Mediatore e diritto alla provvigione: quando l'affare può dirsi concluso?
28 Febbraio 2024
Massima Al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all'art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato. Va invece, escluso il diritto alla provvigione qualora tra le parti non sia stato concluso un ‘affare' in senso economico-giuridico, ma si sia soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dello stesso, come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, ovvero un cosiddetto “preliminare di preliminare”, costituente un contratto a effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall'esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. in caso di inadempimento. Tale ultimo negozio, pur essendo di per sé stesso valido ed efficace, ove sia configurabile un interesse delle parti meritevole di tutela alla formazione progressiva del contratto fondata sulla differenziazione dei contenuti negoziali delle varie fasi in cui si articola il procedimento formativo, non legittima, tuttavia, la parte non inadempiente ad esercitare gli strumenti di tutela finalizzati a realizzare, in forma specifica o per equivalente, l'oggetto finale del progetto iniziale abortito, ma soltanto ad invocare la responsabilità contrattuale della parte inadempiente per il risarcimento dell'autonomo danno derivante dalla violazione, contraria a buona fede, della specifica obbligazione endoprocedimentale contenuta nell'accordo interlocutorio. (massima non ufficiale) Il caso La presente controversia trae origine dal decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Ragusa, dietro richiesta di Tizio, nei confronti della società Alfa per l'importo di 14.500,00 euro a titolo di provvigione per l'attività di mediazione svolta da Tizio relativamente alla proposta di acquisto di un immobile. La società Alfa proponeva opposizione avverso tale decreto ingiuntivo, deducendo di aver sottoscritto la proposta di acquisto presso l'agenzia di Tizio in data 22 agosto 2011 e di aver ricevuto dallo stesso una comunicazione circa l'accettazione della proposta d'acquisto. Alfa, pertanto, si attivava al fine di verificare lo stato giuridico dell'immobile e scopriva che il bene era gravato da un'ipoteca volontaria di importo pari a 120.000,00 euro ed era stato oggetto di concessione edilizia in sanatoria per abusi edilizi. Uno dei locali al piano terra, inoltre, per condizione espressa della concessione edilizia (che, tra l'altro, era scaduta) non poteva essere adibito a vano letto. Alfa dichiarava che, a causa di tali circostanze, si era legittimamente astenuta dal sottoscrivere il preliminare di compravendita e chiedeva al giudice del Tribunale di Ragusa la revoca del decreto ingiuntivo, non sussistendo i presupposti per il diritto alla provvigione vantato da Tizio. Quest'ultimo, alla luce di ciò, si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell'opposizione, sostenendo che l'affare, nonostante le successive vicende, si era perfezionato grazie al suo intervento. Tizio, infatti, sottolineava che l'iscrizione ipotecaria non era idonea a precludere la stipula della compravendita, considerando l'impegno dei promittenti venditori di trasferire il bene libero da pesi e ipoteche eventualmente sussistenti. Inoltre, Tizio aggiungeva che la società Alfa era consapevole, al momento della formulazione della proposta di acquisto, che l'immobile era in costruzione. Il Tribunale di Ragusa rigettava l'opposizione e condannava la società Alfa alla rifusione delle spese del giudizio di opposizione. I giudici affermavano che il rapporto tra Alfa e Tizio doveva essere inquadrato nella fattispecie della mediazione ai sensi dell'art. 1754 c.c. e che il mediatore aveva maturato il diritto alla provvigione pattuita nell'offerta irrevocabile di acquisto del 22 agosto 2011. Le parti, infatti, avevano espressamente concordato l'applicabilità dell'art. 1754 c.c. ed era stata riconosciuta la funzione del mediatore di aver contribuito all'incontro della volontà delle parti per la realizzazione dell'affare. La proposta irrevocabile d'acquisto, infine, conteneva tutti gli elementi essenziali (prezzo, modalità di pagamento, indicazione della data per la stipula del successivo contratto preliminare e del rogito e caparra penitenziale ai sensi dell'art. 1386 c.c.) tali da renderla un contratto preliminare valido. Avverso tale decisione, Alfa proponeva appello innanzi alla Corte d'appello di Catania che, con ordinanza di cui all'art. 348 bis c.p.c., lo dichiarava inammissibile in quanto non aveva ragionevole probabilità di essere accolto, condannando Alfa al pagamento delle spese del grado di giudizio. Successivamente, la società Alfa proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado e Tizio resisteva con controricorso. La questione La questione sottoposta alla Corte di cassazione ha ad oggetto il contratto di mediazione e, più nello specifico, la corresponsione della provvigione al mediatore. L'art. 1754 c.c., pur non definendo il significato di mediazione, stabilisce che «È mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza». Pertanto, omettendo di individuare l'oggetto del contratto di mediazione, il codice introduce il compito del mediatore, evidenziando due aspetti chiave di tale accordo; in primo luogo, si tratta di un'intermediazione tra due o più parti finalizzata alla conclusione di un affare e, in secondo luogo, si differenzia rispetto al contratto di agenzia ai sensi dell'art. 1472 c.c. dal momento che il mediatore non è legato ad alcuna delle parti messe in relazione e, anzi, agisce come terzo estraneo. La caratteristica essenziale del contratto di mediazione è l'onerosità; ai sensi dell'art. 1755 c. 1 c.c., «il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l'affare è concluso per effetto del suo intervento». Il diritto alla provvigione sorge nel momento in cui il mediatore si è attivato per permettere la conclusione dell'affare e tale operazione ha avuto esito positivo; la dottrina e la giurisprudenza, tuttavia, non individuano pacificamente il momento di conclusione dell'affare. Secondo un primo orientamento, l'accordo si perfeziona nel momento in cui il mediatore entra in contatto con la prima delle parti. Secondo un'altra linea interpretativa, l'accordo si perfeziona nel momento in cui il mediatore è entrato a contatto con tutte le parti dell'affare. Inoltre, si è affermato nel corso degli anni un orientamento giurisprudenziale che riconosce l'avvenuta conclusione dell'affare nel momento in cui viene compiuto un qualsiasi atto che fornisce a una delle parti il diritto di agire per l'adempimento o per il risarcimento, ammettendo il diritto alla provvigione anche nel caso, ad esempio, di stipula di un c.d. preliminare di preliminare (Cass. 30 novembre 2015 n. 24397). Un orientamento contrapposto, al contrario, richiede necessariamente la conclusione di un negozio giuridico che assicura alla parte non inadempiente le tutele previste dall'articolo 2932 c.c., il quale stabilisce che «Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l'obbligazione, l'altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso» (cfr., tra tante, Cass. 22 giugno 2022 n. 20132). La decisione La Corte di cassazione ritiene ammissibili i tre motivi proposti dal ricorrente, giudicandoli fondati laddove individuano una violazione da parte dei giudici di primo grado dell'art. 1755 c.c. Richiamando l'orientamento ormai prevalente della Corte di cassazione, i giudici stabiliscono che l'affare è da ritenersi concluso nel momento in cui si costituisce un vincolo giuridico tra le parti tale da abilitare le stesse all'azione per l'esecuzione specifica del negozio giuridico ai sensi dell'art. 2932 c.c. o, comunque, per il risarcimento del danno connesso al mancato risultato utile del negozio. Nel caso in cui, viceversa, le parti abbiano costituito un vincolo idoneo a impegnare soltanto una delle parti (si pensi, ad esempio, a un patto di opzione), oppure un vincolo meramente obbligatorio non sostenuto dalla possibilità di richiedere giudizialmente l'esecuzione in forma specifica (c.d. preliminare di preliminare), il diritto alla provvigione dev'essere escluso in caso di inadempimento di una delle parti. La Corte di cassazione afferma che nella sentenza impugnata era stato dato atto che la proposta irrevocabile d'acquisto, accettata dai promittenti venditori, aveva tutte le caratteristiche per essere ritenuta validamente un contratto preliminare ed era stato riconosciuto che, considerato il breve lasso di tempo intercorrente tra la proposta irrevocabile e la data prevista per la conclusione del contratto preliminare, la pattuizione si era già completata. La sentenza impugnata, pertanto, aveva omesso di verificare che si fosse concluso un affare giuridico rilevante ai sensi dell'art. 1755 c.c. e idoneo a far sorgere il diritto alla provvigione in capo al mediatore; non solo, era stata ignorata anche la previsione delle parti, contenuta nella proposta irrevocabile d'acquisto, di corrispondere la provvigione al mediatore al momento della conclusione del contratto preliminare. Considerando tali omissioni, la Corte di cassazione cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Catania invitandola ad esaminare l'appello di Tizio applicando i principi suesposti e, quindi, valutando la possibilità che la proposta d'acquisto possa ricevere una tutela ai sensi dell'art. 2932 c.c. |