Contratto di edizione con clausola di esclusiva: violazione e risarcimento del danno
06 Giugno 2024
Il caso L'attore (un centro europeo di studi) conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Torino Tizio per far accertare e dichiarare l'inadempimento di quest'ultimo ai propri accordi contrattuali nonché la sua conseguente responsabilità contrattuale ai sensi e per gli effetti dell'art. 1218 c.c., con condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti dall'attore, quantificata in € 29.500 o nella diversa somma determinata in via equitativa. La convenuta non depositava alcun atto difensivo e, all'udienza del 14 dicembre 2022, veniva dichiarata contumace. Le questioni La pronuncia di merito in analisi tratta il tema della violazione dell’esclusiva alla riproduzione e pubblicazione dell’opera tutelata da diritto d’autore – nel caso di specie, inserita all’interno di un contratto di edizione – concessa alla controparte contrattuale e delle conseguenze derivanti dal mancato rispetto di tale obbligo. Le soluzioni giuridiche Il Tribunale di Torino, con la propria decisione, richiama alcuni dei principi generali in punto di contratto di edizione e violazione del diritto d'autore sull'opera tutelata. Il Collegio in motivazione, dopo aver considerato provato il diritto di esclusiva vantato dall'attrice dimostrato con la produzione del relativo contratto con l'autore – accertava l'inadempimento di tali obblighi da parte del convenuto. Nel contratto, infatti, vi era una clausola con la quale veniva stabilito che il curatore dell'opera garantiva la cessione assoluta ed esclusiva dei diritti di utilizzo della stessa, con impegno a non prestare la sua collaborazione in relazione all'oggetto del contratto ad altre imprese concorrenti. Sennonché, successivamente alla pubblicazione del volume edito dall'attrice, una casa editrice pubblicava un'opera che, secondo il Tribunale, risultava identica a quella di cui al contratto di edizione. Ciò costituiva una violazione dei diritti d'autore connessi vantati in via esclusiva dall'editore, che si era assicurato – con il contratto concluso con il convenuto – il diritto alla riproduzione e pubblicazione dell'opera. Dopo aver accertato l'inadempimento degli obblighi di esclusiva pattuiti contrattualmente, il Tribunale condannava il convenuto, in primo luogo, al risarcimento del danno patrimoniale, da liquidarsi secondo il disposto dell'art. 158 co. 2 L.d.A. ai sensi degli artt. 1223,1226 e 1227 c.c. Il danno veniva quindi determinato dal Collegio in via equitativa in un importo di € 7.591,25, pari circa al 50% di quanto pagato dall'attrice per l'acquisto di 86 copie del libro e per l'ulteriore lavoro redazionale svolto. In aggiunta a quanto sopra, il Tribunale condannava il convenuto anche al risarcimento del danno morale, liquidato equitativamente in un importo pari a € 3,795,62, ossia il 50% del danno patrimoniale. Infine, il Tribunale condannava il convenuto, soccombente nel giudizio, alla refusione delle spese di lite nei confronti dell'attrice. Osservazioni La pronuncia di merito in commento si pone in continuità rispetto ai principi giurisprudenziali in materia e riprende alcuni dei profili più importanti in materia di accordi contrattuali aventi ad oggetti opere protette da diritto d'autore. Innanzitutto, il collegio rimarca come sia concedibile un diritto di esclusiva relativamente al contratto di edizione. Per contratto di edizione deve intendersi il contratto con il quale, solitamente, l'autore dell'opera trasferisce all'editore il diritto di riprodurre e pubblicare l'opera, che può essere concesso in esclusiva a un soggetto in particolare, con esclusione di ogni altro concorrente. Nel caso qui in analisi, il convenuto aveva riconosciuto all'attrice un diritto esclusivo, con la conseguenza che il fatto di aver concesso anche soltanto parti della propria opera a soggetti terzi – nella specie ad una casa editrice terza, che aveva pubblicato un proprio volume contenente quelle parti dell'opera – costituisce una ipotetica violazione del diritto di esclusiva concesso nonché la stessa violazione del diritto d'autore connesso dell'editore. Dopo aver accertato dunque l'esistenza del diritto d'autore connesso in capo all'attrice, il Tribunale accertava altresì la sua violazione del diritto d'autore connesso dell'attrice: per fare ciò, confrontava parti specifiche dei volumi edite – la precedente dell'attrice e la successiva, edita da una casa editrice terza – giudicandole identiche e considerando perciò una un plagio dell'altra. Secondo la giurisprudenza maggioritaria, per aversi violazione dell'esclusiva non è necessario che l'opera sia copiata integralmente (riproduzione abusiva in senso stretto) ma ricorre anche quando i tratti essenziali dell'opera precedente siano riconoscibili nell'opera successiva pur essendo differente rispetto alla precedente (in tal senso, ex multis, si veda Cass. 28 novembre 2011 n. 25173). Sempre secondo la giurisprudenza maggioritaria, un'elaborazione creativa si differenzia dal plagio in quanto quest'ultima consiste nella sostanziale riproduzione dell'opera originale, con differenze di mero dettaglio che sono frutto di un apporto non creativo ma di mere aggiunte utili a mascherare la contraffazione, mentre la rielaborazione creativa si caratterizza per un'elaborazione dell'opera originale nella quale è presente un riconoscibile apporto creativo (si veda, ex multis, Cass. 27 ottobre 2005 n. 20925). Per quanto riguarda il risarcimento del danno derivante dalle violazioni riscontrate, il Tribunale non si limitava a condannare il convenuto al risarcimento del danno patrimoniale (danno emergente e lucro cessante, come sopra liquidati) ma, con una motivazione alquanto scarna, lo condannava anche al risarcimento del danno morale. L'art. 169 L. 633/1941 (c.d. Legge sul diritto d'autore, d'ora in poi L.d.A.) sembra peraltro preferire il risarcimento del danno morale in forma specifica, da modularsi caso per caso sulla base del pregiudizio arrecato: la norma, infatti, prevede che l'azione a difesa della paternità dell'opera possa dare luogo ad una compensazione economica solo quando non possa essere ristorato il danno con aggiunte o soppressioni sull'opera delle indicazioni che si riferiscono alla paternità dell'opera stessa o con altri mezzi di pubblicità. Del resto, tale soluzione è conforme a quanto previsto all'art. 20 L.d.A., ai sensi del quale l'autore ha il diritto di rivendicare la paternità dell'opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell'opera stessa. In tal senso, una misura ristorativa appare maggiormente satisfattiva rispetto al riconoscimento di dare una mera somma di denaro a titolo di danno. In altre parole pare, quindi preferibile, secondo la lettera della norma, modificare e/o comunicare al pubblico la reale paternità dell'opera piuttosto che risarcire economicamente il danno morale arrecato all'autore o al titolo di un diritto connesso. Aldilà dei suddetti rilievi, si aggiunga che il Tribunale pare aver aderito a quella parte di giurisprudenza che ritiene il danno in re ipsa nel caso di violazione del diritto d'autore. Sull'argomento la Cassazione ha osservato che la violazione di un diritto di esclusiva, che spetta all'autore (e al titolare di un diritto connesso, come nel caso di specie) ai sensi dell'art. 12 L.d.A., analogamente a quella di un diritto assoluto o di un diritto personale, costituisce danno in re ipsa, senza che incomba al danneggiato altra prova tranne quella della sua estensione. Peraltro, ad avviso della Corte, la prova di quest'ultima resta sicuramente necessaria, posto che la presunzione circa l'esistenza del danno opera in merito all'an debeatur, non anche all'entità del danno ai fini della determinazione quantitativa (cioè il quantum del risarcimento) e della liquidazione dello stesso per equivalente pecuniario (Cass. 29 luglio 2021 n. 21833 e, nello stesso senso, Cass. 5 luglio 2019 n. 18220 e Cass. 29 maggio 2015 n. 11225). Il Tribunale di Torino si è peraltro limitato a liquidare il danno morale come metà del danno patrimoniale. Sul punto sarebbe forse stato preferibile, ad opinione dello scrivente, optare per una motivazione maggiormente strutturata che dettagliasse le circostanze per le quali il Collegio ha ritenuto di quantificare il danno morale nella misura della metà del danno patrimoniale. In conclusione, dalla pronuncia analizzata si possono trarre alcune utili considerazioni. La prima è che risulta importante, sia per l'editore sia per l'autore dell'opera, poter contare su un contratto di edizione (con o senza esclusiva) che li tuteli da possibili fenomeni di plagio che, come si è visto, possono essere complessi da valutare in quanto non sempre vi è una mera copia di parti dell'opera. Sarà peraltro più facile ottenere un risarcimento per plagio, considerato che il principale onere probatorio per la parte risiede nella dimostrazione del diritto d'autore che si lamenta violato: una volta provato tale diritto, il risarcimento, quanto meno del danno morale, risulta in re ipsa e non necessita di alcuna dimostrazione per quanto riguarda la sua esistenza. Dunque la stipula di tali tipologie di contratto rappresenta un mezzo fondamentale, non solo, per regolare i rapporti con autori, ma anche valido strumento da azionare in caso di violazione. |