La mancata attivazione della mediazione e la statuizione sulle spese

Vito Amendolagine
16 Febbraio 2024

La sentenza della Corte d’Appello di Genova si sofferma sulle conseguenze, in punto di statuizione delle spese processuali, derivanti dall’inosservanza dell’onere di attivare il procedimento di mediazione ordinato dal giudice di prime cure alla parte che ne ha interesse, dopo averne valutato la sussistenza in capo ad entrambe le parti costituite, sulla cui scorta perviene alla compensazione delle spese per il primo grado di giudizio, ed alla condanna dell’appellante di quelle del giudizio di gravame in favore dell’appellata.

Massima

Il rigetto dell’appello, con il quale si è chiesto infondatamente la sola condanna di controparte al pagamento delle spese processuali di primo grado, determina la condanna dell’appellante alla rifusione delle spese del gravame in favore di parte appellata.

Il caso

La fattispecie nasce dall'opposizione ad uno sfratto per morosità e dalla domanda riconvenzionale con la quale la parte conduttrice chiede la compensazione dei canoni di locazione eventualmente dovuti, più in particolare con quelli eventualmente maturati a seguito della notifica dell'intimazione di sfratto, con le maggiori somme corrisposte alla parte locatrice a titolo di oneri condominiali.  A seguito della concessione di ordinanza ex art. 665 c.p.c. e del mutamento del rito, con l'assegnazione dei termini per l'espletamento della mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale nella fase di merito, alla successiva udienza rilevata l'inerzia delle parti, veniva dichiara l'improcedibilità del giudizio. In sede di gravame, con unico motivo di impugnazione, si chiede la riforma dell'ordinanza emessa dal giudice di prime cure in ordine alle spese di giudizio non avendo il Tribunale provveduto sul punto.

La questione

La quaestio juris esaminata dalla Corte di merito genovese verte sulla mancata introduzione della mediazione obbligatoria, atteso che, avendo il primo giudice disposto il mutamento del rito, era pacifico che gravasse sulla locatrice l’onere di attivare detta mediazione. Non avendola avviata, la responsabilità della dichiarata improcedibilità della domanda doveva essere imputata alla medesima locatrice che, quindi, era da ritenersi soccombente secondo la prospettazione dell’appellante.   

La soluzione giuridica

I giudici genovesi rilevato che la questione è capire a chi spetti il pagamento delle spese di lite, in forza del principio della soccombenza, in relazione alla sussistenza in capo all'una e/o all'altra parte in causa dell'obbligo di attivare il procedimento di mediazione, avendo il giudice di prime cure ordinato l'avvio del suddetto procedimento alla parte che ne ha interesse, rilevano che tale interesse sussisteva - e sussista - in capo a ciascuna delle parti in causa.

In particolare, la locatrice in primo grado, aveva interesse alla prosecuzione della causa avendola lei stessa incardinata, anche successivamente all'emissione dell'ordinanza provvisoria ex art. 665 c.p.c. trattandosi di una misura inidonea al giudicato e destinata ad essere superata da una pronuncia in punto di merito - Trib. Milano 18 febbraio 2016, secondo cui l'ordinanza non impugnabile di rilascio ex art. 665 c.p.c. soggiace al regime previsto dall'art. 310 c.p.c. che, nel disciplinare gli effetti dell'estinzione del processo, sancisce l'inefficacia di tutti gli atti compiuti ad eccezione delle sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e di quelle che regolano la competenza; ne consegue che tale ordinanza non è idonea a dispiegare i propri effetti al di fuori del processo e che resta travolta dalla declaratoria di improcedibilità susseguente all'omesso esperimento del procedimento di mediazione disposto dal giudice - avendo il medesimo locatore interesse a proseguire la causa di merito al fine di ottenere il pagamento dei canoni di locazione per cui la parte conduttrice era morosa.

Tuttavia, anche il conduttore aveva interesse alla prosecuzione della causa, avendo proposto, nel precedente grado, domanda riconvenzionale.

Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte di merito ritiene che le spese di lite del primo grado di giudizio vadano compensate, avendo entrambe le parti determinato l'improcedibilità delle rispettive domande, con la conseguente loro soccombenza reciproca.

Ferma la compensazione delle spese di primo grado, l'appellante viene condannata al pagamento delle spese del gravame in quanto soccombente, avendolo proposto per chiedere infondatamente unicamente la condanna di controparte al pagamento delle spese processuali di primo grado, non avendo l'appellata chiesto la condanna dell'appellante al pagamento delle spese del precedente grado a suo favore, ma solo la compensazione delle spese.

Osservazioni

La sentenza della Corte di merito genovese ha il pregio di essere una delle pronunce – fra quelle edite nella letteratura giuridica (contra, v., ex multis, Trib. Nola 23 luglio 2019, in cui, dopo il mutamento del rito, si è affermato esattamente l'opposto, essendosi statuito che le domande formulate nell'atto di intimazione di sfratto sono improcedibili per il mancato esperimento della obbligatoria procedura della mediazione e, per l'effetto, la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite; Trib. Busto Arsizio 20 marzo 2018) - ad essersi occupata delle conseguenze derivanti in fase di gravame dall'omessa statuizione delle spese da parte del giudice di prime cure, nel caso in cui l'inosservanza della condizione di procedibilità dipenda dall'inerzia di entrambe le parti costituite, avendo ciascuna l'interesse ad attivarla per la prosecuzione del giudizio di merito.

A riguardo, va infatti precisato che, alcuni giudici di merito hanno affermato che la predetta incombenza gravi sul locatore (oltre alle citate Trib. Nola 23 luglio 2019 e Trib. Busto Arsizio 20 marzo 2018, v. Trib. Mantova 20 gennaio 2015), mentre altri hanno sposato la tesi opposta (Trib. Monza 1° dicembre 2017; Trib. Bologna 17 novembre 2015).

Premessa la condivisibile - e pacifica - osservazione preliminare svolta dai giudici di merito, secondo cui, la pronuncia di rideterminazione della condanna delle spese di lite del primo grado può essere assimilata ad una riforma della sentenza resa nello stesso grado, ragione per cui vale il principio in base al quale, in caso di riforma, occorre procedere ad un nuovo regolamento delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale (Cass. civ., sez. III, 12 aprile 2018, n. 9064, in cui si è affermato il principio che il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d'ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, mentre, in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito di specifico motivo di impugnazione).

Pertanto, in tutti i casi in cui il giudice di appello accolga l'impugnazione principale, riformando la decisione di prime cure, egli è tenuto a regolare le spese del doppio grado, anche a prescindere dall'esistenza di un motivo di gravame sul punto, posto che la pronuncia sulle spese costituisce una diretta conseguenza di quella sui motivi di impugnazione (Cass. civ., sez. III, 26 settembre 2019, n. 23985).

Nel caso in cui l'appello sia rigettato, ovvero accolto in senso maggiormente favorevole per la parte già vittoriosa in prime cure, le spese di prime cure possono essere riviste dal giudice dell'impugnazione solo a condizione che, sul punto, sia stato proposto uno specifico motivo di gravame (Cass. civ., sez. III, 29 ottobre 2019, n. 27606), poiché in tale ipotesi viene meno il rapporto di necessaria conseguenzialità tra le due pronunce, sul merito e sulle spese.

Certamente condivisibile è la decisione di compensare le spese del primo grado di giudizio, alla luce della reciproca soccombenza virtuale in ordine all'omessa osservanza dell'onere di introdurre il procedimento di mediazione obbligatoria nel rispetto del termine assegnato dal giudice di prime cure.

La decisione di condannare integralmente l'appellante alla rifusione delle spese del giudizio di gravame invece sembra non tenere conto del rigetto - anzi della omessa statuizione - in ordine alla domanda ex art. 96 c.p.c. introdotta dall'appellata.

A ben vedere, si tratta di un'evidente aporia al pari di quella con la quale si apre e chiude la disamina dell'unico motivo di gravame: la Corte dopo avere premesso che “passando ad esaminare il motivo di gravame proposto dalla (…), è fondato”, conclude affermando che “si dà atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, che l'appello è integralmente respinto”.

L'appellata aveva infatti chiesto espressamente in via preliminare, di rigettare l'appello proposto e, nel merito, di confermare l'ordinanza impugnata sulla compensazione delle spese e di condannare l'appellante al pagamento delle spese legali del secondo grado di giudizio “oltre al pagamento di una somma a titolo di risarcimento danni ex art. 96 c.p.c. per lite temeraria”.

Certamente l'appello era ammissibile in punto di diritto sia in ordine alla sua tempestività sia per quanto concerne - come esattamente rilevato dal giudice del gravame - la mancata statuizione sulle spese di lite in cui era incorso il giudice di prime cure, ma ritenerlo fondato alla luce del rigetto cui è pervenuta la stessa Corte è tutta un'altra cosa.

Riferimenti

Spina, Locazione, sfratto, mediazione c.d. obbligatoria e improcedibilità della domanda: i contrastanti orientamenti interpretativi giurisprudenziali, in Lanuovaproceduracivile.com.

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