Comodato dissimulante una locazione e strumenti giuridici in capo al conduttore per far valere l’illiceità del contratto

26 Febbraio 2024

Con l'ordinanza in commento, la Cassazione, in presenza di una fattispecie (purtroppo, non rara) in cui un contratto di comodato dissimulava, in realtà, una locazione, ha chiarito che, discutendosi della illiceità dell'accordo dissimulato, la prova per testimoni era ammissibile senza limiti, ai sensi dell'art. 1417 c.c., rimproverando alla Corte territoriale, per un verso, di non aver ammesso la relativa prova orale richiesta dal ricorrente e, per altro verso, di aver affermato che risultavano inammissibili le prove diverse da quella scritta (segnatamente, la controdichiarazione), benché l'asserito conduttore avesse sostenuto la contrarietà a norme imperative del suddetto contratto dissimulato.

Massima

Qualora venga stipulato un contratto di comodato, dissimulante un contratto di locazione, quest'ultimo è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell'art. 1599, comma 1, c.c. e al conduttore è consentito provare la simulazione, nei confronti sia dell'originaria parte locatrice che degli aventi causa, con prove testimoniali e per presunzioni, trattandosi di illiceità della locazione dissimulata per contrasto con norme imperative.

Il caso

La causa - giunta all'esame del Supremo Collegio - originava da un ricorso exart. 447-bis c.p.c. proposto da Tizio nei confronti di Caio, per sentirlo condannare al rilascio di un immobile ad uso abitativo che l'attore aveva acquistato da Sempronio e che assumeva occupato sine titulo dal convenuto, per essere cessato il rapporto di comodato a suo tempo intercorso fra la parte venditrice e il medesimo convenuto.

Quest'ultimo, costituendosi in giudizio, da un lato, aveva eccepito la carenza di legittimazione attiva del ricorrente per nullità del contratto di compravendita, e, dall'altro, aveva contestato la domanda, assumendo di detenere l'immobile in forza di un contratto di locazione, che era stato dissimulato con un contratto di comodato e che era ancora in corso, deducendo, peraltro, di avere versato, nel corso della locazione, importi eccedenti a quelli dovuti per equo canone.

Il convenuto aveva chiamato in causa il venditore, chiedendo che venisse accertata la naturale scadenza della locazione, da ritenersi opponibile all'acquirente, e che il terzo chiamato fosse condannato alla restituzione dei canoni riscossi indebitamente ed al rimborso di spese da lui sostenute per l'immobile.

Il Tribunale aveva accolto la domanda del ricorrente, negando l'esistenza del contratto di locazione e ordinando il rilascio dell'immobile e rigettando, altresì, le domande proposte dal resistente nei confronti del terzo chiamato.

La Corte d'Appello aveva respinto il gravame dell'originario convenuto, affermando: a) che sussisteva la legittimazione attiva dell'acquirente, in difetto di dimostrazione della nullità dell'atto di compravendita; b) che la previsione di cui all'art. 1599 c.c. non era applicabile analogicamente al contratto di comodato; c) che, ai fini dell'opponibilità della locazione al terzo acquirente, occorreva che la stessa risulti da atto scritto avente data certa anteriore all'acquisto; d) che la locazione dedotta dall'appellante era priva di prova scritta ed era allegata dall'appellante stesso come l'effetto voluto di una fattispecie simulatoria non assistita da controscrittura, per cui non era opponibile al terzo acquirente; e) che la simulazione relativa del rapporto di comodato, formalizzato e regolarmente registrato, avrebbe dovuto essere provata con la controdichiarazione, senza possibilità di avvalersi di prove testimoniali e di presunzioni; f) che non era ravvisabile neppure la contrarietà a norme imperative della simulazione affermata dall'appellante, perché non era stata esattamente allegata e provata la circostanza che il canone fosse concordato ed effettivamente corrisposto in eccesso rispetto ai limiti di legge, non avendo l'appellante fornito la prova dell'ammontare del canone c.d. equo e del superamento dei limiti di legge rispetto a quello che egli deduceva come concordato nell'accordo dissimulato.

L'asserito conduttore, soccombente in entrambi i gradi di merito, proponeva ricorso per cassazione.

La questione

Stante il rigetto della domanda fondata sulla simulazione relativa del contratto in atti e, quindi, anche il rigetto di tutte le domande fondate sull'esistenza di un rapporto di locazione, si trattava di verificare se ricorressero, nel caso di specie, le eccezioni al divieto di prova testimoniale di cui all'art. 2724 c.c. e, quindi, se potessero trovare ingresso prove diverse da quella scritta (segnatamente, la controdichiarazione).

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondate le doglianze del ricorrente.

Invero, quest'ultimo ha sostenuto che, quando venga stipulato un contratto di comodato dissimulante un contratto di locazione, deve trovare applicazione la norma del comma 1 dell'art. 1599 c.c., e il requisito della data certa del contratto di locazione (dissimulato) deve essere accertato e valutato in relazione al contratto simulato di comodato (scritto e registrato).

Lo stesso ricorrente ha, altresì, sostenuto che, ai sensi dell'art. 1417 c.c., è sempre ammissibile la prova per testi (e, quindi, anche quella presuntiva) allorchè si intenda far valere la illiceità del contratto dissimulato (nel caso di specie, perché in violazione del canone legale).

Orbene - ad avviso degli ermellini - l'assunto che il contratto di comodato dissimulasse una locazione con canone difforme da quanto consentito dalla legislazione sui patti in deroga deve intendersi certamente come volto ad evidenziare un profilo di illiceità per contrasto con normativa imperativa della locazione dissimulata e, dunque, la prova testimoniale era ammissibile (al pari di quella presuntiva).

Il rilievo del giudice distrettuale circa il non essersi dedotto in iure che il canone era eccedente il dovuto non è condivisibile, in quanto si riferisce ad una questione che è logicamente successiva alla prova del contratto locativo e della sua opponibilità all'acquirente.

Peraltro, fissando la legge una durata del contratto locativo e le modalità di rinnovazione, la deduzione della simulazione del contratto di comodato e della dissimulazione di un contratto locativo evidenzia, comunque, un profilo di illiceità del comodato quale contratto dissimulato, la cui prova sarebbe contraddittorio vincolare alla regola dettata per la forma stessa della stipula del contratto di locazione: la contraddizione è resa evidente dal fatto che pretendere la forma del contratto dissimulato per la stipula di quello simulato e sottrarre la prova di quest'ultimo alla regola normale dettata per la prova della simulazione servirebbe a “coprire” l'illiceità.

Dunque - secondo l'autorevole parere dei magistrati del Palazzaccio - deve ritenersi che, se il contratto effettivo è quello di locazione, benché “mascherato” come comodato, non c'è ragione per non applicare il comma 1 dell'art. 1599 c.c. e che, quando è dedotta l'illiceità del contratto dissimulato di locazione per violazione di norme imperative, deve essere consentito al conduttore di provare la simulazione (nei confronti sia della originaria parte locatrice, che degli aventi causa) con prove testimoniali e per presunzioni.

Nello specifico, è stata la stessa Corte d'Appello che, pur affermando che le limitazioni alla prova testimoniale ed a quella presuntiva non operano quando si tratti di far valere l'illiceità del contratto dissimulato e pur richiamando giurisprudenza (v. Cass. civ., sez. I, 25 maggio 2005, n. 11017) che dichiara ammissibili dette prove quando siano dirette a far valere l'illiceità dell'accordo simulatorio, ha affermato contraddittoriamente che la prova della simulazione avrebbe potuto essere fornita soltanto mediante controdichiarazione (sull'ammissibilità della prova testimoniale e delle presunzioni, v., fra le tante, anche Cass. civ., sez. III, 26 maggio 2020, n. 9672; Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2010, n. 11611; Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2001, n. 1288).

Osservazioni

La pronuncia in commento offre l'occasione per tracciare il corretto discrimen tra il contratto di locazione e il contratto di comodato, contemplati, rispettivamente, dagli artt. 1571 e 1803 c.c.

Balza sùbito all'evidenza che il primo è un contratto oneroso, atteso che la costituzione del diritto personale di godimento in favore del conduttore (e, dunque, la cessione del godimento del bene) è “compensata” dal pagamento del canone, laddove, invece, il contratto di comodato è “essenzialmente gratuito”, sicché il predicato dell'onerosità consente di differenziare la locazione dal comodato.

In quest'ottica, si è chiarito (Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2005, n. 13920), che, in ordine alla corretta qualificazione di un contratto come comodato o come locazione di immobili, il carattere di essenziale gratuità del comodato non viene meno se si inserisce un modus, posto a carico del comodatario, purché esso non sia di consistenza tale da snaturare il rapporto, ponendosi come corrispettivo del godimento della cosa ed assumendo quindi la natura di una controprestazione.

Parimenti, si è puntualizzato (Cass. civ., sez. III, 18 marzo 1983, n. 1935) che, riguardo al contratto con il quale il conduttore di immobile ceda ad altri il godimento di una porzione del bene, ancorché senza prefissione di scadenza, deve negarsi la ricorrenza di un comodato, e ravvisarsi un rapporto di sublocazione (parziale), qualora risulti che il cessionario non si limiti a concorrere nelle eventuali spese riferibili all'uso del bene (riscaldamento, pulizia, ecc.), ma versi un corrispettivo, che si traduca per il cedente in un risparmio sui propri esborsi dello stesso conduttore, mediante proporzionale recupero del canone dovuto al locatore, sicché resti esclusa la sussistenza di una causa gratuita, sia pure con l'imposizione di oneri modali, ed emerga la previsione di reciproche prestazioni legate da vincolo di corrispettività.

Peraltro, la distinzione tra locazione e comodato oneroso permane anche in caso di comodato di immobile senza determinazione di durata (c.d. precario) oneroso, essendo tale figura caratterizzata dalla concessione in godimento di un bene immobile che, pur remunerata (normalmente in maniera parziale), sia provvisoria, revocabile e finalizzata alla custodia del bene e distinguendosi, quindi, dalla locazione per la possibilità riconosciuta al concedente di far cessare in qualsiasi momento il godimento (Cass. civ., se. III, 18 ottobre 1986, n. 6146).

Tuttavia, l'elemento della durata non è il solo elemento differenziale del precario immobiliare oneroso dalla locazione, dovendosene evidenziare anche il particolare carattere dell'onerosità e la finalità di custodia.

In quest'ordine di concetti, un giudice emiliano (Trib. Modena 17 gennaio 2013) ha avuto modo di sottolineare che il precario immobiliare oneroso è “negozio atipico con finalità di custodia e conservazione”, in cui il corrispettivo di godimento è necessariamente modesto e non adempie a funzione causale corrispettiva, a differenza della locazione.

Più in generale, si è osservato che l'obbligo del precarista di versare somme di danaro o di eseguire altre prestazioni non è in rapporto di corrispettività con l'obbligo del concedente di far godere la cosa, per il semplice fatto che un simile obbligo non sussiste affatto.

In relazione, invece, alla custodia del bene, è stato affermato che la speciale configurazione del precario immobiliare oneroso ricorre soltanto quando la concessione in uso, pur accompagnata da remunerazione in favore del concedente, abbia luogo al fine - che entrambe le parti si propongono di realizzare, l'una conscia del conforme intento dell'altra, e che assurge perciò, riguardo alla atipicità di tale convenzione, a causa negotii - di far sì che, attraverso l'uso da parte del concessionario, si attui una custodia dell'immobile in maniera che questo non versi in condizioni di abbandono, particolarmente pericolose in date contingenze.

Quando, invece, una situazione di fatto sia accertata come denotante unicamente il fine diretto dello sfruttamento economico, da conseguirsi a cura ed a rischio del concessionario, in unità di tempo pur esigue, ma tali da consentire in linea pratica la realizzazione dell'uso appositamente qualificato dalle parti a proposito della concessione dell'immobile, e sia altresì pacifica la completa mancanza dell'intento (che ha luogo nel comodato) di venire incontro ad una contingente necessità altrui con il conferire un uso personale e transeunte della cosa, ma accompagnato, stante la gratuità, dallo ius restituendi, tutto ciò fa sì che il rapporto debba essere ricondotto negli schemi giuridici del contratto di locazione.

Per completezza, con riferimento all'opponibilità del contratto di comodato, con datate pronunce, i giudici di legittimità (Cass. civ., sez. III, 9 agosto 1968, n. 2940; Cass. civ., sez. III, 27 gennaio 1964, n. 195) avevano statuito che l'acquirente di un immobile non può risentire pregiudizio dall'esistenza di un comodato, anche se concluso dal venditore per un tempo corrispondente alla durata della vita del comodatario, atteso che, per effetto del trasferimento in suo favore, il compratore acquista ipso iure il diritto di far cessare il godimento da parte del comodatario e di ottenere la piena disponibilità della cosa.

In tempi più recenti, si è ribadito (Cass. civ., sez. III, 18 gennaio 2016, n. 664) che il contratto di comodato di immobile, stipulato dall'alienante di esso in epoca anteriore al suo trasferimento, non è opponibile all'acquirente del bene, non estendendosi ai rapporti diversi dalla locazione - dove, invece, vige il principio emptio non tollit locatum , nel senso che l'acquirente di un bene, che il venditore aveva in precedenza dato in locazione, è tenuto a rispettare il contratto di locazione stipulato dal suo dante causa con un terzo - le disposizioni, di natura eccezionale, di cui all'art. 1599 c.c., sicché l'acquirente non può risentire alcun pregiudizio dall'esistenza del rapporto di comodato, stante il suo diritto di far cessare in qualsiasi momento, ad libitum, il godimento del bene da parte del comodatario.

Riferimenti

Chiesi, Commento all'art. 1571 c.c., in Codice delle locazioni diretto da Celeste, Milano, 2020, 9;

Palombella, Comodato valido anche se le parti prevedono di sostituirlo con una locazione, in Dirittoegiustizia.it, 2011;

Bizzarro, L'incerto confine tra comodato modale e locazione, in Riv. giur. Molise e Sannio, 2008, fasc. 2, 39;

Irti, L'assegnazione della casa familiare in comproprietà, locazione e comodato, in Famiglia, persone e successioni, 2008, 926;

Scarpa, Detenzione della casa data all'ex moglie: comodato, locazione o precario oneroso?, in Immob. & diritto, 2006, fasc. 1, 10;

Riccio, Comodato modale, locazione e precario immobiliare oneroso, in Riv. giur. Molise e Sannio, 2004, 56;

Celeste, Il recupero dell'immobile concesso in locazione o in comodato nell'esercizio concorrente di azioni reali e personali, in Rass. loc. e cond., 2004, 37;

De Tilla, Sulla differenza tra locazione e comodato, in Riv. giur. edil., 2001, I, 323;

Stanchi, Comodato, comodato modale e locazione, in Giur. it., 1998, 1128.

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