Garanzia per vizi del bene oggetto di appalto: cosa accade in caso di cancellazione della società appaltatrice dal registro imprese?
06 Marzo 2024
Il caso La presente controversia trae origine dall'azione legale intrapresa dall'Alfa S.r.l. unipersonale, presso il Tribunale di Bassano del Grappa, nei confronti di Beta S.r.l., società costruttrice e alienante di un immobile ad uso artigianale. La causa verteva sul risarcimento dei danni causati da gravi difetti costruttivi dei serramenti forniti dalla convenuta, utilizzati dalla Alfa S.r.l. in base a un contratto di leasing. Nel corso del procedimento, Beta S.r.l. aveva chiamato in causa la subappaltatrice Gamma impresa individuale, responsabile della fornitura e dell'installazione dei serramenti oggetto della controversia, chiedendo inoltre il rigetto della domanda; si costituiva, dunque, l'impresa individuale, negando ogni responsabilità della fornitura. In seguito alla cancellazione di Beta S.r.l. dal registro delle imprese nel 2007, il processo veniva riassunto nei confronti del socio unico Caio, il quale si difendeva sostenendo di non aver ricevuto nulla durante la liquidazione della società e promuovendo la domanda di manleva nei confronti dell'impresa individuale. Il Tribunale di Vicenza, con sentenza depositata il 15 marzo 2019, aveva accolto la richiesta di risarcimento danni presentata dalla Alfa S.r.l., condannando Caio al pagamento di 18.181,25 euro oltre accessori. Inoltre, disponeva che l'impresa individuale Gamma tenesse indenne Caio per quanto versato a favore della Alfa S.r.l. e condannava la convenuta alla refusione delle spese legali. La sentenza di primo grado affermava che la cancellazione della società appaltatrice dal registro delle imprese, con la conseguente riduzione della responsabilità dei soci secondo l'art. 2495 c.c., non aveva impatto sulla loro capacità di partecipare al processo. Tale cancellazione influenzava principalmente l'interesse ad agire dei creditori sociali ma non escludeva la possibilità che i soci avessero ricevuto beni e diritti durante la liquidazione non inclusi nel bilancio finale della società estinta. In seguito, Caio e Gamma presentavano appelli separati contro la sentenza di primo grado, lamentando l'assenza di una prova dell'esistenza dei vizi dei serramenti e l'insussistenza dei presupposti per la condanna dell'ex socio unico della società. La Corte d'appello di Venezia accoglieva parzialmente l'appello di Caio e integralmente quello di Gamma; in particolare, i giudici d'appello rigettavano la richiesta di risarcimento danni per i vizi dell'opera appaltata e condannavano l'Alfa S.r.l. alla refusione parziale delle spese legali. La Corte di merito affermava che la responsabilità del socio, dopo la cancellazione della società, non poteva estendersi all'intero debito se superiore all'importo ricevuto dal socio stesso durante la liquidazione. Il creditore deve dimostrare che il socio ha ottenuto parte dell'attivo sociale. La Corte, inoltre, respingeva l'obiezione del socio in merito alla mancanza di distribuzione in suo favore nel bilancio finale di liquidazione. La Corte confermava la compensazione delle spese processuali tra Gamma e Caio, sostenendo che Tizio non era subentrato nel debito della società cancellata, e giustificava la compensazione parziale delle spese legali a causa della legittima azione dell'attrice contro la società appaltatrice per i difetti dei serramenti, nonostante la cessazione della società debitrice. Contro questa decisione, la Alfa S.r.l. presentava un ricorso per cassazione, Gamma resisteva con controricorso e Caio proponeva un ricorso incidentale. La questione Il ricorso presentato dalla Alfa S.r.l. verte sulla violazione o falsa applicazione dell'art. 2495 c. 2 c.c. (ora art. 2495 c. 3 c.c.), che stabilisce che «Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società». La questione oggetto di doglianza attiene alla decisione dei giudici della Corte d'appello con la quale era stata riconosciuta l'estinzione del debito sociale in seguito alla cancellazione della società; secondo la ricostruzione del ricorrente, si sarebbe in realtà realizzato un fenomeno successorio del debito. La sentenza impugnata avrebbe, pertanto, escluso erroneamente che il socio unico della società estinta potesse essere ritenuto obbligato al pagamento del debito societario in assenza di un'idonea prova fornita in giudizio che accertasse l'avvenuta riscossione di denaro o di altri beni successivamente alla liquidazione della società. Per quanto riguarda il ricorso incidentale proposto da Caio, lo stesso lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione alla compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, disposta dalla Corte d'appello, nei limiti di due terzi, rilevando che l'Alfa S.r.l. avesse legittimamente agito nei confronti della società appaltatrice, non avendo alcuna responsabilità della sopravvenuta cancellazione della società stessa. La decisione La Corte di cassazione ritiene infondato il motivo di ricorso proposto da Tizio. Richiamandosi al consolidato orientamento della corte di legittimità, i giudici riconoscono che, in caso di crediti non pagati nei confronti di società di capitali, la cancellazione di queste ultime dal registro delle imprese comporta che il socio è tenuto a rispondere nei confronti del creditore della società estinta solamente nel caso in cui venga provata l'avvenuta distribuzione di denaro o di altri beni al socio in occasione della distribuzione dell'attivo. Si richiede, inoltre, che tale distribuzione risulti dal bilancio finale di liquidazione; di contro, il socio della società estinta deve dimostrare di aver effettivamente utilizzato tutte le somme ricevute in sede di liquidazione per il pagamento dei debiti della società estinta. Inoltre, la Corte di cassazione valuta corretta l'impostazione dei giudici d'appello nel ritenere che la mancata successione del socio nel debito sociale avrebbe, di conseguenza, escluso il diritto di manleva dello stesso; l'intervento su istanza di parte ai sensi dell'art. 106 c.p.c., infatti, è una garanzia ancorata all'adempimento del garantito dell'obbligazione (cfr. Cass. 18 gennaio 2019 n. 1564). Nel caso di specie, tuttavia, la successione del socio unico è da ritenersi esclusa per i motivi anzidetti e, pertanto, una volta venuto meno il debito principale in seguito alla cancellazione della società, è venuta meno anche l'operatività della manleva. Per quanto attiene al ricorso incidentale proposto da Caio, la Corte di cassazione giudica inammissibile la censura, affermando che «il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell'attore, ove la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall'attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l'attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda, mentre il rimborso rimane a carico della parte che abbia chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo qualora l'iniziativa del chiamante si riveli manifestamente infondata o palesemente arbitraria». Pertanto, le spese che il terzo chiamato ha sostenuto nel corso del giudizio, nel caso di rigetto della domanda principale, sono poste a carico della parte soccombente che ha avanzato la richiesta della chiamata in causa. La decisione di compensare le spese di entrambi i gradi di giudizio nei limiti di due terzi è da ricondurre al diverso esito del procedimento innanzi alla Corte d'appello rispetto alla decisione di primo grado; tale diversità è derivata senza dubbio dalla cancellazione della società appaltante, circostanza che non era prevedibile al momento della proposizione della domanda. Rigettando il ricorso principale e quello incidentale, la Corte di cassazione condanna Tizio alla refusione delle spese di lite e compensa interamente le spese tra la ricorrente principale e il ricorrente incidentale. |