Il metodo del margine netto della transazione (cd. "TNMM") e l’onere della prova nelle rettifiche sui prezzi di trasferimento

29 Aprile 2024

La Suprema Corte nella sentenza in commento si è pronunciata in tema di prezzi di trasferimento utilizzando il metodo stabilito dall’OCSE che attribuisce rilievo al margine netto della transazione.

Massima

In ordine all’applicazione dei prezzi di trasferimento (cd. transfer pricing) è possibile utilizzare il metodo elaborato dall'OCSE che si basa sulla determinazione del margine netto della transazione (cd. "TNMM"), a condizione che sia selezionato il periodo di indagine, siano identificate le società comparabili, siano apportate le appropriate rettifiche contabili al bilancio della parte testata, siano tenute in debito conto le differenze tra la parte testata e le società comparabili in termini di rischi assunti o di funzioni svolte e sia assunto un indicatore affidabile del livello di profitto di redditività.

Il caso

L' Agenzia delle Entrate ha notificato ad una società Italiana un avviso di accertamento con il quale è stata rettificata - ai fini IRES - la dichiarazione dei redditi dell'anno 2009, recuperando a tassazione proventi non dichiarati a fronte di operazione di transfer pricing. L' Ufficio aveva ritenuto applicabile il metodo CUP (del "confronto del prezzo”), con la conseguente emersione di un maggior reddito imponibile, rispetto a quello dichiarato, disconoscendo l'applicabilità del metodo TNMM (del "margine netto”), usato dalla contribuente per gli anni precedenti a quello oggetto di rettifica.

I giudici di prime cure, e successivamente anche quelli di appello, hanno rigettato i gravami proposti dalla società ritenendo preclusa l'applicabilità di un metodo difforme da quello applicato dall'Amministrazione Finanziaria in sede di rettifica.

La società ha quindi proposto ricorso per la Cassazione della sentenza di appello.

La Suprema Corte, sezione Tributaria, investita della controversia, ha ritenuto che “in conseguenza di tale espressa ed erronea sottovalutazione della rilevanza del metodo applicato, la CTR non ha condotto le necessarie verifiche in fatto, in ordine ai dati emersi dalla verifica ed a quelli offerti dalla contribuente per adempiere il relativo onus probandi, alla stregua dei principi e dei criteri ante indicati, circa l'utilizzabilità o meno, e circa l'esito dell'eventuale utilizzo, del metodo TNMM (del "margine netto")”.

A parere dei Giudici di legittimità “...in tema di determinazione del reddito di impresa, la disciplina di cui all'art. 110, comma 7, del d.p.r. n. 917 del 1986, finalizzata alla repressione del fenomeno economico del transfer pricing, cioè dello spostamento dell'imponibile fiscale in seguito ad operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti, impone la determinazione dei prezzi ponderati di trasferimento per operazioni similari poste in essere da imprese concorrenti sul mercato, al cui fine è possibile utilizzare il metodo elaborato dall'OCSE che si basa sulla determinazione del margine netto della transazione (cd. "TNMM"), a condizione che sia selezionato il periodo di indagine, siano identificate le società comparabili, siano apportate le appropriate rettifiche contabili al bilancio della parte testata, siano tenute in debito conto le differenze tra la parte testata e le società comparabili in termini di rischi assunti o di funzioni svolte e sia assunto un indicatore affidabile del livello di profitto di redditività".

La questione

L'Agenzia delle Entrate ha notificato ad una società Italiana un avviso di accertamento con il quale è stata rettificata - ai fini IRES - la dichiarazione dei redditi dell'anno 2009, recuperando a tassazione proventi non dichiarati a fronte di operazione di transfer pricing ed in particolare contestando l'emissione (da parte della società Italiana) di una nota di credito, in favore di una  società inglese controllata, con la descrizione sales prices adjustment, registrata in contabilità a storno di ricavi, in quanto, a detta, dell'Ufficio, la società italiana avrebbe effettuato una rettifica non giustificata di componenti positivi di reddito correttamente registrati ai sensi dell'art. 85 del TUIR. Segnatamente, l'Amministrazione Finanziaria assume che, per effetto della rettifica effettuata con la nota di credito, la società italiana avrebbe posto in essere vendite sottocosto nei confronti della società inglese, realizzando un'operazione palesemente antieconomica e, dunque, non rispondente ai criteri che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza ed in circostanze comparabili.

Segnatamente, l'Ufficio aveva ritenuto applicabile il metodo CUP (del "confronto del prezzo”), con la conseguente emersione di un maggior reddito imponibile, rispetto a quello dichiarato, disconoscendo l'applicabilità del metodo TNMM (del "margine netto”), usato dalla contribuente per gli anni precedenti a quello oggetto di rettifica e posto a fondamento dell'emissione delle note di credito contestate e della relativa diminuzione del reddito dichiarato.

La stessa Amministrazione, invece, con riferimento ai rapporti infragruppo con l'identica società, collocati negli anni d'imposta precedenti a quello oggetto di rettifica, non aveva negato l'applicabilità del metodo TNMM, utilizzato dalla contribuente, che in tali ipotesi aveva condotto all'emissione di note di debito, con relativo incremento del reddito dichiarato.

In tal modo, secondo la contribuente, la negazione dell'applicabilità del metodo TNMM (solo) per i periodi d'imposta accertati, già di per sé illegittima, unita alla contemporanea conferma implicita dell'utilizzabilità dello stesso metodo per i due anni d'imposta precedenti, avrebbe determinato anche la violazione del principio della continuità dei valori fiscali, a prescindere dalla convenienza fiscale da parte dell'Ufficio, dettato dall'art. 110, commi 7 ed 8, del d.p.r.. n. 917 del 1986. 

Le rettifiche fondate sui prezzi di trasferimento ed i metodi di determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo

L'art. 110, comma 7 TUIR è stato modificato dall'art. 59, comma 1, d.l. 24 aprile 2017, n. 50 (entrato in vigore il 4 giugno 2017) ed integrato con il d.m. 14 maggio 2018, contenente le linee guida interne per l'applicazione delle nuove disposizioni. Il novellato art. 110, comma 7, TUIR richiama in maniera espressa il principio di libera concorrenza, in luogo del valore normale contenuto nella previgente formulazione della norma, stabilendo, all'ultimo periodo che "con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, possono essere determinate, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l'applicazione del presente comma". Il d.m. 14 maggio 2018, nel dettare le linee guida per l'applicazione della normativa in parola, individua sei metodi per la determinazione dei prezzi di trasferimento conformi al principio di libera concorrenza (metodo del confronto di prezzo; metodo del prezzo di rivendita; metodo del costo maggiorato; metodo del margine netto della transazione; metodo transnazionale di ripartizione degli utili), ponendoli sullo stesso piano e prevedendo, nel contempo, che il contribuente possa applicare un metodo diverso "qualora dimostri che nessuno di tali metodi può essere applicato in modo affidabile (...) e che tale diverso metodo produce un risultato coerente (...)". Tale descritta modifica legislativa ha, quindi, adeguato l'ordinamento giuridico nazionale alle pratiche internazionali, in particolare riguardo ai criteri di individuazione dei prezzi di trasferimento tra imprese multinazionali delineati dall'OCSE Tuttavia, come rileva la stessa Cass. 17 maggio 2022, n. 15668, già prima della novella legislativa - quindi anche con riguardo alla normativa applicabile alla fattispecie sub iudice - la prospettiva interpretativa della dottrina e della giurisprudenza si era allineata al principio di libera concorrenza enunciato nell'art. 9 del Modello di Convenzione OCSE (che, pur non avendo valore normativo, costituisce una raccomandazione diretta ai Paesi aderenti: ex plurimis, Cass. 5 marzo 2020, n. 6242), il quale prevede la possibilità di sottoporre a tassazione gli utili derivanti da operazioni infragruppo che siano state regolate da condizioni diverse da quelle che sarebbero state convenute fra imprese indipendenti, in transazioni comparabili effettuate sul libero mercato, tra soggetti indipendenti. Pertanto, ai fini tributari, ai sensi dell'art. 110 comma 7 TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi – d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917) i prezzi di trasferimento infragruppo devono essere conformi con il “principio di libera concorrenza”. I metodi di determinazione ammessi dalla normativa tributaria in Italia sono principalmente i cinque metodi riconosciuti dalle Linee Guida OCSE sui prezzi di trasferimento, ossia i seguenti:

– metodi di transazione tradizionali che considerano le singole transazioni, esaminano i termini e le condizioni delle transazioni non controllate effettuate da organizzazioni di terze parti. Queste transazioni vengono quindi confrontate con transazioni controllate tra società collegate per garantire che operino a condizioni di mercato. Esistono tre metodi di transazione tradizionali: a)comparable uncontrolled price (CUP) method (metodo del prezzo non controllato comparabile); b) resale price method  (RPM) (metodo del prezzo di rivendita); c) cost plus method  (CPLM) (metodo del costo maggiorato);

 metodi di profitto transazionale che considerano i profitti dell'azienda nel loro insieme. A differenza dei metodi di transazione tradizionali, i metodi basati sul profitto non esaminano i termini e le condizioni di transazioni specifiche. Al contrario, misurano i profitti operativi netti derivanti da transazioni controllate e li confrontano con gli utili di società terze che effettuano transazioni comparabili. Questo viene fatto per garantire che tutti i mark up aziendali siano a condizioni di mercato: a) comparable profits method (CPM) (metodo dei profitti comparabili), anche conosciuto come transactional net margin method (TNMM o metodo del margine netto transazionale); b) profit split method (PSM) (metodo di ripartizione degli utili).

Ciascun metodo adotta un approccio leggermente diverso e presenta vantaggi e rischi associati. Infatti, secondo le Linee Guida OCSE (OECD, Guidelfnes,1995) "la selezione di un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento si pone sempre l'obiettivo di trovare il metodo più appropriato ad un particolare caso. A questo scopo, nel processo di selezione andrebbero presi in considerazione: i rispettivi vantaggi e svantaggi dei metodi riconosciuti dall'OCSE; la coerenza del metodo considerato con la natura della transazione controllata, determinata in particolar modo attraverso l'analisi funzionale; la disponibilità di informazioni affidabili (in particolar modo sugli elementi comparabili indipendenti) necessaria all'applicazione del metodo selezionato e/o degli altri metodi; il grado di comparabilità tra transazioni controllate e transazioni tra imprese indipendenti, compresa l'affidabilità degli aggiustamenti di comparabilità che siano necessari per eliminare le differenze significative tra di loro. Nessun metodo è utilizzabile in tutte le eventualità e non è necessario dimostrare la non applicabilità di un dato metodo alle circostanze del caso concreto". Anche la circolare ministeriale del 12 dicembre 1981, n. 42, evidenziava che l'adeguatezza di un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento si valuta caso per caso.

Il transactional net margin method (TNMM o metodo del margine netto transazionale)

Il metodo del margine netto della transazione (Transactional Net Margin Method – TNMM) è quello maggiormente utilizzato nella pratica professionale in quanto permette di superare la maggior parte delle difficoltà pratiche di accesso alle informazioni pubblicamente disponibili sui margini di profitto lordi e alle informazioni dettagliate in merito alle attività poste in essere da società indipendenti nel caso in cui si cerchi di applicare in maniera rigorosa i metodi del prezzo di rivendita o del costo maggiorato. Tale metodo è basato sul confronto tra il rapporto tra margine netto ed una base di commisurazione appropriata, che può essere rappresentata, a seconda delle circostanze, da costi, ricavi o attività, realizzato da un'impresa in una operazione controllata e il rapporto tra il margine netto e la medesima base realizzato in operazioni non controllate comparabili. L' applicazione pratica di tale metodo richiede la scelta di una delle parti correlate quale parte da testare, della quale sarà valutato il margine netto della transazione in relazione a un dato parametro economico (vendite, costi, attività) sotto forma di indicatore del livello di profitto (Profit Level Indicator – PLI). Dal punto di vista applicativo il livello del margine netto, a libere condizioni di mercato (arm's lenght principle), realizzato dalla parte testata, può essere determinato attraverso un "confronto interno" (il margine netto realizzato dal contribuente in transazione comparabile poste in essere con soggetti indipendenti), oppure con il "confronto esterno" (il margine netto realizzato nel libero mercato da soggetti indipendenti transazioni comparabili) (v. "Report on the use of comparables in the EU", EU Joint Transfer Pricing Forum, DOC:)TPF/007/2016/FINALJEN.). Qualora siano presenti comparabili interni in grado di soddisfare i cinque fattori di comparabilità (caratteristiche di beni e servizi; analisi funzionale; termini contrattuali sottostanti la transazione infragruppo; strategie di business; condizioni economiche), le Linee Guida OCSE li indicano come preferibili, in quanto le informazioni sulle transazioni con comparabili interni sono più complete ed affidabili, nonché meno costose. Qualora non siano presenti comparabili interni, la ricerca dei comparabili esterni dovrà basarsi sui cinque fattori di comparabilità che dovranno essere definiti in modo tale a soddisfare la comparabilità con la transazione controllata e con le caratteristiche della tested party, ovvero attraverso il metodo additivo (il soggetto che esegue la ricerca elabora una lista di parti terze che effettuano transazioni ritenute comparabili) o il metodo deduttivo (ricerca su banche dati). I due approcci possono essere utilizzati in combinazione tra di loro aggiungendo alla ricerca da banche dati concorrenti noti al contribuente che non sarebbero stati identificati attraverso i criteri di selezione adottati, ad esempio in quanto classificati con codici settoriali diversi (OECD 2010, par. 3.45).

Le soluzioni giuridiche

Sulla base di tali argomentazioni i giudici della Suprema Corte sono quindi pervenuti alla conclusione che "In tema di determinazione del reddito di impresa, la disciplina di cui all'art. 110, comma 7, d.p.r. n. 917 del 1986, finalizzata alla repressione del fenomeno economico del transfer pricing, cioè dello spostamento dell'imponibile fiscale in seguito ad operazioni tra società appartenenti al medesimo gruppo e soggette a normative nazionali differenti, non richiede di provare, da parte dell'amministrazione, la funzione elusiva, bensì la sola esistenza di "transazioni" tra imprese collegate a un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, mentre grava sul contribuente, in virtù del principio di vicinanza della prova ex art. 2697 c.c. e in tema di deduzioni fiscali, l'onere di dimostrare che tali "transazioni" sono intervenute per valori di mercato da considerare normali ai sensi dell'art. 9 comma 3, del medesimo decreto, tali essendo i prezzi di beni e servizi praticati in condizioni di libera concorrenza, al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e luogo in cui i beni e servizi sono stati acquistati o prestati e, in mancanza, nel tempo e luogo più prossimi e con riferimento, in quanto possibile, a listini e tariffe d'uso, non escludendosi dunque l'utilizzabilità di altri mezzi di prova" (conforme a Cass. 19 maggio 2021, n. 13571).

Secondo i Giudici della Corte di cassazione quindi, in forza del principio di vicinanza della prova, grava sul contribuente l'onere di dimostrare che le transazioni infragruppo siano intervenute a valori di mercato.

Il detto onere può essere sostenuto attraverso l'applicabilità di un metodo differente da quello utilizzato dall'Amministrazione Finanziaria.

A parere dei Giudici di legittimità, infatti, “in ordine alla applicazione dei prezzi di trasferimento (cd. transfer pricing) è possibile utilizzare il metodo elaborato dall'OCSE che si basa sulla determinazione del margine netto della transazione (cd. "TNMM"), a condizione che sia selezionato il periodo di indagine, siano identificate le società comparabili, siano apportate le appropriate rettifiche contabili al bilancio della parte testata, siano tenute in debito conto le differenze tra la parte testata e le società comparabili in termini di rischi assunti o di funzioni svolte e sia assunto un indicatore affidabile del livello di profitto di redditività”.

Osservazioni

Con l'ordinanza in commento i Giudici di legittimità rendono una condivisibile ricognizione delle condizioni di applicabilità del metodo TNMM.

Meno convincente il riferimento tralatizio al criterio di riparto dell'onere della prova fondato sul principio di vicinanza della prova.

Difatti, appare necessario rimarcare che risulta fortemente dubbia la legittimità dell'applicazione del principio di vicinanza della prova in materia tributaria. Difatti, come già analizzato, il detto principio è finalizzato a garantire il superamento di asimmetrie informative e di impossibilità assolute di acquisire gli strumenti di prova da parte di un soggetto. L'assenza di tale impossibilità in riferimento all'Ente impositore, nella materia tributaria, è dimostrata, inoppugnabilmente, dalla sussistenza di poteri istruttori, in forza del combinato disposto degli artt. 32 e 33 del d.p.r. n. 600/1973 e degli artt. 51 e 52 del d.p.r. n. 633/1972. Peraltro, in conseguenza dell'inadempimento agli ordini di esibizione o di richiesta di informazioni conseguono importanti sanzioni di carattere procedimentale che facoltizzano l'Amministrazione Finanziaria alla rettifica reddituale con metodi induttivo-extracontabili, come espressamente disposto dall'art. 39, comma 2, del d.p.r. n. 600/1973. La descritta disciplina dei poteri istruttori mal si concilia con l'affermazione della sussistenza di una impossibilità per l'Amministrazione Finanziaria di reperire, senza subire un vulnus nell'esercizio della funzione impositiva, le informazioni necessarie e gli elementi idonei a sostenere, con successo, il proprio onere probatorio.

In evidenza:

Sul tema dell'onere della prova nelle rettifiche sui prezzi di trasferimento, si è pronunciata, da ultimo, con la sentenza del 10 gennaio 2024, n. 1001, la Corte di cassazione, rilevando che in applicazione del criterio di riparto dell'onere della prova “in caso di finanziamento infragruppo è il fisco nazionale a dover fornire la prova della transazione ad un tasso d'interesse (apparentemente) inferiore a quello “normale”, quale presupposto della ripresa a tassazione degli interessi attivi sul finanziamento (…); dopodiché spetta alla società contribuente fornire la prova contraria, dimostrando l'aderenza del tasso di interesse applicato ai tassi del mercato di riferimento, nel senso che identica transazione tra imprese indipendenti operanti nel libero mercato sarebbe avvenuta alle stesse condizioni finanziarie, tenuto di anche di eventuali "ragioni commerciali" interne al gruppo”. Posto tale principio, La Cassazione conclude rilevando che “ha errato l'Ufficio ad identificare il tasso d'interesse di riferimento nell'indice Rendistato, il quale non ha attinenza a finanziamenti contratti tra imprese indipendenti operanti nel libero mercato, essendo esso applicato in rapporti totalmente diversi da quelli ora considerati”.

In tale direzione, si deve porre al vaglio l'incidenza sui detti temi dell'introduzione del nuovo comma 5-bis dell'art. 7 del d.lgs. n. 546/1992.

La richiamata novella ha introdotto, all'interno delle regole che disciplinano il processo tributario, una peculiare regola di giudizio fondata sul riparto dell'onere della prova, connotata dal carattere della specialità per la materia. In considerazione di tale premessa, appare coerente con la valutazione sistematica della specialità della novella, la constatazione della inapplicabilità, al processo tributario, dell'art. 2697 c.c. a seguito dell'entrata in vigore (a far data dal 16 settembre 2022) del comma 5-bis dell'art. 7 del d.lgs. n. 546/1992.

Accertata, pertanto, la univoca sussistenza della regola di giudizio fondata sul riparto dell'onere della prova caratterizzata dalla specialità per il processo tributario, appare necessario porre al vaglio le ricadute soggettive della disciplina introdotta dalla riforma.

Sembra non revocabile in dubbio che la novella individui, senza previsioni derogatorie, sempre la parte pubblica come soggetto onerato a fornire la prova in giudizio: non appare, difatti, ritraibile, in forza di un'interpretazione testuale della norma, un differente approdo ermeneutico ove si afferma che “l'amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato”.

Da tale premessa che si manifesta non revocabile in dubbio, conseguono due corollari.

Il primo è inteso ad affermare che non appare più sostenibile una differenziazione della regola di giudizio fondata sul riparto dell'onere della prova tra componenti positivi di reddito e componenti negativi. Conseguentemente, una prima caratterizzazione peculiare della novella è intesa ad affermare un approccio “soggettivamente” orientato dell'onere della prova che esclude, nell'affermazione della regola per cui l'onere della prova grava sulla parte pubblica, la sussistenza di deroghe in relazione all'oggetto della rettifica.

Il secondo è inteso ad affermare che non appare più applicabile il principio di vicinanza della prova, in considerazione della tassatività soggettiva della nuova regola di giudizio. In tal senso, nell'affermazione della regola per cui l'onere della prova grava sulla parte pubblica, la sussistenza di penetranti poteri istruttori della medesima parte che connotano l'istruttoria procedimentale, esclude in nuce la rilevanza del principio di vicinanza che, nel processo civile, trova giustificazione nell'assenza di poteri di ricerca della prova.

Pertanto e come detto, nel nuovo assetto delineato dalla riforma della giustizia tributaria, l'onere della prova grava sempre a carico dell'Amministrazione finanziaria, e quindi anche nei casi appena sopra evidenziati, nei quali - come visto - la Corte di cassazione ha più volte invertito l'onere della prova.

Conclusioni

In forza delle ricadute del descritto assetto normativo, la regola di giudizio in tema di contestazioni afferenti il transfer pricing non può che essere declinata affermando che gravi sempre sull’Amministrazione Finanziaria la prova della sussistenza di operazioni intercorse con soggetti controllati o collegati nonché la prova che dette operazioni non rispondono a canoni di normalità, secondo il principio dell’arms lenght, risultando onerata l’Amministrazione Finanziaria alla prova dei metodi ritenuti applicabili e dei comparabili per la dimostrazione del valore normale.

Il contribuente svolgerà, pertanto, mere difese in contrasto alla sussistenza dei fatti secondari allegati dall’Amministrazione Finanziaria afferenti la prova dei comparabili per la dimostrazione del valore normale.

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