Normativa fiscale società di comodo e fase di «start-up»

01 Luglio 2024

La Corte di cassazione con ordinanza 15 marzo 2024, n. 7006 ha affermato che non è di comodo la società in cui i mancati ricavi dipendono da canoni di locazione che sono correlati al fatturato dell’affittuaria che si trova in fase di start-up.

Massima

Riguardo la normativa relativa alle cd. “società di comodo” viene data la possibilità al contribuente di dimostrare le situazioni oggettive che hanno reso impossibile raggiungere i limiti quantitativi (es. ricavi) richiesti dalla legge suddetta.

Fra le situazioni oggettive di cui sopra, rientrano anche i casi di «società partecipate che si trovano in fase di avvio dell'attività» e le scelte imprenditoriali di esercitare non direttamente una seconda attività rispetto alla principale, tramite la costituzione di una nuova società e il perfezionamento di un contratto d’affitto di ramo d’azienda.

Il caso

I fatti su cui verte l'ordinanza 15 marzo 2024, n. 7006 prendono avvio da un avviso d'accertamento, emesso dall'Agenzia delle Entrate nel 2011, con il quale veniva contesto ad una società contribuente di essere stata una «società non operativa» e, in conclusione, chiedendo una maggiore imposta, oltre a sanzioni e interessi. 

Più precisamente, la società contribuente – alcuni anni prima dell'emissione dell'avviso d'accertamento – aveva presentato un interpello all'Agenzia delle Entrate, volto ad ottenere la disapplicazione della normativa riguardante le società «non operative». Infatti, veniva fatto presente all'amministrazione finanziaria come la società contribuente operasse da molti anni nel settore agricolo e avesse iniziare una seconda attività nel settore della ristorazione. Per avviare tale seconda attività era stato preso in locazione un immobile commerciale ed erano stati fatti importanti investimenti al fine di acquistare attrezzature e arredi. Infine, era stato dato in gestione, tramite un contratto di affitto d'azienda, il ramo d'azienda così avviato ad una nuova società.

Viste, in particolare, le problematiche tipiche delle fasi di avviamento di molte aziende, la società contribuente faceva presente che – proprio tali problematiche – rendevano impossibile raggiungere il limite di ricavi minimi previsti dalla normativa sulle «società non operative» e, di conseguenza, si richiedeva la disapplicazione della normativa in questione per il proprio caso specifico.

L'amministrazione finanziaria rigettava l'istanza di disapplicazione.

A seguito dell'avviso d'accertamento, la società contribuente presentava ricorso presso la Commissione tributaria provinciale la quale, accogliendo la tesi della ricorrente, annullava l'atto impositivo. Tale decisione veniva poi confermata anche dalla Commissione tributaria regionale.

Il giudice di merito, valutando il caso in questione, aveva ritenuto, innanzitutto, che la società contribuente era da considerarsi operativa in quanto era «stata costituita per svolgere attività di natura commerciale». In secondo luogo, l'operazione posta in essere dal contribuente tramite l'affitto di ramo d'azienda costituiva una «situazione oggettiva», tale da giustificare la disapplicazione del regime delle società di comodo.

L'Agenzia delle Entrate, non soddisfatta dalla decisione delle commissioni tributarie competenti, presentava ricorso in Cassazione, la quale ha deciso con ordinanza  n. 7006, depositata il 15 marzo 2024, rigettando il ricorso.

La questione

Com'è noto la legge fiscale italiana regolamenta il regime delle cd. «società di comodo». La questione oggetto della sentenza del presente approfondimento verte, appunto, su questo tema.

La disciplina delle società di comodo si ricollega a quanto previsto dall'art. 30 l. n. 724/1994, il quale sancisce che: «1. Agli effetti del presente articolo le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società e gli enti di ogni tipo non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, si considerano , salvo prova contraria, non operativi se l'ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando le seguenti percentuali: (...)

2. Ai fini dell'applicazione del comma 1, i ricavi e i proventi nonché i valori dei beni e delle immobilizzazioni vanno assunti in base alle risultanze medie dell'esercizio e dei due precedenti. (…)

3. Fermo l'ordinario potere di accertamento, ai fini dell'imposta personale sul reddito per le società e per gli enti non operativi indicati nel comma 1 si presume che il reddito del periodo di imposta non sia inferiore all'ammontare della somma degli importi derivanti dall'applicazione, ai valori dei beni posseduti nell'esercizio, delle seguenti percentuali: (…)

3-bis. Fermo l'ordinario potere di accertamento, ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive per le società e per gli enti non operativi indicati nel comma 1 si presume che il valore della produzione netta non sia inferiore al reddito minimo determinato ai sensi del comma 3 aumentato delle retribuzioni sostenute per il personale dipendente, dei compensi spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi, di quelli per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e degli interessi passivi.

4. Per le società e gli enti non operativi, l'eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell'imposta sul valore aggiunto non è ammessa al rimborso nè può costituire oggetto di compensazione (…) o di cessione (...)

4-bis. In presenza di oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (…) la società interessata può interpellare l'amministrazione (...)

4-ter. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate possono essere individuate determinate situazioni oggettive, in presenza delle quali non trovano applicazione le disposizioni di cui al presente articolo.

4-quater. Il contribuente che ritiene sussistenti le condizioni di cui al comma 4-bis ma non ha presentato l'istanza di interpello prevista dal medesimo comma ovvero, avendola presentata, non ha ricevuto risposta positiva deve darne separata indicazione nella dichiarazione dei redditi».

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione con ordinanza n. 7006 del 15 marzo 2024, ha ricordato innanzitutto che il legislatore, con l'art. 30 l. n. 724/1994, ha voluto disincentivare la costituzione di società «di comodo», ossia il ricorso all'utilizzo dello schema societario per il raggiungimento di scopi eterogenei rispetto a quelli tipici degli enti collettivi commerciali. Le società di comodo spesso venivano utilizzate quale involucro per il perseguimento di finalità estranee alla causa contrattuale, prive di un vero e proprio scopo lucrativo e talvolta strutturalmente in perdita, al fine di eludere la disciplina tributaria (come quello, proprio delle società c.d. di mero godimento, dell'amministrazione dei patrimoni personali dei soci con risparmio fiscale).

Questa finalità era motivata dall'evidente contrasto tra l'interesse tipico delle società di mero godimento e lo scopo produttivo al quale il contratto di società è preordinato.

La Suprema Corte ha proseguito motivando che il contribuente può vincere la presunzione prevista dalla normativa in questione – secondo la quale le società che non raggiungono determinate soglie minime di ricavi sono da considerarsi «società di comodo» – dimostrando all'Amministrazione, attraverso l'interpello finalizzato alla disapplicazione delle disposizioni antielusive, ovvero in giudizio, nel caso di contrasto, le oggettive situazioni che abbiano reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito determinato secondo i predetti parametri normativi.

L'onere probatorio può essere assolto non solo dimostrando che, nel caso concreto, l'esito quantitativo del test di operatività è erroneo ma anche dando direttamente la prova proprio di quella circostanza che, nella sostanza, dal livello dei ricavi si dovrebbe presumere inesistente, ovvero dimostrando la sussistenza di un'attività imprenditoriale effettiva, caratterizzata dalla prospettiva del lucro obiettivo e della continuità aziendale, e dunque l'operatività reale della società.

Chiariti tutti questi aspetti, è stata confermata la tesi secondo la quale rientrano nelle libere scelte imprenditoriali quella di esercitare l'attività di ristorazione non direttamente, ma attraverso altra società cui affittare il ramo d'azienda.

È pacifico, quindi, che, nel caso di specie, la mancata immediata redditività della società partecipata è dipesa unicamente dal fatto che tale società stesse attraversando una propria fase di avviamento (c.d. start-up), ed era comunque destinata a realizzare un investimento di lungo periodo, tanto è vero che, come accertato dalla C.T.R., una volta superata tale fase iniziale l'attività di ristorazione ha generato ricavi di cui beneficia anche la controricorrente. Sullo stesso tema si era, tra l'altro, già espressa la stessa amministrazione finanziaria con la circolare dell'Agenzia delle Entrate 5 luglio 2007, al par. 4, rubricato «presupposti per la disapplicazione della disciplina sulle società non operative».

Osservazioni

L'ordinanza 15 marzo 2024, n. 7006 si è focalizzata sui seguenti temi:

— la l. n. 724 del 1994, art. 30, è finalizzata al contrasto della diffusione di società anomale, utilizzate quale involucro per il perseguimento di finalità estranee alla causa contrattuale, spesso prive di un vero e proprio scopo lucrativo e talvolta strutturalmente in perdita, al fine di eludere la disciplina tributaria;

— il contribuente può vincere la presunzione di cui art. 30 l. n. 724/1994 dimostrando all'Amministrazione – attraverso l'interpello finalizzato alla disapplicazione delle disposizioni antielusive, ovvero in giudizio, nel caso di contrasto – le oggettive situazioni che hanno reso impossibile raggiungere il volume minimo di ricavi o di reddito determinato secondo i predetti parametri normativi;

— il sindacato del giudice non coinvolge le scelte di merito dell'imprenditore, attenendo alla verifica del corretto adempimento degli obblighi degli amministratori e dei sindaci, con riduzione dell'operatività della business judgement rule, sempre valutabile, sotto il profilo tributario, per condotte platealmente antieconomiche;

— sono da considerare libere scelte imprenditoriali quella di esercitare l'attività di ristorazione non direttamente, ma attraverso altra società cui affittare il ramo d'azienda.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.