L’edificabilità di un’area va desunta dalla qualificazione ad essa attribuita dal piano regolatore generale adottato dal Comune

19 Aprile 2024

La Suprema Corte nella sentenza n. 6690/2024 ha chiarito alcuni aspetti riguardanti l’edificabilità di un’area ai fini dell’applicazione del criterio di determinazione della base imponibile in materia di IMU e ICI.

Massima

In materia di ICI ed IMU, l'affermazione di edificabilità del terreno ai fini della determinazione del suo valore venale non può - una volta riconosciuta tale edificabilità da uno strumento urbanistico generale - ritenersi inficiata dalla (eventuale) mancanza di un piano particolareggiato o attuativo. Ne consegue che il terreno deve considerarsi edificabile, e dunque sottoponibile a stima secondo il valore venale di mercato ex art. 5, comma 5, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, quand'anche in assenza di adozione di uno strumento particolareggiato attuativo, per il solo fatto che l'edificabilità di esso sia stata prevista dal piano strutturale comunale, a nulla rilevando il fatto che la potestà edificatoria possa conseguire unicamente dall'inclusione del terreno in un successivo piano operativo comunale, trattandosi di strumento urbanistico che incide sul mero ius edificandi laddove la natura edificabile del terreno consegue all'approvazione dello strumento generale di pianificazione. 

Il caso

La vicenda fattuale in commento prendeva le mosse dalla sentenza resa Corte di Giustizia di Secondo Grado dell'Emilia-Romagna la quale, nel confermare la decisione della Corte di 1° Grado di Bologna aveva ritenuto il difetto della qualità della edificabilità dell'area di proprietà della società Alfa s.r.l., in quanto il Piano Strutturale Comunale (da ora in avanti PSC) introdotto dalla normativa regionale non attribuiva potestà edificatoria alle aree, avendo il piano natura diversa da quella del Piano regolatore generale (da ora in avanti PRG).

Nello specifico, il Giudice di Seconde cure aveva ritenuto che l'inclusione di un terreno fra quelli edificabili secondo la previsione del PSC non era sufficiente per integrare gli elementi richiesti per l'inclusione fra quelli tassabili ex art. 2 del d.lgs. n. 504/92, in mancanza della concreta possibilità per i terreni di vantare un diritto edificatorio escluso dalla normativa regionale; da ultimo la corte riconosceva che l'atto impositivo conteneva l'attribuzione del valore venale in comune commercio ai beni immobili di proprietà dell'ente.

Avverso tale decisione la Municipalità proponeva ricorso per Cassazione, affidandolo a tre motivi.

Tale tesi era condivisa dalla Corte, la quale in accoglimento del terzo motivo di ricorso, cassava con rinvio la sentenza impugnata.

La questione giuridica

La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se in tema di imposta comunale sugli immobili, l'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicazione del criterio di determinazione della base imponibile, fondato sul valore venale, debba essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita dal piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione di esso da parte della Regione e dell'adozione di strumenti urbanistici attuativi.

La soluzione della questione giuridica

Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in commento.

In primo luogo è, opportuno, effettuare una distinzione tra PRG e il PSC.

Il Piano Strutturale Comunale innova concettualmente il vecchio PRG ed è lo strumento di pianificazione urbanistica generale che viene predisposto dal Comune sul proprio territorio, per delineare l'identità culturale, le scelte strategiche di sviluppo e per tutelarne l'integrità fisica ed ambientale.

A differenza del PRG, che aveva carattere prescrittivo, il PSC, che non determina direttamente l'edificabilità dei suoli, ha il compito di dare indirizzi per la futura gestione del territorio, prendendo in considerazione, tra le altre cose, la valorizzazione delle risorse esistenti ed il loro sviluppo economico e sociale, con grande attenzione agli aspetti della qualità urbana ed ambientale e della sostenibilità delle scelte di piano.

Le linee guida dettate dal PSC verranno concretamente realizzate, utilizzando gli altri due nuovi strumenti urbanistici: il RUE, cioè il Regolamento Urbanistico Edilizio e il POC, ovvero il Piano Operativo Comunale.

In particolare il PSC, piano dunque di indirizzi generali e di condizioni di lunga durata, valuta la consistenza, la localizzazione e la vulnerabilità delle risorse naturali ed antropiche presenti nel territorio e ne indica le soglie di criticità; definisce le trasformazioni che potranno essere attuate attraverso intervento diretto disciplinato dal POC; fissa i limiti e le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni pianificabili; individua le infrastrutture e le attrezzature di maggiore rilevanza, per dimensione e funzione; classifica il territorio in urbanizzato, urbanizzabile e rurale; individua gli ambiti del territorio comunale e definisce le caratteristiche urbanistiche e funzionali degli stessi, stabilendo gli obiettivi sociali, funzionali, ambientali e morfologici e i relativi requisiti prestazionali.

Ancora, a mente dell'articolo 5, comma 5, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, reso applicabile all'IMU dall'articolo 13, comma 3, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, «Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1° gennaio dell'anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all'indice di edificabilità, alla destinazione d'uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche».

Diviene, di conseguenza, opportuno “fotografare” l'area in questione «al 1° gennaio dell'anno» solare nel quale l'IMU deve essere assolta e, a tale data, ricavarne il «valore […] venale in comune commercio» «avendo riguardo» ad una serie di indici per mezzo dei quali effettuarne la valutazione.

Detti indici sono: a. la «zona territoriale di ubicazione»; b. l'«indice di edificabilità»; c. la «destinazione d'uso consentita»; d. gli «oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione»; e. i «prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche».

Se dunque la “fotografia” dell'area ai fini della sua valutazione deve essere effettuata il 1° gennaio dell'anno di imposizione, significa che qualsiasi variazione di valore (in più o in meno) avvenga durante l'anno si rende irrilevante.

Quanto ai predetti indici dai quali ricavare la valutazione, non trattasi di una indicazione tassativa, ma solo una elencazione esemplificativa, che quindi non esclude l'ingresso di altri elementi valutativi (v. Cass. 143857/2010); semmai tale elencazione comprende i principali fattori da cui ricavare la valutazione di un'area fabbricabile.

Ancora, nella valutazione di una area andrà tenuto in debito conto la località ove essa si trova, la quantità di volumetria in essa realizzabile, la tipologia degli insediamenti umani che saranno in essa realizzabili, i costi di costruzione e l'orientamento del mercato circa il valore delle aree di simili caratteristiche oggetto di compravendita in un dato momento storico.

Osservazioni

A detta della Suprema Corte l'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicazione del criterio di determinazione della base imponibile, fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita dal piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione di esso da parte della Regione e dell'adozione di strumenti urbanistici attuativi (v. Cass. 10476/2017, Cass. 4091/2015, Cass. 5161/2014 e Cass. 20137/2012).

Invero l'affermazione di edificabilità del terreno ai fini della determinazione del suo valore venale non può - una volta riconosciuta tale edificabilità da uno strumento urbanistico generale - ritenersi inficiata dalla (eventuale) mancanza di un piano particolareggiato o attuativo, atteso l'indirizzo giurisprudenziale di legittimità incentrato sull'art. 36, comma 2, d.l. 4 luglio 2006, n. 223 cit. convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 secondo il quale “in tema di Ici, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 11-quaterdecies, comma 16, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e dell'art. 36, comma 2, d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l'interpretazione autentica dell'art. 2, comma 1, lettera b), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, l'edificabilità di un'area, ai fini dell'applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione dello stesso da parte della Regione e dall'adozione di strumenti urbanistici attuativi” (v. Cass. 21156/2016, Cass. 11182/2014, Cass. 15792/2012).

Tale indirizzo giurisprudenziale segue il solco tracciato dalla decisione e Sezioni Unite della dalla Corte di Cassazione n. 25506/2006, la quale ha osservato che: “L'inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell'immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell'andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d'imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell'art. 59, comma primo, lettera f), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. L'inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell'immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio”.

Conclusioni

Tornando al caso in commento, il terreno doveva considerarsi edificabile, e dunque sottoponibile a stima secondo il valore venale di mercatoex art. 5, comma 5, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, cit., quand'anche in assenza di adozione di uno strumento particolareggiato attuativo, per il solo fatto che l'edificabilità di esso era prevista dal piano strutturale comunale. Ed a nulla rileva il fatto che la potestà edificatoria potesse conseguire unicamente dall'inclusione del terreno nel successivo piano operativo comunale, trattandosi di strumento urbanistico che incide sul mero ius edificandi, laddove la natura edificabile del terreno consegue all'approvazione dello strumento generale di pianificazione (v. Cass. 2109/2017).

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