Perimetrato l’ambito di applicabilità della clausola compromissoria, inserita nel regolamento condominiale, riguardo al procedimento monitorio volto alla riscossione dei contributi
08 Febbraio 2024
Massima La clausola compromissoria per arbitrato rituale contenuta nel regolamento di condominio, con la quale vengono deferite ad arbitri le controversie tra condomini relative all'interpretazione e all'esecuzione del regolamento condominiale, deve essere interpretata, in assenza di volontà contraria, nel senso che rientrano, nella suddetta competenza, tutte le cause connesse con l'operatività del regolamento stesso e, dunque, anche il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo intimato dall'amministratore per la riscossione dei contributi approvati dall'assemblea, ai sensi degli artt. 1130, n. 3, c.c. e 63, comma 1, disp. att. c.c. Il caso La causa giungeva al Supremo Collegio per il tramite di un ricorso per regolamento di competenza, proposto da un Condominio, il quale aveva impugnato la sentenza del Tribunale che aveva dichiarato nullo il decreto ingiuntivo, intimato dallo stesso Condominio ad un condomino, per la riscossione di spese straordinarie relative ad un determinato esercizio, ravvisando la competenza arbitrale stabilita dal regolamento condominiale. Nello specifico, la clausola compromissoria recitava: “nel non creduto caso di divergenze e controversie che dovessero sorgere fra condomini in ordine alla interpretazione ed esecuzione delle norme del presente regolamento ed in genere per la amministrazione e godimento dello stabile in condominio, queste dovranno essere sottoposte, per la loro risoluzione, ad un arbitro amichevole compositore scelto d'accordo fra di essi. Mancando l'accordo delle parti per la scelta di un arbitro unico, le dette controversie o divergenze verranno sottoposte per conseguenti decisioni a tre arbitri, da nominarsi uno per ciascuna parte ed il terzo dai due arbitri così nominati. Mancando l'accordo dei due arbitri di parte per la nomina del terzo, questa è senz'altro e fin da ora deferita al Presidente del Collegio Ingegneri di Milano, su ricorso della parte più diligente”. Avverso tale sentenza, era insorto il Condominio, in primo luogo, rilevando che il Tribunale non avesse in alcun modo individuato la natura della clausola arbitrale, né la qualificazione dell'arbitrato”, e, in secondo luogo, deducendo l'invalidità e/o l'inapplicabilità della clausola compromissoria contenuta nel regolamento condominiale alle cause, anche di opposizione a decreto ingiuntivo, per il recupero dei contributi condominiali, anche alla stregua dell'inderogabilità (ex art. 72 disp. att. c.c.) di quanto prevede l'art. 63 disp. att. c.c. circa i poteri di azione spettanti ex lege all'amministratore di condominio per l'efficace e tempestiva riscossione delle spese condominiali, le quali hanno indeclinabile natura di obligationes propter rem. Il ricorrente reputava, comunque, che la clausola compromissoria de qua potesse trovare applicazione esclusivamente in relazione a “divergenze e controversie che dovessero sorgere fra i condomini” (ad exemplum, con riferimento a rapporti di vicinato, misura e godimento delle cose comuni, ecc.), e non già per controversie tra i condomini ed il Condominio (quale, tipicamente, è quella per il recupero degli oneri condominiali da parte dell'amministratore). Si assumeva, infine, che, avallando (per assurdo) l'interpretazione offerta dal magistrato ambrosiano, il funzionamento stesso del Condominio sarebbe caduto in un “inesorabile blocco”, posto che sarebbe stato sufficiente per qualsiasi condomino impedire o differire alle “proverbiali calende greche” l'adempimento di tali obbligazioni propter rem, sollevando exceptio compromissi. Il condomino resistente sosteneva, a monte, che la clausola regolamentare prevedesse un “arbitro amichevole compositore”, il che lasciava intendere che ci si trovasse chiaramente di fronte ad un'ipotesi di arbitrato c.d. irrituale, sicché il ricorso per regolamento doveva essere dichiarato inammissibile. La questione Stante che l’impugnata sentenza non affrontava il profilo della qualificazione, come rituale o irrituale, dell’arbitrato previsto dalla suddetta clausola compromissoria, si trattava, preliminarmente, di verificare l’ammissibilità del regolamento di competenza e, poi, di sindacarne la fondatezza, nel senso di accertare se il giudice a quo avesse fatto bene a revocare il decreto ingiuntivo azionato dal Condominio. Le soluzioni giuridiche In proposito, i giudici di Piazza Cavour premettono che la sentenza con cui, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, sia accertata l'esistenza di una clausola compromissoria per arbitrato rituale e dichiarata la nullità del decreto opposto, con contestuale remissione della controversia al giudizio degli arbitri, in forza dell'art. 819-ter c.p.c. deve essere impugnata esclusivamente con il regolamento di competenza di cui all'art. 42 c.p.c. (argomentando da Cass. civ., sez. II, 8 agosto 2019, n. 21185; Cass. civ., sez. VI/III, 18 giugno 2018, n. 16089; Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 2018, n. 26525). Tale profilo è, infatti, pregiudiziale ai fini dell'ammissibilità del regolamento di competenza, atteso che la pronuncia del giudice che neghi la propria competenza in relazione ad una convenzione di arbitrato “irrituale” non è impugnabile per regolamento di competenza, in quanto tale tipologia di arbitrato determina l'inapplicabilità di tutte le norme dettate per quello rituale, ivi compreso l'art. 819-ter c.p.c. (v., per tutte, Cass. civ., sez. I, 10 novembre 2022, n. 33149). Al fine della qualificazione dell'arbitrato come rituale o irrituale, si rammenta che la Cassazione, adita con ricorso per regolamento di competenza, opera comunque come giudice del fatto e ha, dunque, il potere di accertare direttamente, attraverso l'esame degli atti e degli elementi acquisiti al processo, la volontà delle parti espressa nella clausola compromissoria, in quanto la relativa qualificazione incide sull'ammissibilità dell'impugnazione proposta. Nella specie, i condomini, nella clausola compromissoria contenuta nel regolamento condominiale, avevano utilizzato le espressioni “controversie” e “decisioni”, senza perciò prevedere espressamente, come poi stabilito dall'art. 808-ter c.p.c., che le liti fossero definite dagli arbitri mediante determinazione contrattuale, sicché, nell'interpretazione del patto compromissorio, il dubbio sull'effettiva volontà delle parti va risolto nel senso della ritualità dell'arbitrato (Cass. civ., sez. I, 7 aprile 2015, n. 6909; Cass. civ., sez. I, 7 agosto 2019, n. 21059). Il ricorso per regolamento di competenza è stato, pertanto, ritenuto ammissibile. Osservazioni Gli ermellini, tuttavia, opinano che sia stata corretta la devoluzione della competenza agli arbitri, rigettando di conseguenza il regolamento di competenza avanzato dal Condominio. Invero, si osserva che la clausola compromissoria per arbitrato rituale, contenuta nel regolamento di condominio, la quale - come nella specie - stabilisce che siano decise dagli arbitri le “controversie che dovessero sorgere fra condomini in ordine alla interpretazione ed esecuzione delle norme del presente regolamento ed in genere per la amministrazione e godimento dello stabile in condominio”, deve essere interpretata, in mancanza di volontà contraria (e pur non trovando qui applicazione ratione temporis l'art. 808-quater c.p.c.), nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le cause in cui il regolamento può rappresentare un fatto costitutivo della pretesa o comunque aventi causae petendi connesse con l'operatività del regolamento stesso, il quale, in senso proprio, è l'atto di autorganizzazione a contenuto tipico normativo approvato dall'assemblea con la maggioranza stabilita dall'art. 1136 comma 2, c.c. e recante le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione (Cass. civ., sez. II, 17 marzo 2022, n. 8698). Il dato che la clausola compromissoria faccia testualmente riferimento soltanto alle “controversie che dovessero sorgere fra condomini” non induce affatto - ad avviso dei magistrati del Palazzaccio - ad escludere che essa sia riferibile anche alle controversie instaurate dall'amministratore di condominio per la riscossione dei contributi dovuti dai partecipanti, agendo l'amministratore proprio in rappresentanza degli altri condomini - come, peraltro, già sosteneva il supremo organo di nomofilachia (Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2006, n. 20076) nell'interpretazione dell'art. 23 c.p.c., prima ancora della specificazione operata dalla l. n. 220/2012 - ed essendo, del resto, i soli condomini, e non anche l'amministratore, le parti del regolamento di condominio e, quindi, anche della clausola compromissoria in esso contenuta (Cass. civ., sez. II, 14 gennaio 2022, n. 1068). Il deferimento ad arbitri di qualsiasi controversia comunque connessa all'interpretazione e all'esecuzione del regolamento condominiale determina, pertanto, la competenza arbitrale anche per l'opposizione al decreto ingiuntivo intimato dall'amministratore per la riscossione dei contributi approvati dall'assemblea, ai sensi degli artt. 1130, n. 3, c.c. e 63, comma 1 disp. att. c.c., non costituendo la clausola compromissoria una deroga a tali norme, giacché la presenza della medesima convenzione di arbitrato non impedisce di richiedere e ottenere dal giudice ordinario un decreto ingiuntivo per le spese - ferma restando la facoltà per il condomino intimato di eccepire la competenza arbitrale in sede di opposizione - né il citato art. 63, comma 1, pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice ordinario e, quindi, neppure impedisce la compromettibilità in arbitri delle relative controversie, le quali, d'altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli artt. 806 e 808 c.p.c. Infine, non costituisce argomento dirimente ai fini dell'interpretazione della portata della clausola compromissoria l'inconveniente pratico addotto dal ricorrente, secondo cui il “funzionamento del Condominio cadrebbe in un inesorabile blocco”, atteso che rimane rimessa sempre alla volontà dei condomini la facoltà di modificare, se lo ritengono opportuno, la previsione regolamentare. L'interpretazione soft offerta dal Supremo Collegio lascia, però, qualche dubbio. Infatti, per una corretta applicazione di una clausola compromissoria contenuta in un regolamento condominiale, che deroghi alla cognizione del giudice ordinario devolvendo ad arbitri la materia delle controversia condominiali, appare preferibile sempre attenersi a quanto espressamente dichiarato dalle parti, e, in caso di dubbio, privilegiare l'interpretazione che fa salva la libertà delle parti medesime di ricorrere al giudice, non potendosi presumere, se non in presenza di espressioni inequivocabili, la rinuncia alla normale tutela giurisdizionale (v., per una fattispecie concreta, Trib. Milano 6 aprile 1992). In questa prospettiva, si è affermato che la clausola compromissoria, inserita in un regolamento condominiale di tipo contrattuale, riferentesi “unicamente” alle controversie tra condomini o tra uno di essi e l'amministratore, non debba essere estesa ad altre ipotesi nelle quali l'oggetto del contendere sia consistito da una delibera assembleare (Trib. Milano 14 marzo 1991); così, nell'ipotesi in cui si decida la devoluzione agli arbitri delle controversie tra condomini relative esclusivamente “alla comproprietà ed all'uso delle cose comuni”, la clausola non dovrebbe essere operativa allorchè il condomino faccia valere il proprio diritto di proprietà esclusiva, sia pure in relazione a situazioni connesse o dipendenti dalla comproprietà o dall'uso delle cose comuni oppure da deliberazioni assembleari riguardanti le medesime. Se, invece, la clausola compromissoria contempla “qualsiasi” controversia tra i condomini o tra questi e l'amministratore avente per oggetto lo stabile o il regolamento di condominio, si deve ritenere compresa anche la domanda proposta dall'amministratore per conseguire da un condomino il pagamento del contributo per spese ordinarie deliberate dall'assemblea, pure quando la relativa deliberazione non è stata impugnata (Cass. civ., sez. II, 21 maggio 1964, n. 1251); come dovrebbero rientrare, ad esempio, anche le controversie concernenti la richiesta, fatta dal condominio nei confronti di un condomino, che ha eseguito alcune opere abusivamente, di rimuovere le stesse, di ripristinare il precedente uso dell'unità immobiliare in cui sono stati realizzati i lavori, e di risarcire i danni provocati alla collettività condominiale. Sempre in ordine all'àmbito della clausola compromissoria, deve, però, ritenersi che la stessa non può essere estesa alle questioni che, nei rapporti condominiali, possano avere trovato la loro mera occasione, ma che dipendono dall'interpretazione di norme generali che tutelano diritti di carattere assoluto, la cui fonte è estranea alla disciplina del condominio. Riferimenti Bordolli, Arbitrato e conciliazione nel condominio, in Immob. & proprietà, 2005, 129; Briguglio, Problemi e particolarità della scelta arbitrale per le liti del condominio, in Riv. arbitrato, 2000, 391; Celeste, La composizione arbitrale del contenzioso condominiale, in Riv. giur. edil., 1999, II, 189; Ditta, L'arbitrato nelle controversie condominiali e locatizie, in Nuova giur. civ. comm., 1997, II, 77; Gabrielli, Per la promozione dell'arbitrato nelle controversie in materia di condominio e locazione, in Arch. loc. e cond., 1997, 545; Ditta, Arbitrato e soluzione stragiudiziale delle controversie condominiali, in Arch. loc. e cond., 1995, 277; Ceniccola, Condominio e clausola compromissoria, in Vita notar., 1985, I, 599; Ramella, Clausola compromissoria nel regolamento condominiale, in Giur. it., 1985, I, 2, 7; Raschi, La clausola compromissoria nei regolamenti condominiali, in Nuovo dir., 1968, 11; Trabucchi, Tutela giudiziaria dei singoli condomini e clausola compromissoria nel regolamento di condominio, in Giur. it., 1952, I, 1, 881; Pucci, Clausola compromissoria nel regolamento condominiale, in Mon. trib., 1951, 218. |