La nomina di un amministratore ad acta nell’ipotesi di mancata esecuzione di una delibera relativa a lavori urgenti nel fabbricato

08 Marzo 2024

Il giudicante pugliese è stato chiamato ad accertare l'inerzia di un condominio nella mancata esecuzione di una deliberazione per alcuni lavori urgenti su un lastrico solare e la susseguente nomina di un amministratore ad acta.

Massima

In tema di nomina dell'amministratore ad acta, nel corso del procedimento di volontaria giurisdizione, si richiede la sussistenza di uno dei presupposti sanciti nell'art. 1105, comma 4, c.c., in mancanza, la domanda va rigettata oppure va dichiarata la cessata materia del contendere da parte del giudicante adìto.

Il caso

Con ricorso ex art. 1105, comma 4, c.c., un condomino chiedeva la nomina di un amministratore ad acta affinchè il medesimo provvedesse a dare esecuzione ai lavori deliberati dal condominio-resistente. I menzionati lavori erano da considerarsi urgenti perché afferivano il ripristino del lastrico solare in uso esclusivo, però a copertura delle parti comuni, con ulteriore ripristino dell'appartamento del ricorrente, interessato da infiltrazioni.

Si costituiva il condominio-resistente, il quale chiedeva il rigetto del ricorso in assenza di inerzia in capo al condominio, perché l'esecuzione dei lavori del detto lastrico solare erano stati rinviati al sol fine di effettuare accertamenti nell'appartamento dell'istante, comunque lavori all'interno della detta unità immobiliare venivano deliberati successivamente al deposito del ricorso di volontaria giurisdizione.

La causa veniva decisa dal collegio del Tribunale competente e decisa con la dichiarazione della cessazione della materia del contendere e compensazione integrali tra le parti delle spese processuali.

La questione

Si trattava di accertare e verificare se, nel caso posto all'attenzione del Tribunale competente, sussistesse l'inerzia del condominio nel ritardo dell'esecuzione dei lavori, con susseguenti danni da infiltrazioni dell'appartamento dell'istante, e fosse pertanto necessaria la nomina di un amministratore ad acta per tale esecuzione.

Tutti gli aspetti della contesa sono stati esaminati dal Tribunale, il quale dichiarava cessata la materia del contendere, con compensazione delle spese di lite.

Le soluzioni giuridiche

In linea di principio, è stata ritenuta corretta l'affermazione contenuta nella pronuncia del Tribunale adìto, in sede monocratica, secondo cui è stata dichiarata la cessata materia del contendere, con compensazione delle spese processuali.

Il collegio pugliese evidenzia che l'art. 1105, comma 4, c.c. consente a ciascun partecipante della comunione di ricorrere all'autorità giudiziaria per risolvere aspetti gestionali dell'amministrazione della cosa comune.

Rileva, altresì, che per adottare tale procedimento di volontaria giurisdizione debbano ricorrere i seguenti presupposti:

1) non si prendono i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune;

2) non si forma una maggioranza;

3) la deliberazione adottata non viene eseguita.

Ne consegue che il provvedimento, con cui l'autorità giudiziaria nomina, ai sensi dell'art. 1105, comma 4, c.c., un amministratore della cosa comune, al fine di supplire l'inerzia del condominio, è un provvedimento di giurisdizione volontaria, non avente, perciò, carattere decisorio né definitivo, poichè revocabile e reclamabile ai sensi degli artt. 739,742 e 742-bis c.p.c., con conseguente inammissibilità contro di esso del ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., salvo l'ipotesi in cui il provvedimento, andando oltre i limiti previsti per la sua emanazione, abbia risolto in sede di volontaria giurisdizione una controversia su diritti soggettivi (Cass. civ. sez. II, 22 marzo 2012, n. 4616; Cass. civ. sez. II, 16 giugno 2005, n. 12881; Cass. civ. sez. II, 29 dicembre 2004, n. 24140).

Infatti, è da considerarsi legittima a nomina di un amministratore ad acta, tramite il ricorso ex art. 1105, comma 4, c.c., a prescindere dalla possibilità di eseguire coattivamente il provvedimento giudiziale, al fine di dare attuazione all'esecuzione di lavori di ristrutturazione e di prendere provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune (Trib. Catania 5 maggio 2022).

Chiarito quanto innanzi, il Tribunale tranese, nel merito, dichiara la cessata materia del contendere in relazione alla domanda di nomina dell'amministratore ad acta, essendo venuto meno l'interesse alla pronuncia giudiziale (Cass. civ., sez. II, 23 aprile 2015, n. 8309).

Il giudicante deduce la sopravvenuta carenza rispetto all'interesse alla pronuncia giudiziale che può essere rilevata anche d'ufficio, a prescindere dal comportamento delle parti (Cass. civ., sez. VI, 22 aprile 2020, n. 8034).

Tale decisione rinviene dall'avere il resistente-condominio comprovato, comunque, l'avvenuta esecuzione delle opere relative al lastrico solare condominiale e all'appartamento della ricorrente, in virtù di verbale assembleare prodotto in atti; invece, tutte le contestazioni afferenti i profili relativi i vizi commessi dall'impresa esecutrice dei lavori, riguardano eventuali responsabilità che non rientrano nell'alveo del procedura adotta di volontaria giurisdizione, non potendo la nomina di un commissario ad acta avere un rilievo rispetto a tali aspetti.

Sulla scorta di quanto argomentato, è anche condivisibile la compensazione integrale delle competenze di lite, da parte del Tribunale adìto, alla luce della natura non contenziosa dell'azionato procedimento di volontaria giurisdizione, non ritenendo applicabile il c.d. principio della soccombenza virtuale, secondo cui il giudicante deve stabilire, tenendo in considerazione la fondatezza delle prospettazioni iniziali delle parti, a prescindere dal fatto sopravvenuto che ha determinato la cessazione della materia del contendere, la condanna o meno al pagamento delle spese processuali (Cass. civ., sez. III, 13 settembre 2022, n. 26922).

Osservazioni

Con riferimento alla fattispecie posta al vaglio del giudice adìto, va approfondito dell'istituto della nomina dell'amministratore ad acta.

Va precisato che tale nomina rientra nell'alveo degli atti di volontaria giurisdizione che hanno, in ambito condominiale, un indubbio rilievo.

Sul tema, giova ricordare che la volontaria giurisdizione è quella disciplina che si rende necessaria per la salvaguardia di interessi privati in tutti in quei casi in cui la legge non rende possibile la costituzione di un determinato rapporto giuridico senza l'intervento del giudice.

La differenza evidente tra la giurisdizione volontaria e la giurisdizione contenziosa sta nella natura del provvedimento finale: mentre in sede contenziosa i giudici emettono un provvedimento che è in grado di regolare con stabilità il rapporto controverso tra le parti in lite, nel campo della giurisdizione volontaria, essendo emessi in base ad una valutazione che può mutare nel tempo, perché i provvedimenti del giudice possono essere revocati o modificati.

Posto ciò, oltre l'ipotesi di nomina giudiziale (art. 1129, comma 1, c.c.), la nomina, può avvenire a norma dell'art. 1105, ultimo comma, c.c., quando cioè la nomina di un amministratore non è imposta dalla legge ma da altre situazioni.

In base all'art. 1105 c.c., quindi, a tutti i condomini è conferito il diritto di concorrere nell'amministrazione, pertanto, è dato loro il potere di provocare singolarmente l'intervento dell'autorità giudiziaria al fine di assicurare l'amministrazione della cosa comune, la sua cura, custodia e conservazione. In tali casi gli atti di volontaria giurisdizione sono diretti a supplire o a integrare con l'intervento attivo dell'autorità giudiziaria la manchevole attività delle parti nell'amministrazione dei propri interessi.

Quindi, i comunisti possono ricorrere all'Autorità giudiziaria, per la nomina dell'amministratore giudiziario solo in tre ipotesi tassative:

- il primo ricorre quando non si prendano i provvedimenti necessari per la cosa comune, come nel caso in cui l'amministratore non provveda alla convocazione dell'assemblea; oppure quando vengano dedotti fatti di cattiva amministrazione, oppure ancora quando non venga reso il conto della gestione;

- il secondo quando non si formi una maggioranza per la nomina, sia perché tra i condomini vi è dissenso, sia perché, più semplicemente, vi è inerzia;

- il terzo, infine, quando la delibera adottata non venga eseguita.

Dunque, in materia di gestione condominiale il ricorso all'autorità giudiziaria ex art. 1105 c.c. presuppone ipotesi tutte riconducibili ad una situazione di assoluta inerzia in ordine alla concreta amministrazione della cosa comune per mancata assunzione dei provvedimenti necessari o per assenza di una maggioranza o per difetto di esecuzione della deliberazione adottata; detta norma non è, invece, applicabile quando l'assemblea condominiale abbia approvato dei lavori considerati necessari per la manutenzione delle parti comuni dell'edificio, contestati da taluni compartecipanti, in quanto l'intervento del giudice in tal caso si risolverebbe in un'ingerenza nella gestione condominiale ed in una sovrapposizione della volontà assembleare (Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2001, n. 5889).  Sicchè, nell'ipotesi di cui all'ultimo capoverso dell'art. 1105 c.c., la legittimazione a proporre il relativo ricorso è riconosciuta espressamente dalla predetta norma solo a “ciascun partecipante”. In conformità alle regole generali previste dagli artt. 737 ss. c.p.c., l'atto introduttivo del procedimento deve rivestire la forma del “ricorso”, rivolto al giudice del luogo ove si trova l'edificio condominiale indicando l'ufficio giudiziario, il nome delle parti, l'oggetto dell'istanza e le ragioni della stessa. Come precisato in giurisprudenza, in tema di comunione, l'art. 1105, comma 4, c.c. prevede che, ove non si formi una maggioranza ai fini dell'adozione dei provvedimenti necessari all'amministrazione della cosa comune, ciascun partecipante possa adire l'autorità giudiziaria, perché adotti gli opportuni provvedimenti in sede di volontaria giurisdizione, così precludendo al medesimo partecipante di rivolgersi al giudice in sede contenziosa. Tale preclusione concerne esclusivamente la richiesta di decisioni per la gestione della cosa comune, riferita ai rapporti interni tra comunisti, e non opera, invece, con riguardo alle iniziative giudiziarie promosse dal comunista in qualità di terzo, come avviene nel caso in cui quest'ultimo faccia valere la posizione di proprietario di cose estranee alla comunione, che abbiano subito pregiudizio dalla rovina della cosa di cui è comproprietario (Cass. civ., sez. II, 18 giugno 2020, n. 11802).

Per completezza espositiva, quindi, la situazione di stallo o inerzia dell'assemblea nella gestione dei beni comuni che renda necessaria la nomina dell'amministratore ad acta, è incaricato dal giudice solo per la gestione di uno o più affari specificatamente individuati nel decreto di nomina.

Riferimenti

Celeste, Provvedimenti necessari per la cosa comune, in conformità alle regole generali previste dall'art. 737 ss. c.p.c., in IUS-Condominio e locazione.it;

Frivoli - Tarantino, Le procedure di volontaria giurisdizione in condominio, Milano, 2023, 55;

Terzago, Il condominio, Milano, 2022, 711;

Celeste, Amministratore ad acta per risolvere le crisi gestorie nel condominio, in IUS-Condominio e locazione.it;

Appolonio - Labio, Trattato teorico-pratico sul condominio e la sua amministrazione, Milano, 2006, 55.

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