La Corte di Cassazione ribadisce la mancanza di efficacia esecutiva della cartella di pagamento

10 Luglio 2024

La Suprema Corte è tornata a pronunciarsi sulla funzione ricoperta dalla cartella di pagamento, ponendo il focus sull'assenza di efficacia esecutiva.

Massima

La cartella di pagamento, in quanto atto che assolve la duplice funzione di notificazione del titolo esecutivo e di intimazione di pagamento, è privo di efficacia esecutiva e, in quanto tale, non è atto con il quale inizia la procedura esecutiva, il cui incipit è rappresentato dal pignoramento.

Il caso

Una società di capitali in liquidazione impugnava una cartella di pagamento emessa dall'allora Concessionario della riscossione rilevando che le quote sociali ed il patrimonio aziendale erano stati sottoposti a sequestro ai sensi dell'oggi abrogato art. 2-ter, l. n. 575/1965 e, successivamente, confiscati; in considerazione di ciò, secondo la tesi difensiva della Parte privata, le procedure esecutive, gli atti di pignoramento ed i provvedimenti cautelari in corso dovevano essere sospesi in applicazione dell'art. 50, d.lgs. n. 159/2011 recante «Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136».

Il giudice di primo grado adito accoglieva il ricorso della Contribuente ed anche nel giudizio di appello veniva confermato, dall'allora C.T.R. Lazio, il principio di diritto secondo cui la cartella di pagamento era da considerare atto equivalente ad un titolo esecutivo, con la conseguenza che la procedura di riscossione iniziata con l'opposta cartella di pagamento doveva essere sospesa.

La questione giuridica

La questione giuridica sottoposta al vaglio del giudice di legittimità riguarda la natura della cartella di pagamento, in particolare la sua natura di titolo esecutivo ed il suo rapporto con le misure di sequestro e confisca delle quote societarie e del patrimonio aziendale di cui al d.lgs. n. 159/2011.

Ai sensi dell'art. 50 comma 1, del richiamato d.lgs. n. 159/2011 (c.d. Codice antimafia), «Le procedure esecutive, gli atti di pignoramento e i provvedimenti cautelari in corso da parte della società Equitalia Spa o di altri concessionari di riscossione pubblica sono sospesi nelle ipotesi di sequestro di aziende o partecipazioni societarie disposto ai sensi del presente decreto. È conseguentemente sospeso il decorso dei relativi termini di prescrizione».

Secondo il Giudice di merito, nella decisione poi cassata dalla Suprema Corte, nel caso di applicazione delle misure contenute nell'abrogato art. 2-ter, l. n. 575/1965, «sequestro quote sociali e patrimonio aziendale e successiva confisca», la procedura di riscossione attivata mediante la notificazione della cartella di pagamento andava sospesa perché, la cartella di pagamento, doveva necessariamente considerarsi atto avente efficacia equivalente a quella di titolo esecutivo. Questo in quanto, secondo il Giudice di merito, trascorsi sessanta giorni dalla notificazione della cartella, in caso di mancato pagamento da parte del contribuente destinatario, l'Ente di riscossione poteva procedere in via esecutiva.

La soluzione giuridica

Secondo l'adita Corte di Cassazione, diversamente da quanto argomentato in sede di appello, «La cartella di pagamento, in quanto atto che assolve la duplice funzione di notificazione del titolo esecutivo e di intimazione di pagamento, è privo di efficacia esecutiva e, in quanto tale, non è atto con il quale inizia la procedura esecutiva, il cui incipit è rappresentato dal pignoramento».

La Suprema Corte ha accolto la tesi difensiva del Concessionario della riscossione, secondo cui la sospensione delle procedure esecutive, degli atti di pignoramento e dei provvedimenti cautelari in corso, non poteva applicarsi a fronte della mera notificazione della cartella di pagamento in quanto quest'ultima non costituiva né atto d'inizio della procedura esecutiva, né atto di pignoramento né, infine, provvedimento cautelare. La notifica della cartella esattoriale, secondo la tesi prospettata, non costituisce atto della procedura esecutiva ma atto necessitato da parte dell'agente della riscossione al fine di rendere edotto il contribuente dell'attuata iscrizione a ruolo in suo danno da parte dell'ente creditore: secondo la tesi della Parte pubblica, quindi, se l'art. 50 d.lgs. n. 159/2011, fosse stato applicabile anche alla cartella di pagamento, essa avrebbe previsto non solo la sospensione dei termini di prescrizione, ma anche dei termini di decadenza, ai fini della salvaguardia del credito.

Nella pronuncia in commento viene richiamata, anzitutto, l'ordinanza n. 36649 del 25 novembre 2021, dove è stato chiarito che, nella procedura di riscossione, il titolo esecutivo è costituito dal ruolo e di esso non è prevista una notificazione preventiva rispetto a quella della cartella di pagamento, di cui agli artt. 25 e 26 del d.P.R. n. 602 del 1973. Quest'ultima, del resto, dovendo essere redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze, oltre a contenere l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione (con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata) e l'indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo, ne riporta anche gli estremi ed il contenuto (la cartella, secondo il modello ministeriale, contiene in sostanza un vero e proprio estratto del ruolo). In altri termini, alla sola notificazione della cartella di pagamento, nella procedura di riscossione esattoriale, sono attribuite dalla legge, contemporaneamente, le medesime funzioni che, nell'esecuzione forzata ordinaria, sono svolte dalla notifica del titolo esecutivo prevista dall'art. 479 c.p.c. e dell'atto di precetto di cui all'art. 480 c.p.c.

La Corte, poi, richiama due altri propri precedenti (Cass. 8 febbraio 2018, n. 3021 e Cass. 25 ottobre 2022, n. 31560), dove era stato chiarito che, nel sistema della riscossione coattiva a mezzo ruolo, disciplinato dal d.p.r. n. 602 del 1973, la notificazione della cartella di pagamento costituisce atto preliminare indefettibile per l'effettuazione di un pignoramento da parte dell'agente della riscossione, atteso che la cartella di pagamento, a mente dell'art. 25 del d.p.r. citato, assolve «uno actu» le funzioni svolte, ex art. 479 c.p.c., dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto nella espropriazione forzata codicistica, e che il disposto dell'art. 50 del medesimo d.p.r. depone univocamente in tal senso, cioè che la cartella è atto che accorpa in sé le funzioni di titolo esecutivo e di precetto ma non determina l'inizio della procedura esecutiva.

Proprio con riferimento al momento in cui inizia la procedura esecutiva erariale, nella pronuncia in commento viene richiamata la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in particolar modo Cass., 29 aprile 2015, n. 8618, dove è stato affermato che l'esecuzione inizia solo ed esclusivamente l'atto di pignoramento.

Ne segue che, secondo l'ordinanza in esame, è valida e legittima la notifica della cartella di pagamento nonostante l'intervenuta applicazione delle misure del sequestro e della confisca, perché la cartella di pagamento non rientra nelle tre ipotesi previste dall'art. 50 d.lgs. n. 159/2011, cioè procedura esecutiva, pignoramento e provvedimento cautelare.

Osservazioni

Il principio di diritto contenuto nella pronuncia in commento risulta condivisibile.

Invero, risulta principio consolidato quello per cui la notifica della cartella di pagamento equivale al precetto dell'esecuzione forzata ordinaria: ai sensi dell'art. 491 c.p.c., l'espropriazione «si inizia con il pignoramento», che avviene dopo la notificazione del titolo e del precetto.

Del resto, l'art. 479 c.p.c., risulta chiaro nel riferire che «l'esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in copia attestata conforme all'originale e del precetto», qualificando sia il titolo che il precetto come atti antecedenti l'inizio della fase dell'esecuzione forzata.

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