Le spese mediche sostenute dal danneggiato presso una struttura sanitaria privata sono risarcibili?

Michele Liguori
06 Maggio 2024

La Suprema Corte torna a occuparsi del risarcimento del pregiudizio patrimoniale corrispondente alle spese mediche sostenute dal danneggiato per curarsi presso struttura sanitaria privata anziché pubblica e se tale comportamento del danneggiato configura o meno la fattispecie del concorso colposo del creditore per l'aggravamento del danno ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c.

Massima

Il danneggiato da fatto illecito altrui, che decida di curarsi presso una o più strutture sanitarie private anziché servirsi di quelle pubbliche, ha diritto al rimborso delle relative spese sostenute sempre che tali cure siano necessarie o almeno utili. 

Il comportamento del danneggiato da fatto illecito altrui, che decida di curarsi presso una o più strutture sanitarie private anziché servirsi di quelle pubbliche, non configura la fattispecie del concorso colposo del creditore per l'aggravamento del danno ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c.

Il caso

Un minore rimane vittima di un incidente stradale cagionato da un veicolo mentre si trova alla guida di un ciclomotore di proprietà altrui.

Il danneggiato, nell'evento, subisce lesioni personali agli arti inferiori a cui residuano postumi di natura permanente.

L'impresa di assicurazione del veicolo, in sede stragiudiziale, offre al danneggiato l'importo di € 133.000,00 che questi ritiene non satisfattivo e accetta in conto maggior avere.

Il danneggiato, nelle more divenuto maggiorenne, cita in giudizio dinanzi al competente Tribunale la conducente, la proprietaria e l'impresa di assicurazione del veicolo danneggiante al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti, patrimoniali e non patrimoniali.

Nel corso della fase istruttoria viene ammessa ed espletata C.T.U. medico legale sul danneggiato.

Il Tribunale di Milano con sentenza n. 10627/2017 accoglie solo parzialmente la domanda risarcitoria e liquida al danneggiato l'ulteriore importo di € 49.000,00 a titolo di danno non patrimoniale, oltre interessi dalla data di cessazione dell'inabilità temporanea al saldo.

Il Tribunale, per quello che qui rileva, quantifica le spese mediche nella misura di € 10.634,74 e, cioè, in misura inferiore rispetto al costo effettivo sostenuto dal danneggiato in quanto lo stesso si era rivolto a strutture sanitarie private anziché pubbliche.

Il danneggiato propone appello avverso detta sentenza con cui lamenta:

  • l'insufficiente quantificazione del danno non patrimoniale (morale ed esistenziale);
  • il mancato riconoscimento:

- delle spese mediche sostenute;

- del danno da lesione della capacità lavorativa specifica;

- del danno da perdita di chance;

- delle spese legali sostenute per l'attività stragiudiziale.

La Corte di appello di Milano con sentenza del 27/6/2019 n. 2863 rigetta l'appello.

Il danneggiato propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Con il primo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226,2043,2056 e 2059 c.c., nonché degli artt. 2,29 e 30 Cost., oltre che dell'art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4), sotto il profilo della nullità processuale, e all'art. 360 c.p.c., n. 5), sotto il profilo del vizio di motivazione"; il ricorrente con tale motivo lamenta sostanzialmente che la Corte di merito abbia erroneamente affermato che la personalizzazione applicata al danno biologico fosse comprensiva anche della sofferenza morale.

Con il secondo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione degli artt. 1226,2043,2056,2059 e 2729 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nonché omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”; il ricorrente con tale motivo lamenta sostanzialmente che la Corte di merito abbia erroneamente rigettato la domanda relativa al risarcimento del danno da lesione della capacità lavorativa specifica di ingegnere su piattaforme petrolifere, professione svolta dal padre e di cui aveva manifestato l'intenzione di seguire le orme.

Con il terzo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione degli artt. 1226,1223,1227,2043 e 2056 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nonché omessa motivazione su fatto controverso e decisivo in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”; il ricorrente con tale motivo lamenta sostanzialmente che la Corte di merito abbia erroneamente confermato la liquidazione delle spese mediche, già disposta dal primo giudice, in misura inferiore rispetto al costo effettivo sostenuto e ciò sul presupposto che la sua “scelta personale…di affidarsi ad un servizio privato piuttosto che al SSN” concretizzava la fattispecie del concorso colposo del creditore per l'aggravamento del danno ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c.

Con il quarto e ultimo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione della l. n. 990/1969, del d.lgs. n. 209/2005, della prassi giurisprudenziale e del d.m. n. 55/2014, e ciò ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nella parte in cui la Corte di Appello non ha riconosciuto le competenze professionali per l'attività svolta dal legale in via stragiudiziale”; il ricorrente con tale motivo lamenta sostanzialmente che la Corte di merito abbia erroneamente ritenuto che la fattura prodotta non fosse idonea a dimostrare in concreto e dettagliatamente in che cosa fosse consistita l'attività stragiudiziale svolta dal difensore.

La Suprema Corte con la decisione in commento (Cass. civ. n. 29308/2023):

  • accoglie solo il terzo motivo;
  • dichiara inammissibile il primo motivo e non fondati i restanti (il secondo e il quarto);
  • cassa l'impugnata sentenza;
  • rinvia la causa alla Corte di merito in diversa composizione.

La questione

La questione giuridica affrontata dal giudice di legittimità, oggetto del presente commento, è relativa alla risarcibilità o meno del pregiudizio patrimoniale corrispondente alle spese mediche sostenute dal danneggiato per curarsi presso struttura sanitaria privata anziché pubblica.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte dissente dalla decisione della Corte di merito in relazione alla domanda del danneggiato di risarcimento del danno emergente passato per le spese erogate per curarsi presso struttura sanitaria privata e cassa la sua decisione.

La Suprema Corte rileva, in particolare, che la Corte di merito erroneamente non si è uniformata alla giurisprudenza di legittimità che ha costantemente affermato che:

- l'obbligo di rivolgersi a struttura sanitaria pubblica anziché privata risulta priva di base normativa e logica, avuto riguardo alla prospettata relativa valutazione ai sensi dell'art. 1227 c.c.;

- l'applicazione dell'art. 1227, comma 2, c.c., del resto, è stata persino esclusa con riferimento all'ipotesi di spese mediche sostenute all'estero.

La Suprema Corte, pertanto, alla luce di tali pacifici principi:

- censura la sentenza di merito nella parte in cui istituisce una sorta di automatismo - in relazione alla domanda di rimborso delle spese mediche sostenute dal danneggiato - tra la scelta di rivolgersi a una struttura sanitaria privata e l'applicazione dell'art. 1227 c.c.;

- accoglie il terzo motivo di ricorso.

Osservazioni

La decisione della Suprema Corte è certamente condivisibile.

Queste le ragioni.

Il diritto alla salute è un diritto fondamentale dell'individuo, riconosciuto e tutelato, anche quale interesse della collettività, dall'art. 32 Cost.

Il Servizio Sanitario Nazionale - istituito con l. n. 833/1978 - è un sistema di strutture e servizi che hanno lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza ed equità, l'accesso universale all'erogazione delle prestazioni sanitarie in attuazione del richiamato art. 32 Cost.

La miglior tutela della salute, però, seppur garantita dal SSN, non può trovare limitazioni di sorta e men che mai mediante l'obbligo per i cittadini, che non sussiste, di rivolgersi per le cure esclusivamente alle strutture sanitarie pubbliche.

Il cittadino, pertanto, che voglia curarsi e, quindi, tutelare la sua salute:

- da un lato, non ha alcun obbligo di rivolgersi a struttura sanitaria pubblica;

- dall'altro lato, è libero di scegliere la struttura sanitaria anche privata a cui rivolgersi.

Questo comporta che:

- il danneggiato da fatto illecito altrui, che decida di curarsi presso una o più strutture sanitarie private anziché servirsi di quelle pubbliche, ha diritto al rimborso delle relative spese sostenute sempre che tali cure siano necessarie o almeno utili;

- tale comportamento del danneggiato è legittimo e, pertanto, non configura la fattispecie del concorso colposo del creditore per l'aggravamento del danno ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c.

La giurisprudenza di legittimità, in perfetta linea con i principi innanzi indicati, ha autorevolmente, costantemente e condivisibilmente affermato che il costo di trattamenti sanitari effettuati in conseguenza di un sinistro rimangono a carico del danneggiante (e della sua impresa di assicurazione):

- sia se effettuati presso strutture sanitarie private (Cass. civ. n . 26641/2023Cass. civ. n. 39504/2021; Cass. civ. n. 5801/2019);

- sia se effettuati all'estero (Cass. civ. n. 26641/2023; Cass. civ. n. 21782/2015).

Un conforto alle premesse con cui la Suprema Corte è pervenuta a tale conclusione nella decisione in commento e nelle altre innanzi indicate lo si rinviene nella stessa giurisprudenza di legittimità in diversa materia e, precisamente, in quella di richiesta di rimborso delle spese sanitarie sostenute dai cittadini residenti in Italia presso centri di altissima specializzazione all'estero per prestazioni che non siano ottenibili in Italia tempestivamente o in forma adeguata alla particolarità del caso clinico (art. 5 l. n. 595/1985 e relativo D.M. Sanità 3 novembre 1989, come successivamente modificato).

Le Sezioni Unite, infatti, allo specifico riguardo - dopo aver confermato che la giurisdizione spetta al giudice ordinario sia nel caso che siano addotte situazioni di eccezionale gravità e urgenza, prospettate come ostative alla possibilità di preventiva richiesta di autorizzazione, sia nel caso che l'autorizzazione sia stata chiesta e che si assuma illegittimamente negata - hanno autorevolmente e condivisibilmente affermato che “viene comunque in considerazione il fondamentale diritto alla salute, non suscettibile di essere affievolito dalla discrezionalità meramente tecnica dell'amministrazione in ordine all'apprezzamento dei presupposti per l'erogazione delle prestazioni” (Cass. civ., sez. un., n. 2867/2009).

Un conforto alle conclusioni con cui la Suprema Corte è pervenuta a detta conclusione nella decisione in commento e nelle altre innanzi indicate lo si rinviene, per certi versi, nella giurisprudenza eurounitaria in diversa materia e, precisamente, in quella dei diritti dei pazienti all'assistenza sanitaria transfrontaliera e, conseguentemente, al rimborso delle relative spese.

La Corte GUE, infatti, allo specifico riguardo ha affermato sostanzialmente che la legge di uno Stato membro non può escludere il diritto del paziente a ottenere il rimborso delle spese mediche ricevute in altro Stato membro per la sola circostanza che non abbia proceduto a richiedere la prescritta autorizzazione preventiva o non abbia potuto attendere la decisione dell'istituzione competente sulla domanda di autorizzazione presentata (Corte GUE 23/9/2020 n. 777).

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