Per la fatture TIA è competente il Giudice Tributario

12 Marzo 2024

In tema di contenzioso tributario, gli atti con cui il gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di tariffa di igiene ambientale, anche quando gli stessi dovessero avere la forma di fattura commerciale, non attengono al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta ma ad un’entrata pubblicistica.

Massima

Ne consegue che, avendo natura di atti impositivi, anche le fatture TIA debbono rispondere ai requisiti sostanziali propri di questi provvedimenti e possono essere impugnate davanti agli organi della giustizia tributaria nonostante non siano espressamente ricomprese tra l’elenco degli atti opponibili, nel senso che la relativa impugnazione costituisce per il contribuente una facoltà e non un onere, il cui mancato esercizio non preclude la possibilità d’impugnazione con l’atto successivo.

Il caso 

La vicenda fattuale in commento prendeva le mosse dalla sentenza resa Corte di Giustizia di Secondo Grado del Veneto la quale, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva le impugnazioni proposte da due società, avverso gli avvisi di pagamento emessi dalla società titolare del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani del Comune di Chioggia, afferenti il versamento della tassa sui rifiuti per gli anni dal 2013 al 2016.

I giudici di appello, in linea con quanto già ritenuto dai primi giudici, rilevavano che, nel caso in esame, trattavasi di atti impugnabili, contrariamente a quanto assunto dalla concessionaria del servizio, e che erano fondate le eccezioni formulate da entrambe le società contribuenti in ordine al difetto di motivazione degli atti impugnati.

Avverso la suindicata sentenza la concessionaria del servizio proponeva ricorso per Cassazione, affidandolo a quattro motivi.

Tale tesi non era condivisa dalla Corte, la quale rigettava il ricorso.

A detta della Suprema Corte, la fattura relativa al pagamento della TIA, contenente l'indicazione del carico fiscale, del periodo di riferimento nonchè la previsione dell'irrogazione di una sanzione pari al 30% non può essere considerata un mero avviso bonario ma integra, piuttosto, un atto impugnabile (v. Cass. 22377/2010).

In tema di contenzioso tributario, infatti, sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. 546/92, tutti gli atti con cui l'Amministrazione finanziaria comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, sebbene tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, ma con un invito bonario a versare quanto dovuto (v. Cass. 2029/2024).

Non assume, inoltre, alcun rilievo la mancanza della formale dizione avviso di liquidazione o avviso di pagamento.

La questione 

La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se in tema di contenzioso tributario, gli atti con cui il gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di tariffa di igiene ambientale, anche quando gli stessi dovessero avere la forma di fattura commerciale, siano impugnabili innanzi la Corte di Giustizia Tributaria.

La soluzione giuridica

Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in commento.

Il contenzioso tributario è un processo di impugnazione: per questo motivo, la sua instaurazione presuppone, di regola e salvo il caso del silenzio sul rimborso, la notifica al contribuente di un provvedimento impositivo.

Dinanzi alle Corti di giustizia tributaria possono essere impugnati solo gli atti elencati dall'art. 19 del d.lgs. n. 546/1992 anche se, come si evidenzierà, il suddetto elenco va interpretato estensivamente.

Essi sono: l'avviso di accertamento del tributo; l'avviso di liquidazione del tributo; il provvedimento che irroga le sanzioni; il ruolo e la cartella di pagamento; l'avviso di mora; l'iscrizione di ipoteca (ex art. 77 del d.P.R. n. 602/1973); il fermo amministrativo di beni mobili registrati (veicoli, autoscafi o aeromobili di cui all'art. 86 del d.P.R. n. 602/1973); gli atti catastali; il rifiuto espresso o tacito alla restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie, interessi ed accessori non dovuti; il diniego o la revoca di agevolazioni; il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari; ogni altro atto per il quale la legge ne prevede l'autonoma impugnabilità.

Il d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 220, di revisione della disciplina e dell'organizzazione del processo tributario, in attuazione dei principi e criteri direttivi dettati dalla legge delega n. 111/2023, ha aggiunto nell'elenco degli atti impugnabili le nuove lett. g-bis), e g-ter) del comma 1 dell'art. 19.

Con applicabilità ai giudizi instaurati (in primo e secondo grado, nonché in Cassazione) a decorrere dal 5 gennaio 2024, sono, dunque, impugnabili anche il rifiuto espresso o tacito sull'istanza di autotutela obbligatoria (si tratta dei casi di manifesta illegittimità dell'atto o dell'imposizione) e il rifiuto espresso sull'istanza di autotutela facoltativa.

Osservazioni

Tornando al caso che ci preme, a detta della Suprema Corte la bolletta di liquidazione della TIA rientra, in base ad un'interpretazione estensiva dell'art. 19 del d.lgs. 546/92, fra gli atti impugnabili dinnanzi al giudice tributario (v. Cass. 2029/2024).

Difatti, il contribuente ha la facoltà di impugnare atti impositivi atipici, che portino a conoscenza le ragioni fattuali e giuridiche di una ben individuata pretesa tributaria, in accordo con gli artt. 24, 53, 97 e 111 Cost., l'art. 47 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e l'art. 6 CEDU (v. Cass. 1797/2023).

Risulta, invero, evidente che, trattandosi di pretesa tributaria, l'atto deve consentire la comprensibilità e con essa la possibilità di valutare la legittimità della pretesa fiscale, incombendo sull'ente impositore l'onere di indicare nell'atto impositivo tutti gli elementi posti a base della pretesa fiscale, al fine di garantire il rispetto del diritto di difesa del contribuente.

Concludono i giudici ribadendo il seguente principio di diritto: qualsiasi atto, ancorché non ricompreso tra quelli di cui all'elencazione contenuta nell'art. 19 d.lgs. 31.12.1992, n. 546, in quanto avente a oggetto la richiesta di un corrispettivo relativo a un'entrata di natura pubblicistica e, dunque, avente natura impositiva, è assoggettato ai principi generali del procedimento tributario di accertamento e all'onere di motivazione di cui all'art. 7, c. 1 L. 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente).

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