In caso di vizi della cosa locata, il conduttore può solo aggiungere la domanda di risarcimento del danno a quella di risoluzione del contratto o di diminuzione del canone

29 Gennaio 2024

In presenza di vizi della cosa locata, ai sensi del disposto dell’art. 1578 c.c., il conduttore sembra avere, a propria disposizione, tre rimedi giudiziari e, precisamente, la risoluzione del contratto, la riduzione del canone ed il risarcimento del danno - escludendo, comunque, la possibilità di esperire l'azione di esatto adempimento - ma i giudici di legittimità sono orientati nel ritenere, invece, che la terza opzione non sia esercitabile autonomamente, ma unicamente in aggiunta alla prime due, a loro volta alternative.

Massima

La domanda di risarcimento dei danni derivati dai vizi della cosa locata, ai sensi dell'art. 1578, comma 2, c.c., non è proponibile in via autonoma, da parte del conduttore, rispetto alle azioni di risoluzione o di riduzione del corrispettivo contemplate nel comma 1 dello stesso articolo.

Il caso

La causa, giunta all'esame del Supremo Collegio, originava da una domanda di un conduttore il quale, dopo essere stato sfrattato per morosità, aveva agito nei confronti del locatore per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, per aver dovuto rimuovere due fosse biologiche condominiali, occultate sotto il pavimento del fondo di cui il medesimo convenuto era locatore.

Quest'ultimo si era difeso rilevando che la tombinatura era visibile quando aveva concesso in locazione l'immobile all'impresa, la quale, poi, a sua insaputa, aveva coperto le fosse con nuova pavimentazione e, successivamente, aveva ceduto l'azienda all'attore, subentrato ex lege, ai sensi dell'art. 36 della l. n. 392/1978, nella locazione commerciale, e che, comunque, il contratto di locazione non imponeva al locatore di adeguare l'immobile alle esigenze del conduttore.

Il Tribunale adìto aveva rigettato la domanda dell'attore, in quanto aveva accettato lo stato dell'immobile e lo aveva riconosciuto idoneo all'uso e, poiché, essendo subentrato nel contratto di locazione per effetto della cessione di azienda, avrebbe dovuto lamentarsi delle caratteristiche dell'azienda cedutagli con il suo dante causa.

La Corte d'Appello, investita del gravame interposto dal conduttore, aveva rigettato l'appello, confermando la decisione del giudice di primo grado, segnatamente, ritenendo che l'art. 1578 c.c. prescriveva la disciplina applicabile nel caso in cui la cosa locata presentasse dei vizi relativi alla struttura materiale presenti al momento della consegna ed il comma 2 si limitava a specificare che, ai fini del risarcimento del danno, in presenza di vizi occulti, ai sensi del comma 1, il locatore poteva liberarsi provando di avere ignorato incolpevolmente la presenza degli stessi.

Il soccombente in entrambi i gradi di merito proponeva, quindi, ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare se, nel caso di specie, risultasse violato il disposto dell'art. 1578 c.c., atteso che il conduttore sosteneva di avere agito per ottenere il risarcimento del danno ai sensi del comma 2 di tale norma, e che, per essere esonerato dall'obbligo di risarcimento dei danni derivanti dai vizi della cosa locata, il locatore avrebbe dovuto vincere la presunzione di conoscenza dei vizi e provare di avere locato la cosa senza sua colpa.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno rigettato il ricorso, evidenziando, in via preliminare, che la tesi della ricorrente era fondata su una premessa in iure errata, ossia che il risarcimento dei danni per i vizi della cosa locata, ex art. 1578, comma 2, c.c.fosse un “rimedio autonomo” rispetto a quelli previsti dal precedente comma 1.

Invero, i giudici di legittimità (Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2013, n. 6580) hanno escluso che la domanda di risarcimento dei danni sia concepibile autonomamente rispetto alla domanda di risoluzione o di riduzione del canone; in altri termini, la domanda di risarcimento si può solo aggiungere a quella di risoluzione o di diminuzione del canone (Cass. civ., sez. III, 9 aprile 1963, n. 910), a fronte di un vizio esistente al momento della consegna o, secondo la giurisprudenza più recente, anche sopravvenuto, che, a seconda della gravità, può determinare solo la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo, in aggiunta al risarcimento del danno, se il locatore non provi di avere senza colpa ignorato il vizio al momento della consegna.

Ora, i vizi della cosa locata di cui all'art. 1578 c.c.incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone l'integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se sono eliminabili e si manifestano successivamente alla conclusione del contratto di locazione (art. 1581 c.c.); essi alterano l'equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sull'idoneità all'uso della cosa locata, ed i rimedi previsti sono solo la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo, cui può accompagnarsi, ricorrendone i presupposti, al domanda di risarcimento dei danni.

Nel caso di specie - come stigmatizzato dagli ermellini - il ricorrente ha proposto unicamente domanda di risarcimento dei danni, ma non anche la domanda di risoluzione del contratto o di riduzione del corrispettivo - atteso che era stato sfrattato per morosità - sì che la domanda di danni ex  art. 1578, comma 2, c.c. correttamente non è stata accolta, perché inammissibile, in quanto non autonomamente esperibile, a nulla rilevando, di conseguenza, l'accertamento dell'adempimento, da parte del locatore, dell'onere di provare l'ignoranza incolpevole del vizio.

Osservazioni

La pronuncia in commento offre lo spunto per delineare compiutamente i rimedi giuridici a disposizione del conduttore in caso di presenza di vizi dell'immobile locato e per perimetrare correttamente gli oneri probatori in capo al locatore, puntualizzando, fin d'ora, che, nonostante le evidenti affinità tra le discipline ed il ricorso a soluzioni simili, in materia di azione di garanzia per i vizi della locazione, la disciplina codicistica sul punto non contempla particolari termini di prescrizione o di decadenza, né sono estensibili analogicamente quelli previsti dall'art. 1495 c.c., dettati con riguardo alla vendita, trattandosi di norme speciali.

Orbene, l'art. 1578 c.c. riconosce al conduttore una triplice facoltà: a) se, al momento della consegna, la cosa locata è  affetta da vizi che ne diminuiscano in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito, il conduttore può domandare o la risoluzione del contratto oppure una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili; b) se il locatore non prova di avere senza colpa ignorato i vizi stessi al momento della consegna, il conduttore può ottenere il risarcimento dei danni derivati da tali vizi.

In dottrina, si è chiarito che trattasi di rimedi che trovano giustificazione nella tutela dell'interesse del conduttore ad attuare il godimento secondo le previsioni contrattuali, e che non solo prescindono dalla considerazione di un qualsiasi comportamento, commissivo od omissivo, colposo o meno, del locatore, ma anche, e soprattutto, e nei confronti dei quali il locatore non è titolare di alcuna facoltà di difesa, tranne quella generale della contestazione del fatto che ne è posto a fondamento.

Si è acutamente rilevato che, “lungi, quindi, da ogni possibilità di configurazione dei rimedi come fondati sopra un inadempimento del locatore all'obbligazione di far godere e come esplicazione di una responsabilità contrattuale di questo, in senso proprio, ossia per inadempimento ad obbligazioni contrattuali, si deve ammettere che il locatore, in conseguenza dell'assunzione del vincolo contrattuale e come effetto di questo, si trova esposto alla soggezione di subire una pretesa di scioglimento del vincolo stesso o di modificazione del contenuto del rapporto, in relazione alla mera circostanza obiettiva che la cosa, che forma oggetto della sua prestazione, non è quale si riteneva che fosse” (così Mirabelli).

Ciò spiega, peraltro, l'impraticabilità dell'esperimento di una azione di esatto adempimento, non versandosi nell'àmbito dell'inadempimento del locatore alle proprie obbligazioni essendosi, piuttosto, in presenza di una “deficiente attuazione del godimento del conduttore”.

Conforme è, in proposito, la posizione assunta dai magistrati del Palazzaccio (Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2011, n. 24459), ad avviso dei quali la presenza dei vizi della cosa locata non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ai sensi dell'art. 1575 c.c., ma altera l'equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sull'idoneità all'uso della cosa stessa e consentendo la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo, ma non l'esperibilità dell'azione di esatto adempimento.

Nel medesimo senso, si è chiarito (Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2005, n. 14737) che la disciplina dei vizi portati dall'immobile locato è posta del codice civile come oggetto di garanzia del locatore, e non coincide con le norme generali sull'inadempimento contrattuale del debitore.

Nella stessa lunghezza d'onda, si pongono i giudici di merito, per i quali, a mente degli artt. 1578 e 1580 c.c., i vizi che diminuiscono in modo apprezzabile l'idoneità del bene locato all'uso pattuito, legittimano il conduttore nella richiesta di risoluzione del contratto, di riduzione del corrispettivo, o di risarcimento dei danni, mentre non è previsto l'adempimento da parte del locatore, sicché deve ritenersi inammissibile una domanda volta ad ottenere la condanna dello stesso all'esecuzione di lavori di straordinaria manutenzione volti all'eliminazione di tali vizi (Trib. Modena 14 giugno 2013; in senso conforme, successivamente, Trib. Rimini 19 marzo 2019, secondo cui i rimedi posti dalla disciplina codicistica a tutela del conduttore per i vizi della cosa locata consistono esclusivamente nella risoluzione del contratto o nella riduzione del canone, ma non nella condanna del locatore ad eseguire i lavori necessari per rendere la cosa idonea all'uso pattuito).

La scelta tra la risoluzione e la riduzione del corrispettivo spetta al conduttore, mentre, in caso di proposizione delle domande in via alternativa, si ritiene che debba essere considerata principale la domanda volta alla risoluzione del contratto; sempre sul versante processuale, secondo taluni, è possibile procedere al mutamento della domanda (pur sempre entro il perimetro di esercizio delle facoltà ex art. 183 c.p.c.), mentre, a parere di altri, invece, la scelta fatta mediante l'introduzione del giudizio sarebbe irrevocabile (analogamente rispetto a quanto previsto in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta).

Con riferimento, in particolare, all'azione risarcitoria - che, come sopra rilevato, si ritiene non possa azionarsi “autonomamente” - è discusso se il risarcimento del danno spettante al conduttore riguardi solo i beni rimasti danneggiati dai vizi, oppure anche il danno generico derivante dalla risoluzione del contratto (spese, occasioni mancate, costi di negoziazione) - non previsto dall'art. 1578 c.c., ma contemplato dall'art. 1494 c.c., in tema di vizi della cosa venduta: la dottrina prevalente (v., per tutti, Provera) ritiene che entrambi i risarcimenti siano dovuti, mentre un altro Autore (Tabet), muovendo dal dato letterale della norma, esclude la risarcibilità dei danni derivanti dalla risoluzione.

Ad ogni buon conto, appare pacifico che la domanda risarcitoria debba “cumularsi” con una delle due precedenti (risoluzione del contratto o riduzione del canone), e che la stessa preveda, quale causa di esonero da responsabilità da parte del locatore, l'ignoranza incolpevole circa l'esistenza dei vizi non solo al momento della conclusione del contratto ma a quello della consegna.

In quest'ottica, sul versante dell'onere della prova, si è affermato (Cass. civ., sez. III, 9 luglio 2008, n. 18854) che il conduttore, il quale intenda azionare la domanda di cui all'art. 1578, comma 2, c.c. deve provarne i fatti costitutivi e, cioè, la sussistenza del vizio della cosa locata ed il nesso di derivazione causale del pregiudizio di cui chiede il risarcimento e, solo in caso di esito positivo di tale prova, sorge a carico del locatore l'onere della prova liberatoria della sua responsabilità, consistente nella dimostrazione di avere ignorato senza sua colpa l'esistenza del vizio della cosa al momento della consegna.

Ne consegue che, allegati dal conduttore i presupposti fondanti la pretesa risarcitoria, spetta dunque al locatore dimostrare la propria diligenza, provando di aver senza colpa ignorato i vizi al momento della consegna (e solo in quel preciso momento), dato che sarebbe fin troppo semplice ravvisare un'ignoranza incolpevole al momento del raggiungimento del mero accordo contrattuale (Cass. civ., sez. III, 17 maggio 2010, n. 11969); in tale prospettiva, il locatore, dovendo adempiere con diligenza alle relative prestazioni, deve eseguire, prima della consegna, tutti i necessari accertamenti sullo stato del bene, la cui omissione sarà inequivocabilmente motivo di colpa. 

Infine, discende l'assunto - che costituisce un riflesso dell'accennata esclusione del diritto del conduttore di ottenere l'esatto adempimento - secondo cui il locatore non possa opporsi all'azione ex art. 1578 c.c. con l'offerta di eliminazione dei difetti lamentati (Cass. civ., sez. III, 24 marzo 1980, n. 1951); se, dunque, la garanzia per vizi non costituisce espressione della responsabilità per inadempimento, ne consegue che la relativa disciplina non può essere mutuata da quella generale ricavabile dagli artt. 1453 ss. c.c.: in particolare, dal raffronto tra i primi due capoversi dell'art. 1578 c.c., si evince che, mentre per le azioni di risoluzione e riduzione, non è richiesta la prova di una colpa del locatore, potendo il vizio essere riconducibile anche ad una causa accidentale - finanche estranea alla sfera di previsione del locatore - oppure al fatto del terzo, al contrario, tale elemento soggettivo è, invece, richiesto per l'operatività dello strumento risarcitorio.

Riferimenti

Chiesi, Commento all’art. 1578 c.c., in Codice delle locazioni diretto da Celeste, Milano, 2020, 70;

Calvo, “Extracorporalità” e vizio della cosa locata, in Giur. it., 2009, 332;

Mazzeo, Le obbligazioni del locatore e i vizi del bene locato, in Arch. loc. e cond., 2008, 573;

Izzo, Vizi riconoscibili che non incidono sul canone, in Rass. loc. e cond., 2006, 169;

Tallone, I vizi della res locata: requisiti, conseguenze e rimedi, in Ventiquattrore avvocato, 2006, fasc. 2, 28;

Zappata, Eccezione di inesatto adempimento e denunzia dei vizi della cosa locata, in Contratti, 2001, 995;

Padovini, Vizi della cosa locata e tutela del conduttore nella locazione di immobili urbani, in Studium iuris, 1998, 604;

Provera, Locazione. Disposizioni generali, 1980, 216;

Mirabelli, La locazione, Torino, 1972, 411.

Tabet, La locazione-conduzione, Milano, 1972, 499.

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