Rimborso dei costi della fideiussione: va applicato il termine di prescrizione decennale

Fabio Gallio
10 Maggio 2024

La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Milano con la sentenza n. 1615 depositata il 16 aprile 2024 ha stabilito che va applicato il termine di prescrizione decennale per l’istanza di rimborso dei costi della fideiussione.

Massima

Non può essere applicato il termine di decadenza biennale di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546/1992, previsto per il rimborso dei tributi e dei relativi accessori. Ciò in ragione del fatto che il costo della fideiussione ha natura diversa rispetto a quella del tributo, in particolare ha natura indennitaria e non satisfattoria (la fideiussione è finalizzata a trasferire da un soggetto a un altro il rischio economico derivante dalla mancanza dei presupposti per ottenere il rimborso dell’imposta).

Il caso 

La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Milano si è pronunciata in relazione alla delicata tematica del rimborso dei costi della fideiussione sostenuti per ottenere il rimborso dell'Iva.

Lo ha fatto con la sentenza n. 1615 depositata il 16 aprile 2024.

Il caso esaminato dai giudici di primo grado riguarda una società che aveva richiesto all'Agenzia delle Entrate il rimborso dell'Iva relativa ai primi due trimestri del 2011 per un importo complessivo di circa 2.500.000 euro.

In ragione della successiva notifica di due avvisi di accertamento per il periodo d'imposta 2011 in materia di transfer pricing (per un importo complessivo di circa 3.500.000 euro), l'Ufficio aveva sospeso l'erogazione del rimborso in attesa che venisse definita la controversia relativa a tali atti impositivi o che venisse quantomeno sottoscritta una polizza fideiussoria.

La società si era pertanto attivata con un istituto bancario per la fideiussione e la sottoscrizione di tale garanzia bancaria veniva comunicata all'Ufficio.

La controversia relativa agli avvisi di accertamento si concludeva definitivamente con esito positivo per la contribuente, con sentenza di secondo grado passata in giudicato in data 17 dicembre 2019.

Nel mese di ottobre 2021 la società si era attivata con l'Ufficio per lo svincolo della polizza fideiussoria e l'Agenzia delle Entrate forniva un riscontro in merito solamente nel mese di febbraio del 2022.

Nel frattempo, la società aveva continuato a sostenere i costi connessi alla citata polizza fideiussoria.

A seguito dello svincolo, in data 8 novembre 2022 la contribuente presentava all'Agenzia delle Entrate istanza di rimborso dei costi della fideiussione (evidenziando che erano stati definitivamente gli avvisi di accertamento da cui era dipesa la sottoscrizione della garanzia bancaria), in ragione di quanto espressamente stabilito dall'art. 8, comma 4, dello Statuto dei diritti del contribuente. Tale norma prevede, infatti che «L'amministrazione finanziaria è tenuta a rimborsare il costo delle fideiussioni che il contribuente ha dovuto richiedere per ottenere la sospensione del pagamento o la rateizzazione o il rimborso dei tributi. Il rimborso va effettuato quando sia stato definitivamente accertato che l'imposta non era dovuta o era dovuta in misura minore rispetto a quella accertata».

L'Ufficio, con apposito provvedimento di diniego, negava il diritto al rimborso di tali costi ritenendo che l'istanza fosse stata presentata oltre i termini di legge.

In particolare, l'Agenzia delle Entrate riteneva che dovesse essere applicato il termine di decadenza biennale di cui all'art. 21, d.lgs. n. 546/1992 e che tale termine fosse decorso in quanto la sentenza favorevole al contribuente era passata in giudicato il 17 dicembre 2019 e l'istanza di rimborso era stata notificata in data 8 novembre 2022.

La società ha impugnato tale provvedimento di diniego contestando il fatto che l'istanza di rimborso era stata presentata tempestivamente, in quanto trovava applicazione il termine di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 del codice civile (decorrente dalla data di passaggio in giudicato della sentenza favorevole) e non il termine di decadenza biennale menzionato dall'Ufficio.

Ciò in ragione della natura del costo della fideiussione, assai diversa rispetto ai tributi e ai relativi accessori.

La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Milano ha accolto il ricorso societario, confermando pertanto l'applicazione del termine di prescrizione decennale per il rimborso dei costi della fideiussione.

La questione e la soluzione giuridica

La pronuncia in esame offre un importante spunto di riflessione sulla rilevante tematica dell’applicabilità del termine biennale ovvero di quello decennale per presentare l’istanza di rimborso dei costi della fideiussione.

A tal proposito va premesso che l’obbligo di rimborso da parte dell’Amministrazione finanziaria è previsto dall’art. 8 dello Statuto dei diritti del contribuente.

Nello specifico, tale norma prevede che l’Agenzia delle Entrate debba rimborsare il contribuente del costo della fideiussione richiesta per il rimborso dei tributi una volta che sia stato definitivamente accertato che non era dovuta la maggiore imposta accertata dall’Ufficio.

Fatta tale premessa, è necessario mettere in evidenza alcuni aspetti al fine di comprendere con chiarezza le ragioni che hanno indotto la Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Milano a ritenere applicabile il termine di prescrizione decennale e non quello di decadenza biennale decorrenti dalla data di passaggio in giudicato della sentenza.

Osservazioni

Il termine di decadenza biennale riguarda unicamente i tributi e i relativi accessori

Il termine decadenziale di due anni per presentare l'istanza di rimborso è previsto dall'art. 21 del d.lgs. n. 546/1992 e decorre dal momento del pagamento ovvero, se posteriore, dalla data in cui si è verificato il presupposto per la restituzione (ad esempio il passaggio in giudicato si una sentenza).

Tuttavia, tale termine si riferisce unicamente alle domande di rimborso che riguardano tributi e relativi accessori.

Tale aspetto emerge chiaramente da una semplice analisi del contenuto della normativa di riferimento.

Dispongono infatti:

– il citato art. 21 comma 2: «Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all'art. 19 comma 1, lettera g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d'imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione»;

– il suddetto art. 19 comma 1, lett. g): «Il ricorso può essere proposto avverso … g) il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti».

Insomma, si comprende chiaramente che:

– la domanda di restituzione si riferisce alla restituzione di cui all'art. 19 comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 546/1992;

– la restituzione di relativa alla lett. g) riguarda esclusivamente i tributi e i relativi accessori.

Il costo della fideiussione ha natura diversa rispetto al tributo: va applicata la prescrizione decennale

Fatta tale premessa, ciò che ha indotto la Corte milanese a ritenere applicabile il termine di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c. è costituito dalla natura del costo della fideiussione, diversa rispetto al tributo e ai relativi accessori.

A tal proposito è opportuno evidenziare che:

– la prestazione oggetto della fideiussione è diversa, a livello qualitativo, rispetto all'obbligazione tributaria, atteso che la sua funzione consiste nel rimettere le parti nello status quo ante il rimborso, non nella sostituzione e garanzia del versamento dell'imposta;

– la fideiussione ha natura indennitaria, non satisfattoria, in quanto finalizzata a trasferire da un soggetto a un altro il rischio economico derivante dalla mancanza dei presupposti per ottenere il rimborso dell'imposta.

E proprio in ragione di tale natura è necessario far riferimento alla prescrizione decennale prevista dal nostro ordinamento giuridico.

Non va peraltro sottaciuto che tali aspetti sono confermati anche dall'orientamento consolidato della giurisprudenza in relazione a casi analoghi. Facciamo ad esempio riferimento a pronunce della stessa Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Milano (Sentenza n. 1368 del 24 marzo 2021), della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell'Emilia-Romagna (Sentenza n. 813 del 21 agosto 2023), oltre che della Corte di cassazione (Ordinanza n. 20024 del 13 luglio 2023).

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