Retrocessione del patrimonio in trust

Giovambattista Palumbo
06 Dicembre 2023

La Corte di Cassazione ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di trust, con particolare riferimento agli effetti della retrocessione del patrimonio nello stesso già destinati.

Massima

In tema di imposta sulle successioni e donazioni, l'anticipata cessazione del trust fa venir meno il presupposto di imposta, in quanto priva l'operazione della potenzialità di arricchimento gratuito da parte dei terzi, impedendo la manifestazione della capacità contributiva oggetto del tributo. Resta, dunque, fiscalmente irrilevante l'automatica retrocessione dei beni non più segregati, in quanto mero riflesso della sopravvenuta inadeguatezza del vincolo di destinazione alla realizzazione dell'arricchimento del beneficiario.

Il caso

Una contribuente proponeva ricorso per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale ne aveva respinto l'appello nell'ambito di un contenzioso avverso avviso di liquidazione di imposta di donazione, ipotecaria e catastale in conseguenza di atto di risoluzione di un trust immobiliare.

La ricorrente deduceva in particolare che la Commissione Tributaria Regionale aveva erroneamente respinto l'appello senza valutare che «nel caso di specie, l'atto … (aveva)… determinato, con efficacia ex tunc, l'impossibilita di realizzare il programma negoziale predisposto dal disponente … (cosicché)… la retrocessione dei beni …(era)… stato solo un effetto automatico della cessazione del trust, in nessun modo rilevante ai fini impositivi, perché mero riflesso di quella sopravvenuta inadeguatezza del "vincolo di destinazione" diretto a realizzare l'arricchimento (prospettico o attuale) del beneficiario».

I giudici di appello, rilevava la contribuente, avevano invece erroneamente affermato che: «Il valore sul quale calcolare la tassazione è regolare, a prescindere da se si siano trasferiti i beni immobili al trust e viceversa, bensì sul valore della proprietà fiduciaria ai sensi di legge 131/86».

La questione

In tema di imposta sulle successioni e donazioni, il recesso o la rinuncia definitiva di tutti i beneficiari del trust, specificamente individuati, alla distribuzione dei beni e alla realizzazione dello scopo impresso dall'atto istitutivo, senza che questo nulla preveda al riguardo, comporta, al pari di quanto accade quando il beneficiario manchi fin dall'origine, l'impossibilità di realizzare il programma negoziale predisposto dal disponente e il ritorno a quest'ultimo del trust fund, con la conseguenza che l'anticipata cessazione del trust fa venir meno il presupposto di imposta (dato dall'originaria istituzione del vincolo e dalla finale attribuzione beneficiaria), in quanto priva l'operazione della potenzialità di arricchimento gratuito da parte dei terzi, impedendo la manifestazione della capacità contributiva oggetto del tributo, mentre resta fiscalmente irrilevante l'automatica retrocessione dei beni non più segregati, in quanto mero riflesso della sopravvenuta inadeguatezza del vincolo di destinazione alla realizzazione dell'arricchimento del beneficiario (cfr., Cass. n. 8719/2021).

Le soluzioni giuridiche

Secondo la Suprema Corte il ricorso era fondato.

Evidenziano i giudici di legittimità che l'istituzione del trust ed il conferimento in esso di beni che ne costituiscono la dotazione sono atti fiscalmente neutri, in quanto non danno luogo ad un passaggio effettivo e stabile di ricchezza o ad un incremento del patrimonio del trustee, che acquista solo formalmente la titolarità dei beni, per poi trasferirla al beneficiario finale, sicché non sono soggetti all'imposta sulle successioni e donazioni, prevista dall'art. 2, comma 47, d.l. n. 262/2006, conv. in l. n. 286/2006, che sarà dovuta, invece, al momento del trasferimento dei beni o diritti dal trustee al beneficiario.

Solo questa interpretazione, del resto, aggiunge la Cassazione, è conforme ai principi delineati dall'art. 53 Cost., secondo cui l'imposizione non deve essere arbitraria, ma ragionevole e connessa ad un effettivo indice di ricchezza (cfr., Cass. n. 29507/2020, Cass. n. 19167/2019).

L'imposizione solo fissa, nel tributo di registro come nelle imposte ipo-catastali, per la «retrocessione» dei beni ai disponenti risulta, dunque, correlata alla natura della costituzione del vincolo, di cui rappresenta la vicenda uguale e contraria, e conferma di simile impostazione si rinviene anche nell'art. 6, comma 4, l. n. 112/2016, che, nei trust «dopo di noi», prevede la tassazione solo fissa per il ritrasferimento dei beni a favore dei disponenti in caso di premorte del soggetto debole, disposizione che assume valore ricognitivo di un principio ordinamentale.

La retrocessione del patrimonio in trust è, quindi, un fenomeno del tutto neutrale, nel tributo successorio e donativo, anche nell'ipotesi in cui – che comunque non si verificava nel caso in esame - i beni che lo compongono non siano gli stessi di quelli a suo tempo segregati.

La non individuabilità, nella costituzione del vincolo, di un autonomo presupposto di imposta vale anche ad escludere che l'atto di retrocessione, così come l'atto istitutivo del trust e quelli di dotazione/provvista del medesimo, siano alternativamente assoggettabili all'imposta sulle donazioni, di questa mancando, infatti, gli elementi costitutivi, rappresentati sia dalla liberalità sia dal concreto arricchimento mediante effettivo trasferimento di beni e diritti, secondo quanto evincibile dall'art. 1, T.U. n. 346/1990 (cfr., Cass. n. 8082/2020).

Osservazioni

In definitiva, né l'atto di dotazione del Trust (il momento di "entrata" dei beni) né i (ri)trasferimenti in favore del disponente (i momenti di "uscita" dei beni, ivi incluso quello della "revoca") degli assets costituenti il fondo del Trust revocabile scontano alcuna imposizione ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni.

Un'eventuale argomentazione di segno contrario sarebbe del resto in contrasto sia con l'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità formatosi sul punto e sia con la prassi dell'Agenzia delle Entrate.

In sostanza, il ritrasferimento assume la valenza di una mera reintestazione dei beni dal Trust al contribuente.

L'assenza di un trasferimento intersoggettivo preclude comunque  l'applicazione dell'imposta di donazione per carenza del presupposto oggettivo, mancando appunto un effettivo trasferimento di ricchezza (cfr., Risposta ad interpello n. 106 del 2021).

Per comprendere meglio la fattispecie è peraltro rilevante evidenziare il meccanismo di funzionamento dell'istituto, laddove il trustee acquista sì la proprietà dei beni conferiti nel trust, ma non gode delle facoltà tipiche del proprietario e non acquisisce alcun vantaggio per sé, assumendo la titolarità di tali beni solo per poter compiere gli atti di gestione e di disposizione necessari al raggiungimento dello scopo per cui il trust è stato istituito.

Il trustee acquista dunque la proprietà dei beni conferiti nel trust, ma si tratta di un trasferimento strumentale, perché finalizzato al perseguimento degli scopi indicati nell'atto costitutivo, che non incrementa il patrimonio personale del trustee, perché i beni trasferiti restano separati, e segregati, essendo destinati a restare temporaneamente sotto il controllo del trustee prima della destinazione ai beneficiari finali.

Con la dotazione del trust, il disponente non vuole pertanto arricchire il trustee, il cui patrimonio personale non trae infatti alcun vantaggio, tenuto conto che i beni restano segregati, ma vuole che quest'ultimo abbia tutti i poteri per gestire e disporre di tali beni, in modo tale da poter attuare le finalità per cui il trust è stato istituito, a vantaggio dei beneficiari finali.

Tanto premesso, l'estensione dell'imposizione al più ampio genus degli atti a titolo gratuito (rispetto alla species delle sole liberalità, previste in origine dall'art. 1 d.lgs. n. 346/1990) conduce a correlare il presupposto del tributo all'accrescimento patrimoniale (senza contropartita) del beneficiario, anziché all'animus donandi, che infatti manca negli atti a titolo gratuito diversi dalle liberalità.

E anche per quanto riguarda la costituzione dei vincoli di destinazione, la giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nel ritenere che l'art. 2, comma 47, cit. abbia mantenuto, come presupposto impositivo, quello stabilito dall'art. 1 d.lgs. n. 346/1990, e cioè il "reale trasferimento" di beni o diritti, e quindi il "reale arricchimento" dei beneficiari.

Tale soluzione risponde del resto, come evidenzia anche la Corte nella pronuncia in commento, alla necessità di operare una lettura costituzionalmente orientata della normativa in esame, attribuendo il giusto rilievo al fatto che l'imposta non può non essere posta in relazione con un'idonea capacità contributiva (art. 53 della Costituzione).

Sulla base di tali premesse, pertanto, l'istituzione del trust e la destinazione ad esso di beni o diritti non implicano, da soli, un effettivo incremento di ricchezza in favore del trustee.

Il conferimento costituisce infatti un atto sostanzialmente neutro, che non arreca un reale e stabile incremento patrimoniale al beneficiario (così anche Cass., Sez. 5, n. 1131/2019; Cass., Sez. 5, n. 11401/2019). E allo stesso modo, come visto, resta un atto fiscalmente neutro la restituzione/revoca.

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