Applicazione dell’imposta di registro proporzionale al decreto di omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore
17 Gennaio 2024
Massima Il contestuale accollo delle passività, onde evitare un'illegittima duplicazione del prelievo fiscale, non può formare oggetto di tassazione e, pertanto, l'importo del debito accollato non partecipa al calcolo della base imponibile ai fini della liquidazione dell'imposta di registro. Il caso Il Tribunale di Bergamo, con decreto, omologava la proposta di concordato nel Fallimento della società Alfa, proposta nella quale la società Beta svolgeva la funzione di terzo assuntore. L'Agenzia delle Entrate notificava alla società Beta avviso di liquidazione nel quale indicava il recupero dell'imposta proporzionale di registro nella misura del 3% ex art. 8 lett. a) tariffa all. d.P.R. 131/86. La Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo accoglieva il ricorso della società Beta, mentre la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia riformava la decisione di primo grado osservando come nella proposta concordataria omologata fosse previsto il trasferimento di diritti reali in capo all'assuntore, con conseguente necessaria applicazione dell'importa proporzionale di registro ai sensi della lett. a) art. 8 cit. ed escludendo l'applicabilità del regime dell'Iva. La società Beta ha pertanto proposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia. La questione La questione trae origine dall'impugnazione dell'avviso di liquidazione notificato alla società Beta per il recupero dell'imposta proporzionale di registro del 3% ex art. 8 lett. a) tariffa all. d.P.R. 131/86 sul decreto con il quale il Tribunale di Bergamo ha omologato la proposta di concordato nel Fallimento della società Alfa, proposta nella quale la società Beta fungeva da terzo assuntore. I giudici tributari territorialmente aditi, in primo grado, hanno accolto le doglianze della società Beta, mentre in secondo grado la Commissione Tributaria Regionale ha riformato la prima decisione, ritenendo legittimo l'avviso di liquidazione notificato alla società Beta. La società Beta ha pertanto proposto ricorso in Cassazione, nei quali ha rilevato, tra l'altro, l'applicabilità dell'imposta di registro in misure fissa ex art. 8, lett. g) d.P.R. 131/86 alla fattispecie in oggetto e che la proposta concordataria non prevedeva l'accollo dei debiti da parte dell'assuntore in connessione ma bensì in collegamento alle disposizioni contenute nel decreto di omologa, con conseguente applicazione del terzo comma dell'art. 21 D.P.R. 131/86, anziché del secondo comma. Le soluzioni giuridiche La Cassazione, anzitutto, richiamando un proprio precedente di legittimità (Cass. 18 maggio 2007, n. 11585) esclude l'applicabilità dell'imposta di registro in misura fissa al caso in oggetto. Difatti, il precedente richiamato, ritiene applicabile l'imposta di registro in misura fissa ex art. 8 lettera g), della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 alla sentenza di omologazione del concordato, ma detta fattispecie era riferita al caso di un concordato senza immediato effetto traslativo. Ciò esclude che lo stesso trattamento fiscale possa essere applicato alla fattispecie in oggetto, nel quale invece si sono verificati effetti traslativi propri. Il decreto di omologa del concordato fallimentare con assuntore La Cassazione ricorda il proprio orientamento (Cass., Sez. 6-5, 12 febbraio 2018, n. 3286; Cass., Sez. 6-5, 14 marzo 2018, n. 6207; Cass., Sez. 1, 20 marzo 2018, n. 6983; Cass., Sez. 6-5, 11 luglio 2020, n. 13352; Cass., Sez. 5, 20 novembre 2020, n. 26441; Cass., Sez. 5, 6 maggio 2021, n. 11925) in forza del quale il decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, deve essere tassato in misura proporzionale ai sensi dell'art. 8, lett. a), della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986. Ciò in forza degli effetti immediatamente traslativi del provvedimento con il quale il terzo assuntore acquista i beni fallimentari, senza che assuma rilevanza il riferimento agli “atti di omologazione” contenuto nella lettera g) del detto articolo. La Cassazione esclude che vi sia una disparità di trattamento tra fattispecie identiche - omologazione con o senza trasferimento di beni - trattandosi di due fattispecie differenti e con diversa disciplina. Come rilevato dalla Cassazione in più pronunce, il concordato fallimentare non ha natura contrattuale posto che i relativi effetti, anche traslativi (Cass., 15 marzo 2013, n. 6643; Cass., 1 marzo 2010, n. n. 4863; Cass. n. 34249/2021; Cass. n. 11925/2021; Cass. n. 27669/2021; Cass. n. 34249/2021; Cass. 27086/2022) non derivano dalla convenzione delle parti ma dalla legge che attribuisce all'omologazione l'effetto di sovrapporsi agli accordi tra le parti che ne costituiscono soltanto il presupposto (Cass., 19 gennaio 1984, n. 455; v., altresì, Cass., 5 luglio 2019, n. 18125; Cass., 15 marzo 2013, n. 46643; Cass., 17 marzo 2004, n. 5391). In altre parole, nel concordato fallimentare, gli obblighi del terzo assuntore non possono intendersi al pari del prezzo dei beni ceduti in quanto l'assunzione di detti debiti costituisce effetto legale naturale ed imprescindibile del mezzo di liquidazione alternativo alla procedura fallimentare. L'accollo dei debiti L'altra questione affrontata dalla Corte riguarda la disciplina da applicarsi, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro, all'accollo del debito concordatario da parte del terzo assuntore. Secondo la Cassazione, l'accollo del debito concordatario non può essere equiparato al corrispettivo dovuto dall'assuntore per i beni ad esso trasferiti, e ciò in quanto l'assunzione costituisce un effetto legale e l'assuntore mira a conseguire dalla vendita dei beni un guadagno rispetto ai debiti accollati. Dal punto di vista fiscale, proprio in ragione della connessione tra beni ceduti al terzo assuntore ed accollo dei debiti del fallimento, trova applicazione la disposizione di cui al d.P.R. n. 131 del 1986, art. 21, comma 3, in forza del quale “Non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni”. L'alveo applicativo della norma da ultimo citata si limita alle ipotesi di accolli che non assumono il ruolo di autonome disposizioni, ma che permangono come clausole contrattuali o, come nel caso del concordato fallimentare con assuntore, costituiscono effetto legale naturale dell'istituto. In altre parole, l'accollo, nel caso in esame, non costituisce un atto negoziale a sé stante e autonomo, come erroneamente sostenuto dall'Agenzia delle Entrate nelle proprie difese, bensì un atto accessorio e dovuto e come tale non autonomamente sottoponibile all'imposta di registro. Muovendo da tali considerazioni, la Cassazione rileva come l'accollo delle passività, trovando la sua ragione nell'accordo complessivo omologato, non possa assumere una propria autonomia ai fini del registro. Pertanto, alla luce della natura dell'accollo, al decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore, va applicato il criterio di tassazione correlato all'art. 8, lett. a) della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, con commisurazione dell'imposta di registro in misura proporzionale al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti (Cass., Sez. 5, 6 maggio 2021, n. 11925; Cass. 10 maggio 2023, n. 29649), tenuto conto che l'aliquota applicabile dipende dalle voci di attivo trasferito, mentre il contestuale accollo dei debiti è escluso dalla tassazione ex art. 21, comma 3, d.P.R. n. 131 del 1986 e dalla base imponibile. Concordato fallimentare con assuntore senza trasferimento di beni mobili o immobili La conclusione sopra riportata non cambia qualora il concordato fallimentare non preveda alcun trasferimento di beni mobili o immobili a favore del terzo assuntore. La Cassazione, infatti, ha avuto modo di chiarire che l'imposta di registro in misura proporzionale deve essere applicata al concordato fallimentare con terzo assuntore anche in assenza di trasferimento di beni mobili o immobili (Cass., Sez. 6-5, 11 luglio 2020, n. 13352). In conclusione L'intento del legislatore, nella disciplina dell'imposta di registro, è stato quello di introdurre un'ipotesi di esclusione dall'imposta, per evitare il verificare di un'eccessiva imposizione del medesimo atto. Nel caso di cui al comma 3 dell'art 21 cit., l'importo del debito accollato non parteciperà al calcolo della base imponibile ai fini della liquidazione dell'imposta di registro, risultando quest'ultima derivante esclusivamente dal calcolo delle aliquote sui beni oggetto di cessione. L'Erario può pertanto percepire soltanto l'imposta normalmente dovuta sul trasferimento all'assuntore dell'attivo fallimentare, secondo la composizione di quest'ultimo. Osservazioni Con l'ordinanza in commento i Giudici della Sezione Tributaria della Cassazione affrontano in modo organico la complessa questione dell'applicazione dell'imposta di registro al concordato fallimentare con terzo assuntore, esaminando tutte le diverse fattispecie. A conclusione dell'articolata ordinanza, i Giudici della Sezione Tributaria della Cassazione, affermano i seguenti principi di diritto per cui: a) al decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, va applicato il criterio di tassazione correlato all'art. 8, lett. a), della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, con l'applicazione, così, dell'imposta di registro in misura proporzionale sul valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti, mentre la contestuale assunzione delle passività rappresenta un effetto legale naturale del decreto di omologa del concordato con terzo assuntore e come tale non autonomamente assoggettabile a tassazione, ex art. 21, comma 3, d.P.R. del 26 aprile 1986, n. 131; b) in applicazione del cit. art. 21, 3° comma, l'accollo delle passività di cui al decreto di omologa del concordato, onde evitare un'illegittima duplicazione del prelievo fiscale, non può formare oggetto di tassazione e conseguentemente l'imposizione graverà solo sugli assets costituenti l'attivo fallimentare trasferito all'assuntore, che rappresenta la base imponibile; c) l'importo del debito accollato non partecipa al calcolo della base imponibile ai fini della liquidazione dell'imposta di registro, risultando quest'ultima derivante esclusivamente dal calcolo delle aliquote sui beni oggetto di cessione. |