Il partecipante all’assemblea di condominio non può avere più deleghe di quelle consentite dal regolamento
02 Maggio 2024
Massima La partecipazione all'assemblea condominiale di un condomino fornito di un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento di condominio, comportando un vizio nel procedimento di formazione della relativa delibera, dà luogo ad un'ipotesi di annullabilità della stessa. Il caso Un condomino impugnava dinanzi al Tribunale di Palermo una delibera adottata dall'assemblea condominiale nel maggio 2022, affinché fosse dichiarata la nullità/annullabilità della stessa per mancata ostensione, all'attore che ne aveva fatto richiesta, della documentazione contabile relativa ai rendiconti oggetto di approvazione assembleare, per violazione di un articolo del regolamento condominiale - in quanto all'assemblea aveva partecipato un condomino munito delle deleghe di quattro condomini, numero superiore a quello massimo (tre) contemplato dalla stessa disposizione regolamentare - nonché per conflitto di interessi, poiché il condomino delegato era il genitore dell'amministratore di condominio. Nel costituirsi in giudizio, il Condominio contestava la fondatezza delle doglianze, rilevando che l'amministratore si era reso disponibile a far prendere visione della documentazione richiesta al condomino attore ed a trasmettere i documenti informatizzati mediante invio di mail, mentre aveva semplicemente richiesto, oltre al pagamento del rimborso spese pattuito nella delibera, che fossero indicate con precisione le fatture di cui si chiedeva copia. Riteneva inoltre, in merito al numero di deleghe, che l'art. 67 disp. att. c.c. contemplasse un limite al numero di deleghe in assemblea soltanto per quei condominii che sono formati da più di venti condòmini mentre, nel caso di specie, si trattava di un piccolo condominio. Infine, affermava che, ai sensi dell'art. 72 disp. att. c.c, la suddetta norma non poteva essere derogata dai regolamenti condominiali, che infine il delegato era a sua volta condomino e non era portatore di interessi personali in conflitto con quello dei condomini deleganti. La questione Si tratta di stabilire, nel concreto, se la clausola contenuta in un regolamento di condominio, che limita il potere dei condomini di farsi rappresentare in sede assembleare, sia inderogabile o meno. Più precisamente, se possa partecipare all'assemblea di condominio un soggetto munito di un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento stesso. Le soluzioni giuridiche Nel caso in esame, date le ridotte dimensioni del condominio, la legge non impone alcun limite alle deleghe; tuttavia, il regolamento condominiale stabilisce un numero massimo di tre deleghe per ciascun condomino. Per il Tribunale panormita, la violazione della disposizione regolamentare comporta un vizio nel procedimento di formazione della relativa delibera, dando luogo ad un'ipotesi di annullabilità della stessa. Il giudice siciliano, pertanto, annulla la delibera assembleare oggetto di impugnazione e condanna il Condominio convenuto a rifondere in favore dell'attore le spese di lite. Osservazioni Il Tribunale di Palermo, nel pronunciarsi, si è richiamato al consolidato orientamento della Suprema Corte, per la quale la clausola del regolamento di condominio, volta a limitare il potere dei condomini di farsi rappresentare nelle assemblee, è inderogabile, in quanto posta a presidio della superiore esigenza di garantire l'effettività del dibattito e la concreta collegialità delle assemblee, nell'interesse comune dei partecipanti alla comunione, considerati nel loro complesso e singolarmente. Pertanto, la partecipazione all'assemblea di un rappresentante fornito di un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento suddetto, comportando un vizio nel procedimento di formazione della relativa delibera, dà luogo ad un'ipotesi di annullabilità della stessa, senza che possa rilevare il carattere determinante del voto espresso dal delegato per il raggiungimento della maggioranza occorrente per l'approvazione della deliberazione (Cass. civ., sez. VI/II, 28 marzo 2017, n. 8015; Cass. civ., sez. II, 12 dicembre 1986, n. 7402). In ambito condominiale, può verificarsi il caso in cui uno o più condomini non possano partecipare all'assemblea di condominio. In tali ipotesi, essi hanno comunque la possibilità di farsi rappresentare da un altro condomino o da un soggetto terzo, estraneo al condominio, mediante un'apposita delega. Stabilisce infatti l'art. 67 disp att. c.c., come sostituito dalla legge di riforma della disciplina condominiale (l. n. 220/2012), che ogni condomino può intervenire all'assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta (comma 1). In forza dell'originaria formulazione dell'art. 67, comma 1, disp. att. c.c., era consolidato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui il potere rappresentativo conferito dal condomino ad un altro soggetto per la partecipazione all'assemblea condominiale potesse essere attribuito anche verbalmente; pertanto, la prova dell'esistenza, dell'oggetto e dei limiti del mandato poteva essere acquisita con ogni mezzo, anche con presunzioni (Cass. civ., sez. II, 14 luglio 1972, n. 2416; Cass. civ., sez. II, 28 giugno 1979, n. 3634). Nel testo previgente, dunque, era semplicemente ammessa la possibilità di ogni condominio di intervenire in assemblea a mezzo di rappresentante, senza che fosse ulteriormente disposto alcunchè e, dunque, senza alcuna indicata limitazione né di carattere soggettivo né oggettivo. Il testo attualmente vigente, invece, prevede, innanzitutto che la delega a farsi rappresentare in assemblea debba essere rilasciata per iscritto. Non è più ammessa l'attribuzione verbale del potere rappresentativo per la partecipazione ad un'assemblea di condominio. È stata, però, contemplata la possibilità di inviare prima dell'inizio dell'assemblea la delega a mezzo fax o come allegato “scansionato” via e-mail. Proprio in relazione alla possibilità di conferire delega a mezzo e- mail, il Tribunale di Roma (sent. 4 gennaio 2021, n. 78) ha evidenziato che il novellato art. 67, comma 1, disp. att. c.c., nello stabilire che ogni condomino può intervenire all'assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta, nulla specifica in ordine alla forma di tale scritto che, dunque, ben può essere costituita da una semplice mail. Ribadisce, infatti, che la legge non vieta di poter utilizzare questo mezzo per conferire la delega, fermo restando che la stessa deve indicare in modo specifico, oltre all'oggetto del conferimento anche il soggetto delegato. Generalmente, la delega viene inviata in calce all'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale e il delegante deve limitarsi a compilare i campi mancanti (nome e cognome del delegante e del delegato e firma). Può anche accadere che il modulo sia soltanto firmato dal delegante e che i campi da compilare siano lasciati in bianco. Se, dunque, la delega non contiene il nominativo del delegato non può ritenersi valida, a meno che l'individuazione dello stesso e la relativa compilazione dell'atto non avvenga prima dell'inizio dell'assemblea. In ogni caso, per quanto non ulteriormente previsto dall'art. 67 disp. att. c.c. e in difetto di norme particolari, i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea e il condomino rappresentato devono ritenersi disciplinati dalle regole generali sul mandato, con la conseguenza che soltanto il condomino delegante e quello che si ritenga falsamente rappresentato sono legittimati a far valere gli eventuali vizi della delega o la carenza del potere di rappresentanza, e non anche gli altri condomini estranei a tale rapporto (Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 2013, n. 2218; Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2004, n. 12466; Cass. civ., sez. II, 27 marzo 2003, n. 4531). Il legislatore ha, poi, espressamente previsto l'impossibilità di conferire deleghe all'amministratore per la partecipazione a qualunque assemblea (art. 67, comma 5, disp att. c.c.). Anteriormente alla riforma condominiale, in assenza di una siffatta previsione, la giurisprudenza era orientata a ritenere che il voto espresso per delega da parte dell'amministratore potesse invalidare la deliberazione dell'assemblea soltanto quando lo stesso fosse risultato determinante e fosse stato dimostrato il conflitto di interessi, ossia che gli interessi personali dell'amministratore fossero in conflitto con quelli del condominio e, dunque, dei singoli condomini rappresentati (Cass. civ., sez. II, 22 luglio 2002, n. 10683; Trib. Salerno 9 febbraio 2010). La norma dispone altresì che, nei condominii ove siano presenti più di venti condomini, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale (comma 2). Ciò al fine di evitare che la discussione e la successiva votazione sia diretta dalla volontà di pochi condomini, condizionando in tal modo la formazione della volontà assembleare. Come sancito dal successivo art. 72 disp att. c.c., la disposizione di cui al suddetto art. 67 non può essere derogata dai regolamenti di condominio. Deve evidenziarsi, tuttavia, che l'inderogabilità dell'art. 67, comma 1, disp. att. c.c., sancita dal successivo art. 72, disp. att. c.c., riguarda soltanto l'eventuale aumento, contenuto nel regolamento, del numero di deleghe massimo previsto dalla legge, ma non la sua riduzione, rispondendo tale riduzione alla finalità, già evidenziata dalla Suprema Corte (Cass. sez. II, n. 8015/2017), di rendere maggiormente effettivo il contraddittorio in seno alle assemblee condominiali (Trib. Torino 20 ottobre 2023, n. 4007; Trib. Milano 7 luglio 2023, n. 5713). La Suprema Corte (Cass. civ., sez. II, 11 agosto 1982, n. 4530) ha anche affermato che la clausola del regolamento di condominio che limita il potere di rappresentanza dei condomini in assemblea - nel senso che esso possa essere esercitato solo tramite determinate persone (esempio, parenti o altro condomino) - non contrasta con la normativa sul diritto inderogabile del condomino di farsi rappresentare in assemblea in quanto la stessa non è ostativa della regolamentazione di tale diritto quanto alle concrete modalità di esercizio. Addirittura, una parte della giurisprudenza ha ritenuto valida anche la clausola che vieta il conferimento della delega ad un estraneo al condominio (Trib. Milano 15 giugno 1989). Nella fattispecie in esame, sebbene in ragione delle ridotte dimensioni del condominio la legge non imponga alcun limite alle deleghe, tuttavia il regolamento condominiale dispone il numero massimo di tre deleghe per ciascun condomino, e, dunque, la violazione della predetta norma regolamentare comporta un vizio nel procedimento di formazione della relativa delibera, dando luogo ad un'ipotesi di annullabilità della stessa. Riferimenti Di Rago, La nuova assemblea condominiale dopo la riforma, Rimini, 2013,109; Bordolli, Il regolamento di condominio, Rimini, 2012, 67; Lazzaro, Il condominio dopo la riforma, Milano, 2013, 245; Scarpa, La delega e la rappresentanza nelle assemblee di condominio e di supercondominio, in Immob. & proprietà, 2017, fasc. 12, 691. |