Il contributo analizza l’evoluzione normativa e giurisprudenziale in punto di vendita di servizi turistici; le condizioni per l’erogazione, all’acquirente di un pacchetto (o servizio vacanza tutto compreso), della tutela specifica, apprestata dalla legislazione speciale, sovranazionale e interna; la nozione di danno da vacanza rovinata, come particolare tipologia di danno non patrimoniale, di origine pretoria, ormai normativizzato dall’art. 46 D.Lgs. 79/2011 (c.d. codice del turismo).
Il fatto, la pronuncia del Tribunale e il ricorso
1.1 Nel giugno del 2016 un signore acquistò per sé e per la moglie, tramite un sito specializzato, una serie di servizi turistici. Si trattava del soggiorno per tre notti nell’albergo a quattro stelle di una località balneare, con fruizione, oltre che della prima colazione, di parcheggio gratuito, dell’uso della spiaggia e di quello della piscina. Nelle foto pubblicate sulla piattaforma internet, a detta dell’acquirente, l’hotel appariva struttura elegante, ben posizionata e ben tenuta. Si era all’inizio dell’estate: i comfort di cui essa appariva dotata ne facevano la location ideale per un periodo, ancorché breve, di relax.
All’arrivo la prima contrarietà: nessuna possibilità di sistemare l’autovettura negli spazi interni dell’albergo, già esauriti in ragione di un evento in atto. Fu perciò necessario lasciare il mezzo in un parcheggio pubblico a pagamento.
Subito dopo ne arrivò un’altra. Non vi erano camere disponibili nella parte centrale e principale del complesso. Ne derivò che gli ospiti vennero dirottati in una palazzina retrostante, la quale risultò tuttavia priva di collegamento internet, di arredi decorosi e di un apparecchio televisivo funzionante, in un periodo peraltro, in cui si stavano svolgendo i campionati di calcio europei.
La cornice intorno al quadro fu la scoperta che si poteva accedere alla spiaggia, ma le relative attrezzature erano fruibili solo a titolo oneroso e infine che la piscina, di cui pure l’hotel era dotato, era temporaneamente inaccessibile.
Una volta rientrato dalla vacanza, l’acquirente dei servizi chiamò in giudizio sia la società che gestiva l’albergo, sia il sito tramite il quale aveva effettuato l’acquisto, al fine di sentirne accertare “l’inadempimento contrattuale o la responsabilità extracontrattuale”, con condanna dei convenuti in solido al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, interessi e spese.
Non ottenne però soddisfazione né in prime cure né in sede di gravame.
1.2 In particolare il giudice d’appello, nel confermare la scelta decisoria del giudice di pace, affermò che l’attore non poteva fruire della disciplina dettata dal codice del turismo, essendo questa, all’epoca dei fatti, applicabile ai soli pacchetti turistici, per tali dovendosi intendere, in base alla normativa vigente ratione temporis, quelli composti dall’aggregazione di almeno due dei seguenti elementi: trasporto; alloggio; servizi non meramente accessori dell’uno o dell’altro, laddove l’istante, in base alla sua stessa narrazione, aveva acquistato delle utilità – parcheggio, spiaggia, piscina – chiaramente ancillari al soggiorno presso l’hotel selezionato e qualificabili in termini di “mero servizio turistico disaggregato”. In tale contesto, ha aggiunto, non poteva giovare all’impugnante il richiamo alla Dir. 90/314 CEE, antecedente a quel codice, e l’evocazione, sulla base della stessa, della nozione di danno da vacanza rovinata, e ciò sia in quanto il richiamo era avvenuto solo nella comparsa conclusionale, sia in quanto l’acquisto effettuato dal turista non costituiva un servizio tutto compreso, ed era quindi fuori dall’ambito di operatività della predetta direttiva.
1.3 Il vacanziere deluso non si arrese e contro la decisione del tribunale propose ricorso per cassazione.
Per quanto esposto nell’ordinanza del giudice di legittimità, nei primi due motivi – gli unici in essa riportati in dettaglio, essendo stati ritenuti assorbiti gli altri tre – l’impugnante lamentò la mancata pronunzia sulla domanda di responsabilità contrattuale da lui avanzata in ragione degli innumerevoli disservizi riscontrati nel funzionamento della struttura, in violazione di specifiche obbligazioni assunte dalla controparte nel contratto di albergo, non mancando di evidenziare che, in base alle regole di riparto dell’onere probatorio, spettava al debitore dimostrare di avere correttamente adempiuto la propria prestazione.
La sentenza Cass 27 novembre 2023 n. 32826
Il giudice di legittimità ha accolto le doglianze così formulate per l'effetto cassando con rinvio la sentenza impugnata.
Di tale pronuncia conviene esaminare da vicino l'iter argomentativo per trarne utili elementi di giudizio in ordine allo stato dell'arte in punto di tutela del turista nel nostro ordinamento.
Il collegio parte dalla enucleazione della differenza tra contratto di organizzazione o intermediazione di viaggio e contratto di viaggio tutto compreso, o pacchetto turistico:
il primo previsto dalla Convenzione di Bruxelles 23 dicembre 1970, resa esecutiva in Italia con L. 1084/1977;
il secondo, disciplinato, sull'abbrivio della Dir. 90/314/CEE, dal D.Lgs.111/1995; quindi dal D.Lgs. 206/2005 (c.d. codice del consumo); e infine dagli art. 32 e s. D.Lgs. 79/2011 (codice del turismo), emanato in attuazione della Dir. 2008/122/CE, e tuttavia inapplicabile alla fattispecie dedotta in giudizio in quanto valevole, in base a espressa disposizione normativa (art. 3 c. 1 D.Lgs. 79/2011), per i soli contratti stipulati dopo il 1° luglio 2018.
Sulla base di tali premesse, la Corte individua come segue gli elementi essenziali del pacchetto:
la prefissata combinazione di almeno due tra le varie prestazioni normalmente funzionali alle esigenze del turista, quale esponente di una specifica categoria di utenti, e cioè del trasporto, dell'alloggio e/o di altri servizi non meramente accessori dell'uno o dell'altro (escursioni, guide turistiche ecc.);
la “finalità turistica”, come fattore caratterizzante della causa concreta della fattispecie negoziale in discorso, la quale implica una pluralità di prestazioni che assumono rilievo non già singolarmente bensì nella loro connessione teleologica, strumentale alla sostanziale unitarietà dello strumento attivato; deriva da tanto il carattere particolarmente qualificato della diligenza professionale richiesta all'organizzatore e al venditore del pacchetto nonché la funzionalizzazione di ciascuna prestazione alla soddisfazione degli innumerevoli profili di cui la finalità turistica normalmente si compone (relax, svago, curiosità culturali ecc.);
l'assunzione, da parte dell'organizzatore e del venditore del pacchetto, di una obbligazione di risultato nei confronti dell'acquirente, con conseguente responsabilità solidale degli stessi per il mancato o inesatto adempimento sia delle prestazioni direttamente assunte e/o eseguite, sia di quelle effettuate da terzi della cui opera si siano avvalsi e si avvalgano; e tanto in applicazione della regola generale sacramentata negli artt. 1228 e 2049 c.c. e del connesso regime della prova liberatoria, limitata, in ragione del principio cuius commoda eius et incommoda, alla sopravvenienza di eventi imprevisti e imprevedibili;
la particolare rilevanza di tutte le disfunzioni che possano compromettere l'interesse creditorio di tipo turistico del titolare del pacchetto, con conseguente estinzione del rapporto obbligatorio ogniqualvolta detto interesse venga meno, anche a causa di una sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione da parte dell'acquirente e connessa irrealizzabilità della causa concreta della fattispecie negoziale de quo.
Sulla base di tali premesse, ritenuta del tutto arbitraria l'affermazione del giudice di merito, secondo cui l'attore aveva acquistato un mero “servizio turistico disaggregato” nonché erronea l'asserita estraneità del sito internet al contratto dallo stesso concluso, la Corte ha accolto il ricorso, cassando con rinvio l'impugnata sentenza.
L'evoluzione normativa e giurisprudenziale in punto di vendita di servizi turistici
1. Come innanzi evidenziato, sul piano normativo, la storia della tutela rafforzata del turista gabellato (dalla controparte o dagli eventi, qui non importa), inizia con la Dir. 90/314/CEE. Fu questa che, per la prima volta, “considerato che in materia di viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso … esistono (o esistevano) notevoli divergenze tra gli Stati membri”, delineò la figura negoziale del “servizio tutto compreso”, caratterizzato dalla combinazione degli elementi costitutivi del trasporto, dell'alloggio e/o altre di utilità, non strettamente inerenti al trasporto e all'alloggio, con la conseguente rilevanza delle singole prestazioni nella loro unitarietà funzionale, che le rende idonee ad assicurare la finalità turistica avuta di mira dal contraente. Venne così istituzionalmente stigmatizzata la differenza strutturale tra questa figura e il contratto di organizzazione e intermediazione di viaggio ove, restando separate le singole prestazioni, si ha a che fare con la disciplina delle varie tipologie contrattuali di volta in volta implicate, senza che la finalità turistica della vacanza assuma valenza causale.
2. Peraltro, una volta entrata detta finalità nella causa della formula tutto compreso, sono approdate nelle aule giudiziarie anche le problematiche connesse ai casi di sopravvenuta inutilizzabilità della prestazione. Perché se la prestazione oggetto dell'obbligazione, in base ai principi generali dell'ordinamento (art. 1174 c.c.), “deve essere suscettibile di valutazione economica e corrispondere a un interesse anche non patrimoniale del creditore”, come la mettiamo allorché, verificatosi un accidente che ne renda impossibile l'utilizzazione, l'interesse – nella specie turistico – del creditore venga meno, rendendo così irrealizzabile in concreto la causa del pacchetto?
A tale interrogativo la giurisprudenza già da molti anni (Cass. 24 luglio 2007 n. 16315, Cass. 8 maggio 2006 n. 10490) ha risposto riconoscendo, quale causa di estinzione totale o parziale dell'obbligazione, accanto alle ipotesi dell'impossibilità oggettiva della prestazione, quella della impossibilità per sopravvenuta inutilizzabilità della stessa, ipotesi che, ancorché non espressamente prevista, discenderebbe dalla stessa natura della fattispecie negoziale complessa costituita dal pacchetto: probabilmente sotto le suggestioni, forse neppure tanto consapevoli, indotte dall'istituto della presupposizione, quale figura chiave idonea a realizzare la chiusura del sistema quando le categorie codicistiche si rivelino inidonee a realizzare un equo contemperamento degli interessi delle parti.
3. A ridosso della categoria dell'inutilizzabilità della prestazione, è arrivato poi il riconoscimento del danno da vacanza rovinata. Questo pregiudizio, reclamato nelle aule giudiziarie quale particolare tipologia di danno non patrimoniale, per un bel pezzo ha camminato nel nostro ordinamento esclusivamente sulle gambe di una sentenza della Corte di giustizia del 2002 (C.Giust. UE 12 marzo 2002 n. 168) e, stante il carattere vincolante di tali arresti, di una lettura con essa compatibile delle disposizioni del D.Lgs. 111/1995, attuativo della Direttiva europea innanzi menzionata (confr. tra le tante Cass. 11 maggio 2012 n. 7256). La figura, di matrice giurisprudenziale, ha avuto poi un espresso riconoscimento normativo. L'art. 46 D.Lgs. 79/2011 (codice del turismo), modif. dall'art. 1 c. 1 D.Lgs. 62/2018, applicabile, per quanto innanzi detto, ai soli contratti conclusi a decorrere dal 1° luglio 2018, sotto la rubrica “Risarcimento del danno da vacanza rovinata”, prevede che, “Nel caso in cui l'inadempimento delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto non è di scarsa importanza ai sensi dell'art. 1455 c.c., il viaggiatore può chiedere all'organizzatore o al venditore, secondo la responsabilità derivante dalla violazione dei rispettivi obblighi assunti con i rispettivi contratti, oltre ed indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all'irripetibilità dell'occasione perduta”.
Peraltro, strada facendo, il danno da vacanza rovinata si era già armonizzato con i principi enunciati dalle sezioni unite in punto di danno non patrimoniale (cfr. Cass. SU 11 novembre 2008 n. 26972) e, segnatamente, con la limitazione della sua risarcibilità alle sole ipotesi di gravità della lesione e di non futilità del pregiudizio subito (v., tra le tante, Cass. 14 luglio 2015, n. 14662, Cass. 9 aprile 2009 n. 8703).
Considerazioni conclusive
Due rilievi mi sembrano a questo punto irrinunciabili, a chiusura dell’esposizione delle ragioni della decisione in commento e del contesto normativo e giurisprudenziale di riferimento: il primo, di carattere generale; il secondo, strettamente inerente all’oggetto della controversia definita con l’ordinanza in oggetto.
Quanto al primo, la figura della causa in concreto, particolarmente visitata da alcuni anni a questa parte, rimanda all’assetto di interessi che i contraenti abbiano effettivamente inteso perseguire con la stipulazione del contratto. Essa è, in sostanza, la ragione pratica che li ha indotti a concluderlo, e dunque la funzione economico-individuale dello stesso, quale precipitato dell’astratta funzione economico-sociale propria del modello negoziale prescelto.
Ma se la finalità turistica è lo scopo economico sociale del pacchetto turistico – di ogni pacchetto – allora sarebbe più corretto parlare di causa tipica e dunque astratta della fattispecie negoziale in esame.
La postulata declinazione della categoria della causa concreta si risolve, a ben vedere, in un ossimoro.
Trattasi di una precisazione che, in alcun modo incidendo sulla disciplina del pacchetto innanzi delineata, ha molto il sapore di pignoleria sistematica. Ma il rigore delle categorizzazioni non è mai un problema di pura forma, perché siamo in un campo in cui la forma è sostanza.
Il secondo rilievo attiene al caso specifico deciso con il provvedimento in commento.
Non sono chiari gli elementi fattuali in base ai quali sia il giudice di merito che quello di legittimità abbiano ragionato in termini di pacchetto, l’uno negandone la sussistenza a motivo della qualificazione come “mero servizio turistico disaggregato” delle utilità acquistate dall’attore; l’altro affermandone invece la ricorrenza.
Nell’ordinanza della Corte regolatrice manca, invero, ogni accenno alle ragioni per cui il tribunale ebbe a rigettare la domanda senza confrontarsi con la possibilità di qualificare l’istanza di tutela azionata come domanda risarcitoria per inesatto adempimento di un contratto di albergo tout court, ignorando la pista più semplice e scontata: l’imprenditore, impegnatosi a fornire direttamente una serie di servizi ancillari all’alloggio, quali l’uso del parcheggio interno, della piscina, di una spiaggia attrezzata, della connessione internet, aveva fornito, a detta dell’attore, una prestazione carente delle utilità promesse.
A sua volta il giudice di legittimità, muovendosi nel solco dell’iter cognitivo imboccato dal giudice di merito, ha scrutinato la domanda proposta esclusivamente sulla base delle categorie negoziali evocate nella sentenza impugnata.
È tuttavia addirittura ovvio – considerato che la tutela specifica dell’acquirente del servizio vacanza tutto compreso, apprestata dalla legislazione speciale, non mette certo fuori gioco i mezzi di garanzia ordinari, ma ad essi si affianca – che il vacanziere deluso dall’inesatto adempimento di una prestazione alberghiera, da parte di chi si era obbligato a fornirla, e a fornirla con determinate caratteristiche, ha diritto al risarcimento del danno derivato dalle criticità riscontrate in base alla disciplina generale delle obbligazioni e dei contratti. E tanto anche se l’oggetto del suo acquisto non sia tecnicamente qualificabile in termini di pacchetto turistico.
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Sommario
Il fatto, la pronuncia del Tribunale e il ricorso
L'evoluzione normativa e giurisprudenziale in punto di vendita di servizi turistici