Causa di non punibilità e reati tributari: inammissibile l’interpretazione analogica

15 Maggio 2024

La Suprema Corte nella sentenza 26 gennaio 2024, n. 12220 ha definito i limiti relativi all'operatività della causa di non punibilità prevista dall'art. 13 comma 1, d.lgs. n. 74/2000 rispetto ai reati in materia di dichiarazione di cui agli artt. 2,3,4 e 5 della medesima disposizione di legge. 

Massima

La causa di non punibilità prevista dall'art. 13 comma 1, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 non può essere estesa, mediante interpretazione analogica, ai reati previsti dagli artt. 2,3,4 e 5 della medesima disposizione di legge in quanto, per tali delitti, rileva il solo ravvedimento operoso intervenuto prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Il caso

La pronuncia (Cass. Pen., sez. III, 26 gennaio-25 marzo 2024, n. 12220) origina dal ricorso per cassazione presentato dal difensore dell'imputato relativamente alla sentenza emessa dalla Corte di appello, che aveva parzialmente riformato, riducendo la pena inflitta per effetto del riconoscimento delle attenuanti di cui all'art. 13-bis comma 1, d.lgs. n. 74/2000 e di cui all'art. 62-bis c.p., la sentenza del Tribunale con la quale l'imputato era stato ritenuto penalmente responsabile in ordine al reato di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74/2000.

Il primo motivo di gravame si basava sul vizio di motivazione, a norma dell'art. 606 comma 1, lett. e), c.p.p., avendo riguardo alla ritenuta sussistenza del reato, sia sotto il profilo oggettivo, sia sotto il profilo soggettivo, mentre il secondo riguardava la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 13 d.lgs. n. 74/2000.

La questione giuridica

Al fine di un migliore inquadramento della tematica pare opportuno esaminare la causa di non punibilità prevista dall'art. 13 d.lgs. n. 74/2000 (anche con riferimento alle recenti modifiche) e l'accertamento con adesione.

La norma in parola prevede, in ragione del tempestivo integrale pagamento del debito tributario, la non punibilità per i reati previsti dagli artt. 2,3,4,5,10-bis, 10-ter e 10-quater comma 1, d.lgs. n. 74/2000; l'estinzione per integrale pagamento degli importi dovuti infatti deve intervenire prima dell'inizio di accessi, ispezioni, verifiche o procedimenti penali

A ben vedere tuttavia il ravvedimento operoso è stato esteso anche ai casi di rilievi constatati dopo la consegna del PVC e, quindi, dopo che il contribuente ha avuto non solo notizia di un accesso ispezione o verifica nei suoi confronti, ma ha subito la conclusione dell'attività ispettiva degli Uffici o della Guardia di Finanza. Infatti, il contribuente può oggi accedere al ravvedimento operoso (cd. allargato) ed estinguere i rilievi del PVC.

Ai fini della causa di non punibilità allo stato dell'attuale legislazione non assume più rilevanza la spontaneità o meno del pagamento del debito tributario (oltre sanzioni e interessi) a mezzo ravvedimento operoso prima dell'inizio di accessi, ispezioni e verifiche o dei procedimenti penali potendo il contribuente accedere al ravvedimento operoso di cui all'art. 13 comma 1-ter, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 anche dopo la consegna del PVC o dopo la contestazione dell'illecito (prima dell'atto di recupero per i crediti inesistenti).

Non rileva nemmeno più il reato iscritto all'indagato, se prima del dibattimento avviene il pagamento integrale del dovuto – né la modalità di estinzione del debito tributario (unitamente a sanzioni, se dovute ed interessi) atteso che la non punibilità non è più circoscritta ai casi di dichiarazione infedele o omessa, ma è stata estesa anche ai casi di grave condotta antigiuridica della dichiarazione fraudolenta per operazioni inesistenti o per altri raggiri ed artifici.

E infatti, se il legislatore ha inteso regolare le conseguenze penali del ravvedimento operoso delle condotte fraudolente, sia prima che dopo la formale conoscenza dell'avvio delle istruttorie degli Uffici fiscali o delle indagini penali, e se, del pari, nei casi anche molto gravi, l'estinzione del debito può avvenire sia attraverso le procedure conciliative che di accertamento con adesione, il legislatore ha chiaramente palesato la possibilità che venga esclusa la punibilità per le condotte dichiarative fraudolente sul versante penale, oltre che tributario (P. Coppola, Per la non punibilità basta pagare il debito tributario prima del dibattimento. Anche in misura ridotta, in Ipsoa, 24 aprile 2021).

Una recente modifica circa il rapporto tra illecito tributario e procedimento penale e avvenuto ad opera dell'art. 23 d.l. 30 marzo 2023, n. 34 che ha introdotto una causa speciale di non punibilità per le fattispecie previste dagli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater comma 1, d.lgs. n. 74/2000.

Allargando lo sguardo in materia ben si evince che, dal 2015, è presente nell'art. 13 d.lgs. n. 74/2000 una causa di non punibilità per pagamento del debito tributario rispetto alla quale la nuova disposizione presenta alcuni elementi comuni ed alcuni elementi differenti.

In relazione al rapporto tra la speciale causa di non punibilità e quella generale prevista dall'art. 13 d.lgs. n. 74/2000, la prima non si sostituisce alla seconda, integrandosi in via definitiva al sistema penal-tributario disciplinato dal d.lgs. n. 74/2000, ma opera – questa volta sì in sostituzione dell'art. 13 – per un lasso di tempo limitato coincidente con il termine tributario previsto dalla legge di bilancio per poter usufruire di una delle speciali procedure di conciliazione.

Orbene, partendo da un'analisi comparativa, entrambe le cause di non punibilità riguardano esattamente gli stessi reati tributari: l'omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000), l'omesso versamento dell'IVA (art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000), l'indebita compensazione (art. 10-quater comma 1, d.lgs. n. 74/2000).

Entrambe, inoltre, operano sul medesimo presupposto dell'integrale versamento degli importi dovuti dal contribuente, che deve intervenire entro un certo termine individuato in rapporto al procedimento penale. Si tratta di importi significativi: i tre reati tributari interessati dalla causa di non punibilità sono integrati solo in caso di superamento di soglie fissate dalla legge, rispettivamente, in euro 150.000 (art. 10-bis), 250.000 (art. 10-ter) e 50.000 (art. 10-quater comma 1).

L'elemento differenziale di maggior importanza è dato dal termine ultimo entro il quale va effettuato il pagamento del debito tributario: prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, nell'art. 13 d.lgs. n. 74/2000, prima della pronuncia della sentenza di appello, nell'art. 23 d.l. n. 34/2023; la nuova causa di non punibilità sposta dunque molto in avanti il termine per il pagamento del debito tributario: dalle fasi iniziali del giudizio di primo grado alla fase finale del giudizio di secondo grado.

Un secondo elemento è rappresentato poi dall'indicazione di particolari modalità e termini per la definizione delle violazioni tributarie e per il pagamento del debito.

L'art. 13 d.lgs. n. 74/2000 opera un generico riferimento alle procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, nonché al ravvedimento operoso, mentre l'art. 23 d.l. n. 34/2023 aggancia la causa speciale di non punibilità alla definizione delle violazioni e al versamento dei contributi secondo le modalità e nei termini previsti dall'articolo 1 commi da 153 a 158 e da 166 a 252, l. 29 dicembre 2022, n. 197, cioè secondo l'articolata disciplina della c.d. tregua fiscale disciplinata dall'ultima legge di bilancio, che trova ora un importante pendant e volano penalistico (G.L. Gatta, "Tregua fiscale" e nuova causa di non punibilità dei reati tributari attivabile fino al giudizio d'appello. E il PNRR?, in Sist. pen., 12 aprile 2023).

Altri punti di differenza sono rinvenibili nell'espresso riferimento, nell'art. 13 d.lgs. n. 74/2000, alla necessità del pagamento di sanzioni amministrative e interessi che non concerne l'art. 23 d.l. n. 34/2023 e che deve ritenersi assorbito nella disciplina tributaristica richiamata e, infine, dal tempo a disposizione del contribuente per effettuare il pagamento del debito tributario mediante rateizzazione.

Con riferimento infine alla sospensione del termine di prescrizione del reato, durante il periodo concesso per il pagamento del debito tributario, l'art. 23 d.l. n. 34/2023 non fa invece alcun riferimento alla sospensione del termine di prescrizione del reato e nemmeno fa riferimento, pur consentendo l'operatività della causa di non punibilità nel giudizio di appello, alla sospensione del termine di improcedibilità dell'azione penale per superamento della durata massima del giudizio di impugnazione, di cui all'art. 344-bis c.p.p., inserito dalla riforma Cartabia.

In definitiva quindi l'art. 23 d.l. n. 34/2023 ha di fatto introdotto una causa speciale di non punibilità per le fattispecie previste dagli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater comma 1, d.lgs. n. 74/2000, andando ad integrare, o meglio ad aggiungersi, all'art. 13 comma 1, d.lgs. n. 74/2000.

La novella causa speciale di non punibilità non copre invece le fattispecie dichiarative di cui al Capo I del Titolo II del d.lgs. n. 74/2000, né le fattispecie punite più severamente dal Capo II, quali i reati di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8), occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10), indebita compensazione di crediti inesistenti (art. 10-quater, comma 2) e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11).

La causa speciale di non punibilità, tuttavia, opera esclusivamente a condizione che le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute sono versate integralmente dal contribuente secondo le modalità e nei termini previsti dall'articolo 1 commi da 153 a 158 e da 166 a 252, l. n. 197/2022; sostanzialmente il beneficio della non punibilità transita per la corretta definizione delle violazioni tributarie mediante il ricorso ad una delle procedure previste dalla legge di bilancio.

Si tratta di numerose procedure volte a prevenire le liti e la definizione di vertenze tra l'Amministrazione e il contribuente che, considerate, permettono allo stesso di estinguere il debito tributario e beneficiare della causa di non punibilità in ogni fase del procedimento tributario.

È bene osservare che, come già richiamato, una prima differenza significativa tra la causa speciale di non punibilità e quella di carattere generale prevista dall'art. 13 d.lgs. n. 74/2000 concerne il limite temporale entro il quale deve essere estinto il debito tributario per poter beneficiare della causa di non punibilità.

L'art. 13 d.lgs. n. 74/2000 prevede infatti che la causa di non punibilità operi se il debito è estinto mediante integrale pagamento di imposte, interessi e sanzioni prima della dichiarazione di apertura del dibattimento; la causa speciale di non punibilità fissa, invece, come termine ultimo quello della sentenza pronunciata in grado di appello (si veda, volendo, F. Martin, Procedimento penale e reati tributari: la nuova causa di non punibilità dell'art. 23 d.l. n. 34/2023, in Tax News, n. 2, 2023).

L'accertamento con adesione, disciplinato dal d.lgs. 19 giugno 1997 n. 218 e da ultimo modificato dal d.lgs. 12 febbraio 2024, n. 13, invece consente al contribuente di definire le imposte dovute ed evitare, in tal modo, l'insorgere di una lite tributaria.

Si tratta di un accordo tra contribuente e l'Agenzia delle Entrate che può essere raggiunto sia prima dell'emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al Giudice tributario.

La procedura riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente quanto dall'ufficio dell'Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione territoriale il contribuente ha il domicilio fiscale.

L'accertamento con adesione permette al contribuente di usufruire di una riduzione delle sanzioni amministrative, che saranno dovute nella misura di 1/3 del minimo previsto dalla legge.

Inoltre, per i fatti accertati, perseguibili anche penalmente, costituisce una circostanza attenuante il perfezionamento dell'adesione con il pagamento delle somme dovute prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado; l'effetto premiale si concretizza quindi nell'abbattimento fino a un terzo delle sanzioni penali previste e nella non applicazione delle sanzioni accessorie.

La soluzione giuridica

La questione sottoposta alla Corte di cassazione riguarda la possibilità o meno di estendere la causa di non punibilità prevista dall'art. 13 comma 1, d.lgs. n. 74/2000 ai reati di cui agli artt. 2,3,4 e 5 della medesima disposizione mediante un'interpretazione analogica.

Con riferimento al primo motivo la Corte ritiene che le conclusioni della sentenza impugnata, sia in ordine alla fittizietà delle operazioni poste a fondamento delle fatture utilizzate nelle dichiarazioni ai fini dell'IVA e delle imposte sui redditi, sia in ordine all'attribuibilità all'imputata della condotta illecita e del dolo specifico di evasione, sono immuni da vizi.

In ordine invece al secondo, ad avviso del Supremo Collegio appaiono manifestamente infondate le censure che contestano la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 13 d.lgs. n. 74/2000, deducendo che, ai fini dell'integrazione della stessa, deve ritenersi sufficiente anche l'accertamento con adesione, perché questo istituto sarebbe equiparabile a quello del ravvedimento operoso, espressamente menzionato dall'art. 13 d.lgs. n. 74/2000.

Tale norma, proprio agli specifici fini dell'applicazione di cause di non punibilità, non solo distingue esplicitamente e nettamente tra il ravvedimento operoso e le altre procedure conciliative e di adesione all'accertamento, ma, con specifico riferimento ai reati di cui agli artt. 2,3,4 e 5, l'art. 13, comma 2, d.lgs. n. 74/2000, attribuisce espresso rilievo al solo ravvedimento operoso intervenuto prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Precisamente, per i reati di cui agli artt. 2,3,4 e 5, l'art. 13 comma 2, d.lgs. n. 74/2000 prevede la non punibilità se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Invece, per i reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, l'art. 13 comma 1, d.lgs. n. 74/2000 prevede la non punibilità se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all'accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.

Inoltre, l'art. 13-bis comma 1, d.lgs. n. 74/2000, prevede che il pagamento dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative ed interessi, effettuato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, quando non rileva come causa di non punibilità («Fuori dai casi di non punibilità»), determina una riduzione di pena fino alla metà e la mancata applicazione delle pene accessorie.

L'art. 13-bis comma 2, d.lgs. n. 74/2000, poi, contempla la possibilità per le parti di chiedere la definizione del processo a norma dell'art. 444 c.p.p. solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all'articolo 13 commi 1 e 2.

In altri termini la Corte afferma che: «a) con riferimento a reati sanzionati meno rigorosamente, quali quelli di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater comma 1, la non punibilità alla condizione che l'estinzione dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sia avvenuta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, senza richiedere all'imputato un'attività di autodenuncia e di adempimento preventiva rispetto agli accertamenti dell'Amministrazione finanziaria o dell'autorità giudiziaria; b) con riguardo a reati sanzionati con pene più severe, quali quelli di cui agli artt. 2, 3, 4 e 5: b1) la non punibilità solo se la condotta diretta all'estinzione dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sia stata esplicitata all'Amministrazione finanziaria “prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali”; b2) un trattamento sanzionatorio più mite se vi sia stata l'estinzione dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, e, però, la sua attività "collaborativa" sia cominciata dopo aver avuto conoscenza dell'inizio degli accertamenti dell'Amministrazione finanziaria o dell'autorità giudiziaria».

Deve quindi concludersi che, nel caso sottoposto all'attenzione della Corte di cassazione, non solo non ricorrono i presupposti per una interpretazione analogica della disposizione di cui all'art. 13 comma 1, d.lgs. n. 74/2000 anche ai reati di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74/2000, quale quello per cui si procede, ma che tale soluzione risulta espressamente esclusa dall'assetto complessivo della disciplina dettata dallo stesso decreto.

Osservazioni

Mediante la sentenza in commento la Corte di cassazione ha fatto buon governo dei principi e della normativa che regola la materia penal-tributaria.

La causa di non punibilità prevista dall'art. 13 d.lgs. n. 74/2000 non può essere applicata, mediante un'interpretazione analogica dell'art. 13 comma 1, d.lgs. n. 74/2000, anche ai reati di cui all'art. 2 della medesima disposizione.

Tale scelta è in linea con la ratio del legislatore in quanto, per i reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater comma 1, d.lgs. n. 74/2000, che prevedono una sanzione più mite, è prevista la non punibilità a condizione che l'estinzione dei debiti tributari sia avvenuta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, senza che sia necessaria un'attività di autodenuncia dell'imputato e di adempimento preventivo rispetto agli accertamenti avviati dall'amministrazione finanziaria;

Al contrario, i reati previsti dagli artt. 2,3,4 e 5 d.lgs. n. 74/2000 e sanzionati con pene più severe, la non punibilità opera solo se l'estinzione dei debiti tributari sia stata esplicitata all'amministrazione finanziaria prima che l'autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni e verifiche del fisco, essendo previsto solo un trattamento sanzionatorio mitigato laddove l'estinzione dei debiti tributari sia avvenuta prima dell'apertura del dibattimento di primo grado, ma dopo l'avvio degli accertamenti fiscali.

La sostanziale differenza risiede nel differente grado di tutela che il legislatore ha voluto fornire agli interessi sottesi alle singole norme prevendendo che la causa di non punibilità, prevista dall'art. 13 d.lgs. n. 74/2000, operi solamente con riferimento a quei delitti puniti con una pena meno afflittiva rispetto a quelli la cui sanzione è più elevata in ragione del maggiore e necessario grado di tutela.

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