È necessario che vi sia una comparabilità dei prodotti per una determinazione coerente dei prezzi di trasferimento anche con l’utilizzo del metodo TNMM

Fabio Gallio
09 Aprile 2024

La Corte di Cassazione si è espressa nuovamente in relazione all'applicazione della normativa sul transfer pricing. Lo ha fatto con la sentenza n. 2853 depositata il 31 gennaio 2024.

Massima

In materia di transfer pricing, anche nell’ipotesi in cui venga adottato il metodo del TNMM (Transactional Net Margin Method) per verificare che le transazioni siano avvenute a valori di mercato è necessario analizzare transazioni comparabili in termini di prodotti e di clausole contrattuali.

Il caso

Per quanto qui di interesse, si rileva che l'Agenzia delle Entrate aveva contestato in capo a una società italiana l'applicazione di prezzi di vendita inferiori a quelli di mercato (addirittura sottocosto) su operazioni intercorse con una società inglese appartenente al medesimo gruppo societario.

In particolare, la società italiana aveva emesso note di credito a storno dei ricavi relativi alle suddette operazioni e l'Agenzia si era poi attivata per il recupero a tassazione degli ipotetici maggiori ricavi non dichiarati.

Per la rettifica in diminuzione dei ricavi la società si era avvalsa della metodologia del TNMM (Transactional Net Margin Method).

A seguito dell'impugnazione degli avvisi di accertamento, la contribuente era risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio limitatamente a tale rettifica e aveva poi pertanto presentato ricorso per Cassazione.

In particolare, con due motivi di ricorso ribadiva la legittima emissione delle note di credito nei confronti della società inglese cliente ed evidenziava che tale emissione era dovuta all'utilizzo della metodologia del TNMM per verificare il valore normale delle suddette transazioni.

La Corte di Cassazione ha accolto tali motivi, ribadendo alcuni principi (già noti a livello giurisprudenziale) a cui far riferimento per l'applicazione della citata metodologia.

Prima di tutto la Corte ha ravvisato la necessità:

  • che vengano selezionati il periodo d'indagine;
  • che vengano selezionate le società comparabili;
  • che siano apportate le necessarie rettifiche contabili al bilancio della parte testata;
  • che siano considerate le differenze tra la parte testata e le società comparabili in relazione ai rischi assunti o alle funzioni svolte;
  • che sia assunto un indicatore affidabile per quanto concerne il livello di profitto di redditività.

Successivamente, ha evidenziato che il livello del margine netto può essere rilevato tramite:

  • un confronto interno (ossia il margine netto del contribuente in transazioni fatte con soggetti indipendenti);
  • ovvero un confronto esterno (si considerano transazioni effettuate tra parti terze indipendenti) qualora non sia possibile ricorrere al confronto interno.

In ogni caso (e qui si arriva alla parte più importante della pronuncia), sia nell'ipotesi del confronto interno sia nell'ipotesi del confronto esterno, secondo la Suprema Corte la ricerca dei comparables dovrà essere basata su cinque fattori di comparabilità:

  • caratteristiche di beni e servizi;
  • analisi funzionale;
  • termini contrattuali che sottostanno alla transazione infragruppo;
  • strategie di business;
  • condizioni economiche.

Non è pertanto possibile prescindere dal soddisfacimento di tali condizioni.

Nello specifico la Corte di Cassazione ha precisato che assume un ruolo chiave l'identificazione delle società comparabili rispetto alla tested party, in quanto eventuali differenze (relative ad esempio a prodotti sostitutivi, posizione concorrenziale) possono avere effetti significativi sugli indicatori di utile netto che vengono presi in considerazione, differenze che possono addirittura comportare la necessità di effettuare opportuni aggiustamenti in termini di comparabilità.

Le conclusioni della sentenza in esame si pongono in linea con la posizione espressa in altre pronunce, con le quali è stato confermato che non possono essere presi in considerazione come comparables soggetti non confrontabili per tipologia di beni o servizi resi (Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sentenza n. 45 del 10 gennaio 2023; Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sentenza n. 125 del 13 gennaio 2023; Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sentenza n. 3611 del 6 dicembre 2023; Corte di Cassazione, sentenza n. 15668 del 17 maggio 2022).

La questione

La disciplina relativa ai prezzi di trasferimento è contenuta all'interno dell'art. 110, settimo comma, D.P.R. n. 917/1986, in base al quale: «I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all'articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, possono essere determinate, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l'applicazione del presente comma».

La normativa è finalizzata a reprimere il fenomeno economico del «transfer pricing» (spostamento d'imponibile fiscale a seguito di operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti) e non integra affatto una disciplina antielusiva in senso proprio.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza sull'Amministrazione finanziaria grava l'onere di dimostrare che le operazioni tra le imprese collegate sono avvenute a valori inferiori rispetto a quello normale, mentre, in ragione delle regole di vicinanza della prova (art. 2697 c.c.), mentre il contribuente deve dimostrare che le transazioni sono in realtà avvenute a valori normali (sulla base di quanto previsto dall'art. 9, terzo comma, D.P.R. n. 917/1986).

Detto in altri termini, in difetto di prova, a carico dell'Ufficio, dello scostamento dalla normalità, non vi sono i presupposti per applicare la normativa sul transfer pricing (Cfr. Corte di Cassazione, con ordinanza 230 del 12 gennaio 2021).

Non va infine sottaciuto che con il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze del 14 maggio 2018, sono state fornite le linee guida per l'applicazione della normativa in materia di transfer pricing (a seguito delle modifiche apportate con l'art. 59, primo comma, D.L. n. 50/2017).

La soluzione giuridica

Dall'analisi del dettato normativo emerge chiaramente che uno degli elementi fondamentali dell'analisi delle transazioni è quello della comparabilità.

L'art. 3 del Decreto ministeriale sopra citato fornisce una definizione della nozione in questione, stabilendo che non devono essere presenti significative fra le transazioni prese a riferimento (differenze che possono incidere sui prezzi delle transazioni analizzate o su altri indicatori finanziari).

Qualora vengano riscontrate delle diversità si dovrà procedere con l'effettuazione delle opportune rettifiche.

Non è tutto.

Per determinare se due operazioni sono comparabili è altresì necessario analizzare i seguenti aspetti:

1. termini contrattuali delle operazioni;

2. le funzioni svolte da ciascuna delle parti coinvolte nelle operazioni, considerando i beni strumentali utilizzati e i rischi assunti, inclusi il modo in cui queste funzioni si collegano alla più ampia generazione del valore all'interno del gruppo multinazionale cui le parti appartengono, le circostanze che caratterizzano l'operazione e le consuetudini del settore;

3. le caratteristiche dei beni ceduti e dei servizi prestati;

4. le circostanze economiche delle parti e le condizioni di mercato in cui esse operano;

5. le strategie aziendali perseguite dalle parti.

In sintesi, con il suddetto decreto il concetto di prezzo giusto si uniforma al principio di libera concorrenza consigliato in via primaria dall'OCSE per la determinazione della congruità del prezzo di trasferimento. Detto in altri termini, tale valore deve essere uguale o similare a quello che sarebbe stato pattuito per transazioni assimilabili da terze imprese indipendenti.

Ciò premesso, è opportuno rammentare che sono state elaborate alcune metodologie per verificare la corretta determinazione dei prezzi di trasferimento [Il Ministero delle finanze ha fornito utili indicazioni sul fenomeno del “transfer pricing” nelle ormai datate C.M. n. 32/9/2267 del 22 settembre 1980 e n. 42/12/1587 del 12 dicembre 1981. Anche la Guardia di Finanza ha emesso le proprie istruzioni con la Circolare 1 del 2008)]:

  • i metodi basati sulla transazione (quello del confronto del prezzo, quello del costo maggiorato e quello del prezzo di rivendita);
  • i metodi basati sugli utili (quello della ripartizione dei profitti globali, quello della comparazione dei profitti, quello della redditività del capitale investito) (Il Ministero delle finanze ha fornito utili indicazioni sul fenomeno del «transfer pricing» nelle ormai datate C.M. n. 32/9/2267 del 22 settembre 1980 e n. 42/12/1587 del 12 dicembre 1981. Anche la Guardia di Finanza ha emesso le proprie istruzioni con la Circolare n. 1 del 2008).

L'art. 4 del Decreto ministeriale sopra citato ha richiamato quasi tutti i metodi sopra citati e ha espresso una preferenza per il metodo del confronto del prezzo, stabilendo, però, che, in caso di maggiore affidabilità nelle analisi delle transazioni, è possibile per il contribuente utilizzare anche un criterio diverso da quelli elencati.

Osservazioni

Il Decreto ministeriale conferma un principio fondamentale: a prescindere dalla metodologia utilizzata, è necessario che le transazioni prese a riferimento siano effettivamente confrontabili per verificare se i prezzi praticati nelle transazioni infragruppo sono in linea con il valore di mercato.

In caso contrario, non è possibile la comparabilità dei prezzi e nemmeno rettificare il valore delle transazioni infragruppo.

Del resto, come chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate (provvedimento del 29 settembre 2010, prot. n. 2010/137654, la Circolare n. 58/E del 15 dicembre 2010), nonché dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Circolare n. 16/D del 6 novembre 2015), l'analisi della comparabilità costituisce l'elemento essenziale per procedere con la verifica, qualsiasi sia la modalità di controllo adottata.

Inoltre, l'analisi di comparabilità deve riguardare:

  • le caratteristiche dei beni e dei servizi;
  • le funzioni svolte, i rischi assunti ed i beni strumentali utilizzati;
  • i termini contrattuali;
  • le condizioni economiche ed in particolare ai lineamenti generali dei mercati di riferimento, siano essi di approvvigionamento, transito o sbocco;
  • le strategie d'impresa.

Si tratta di un principio affermato anche in pronunce più datate, con cui sono stati annullati gli avvisi di accertamento in quanto la rideterminazione del reddito era basata sul riferimento a una pluralità di soggetti che nulla avevano a che fare con le società controllate dalla contribuente:

  • Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sentenza n. 3591 del 16 maggio 2016;
  • Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza n. 8905 del 10 ottobre 2016;
  • Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza n. 7038 del 18 dicembre 2017;
  • Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza n. 2961 del 18 aprile 2017.

In caso contrario, vi sarebbe una violazione della normativa contenuta nell'art. 110, comma 7, del TUIR.

Tali conclusioni sono confermate anche dal contenuto delle linee guida dell'OCSE (luglio dell'anno 2017 e successivi aggiornamenti).

Nello specifico, all'interno del paragrafo 2.29 si legge che «Sulla base dei principi menzionati al capitolo 1, la transazione sul libero mercato può essere paragonata a una transazione controllata (costituisce cioè una transazione comparabile sul libero mercato) ai fini del metodo del prezzo di rivendita se viene soddisfatta una delle due seguenti condizioni» e cioè non esistono differenze tra le transazioni comparate o sono possibili correzioni ragionevolmente adeguate per eliminare gli effetti di dette differenze.

Nel paragrafo 2.47 si legge anche che «come nel caso del metodo del prezzo di rivendita, (vedasi paragrafo 2.34), quando esistono differenze sostanziali che incidono ulteriormente sui cost plus mark up ottenuti nel corso delle transazioni controllate sul libero mercato.... dovrebbero essere apportate le correzioni per tener conto di tali differenze. La misura e l'affidabilità di dette correzioni influenzeranno la relativa affidabilità delle analisi effettuate secondo il metodo del costo maggiorato applicato in determinati casi».

E con specifico riferimento ai metodi che fanno riferimento all'utile, il paragrafo 2.64 del commentario OCSE precisa che «il metodo basato sul margine netto della transazione opera in maniera simile ai metodi del costo maggiorato e del prezzo di rivendita. Tale similarità sta ad indicare che, ai fini di un'applicazione affidabile, il metodo basato sul margine netto della transazione deve seguire in maniera conforme i parametri di applicazione dei metodi del costo maggiorato e del prezzo di rivendita». Tali criteri, come è stato già esposto, richiedono un'analisi di comparabilità fondata su elementi similari tra le società prese a riferimento, compresa quella basata sulla similarità dei prodotti.

Lo stesso paragrafo 2.75 richiede un elevato livello di similarità in relazione a numerosi aspetti dell'impresa associata e dell'impresa indipendente coinvolte nelle transazioni, affinché le transazioni collegate siano comparabili; sussistono vari fattori diversi, sia dai prodotti, che dalle funzioni, che possono influenzare gli indicatori di utile netto in modo significativo.

Non va peraltro sottaciuto il fatto che già nelle linee guida del 2010 l'OCSE aveva opportunamente evidenziato la necessità che fossero sufficientemente comparabili le caratteristiche rilevanti economicamente delle situazioni da confrontare.

Infatti, si legge all'interno del paragrafo D.1.1. - 1.33 del capitolo I: «L'applicazione del principio di libera concorrenza è generalmente basata su un confronto tra le condizioni di una transazione tra imprese associate e quelle di una transazione tra imprese indipendenti. Affinché siano utilizzabili per un tale confronto, le caratteristiche economicamente rilevanti delle situazioni da confrontare devono essere sufficientemente comparabili ...Le caratteristiche o i "fattori di comparabilità" che possono essere importanti per valutare la comparabilità comprendono le caratteristiche dei beni o dei servizi trasferiti, le funzioni svolte dalle parti (prendendo in considerazione i beni utilizzati e i rischi assunti), le clausole contrattuali, le circostanze economiche delle parti e le strategie commerciali adottate dalle parti in causa».

In sostanza l'OCSE fa presente che, se le differenze fra i beni da confrontare sono molto rilevanti, si può far luogo a modesti interventi correttivi, ma che se questi sono di grande misura, le analisi non possono essere considerate come affidabili.

Tali considerazioni valgono anche nel caso in cui le attività esercitate dalle società prese a confronto siano comprese nello stesso codice ATECO (cfr. Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza numero 3165/34/15 del 9 luglio 2015).

Infine, tale tesi non cambierebbe neppure quanto vengono utilizzati metodi alternativi a quelli tradizionali, quale quello del TNMM (cfr. Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sentenze n. 45 del 10 gennaio 2023, n. 125 del 13 gennaio 2023, 3611 del 6 dicembre 2023, n. 4904 del 7 luglio 2016) come peraltro sancito anche da un'altra recente pronuncia della Suprema Corte diversa rispetto a quella in commento.

Invero, si legge nella sentenza n. 15668 del 17 maggio 2022: «8.2. Come è evidente dai criteri indicati dalle linee Guida OCSE sopra richiamati, affinché l'applicazione del TNMM sia affidabile, occorre condurre un'analisi di comparabilità che passa attraverso i due momenti della scelta della parte testata e dell'identificazione delle società comparabili, identificazione che, a libere condizioni di mercato (arm's lenght principle), presuppone un "confronto" (interno o esterno) tra parte testata e società comparabili che soddisfi i cinque fattori di comparabilità indicati dai criteri ocse (caratteristiche di beni e servizi; analisi funzionale; termini contrattuali sottostanti la transazione infragruppo; strategie di business; condizioni economiche). è attraverso tale confronto che si individuano i fattori che possono influenzare in modo significativo gli indicatori di utile netto (v. infra, par. 7.9) in base ai fatti e alle circostanze del caso di specie».

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