizioni, firmata tra l'Italia e Francia il 5.10.1989 e ratificata dalla Repubblica Italiana con L. 7 gennaio 1992, n. 20, non è escluso dal riconoscimento dell'esenzione dalla ritenuta prevista dalla Direttiva madre-figlia n. 453/1990 (attuata con il d.lgs. n. 136 del 1993), atteso che, secondo l'interpretazione offerta dalla Corte di Giustizia (causa C- 398/18, del 19 dicembre 2019, Brussels Securities), questo secondo beneficio non elimina necessariamente il rischio di doppia imposizione economica né di violazione del principio di neutralità fiscale. Peraltro, ai fini del corretto coordinamento dei due meccanismi di tutela dagli effetti distorsivi della doppia imposizione (esenzione e credito d'imposta), la necessaria verifica in concreto della eliminazione effettiva di detto rischio in danno della società madre francese - a tutela da trattamenti fiscali deteriori rispetto alla disciplina applicabile a una società madre residente in Italia - deve essere compiuta mediante l'accertamento che il dividendo distribuito dalla società figlia italiana sia compreso, una volta assegnato alla società madre francese, nel coacervo dei redditi imponibili in quello Stato, senza che rilevi se nel concreto quel reddito sia ivi assoggettabile ad aliquota pari, inferiore o superiore a quella altrimenti applicabile in Italia, riconducendosi la disciplina nel principio di neutralità ed efficienza fiscale internazionale” (sentenza 20 maggio 2021, n. 13848).

La società francese riassumeva il processo in secondo grado, chiedendo la riforma della pronuncia di primo grado ed il riconoscimento del credito d'imposta per applicazione contestuale della Direttiva madre – figlia e della Convenzione Italia – Francia contro le doppie imposizioni. L'Amministrazione finanziaria si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda di rimborso ribadendo che, nel caso di specie, non si era verificata alcuna doppia imposizione e che sulle somme oggetto di causa non era stata applicata alcuna imposizione, né in Italia, né in Francia.

La Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado in sede di rinvio accoglieva l'istanza di rimborso proposta dalla società francese.

L'Amministrazione finanziaria introduceva ricorso per Cassazione avverso la decisione della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado in sede di rinvio, contestando la violazione e falsa applicazione dell'art. 384 del c.p.c. e dell'art. 10 della Convenzione Italia - Francia contro le doppie imposizioni, per avere i Giudici di Secondo Grado riconosciuto alla società francese il diritto al rimborso.

In specie, l'Amministrazione finanziaria censurava la decisione assunta dalla Corte di Secondo Grado in sede di rinvio per essersi limitata ad affermare che i dividendi erano stati inseriti nella dichiarazione dei redditi presentata dalla società in Francia indipendentemente dal fatto che fosse stata o meno pagata l'imposta in quel Paese.

La Suprema Corte respingeva il ricorso proposto dall'Amministrazione finanziaria e confermava la sentenza di secondo grado resa in sede di rinvio.

Le soluzioni giuridiche 

I Giudici della Corte di Cassazione hanno ripercorso la decisione assunta dalla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado in sede di rinvio.

In specie, affermano i Giudici di legittimità, “la sentenza di rinvio enuclea due principi: il primo, secondo cui è sufficiente, per avere diritto al credito d'imposta, che la società – madre abbia inserito il dividendo nel reddito assoggettato ad imposta in Francia, restando poi irrilevante l'ulteriore circostanza che, nei fatti, su quei dividendi sia stata, o non sia stata pagata l'imposta in quel Paese.

Mentre il secondo principio è quello della "neutralità fiscale ": per cui il Giudice nazionale è tenuto a verificare che la società – madre francese non subisca un trattamento deteriore rispetto a quello che spetterebbe ad una società – madre italiana, che percepisse i dividendi da una società – figlia anch'essa con sede in Italia”.

Con riguardo a questo secondo principio, la Suprema Corte osserva che i Giudici di Secondo Grado in sede di rinvio hanno affermato che “basterà considerare che la stessa Circolare del Ministero delle Finanze n. 151 del 10/8/1994, all'art. 10, lett. b), prevede che alle società madri con sede in Francia, che ricevano il pagamento di dividendi da parte di società residenti in Italia, spetta un credito d'imposta in misura pari alla metà del credito d'imposta cui avrebbe diritto un soggetto residente in Italia, previa applicazione della ritenuta nella misura del 5 per cento”.

Le conclusioni dei Giudici della Corte di Cassazione

Sulla base di tali argomentazioni i Giudici della Suprema Corte sono pervenuti alla conclusione secondo cui “la circostanza che la società francese non abbia pagato alcuna imposta sui dividendi nel suo Paese, non vale ad escludere il diritto al rimborso del credito d'imposta, essendo sufficiente che i dividendi siano stati sottoposti a tassazione in quel Paese. La CTR, pertanto, ha assicurato corretta applicazione ai principi di diritto indicati da questa Corte in sede di rinvio, verificando che il valore dei dividendi sia stato indicato dalla società francese nella sua dichiarazione dei redditi quale parte dell'imponibile, e che non sia stato violato il principio di neutralità fiscale. Sulla base di questi presupposti la decisione impugnata non appare meritevole di censure”.

Osservazioni

Con la sentenza in commento i Giudici della sezione tributaria hanno fatto buon governo dei principi posti dalla Corte di Giustizia con sentenza del 19 dicembre 2019 (causa C-389/18, Brussels Securities c/ Belgio), la quale ha avvertito come la circostanza che la distribuzione del dividendo da parte della società figlia non sia assoggettata a ritenuta in Italia non elimina necessariamente il rischio di doppia imposizione economica e di violazione della neutralità fiscale.

Per tal ragione al fine di assicurare l'obiettivo della neutralità, sotto il profilo fiscale, della distribuzione di utili da parte di una società figlia con sede in uno Stato membro alla sua società madre stabilita in un altro Stato membro, la Direttiva 90/435 mira ad evitare, in particolare, mediante la regola prevista al suo articolo 4, paragrafo 1, una doppia imposizione di tali utili, in termini economici, vale a dire ad evitare che gli utili distribuiti siano colpiti, una prima volta, a carico della società figlia, e, una seconda volta, a carico della società madre.

Pertanto, come correttamente statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza de qua, i principi enucleabili dall'arresto della Corte europea non vietano affatto alla società di richiedere il rimborso del credito, pur quando la società madre abbia beneficiato di utili sui quali la società figlia, appartenente ad altro Stato membro, non abbia applicato la ritenuta alla fonte sui dividendi.

Peraltro, ai fini del corretto coordinamento dei due meccanismi di tutela dagli effetti distorsivi della doppia imposizione (esenzione e credito d'imposta), la necessaria verifica in concreto della eliminazione effettiva di detto rischio in danno della società madre francese – a tutela da trattamenti fiscali deteriori rispetto alla disciplina applicabile ad una società madre sedente in Italia – deve essere compiuta mediante l'accertamento che il dividendo distribuito dalla società figlia italiana sia compreso, una volta assegnato alla società madre francese, nel coacervo dei redditi imponibili in quello Stato, senza che rilevi se nel concreto quel reddito sia ivi assoggettabile ad aliquota pari, inferiore o superiore a quella altrimenti applicabile in Italia, riconducendosi la disciplina nel principio di neutralità ed efficienza fiscale internazionale.

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