Il locatore deve pagare l’indennità di avviamento anche se il conduttore ha svolto un’attività commerciale in modo irregolare

19 Gennaio 2024

Affrontando una questione nuova, la Cassazione, delineati i confini del sindacato tra l’Autorità giudiziaria e quella amministrativa in tema di attività commerciale, implicante rapporti con i terzi, svolta irregolarmente, ha affermato, che, riguardo ad un locale destinato all’esercizio dell’attività di parrucchiere, svolta all’interno di un immobile concesso in godimento per lo svolgimento di un centro estetico, l'accesso della clientela al suddetto punto vendita tramite un vano piuttosto che per un altro, in difformità rispetto al nulla osta sanitario da parte della ASL, non incide sul diritto del conduttore all'indennità per la perdita di avviamento.

Massima

Il locatore è tenuto a pagare al conduttore l'indennità per la perdita dell'avviamento, di cui all'art. 34 della l. n. 392/1978, anche se il conduttore ha svolto nei locali un'attività commerciale, implicante rapporti con i terzi, senza il rispetto delle prescrizioni amministrative, fattispecie differente e non sovrapponibile a quella di attività svolta senza alcuna autorizzazione e, dunque, in diretta violazione di legge, il cui accertamento spetta al giudice, mentre è riservata all'autorità amministrativa preposta alla contestazione ed all'irrogazione della sanzione, senza possibilità di surroga del giudice civile, la valutazione dell'illiceità della condotta esercitata senza ottemperare alle prescrizioni.

Il caso

La causa - giunta all’esame del Supremo Collegio - originava da un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale, a seguito di istanza di un conduttore, il quale chiedeva il pagamento di una determinata somma a titolo di indennità per la perdita di avviamento commerciale, in relazione alla locazione, all’interno di un immobile concesso in godimento per l’attività di centro estetico, di un locale per l’esercizio di attività di parrucchiere.

Il Tribunale, adìto dal locatore in sede di opposizione, aveva condannato l’opponente al pagamento della somma di cui al provvedimento monitorio, osservando - per quanto qui rileva - che non era provato che al conduttore fosse stata preclusa l’attività con diretto contatto con il pubblico, perché i testi avevano dichiarato che i clienti accedevano al locale parrucchiere non solo dall’ingresso, ma anche da una porta laterale che dava sulla strada, e che non rilevava che lo stesso conduttore avesse esercitato l’attività in violazione delle prescrizioni consistenti nel nulla osta ottenuto dall’Autorità amministrativa, facendo entrare i clienti senza farli passare dall’ingresso comune, poiché si trattava di questione riguardante solo il rapporto con la Pubblica Amministrazione.

Avverso detta sentenza, aveva proposto appello il locatore, il quale sosteneva che non spettasse l’invocato diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento, a causa dell’esercizio abusivo dell’attività svolta dal conduttore, atteso che quest’ultimo, in base al nulla osta amministrativo, era autorizzato all’esercizio della sua attività esclusivamente utilizzando l’accesso comune al centro di estetica, laddove invece i clienti accedevano al suo locale anche attraverso una porta laterale.

Il giudice del gravame aveva, però, disatteso tale tesi: premesso che non poteva essere riconosciuta l’indennità nel caso di esercizio dell’attività commerciale in mancanza delle prescritte autorizzazioni amministrative, si è rilevato che il conduttore era stato autorizzato allo svolgimento dell’attività in forza di nulla osta rilasciato dalla P.A., e il solo fatto che lo stesso, in (pretesa) violazione del provvedimento suddetto, la esercitasse utilizzando anche la porta aperta direttamente sulla strada e non quella che consentiva l’ingresso anche al centro di estetica del locatore, non implicava, di per sé, il venir meno o la caducazione dell’autorizzazione stessa; a tal fine, sarebbe stato necessario un apposito provvedimento della ASL di revoca del nulla osta per motivi igienico-sanitari, che la P.A. avrebbe potuto adottare nell’àmbito della propria discrezionalità amministrativa; inoltre, non poteva escludersi che l’Autorità sanitaria, anche in presenza del secondo accesso, potesse confermare l’autorizzazione sulla scorta di una valutazione complessiva della situazione; comunque, sulla base del principio di ripartizione della giurisdizione fra giudice amministrativo e giudice ordinario, non spettava a quest’ultimo il potere di compiere, o anche solo prospettare incidentalmente, una tale valutazione.

Dunque, secondo il parere del giudice distrettuale, in assenza del provvedimento di revoca, il conduttore era autorizzato alla continuazione della sua attività commerciale, sicché doveva essere confermato il suo diritto al pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento.

Avverso la sentenza emessa a conclusione del giudizio di secondo grado, il locatore, soccombente, proponeva ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare se i principi affermati dalla giurisprudenza, riguardo alla spettanza al conduttore dell’indennità di avviamento, in relazione all’attività commerciale svolta “in carenza” di autorizzazione amministrativa, potessero valere anche quando quella attività fosse svolta “in difformità” delle prescrizioni previste dall’autorizzazione a suo tempo rilasciata dall’Autorità amministrativa.

Nel caso di specie, l’attività de qua era soggetta a segnalazione certificata di inizio attività e la problematica evidenziata veniva, comunque, in rilievo in considerazione della presenza di un atto amministrativo legittimante l’attività amministrativa e, in particolare, il nulla osta rilasciato dall’Autorità sanitaria, trattandosi di SCIA condizionata all’acquisizione del parere di quest’ultima Autorità.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto infondate le doglianze del locatore.

Innanzitutto, si è richiamata la risalente giurisprudenza, secondo cui la tutela dell'avviamento commerciale, apprestata dall’art. 34 della l. 27 luglio 1978, n. 392, per gli immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione, utilizzati per un'attività commerciale comportante contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, non può essere riconosciuta al conduttore che eserciti quell'attività senza le prescritte autorizzazioni, poiché il presupposto della tutela risiede nella liceità dell'esercizio dell'attività medesima, in quanto si fornirebbe altrimenti protezione a situazioni abusive (frustrando l'applicazione di norme imperative che regolano le attività economiche) e lo stesso scopo premiale della disciplina posta a fondamento della predetta legge, che, quanto all'avviamento, consiste nella conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese considerate.

Pertanto, al conduttore il quale, senza le prescritte autorizzazioni amministrative, esercita nell'immobile locato per uso diverso dall'abitativo un'attività commerciale, che implichi contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, non può essere riconosciuta l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, dovendosi negare tutela giuridica a chi versi in situazione illecita.

Diverso - ad avviso degli ermellini - è il caso in cui vi sia stata l’autorizzazione amministrativa, ma l’attività commerciale venga svolta non osservando determinate prescrizioni stabilite dalla P.A. competente.

Invero, la carenza di autorizzazione amministrativa è un presupposto di fatto del rapporto dedotto in giudizio, rispetto al quale ricorre il potere/dovere di accertamento da parte del giudice, perché si tratta di prescrizione prevista dalla legge: l’esercizio di attività commerciale in mancanza della prescritta autorizzazione viola direttamente la legge e, dunque, una sfera di ordinamento il cui rispetto compete al giudice di accertare.

Invece, l’esercizio dell’attività commerciale autorizzata in violazione di taluna delle prescrizioni previste dalla concessa autorizzazione amministrativa - che ha integrato il presupposto richiesto dalla norma impositiva dell’autorizzazione - è un comportamento inottemperante non direttamente all’ordinamento legislativo, ma ad una prescrizione imposta dall’Autorità amministrativa nell’esercizio del potere conferitole dalla norma.

In questo caso, la valutazione di conformità della condotta dei singoli alle prescrizioni fissate dall’Autorità amministrativa è riservata a quest’ultima, appunto, perché si tratta di sfera dell’ordinamento sottoposta alla potestà della Pubblica Amministrazione, cui compete la constatazione e la reazione contro l’inosservanza delle sue prescrizioni, sebbene adottata in base ad una previsione normativa di conferimento del relativo potere.

Se la regola di diritto della fattispecie, avente ad oggetto la prescrizione del comportamento, è fissata dalla Pubblica Amministrazione e non dalla legge, soltanto l’Autorità amministrativa, e non anche quella giurisdizionale, ha il potere di accertamento del rispetto di quella regola e lo eserciterà secondo le modalità previste dalla norma attributiva del potere, se del caso, alla luce di quest’ultima, anche mediante una nuova valutazione discrezionale che possa pervenire al mantenimento del nulla osta rilasciato all’attività del privato. Il potere/dovere di accertamento da parte del giudice del rispetto della prescrizione amministrativa ricorre quando sia la legge a recepire tale prescrizione, la quale diventa così previsione dell’ordinamento legalistico e norma legislativa della fattispecie, di cui il giudice è chiamato a fare applicazione in sede di controversia fra privati.

Osservazioni

La soluzione della questione offerta dagli ermellini si rivela interessante, perché delinea un innovativo discrimen, ai fini della spettanza al conduttore dell'indennità di avviamento, tra attività commerciale priva ab origine di autorizzazione amministrativa prevista dalla legge ed attività commerciale, sempre implicante rapporti con i terzi, che sia svolta in concreto senza il rispetto di alcune prescrizioni imposte dall'Autorità amministrativa.

Nel caso di specie, il locatore aveva sottolineato, per un verso, che il nulla osta era stato rilasciato al conduttore in deroga alla prescrizione di ricavare un secondo servizio igienico all'interno del locale destinato all'attività di acconciatore, in quanto attività che usufruiva dei locali ingresso/attesa e servizio igienico utilizzati anche dallo stesso locatore esercente l'attività di estetica, e, per altro verso, che, in base al regolamento comunale, ogni modifica sostanziale dei locali, rispetto a quanto dichiarato e risultante dal certificato di conformità igienico-sanitaria, comportava la necessità di acquisire un nuovo certificato da richiedere direttamente alla ASL.

In quest'ottica - secondo il ricorrente - l'esercizio dell'attività di parrucchiere, in difformità dell'autorizzazione, e segnatamente l'esercizio di tale attività utilizzando la porta secondaria comunicante direttamente con l'esterno e diversa dall'ingresso principale comunicante con la sala di attesa, era equivalente all'attività in mancanza dell'autorizzazione, per cui doveva essere negata la tutela dell'avviamento commerciale.

I magistrati del Palazzaccio sono stati di contrario avviso, richiamando, in proposito, la disciplina sulle distanze nelle costruzioni di cui all'art. 873 c.c., nella parte in cui si prescrive la distanza fra costruzioni maggiore di tre metri se stabilita nei regolamenti locali; in mancanza della recezione legislativa della prescrizione amministrativa, la valutazione del rispetto della prescrizione contenuta nel provvedimento è riservata all'iniziativa dell'Autorità amministrativa.

L'inottemperanza alla prescrizione prevista dall'autorizzazione amministrativa può, quindi, avere rilevanza nella controversia fra privati a condizione che sia stata accertata dall'Autorità amministrativa, con il conseguenziale provvedimento di sospensione o decadenza dalla possibilità dell'esercizio dell'attività autorizzata.

Solo venendo in rilievo nell'ordinamento speciale amministrativo attraverso l'esercizio del potere amministrativo, la violazione della condizione della prescrizione autorizzatoria acquista rilevanza giuridica ai fini dell'accertamento di liceità dell'attività del privato che il giudice deve svolgere in presenza di specifica controversia sul punto (nella specie, l'esercizio lecito di attività commerciale da parte del conduttore di immobile locato ad uso diverso dall'abitazione).

Resta fermo - come premesso dai magistrati del Palazzaccio - che lo svolgimento dell'attività d'impresa all'interno dell'immobile locato deve essere non soltanto effettivo, ma anche legittimo: il diritto all'indennità di avviamento va, quindi, escluso nei casi in cui l'attività stessa sia esercitata in mancanza, per così dire a monte, delle prescritte autorizzazioni.

Invero, la tutela dell'avviamento commerciale, apprestata dagli artt. 34-40 della l. n. 392/1978, per gli immobili adibiti ad uso diverso dall'abitazione, utilizzati per un'attività commerciale comportante contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, non può essere riconosciuta al conduttore che eserciti quell'attività senza le prescritte autorizzazioni, poiché il presupposto della tutela risiede nella liceità dell'esercizio dell'attività medesima, in quanto, altrimenti, si fornirebbe protezione a situazioni abusive - frustrando l'applicazione di norme imperative che regolano le attività economiche - e lo stesso scopo premiale della disciplina posta a fondamento della predetta legge, che, quanto all'avviamento ed alla prelazione, consiste nella conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese considerate (Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2007, n. 7501: nella specie, confermando la sentenza impugnata, si era ritenuta corretta, in base all'insussistenza dell'indispensabile presupposto della dedotta prelazione urbana, la valutazione del giudice del merito sull'irrilevanza delle prove richieste per la dimostrazione dei requisiti ai fini del riconoscimento dell'avviamento commerciale in favore del ricorrente, rilevando, altresì, la logicità dell'esclusione dell'ipotizzabilità stessa di un suo pregiudizio economico in rapporto alla denunciata condotta degli alienanti, la quale, non avendo violato alcun diritto del conduttore e non potendo, perciò, essere assunta a base di una responsabilità per pretesi danni, comportava l'inapplicabilità della norma di cui all'art. 2043 c.c.; Cass. civ., sez. III, 7 agosto 2002, n. 11908, in una fattispecie relativa ad una cartoleria; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2000, n. 12966).

D'altronde, la verifica circa la presenza di detta condizione ostativa all'insorgenza del diritto deve essere effettuata dal giudice anche d'ufficio, costituendo essa un requisito di fondatezza della domanda avanti a lui proposta (v., per tutte, Cass. civ., sez. III, 15 gennaio 2007, n. 635; tuttavia, secondo Cass. civ., sez. III, 6 maggio 2010, n. 10962, in assenza di contestazioni da parte del locatore, il conduttore non è tenuto a dimostrare anche che l'attività comportante contatto diretto con il pubblico fosse lecitamente svolta sotto il profilo amministrativo, giacché ciò risponde all'id quod plerumque accidit).

Riferimenti

Magini - Zerauschek, Uso non abitativo: l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, in Immob. & proprietà, 2018, 711;

Dellacasa, Quando la locazione commerciale giunge al termine: restituzione dell'immobile e corresponsione dell'indennità di avviamento tra mora accipiendi e mora debendi, in Contratti, 2016, 321;

Belli, Indennità di avviamento commerciale, diritto di ritenzione e utilizzazione abusiva dell'immobile, in Nuova giur. civ. comm., 2015, II, 108;

Di Marzio, Indennità di avviamento: non è dovuta se l'attività svolta dal conduttore non è autorizzata, in Immob. & proprietà, 2014, 253;

De Tilla, Avviamento commerciale e autorizzazione amministrativa, in Riv. giur. edil., 2013, I, 812;

Fiorillo, Il diritto del conduttore all'indennità ex art. 34 e 35 l. n. 392 del 1978, in Giust. civ., 2013, I, 2146;

Russo, Locazioni di immobili ad uso non abitativo ed indennità per la perdita di avviamento, in Contratti, 2009, 113;

Scarpa, La tutela dell'avviamento non spetta al conduttore privo di autorizzazioni, in Immob. & diritto, 2008, fasc. 1, 86;

De Tilla, Esercizio commerciale senza autorizzazione amministrativa: avviamento e prelazione, in Rass. loc. e cond., 2003, 89;

Carusi, Indennità di avviamento commerciale e risoluzione del contratto di locazione per sopravvenuto provvedimento amministrativo, in Nuove leggi civ. comm., 1993, 1382.

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