CMR, DDT e fattura provano la cessione intracomunitariaFonte: CGT II LOM 986-2024.pdf
03 Maggio 2024
Massima In tema di cessioni intracomunitarie, si può ritenere che il contribuente abbia assolto all’onere della prova a proprio carico dimostrando il trasporto dei beni in altro paese mediante l’allegazione di fatture, documenti di trasporto e relativa CMR. Il caso Una società, operante nel settore della produzione e commercio di materiale grafico, impugnava un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate riprendeva a tassazione l’imposta sul valore aggiunto disconoscendo il regime di non imponibilità che caratterizza le cessioni intracomunitarie. In particolare, venivano contestate fatture riferite a triangolazioni comunitarie di cui, secondo l’Amministrazione finanziaria, non era stata provata o la fuoriuscita dei beni dallo Stato o la consegna e l’onerosità del trasferimento degli stessi. Con il ricorso, la contribuente evidenziava come tutte le fatture fossero comprensive dei documenti di trasporto a cui era stata aggiunta la documentazione dell’accredito, prova dell’esistenza della fornitura e della sua onerosità. Con riferimento, poi, alle operazioni triangolari, rilevava come le contestazioni dell’Ufficio riguardassero solo l’onerosità dei rapporti tra l’acquirente e i suoi clienti, nulla venendo eccepito circa la consegna all’estero; di conseguenza, sosteneva l’irrilevanza della mancanza del codice identificativo dei clienti. La ricorrente precisava, altresì, che il materiale era stato esportato in due centri di logistica e poi affidato alle società che ne avevano curato la distribuzione, pagando il corrispettivo alle società di cassettizzazione. Replicava l’Ufficio osservando come l’accredito bancario non dimostri l’invio dei beni in altro Stato membro, ma solo il pagamento della fornitura; con riferimento, poi, alle operazioni di triangolazione comunitaria interna semplificata, con vendita di materiale pubblicitario e consegna dello stesso al cliente comunitario dell’acquirente, l’Amministrazione finanziaria non riteneva provata l’onerosità del rapporto tra l’acquirente e i propri clienti comunitari: i destinatari dei volantini non risultavano nell’elenco dei clienti indicati nei modelli Intrastat; i documenti prodotti riportavano nominativi differenti; alcuni DDT avevano incongruenze di peso e non riportavano il codice identificativo dei clienti comunitari. La questione e la soluzione giuridica I giudici di primo grado, pur ricordando che è onere del contribuente dimostrare il trasporto dei beni in altro paese, osservavano che le norme in tema di triangolazioni comunitarie non specificano quali prove siano da considerarsi idonee allo scopo; pertanto, decidevano di accogliere il ricorso ritenendo sufficiente l’allegazione da parte della contribuente di CMR, DDT e fatture. La sentenza è stata confermata in appello. I giudici “del riesame” hanno premesso come non fosse in contestazione l’effettivo invio all’estero del materiale pubblicitario, da cui derivava l’irrilevanza delle incongruenze di peso nei DDT rilevate dall’Ufficio o la mancata indicazione del codice identificativo dei clienti. Osservazioni L'articolo 41 comma 1, lettera a), del d.l. n. 331/1993, analogamente a quanto previsto dall'articolo 138 della direttiva n. 112/2006/CE, considera non imponibili ai fini Iva “le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall'acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti d'imposta…”. In sostanza, anche se la cessione avviene nel territorio italiano, la tassazione si sposta nello Stato di destinazione. Nel merito, poi, la Corte lombarda ha ritenuto che la contribuente avesse documentato i vari passaggi che avevano connotato l'attività di pubblicizzazione dei prodotti venduti presso i negozi esteri. In particolare:
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