Completa passività del consumatore ed esame officioso delle clausole abusive del contratto: importanti chiarimenti dalla Corte di giustizia

22 Luglio 2024

A quali condizioni la completa passività del consumatore preclude l’esame officioso dell’abusività delle clausole contenute in un contratto, in relazione al quale si è formato un titolo esecutivo giudiziale definitivo?

Massima

La completa passività del consumatore non preclude l’esame officioso dell’abusività della clausola contenuta nel contratto in base al quale è stata pronunciata una decisione divenuta definitiva, ove le regole processuali nazionali non prevedano l’esame officioso di tale abusività in sede monitoria ovvero ove vi sia il rischio che la proposizione dell’opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento non sia stata proposta a causa del termine previsto per l’opposizione o delle spese processuali da sostenere, anche in ragione del valore della causa oppure perché le regole nazionali non prevedono l’obbligo di trasmettere al consumatore tutte le informazioni necessarie per consentirgli di determinare la portata dei suoi diritti.

Il caso

Mediante due procedimenti di ingiunzione di pagamento elettronico, la banca Alfa chiede al Tribunale di Lublino l'emissione di due decreti di ingiunzione di pagamento delle somme (comprensive di interessi e spese) dovute sulla base di contratti di finanziamento conclusi con il consumatore Tizio. I due decreti ingiuntivi sono emessi senza l'esame dei contratti (conformemente alle norme polacche ed alla mancata possibilità - avuto riguardo alle caratteristiche tecniche del sistema di gestione dei procedimenti di ingiunzione di pagamento elettronico - di allegare il contratto e documenti ulteriori rispetto al ricorso) e, non opposti, divengono definitivi. Sulla base delle due ingiunzioni definitive la banca Alfa instaura un procedimento di esecuzione (condotto da un ufficiale giudiziario sotto il controllo del Tribunale di Varsavia) su un immobile di proprietà di Tizio. Il Tribunale di Varsavia (primo giudice che ha potuto esaminare i contratti alla base delle ingiunzioni di pagamento) dubita della mancata vessatorietà (ai sensi della direttiva 93/13/CEE) di alcune clausole del contratto, ma è consapevole del carattere definitivo delle ingiunzioni di pagamento. Ritenendo sussistente una questione analoga a quella esaminata dalla Corte di giustizia nei procedimenti riuniti Corte Giust. UE, 15 luglio 2021, C- 693/19 e C-831/19, il Tribunale di Varsavia propone quindi rinvio pregiudiziale chiedendo alla Corte di giustizia, per quanto qui rileva, se gli artt. 6.1. e 7.1. della direttiva 93/13/CEE ed i principi di certezza del diritto, di irrevocabilità delle decisioni giudiziarie passate in giudicato, di effettività e di proporzionalità siano compatibili con la mancata possibilità, per il giudice nazionale, di controllare officiosamente le clausole abusive contenute in un contratto concluso con un consumatore e trarne le conseguenze del caso, allorquando tale giudice nazionale eserciti il controllo su un procedimento esecutivo condotto da un ufficiale giudiziario ed instaurato sulla base di un decreto ingiuntivo emesso all'esito di un procedimento nel quale non sono assunte prove.

La questione

A quali condizioni la completa passività del consumatore preclude l’esame officioso dell’abusività delle clausole contenute in un contratto in relazione al quale si è formato un titolo esecutivo giudiziale definitivo?

Le soluzioni giuridiche

Nel rispondere alla (prima) questione sottopostale dal giudice polacco la Corte di giustizia richiama la propria giurisprudenza (ormai ultraventennale) secondo la quale il consumatore si trova in una posizione di asimmetria rispetto al professionista non solo quando conclude il contratto ma, anche quando è parte di un processo. Tale asimmetria deve essere colmata da un soggetto terzo ed imparziale (il giudice) il quale, a partire dal momento in cui dispone degli elementi di fatto e di diritto in tal senso necessari (Corte giust. UE, sez. IX, sent. 22 settembre 2022, C-335/21, Vicente), è tenuto a rilevare d'ufficio la possibile abusività della clausola contrattuale. Se è vero, prosegue la Corte, che il diritto dell'Unione non armonizza le regole processuali nazionali preposte alla tutela della situazione sostanziale di origine eurounitaria, sussiste tuttavia per gli Stati membri, in ossequio al principio di leale cooperazione (art. 4.3 TUE), l'obbligo di assicurare il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

Fermo restando che il principio di effettività non consente di supplire integralmente alla completa passività del consumatore (Corte giust. UE, Grande Sezione, sent. 17 maggio 2022, C-869/19, Unicaja Banco SA), la Corte richiama pure la propria giurisprudenza secondo la quale la tutela effettiva dei diritti tutelati dalla direttiva 93/13/CEE richiede che l'esame (eventualmente) officioso delle clausole contrattuali sia possibile o in sede di emissione dell'ingiunzione di pagamento o in sede di esecuzione (Corte giust. UE, Grande Sezione, sent. 17 maggio 2022, C-725/19, Impuls Leasing Rom â nia ). In particolare, osserva la Corte nella sentenza che si annota, contrasta con la tutela effettiva dei diritti derivanti dalla citata direttiva una disciplina nazionale che non prevede l'esame officioso della abusività delle clausole in sede monitoria, ma solo nella fase dell'opposizione all'ingiunzione di pagamento ogni volta che  sussista un rischio “non trascurabile” che il consumatore non proponga tale opposizione a causa: i) del breve termine previsto per l'opposizione; o ii) delle spese processuali da sostenere anche in ragione del valore della causa; o iii) perché le regole nazionali  non prevedono «l'obbligo che siano trasmesse a detto consumatore tutte le informazioni necessarie per consentirgli di determinare la portata dei suoi diritti».

Nel caso in cui l'opposizione avverso l'ingiunzione di pagamento non sia stata proposta per uno dei motivi da ultimo indicati la passività del consumatore non osta, conclude la Corte, all'esame dell'abusività della clausola da parte del giudice dell'esecuzione nonostante la definitività dell'ingiunzione di pagamento.

Osservazioni

Valutare la portata di una decisione della Corte di giustizia anche in un ordinamento diverso da quello del giudice del rinvio è, sovente, operazione non immediata e non necessariamente semplice e, tuttavia, doverosa.

Di primo acchito verrebbe da pensare che, essendo in Italia possibile (e, anzi, come precisato pure da Cass. civ., sez. un., sent. 6 aprile 2023, n. 9479, doveroso), in sede monitoria, l'esame officioso dell'abusività delle clausole contenute nel contratto concluso con il consumatore, la pronunzia che si annota sia priva di rilievo per il nostro ordinamento. Secondo quanto esplicitamente risulta dalla medesima decisione (la quale, non a caso, richiama Corte giust. UE, Grande Sezione, 17 maggio 2022, C-693/19 e C-831/19, SPV Project 1503 e a.), tuttavia, nella prospettiva dell'effettività della tutela dei diritti derivanti dalla dir. 93/13/CEE non è sufficiente l'astratta possibilità di esaminare officiosamente l'abusività della clausola, essendo invece necessario che tale esame vi sia stato in concreto e che lo stesso risulti, «almeno sommariamente» (Corte giust. UE, Grande Sezione, sent. 17 maggio 2022, C-600/19, Ibercaja Banco SA), dalla motivazione del provvedimento. Fermo restando che la Corte ha, di recente, ulteriormente precisato il contenuto della motivazione che deve presentare l'ingiunzione di pagamento (Corte giust. UE, sez. IX, 29 febbraio 2024, C-724/22, Investcapital Ltd), ecco allora che una prima lettura della sentenza che si annota suscita suggestioni gravide di conseguenze anche per l'ordinamento italiano. Tale sentenza, infatti, consente di meglio delineare i contorni di quella inerzia che costituisce limite alla tutela del consumatore e, al tempo stesso, impone di valutare la compatibilità con il diritto eurounitario di alcune indicazioni offerte ai giudici dell'esecuzione da Cass. civ., sez. un., 6 aprile 2023, n. 9479.

Nel precisare che la definitività del provvedimento giudiziale non esclude l'esame officioso della abusività della clausola in sede di esecuzione allorquando vi sia il rischio che il consumatore non abbia proposto opposizione perché l'ordinamento nazionale «non prevede l'obbligo che siano trasmesse a detto consumatore tutte le informazioni necessarie per consentirgli di determinare la portata dei suoi diritti» la Corte di giustizia conferma che l'inerzia idonea a precludere l'intervento del giudice a fronte del giudicato è solo un'inerzia consapevole. La necessità di una simile consapevolezza era, per la verità, già desumibile alla luce della stessa ratio della tutela officiosa cui è tenuto il giudice delle controversie consumeristiche individuali (sul punto sia consentito il rinvio a FIENGO, La completa passività del consumatore quale limite alla superabilità del giudicato da decreto ingiuntivo non opposto, in LONGO, a cura di, La tutela del consumatore esecutato in prospettiva europea, Bari, 2023).

La precisazione non può tuttavia che esser salutata positivamente e, come detto, impone di compiere un'aggiornata verifica della compatibilità con il diritto eurounitario delle regole nazionali tese a rimediare all'omessa motivazione del decreto ingiuntivo non opposto quanto alla non abusività delle clausole contrattuali. Come noto, in assenza di un pur auspicabile intervento legislativo, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno, con la richiamata sentenza 6 aprile 2023, n. 9479, individuato quale rimedio per il caso di omessa motivazione del decreto non opposto una opposizione tardiva fortemente rivisitata rispetto alla previsione dell'art. 650 c.p.c. Tale soluzione risulta fondata, per un verso, sull'avvertita esigenza (per la verità non imposta dal diritto eurounitario) di “stabilizzare” il giudicato e, per altro verso, sulla necessità di preservare la tradizionale distinzione tra processo di cognizione e processo di esecuzione. Proprio tale ultima esigenza pare alla base del passaggio motivazionale per il quale, all'esito di un'attività istruttoria che, per la verità, risulta già significativamente distonica rispetto alla tradizionale configurazione del procedimento espropriativo, il giudice dell'esecuzione «se rileva il possibile carattere abusivo di una clausola contrattuale, ma anche se ritenga che ciò non sussista» deve informare (mediante un c.d. “interpello”) il consumatore della possibilità di far valere, mediante opposizione tardiva da proporsi nel termine di 40 giorni dalla comunicazione, l'abusività delle clausole contrattuali «incidenti sul riconoscimento del credito oggetto di ingiunzione» pena la definitiva irretrattabilità del decreto.

Le Sezioni Unite non si soffermano in modo particolare sull'interpello che il giudice dell'esecuzione deve rivolgere al consumatore-esecutato. Dalla sentenza del 6 aprile 2023 sembra, tuttavia, che lo stesso partecipi della natura rimediale dell'opposizione tardiva (senza interpello, infatti, il consumatore si ritiene non essere a conoscenza della possibilità di avvalersi dello strumento previsto dall'art. 650 c.p.c., tanto è vero che il termine di 40 giorni decorre proprio dalla comunicazione di tale atto). Ciò nonostante, le stesse Sezioni Unite sembrano richiedere che il giudice dell'esecuzione informi il consumatore della sola possibilità di proporre la novellata opposizione tardiva e, non a caso, proprio questa (limitata) informazione (che ben può trovare giustificazione nella separazione tra processo di cognizione e processo esecutivo) caratterizza il contenuto dell'interpello sovente adottato dai giudici dell'esecuzione.

Già prima della sentenza che si annota la compatibilità di una simile soluzione con il diritto eurounitario poteva destare qualche perplessità. Infatti, sulla scorta della giurisprudenza della Corte di giustizia, le stesse Sezioni Unite, nell'offrire ai giudici nazionali indicazioni pro futuro, hanno riconosciuto che la motivazione del decreto ingiuntivo (la quale esige che «sia individuata, con chiarezza, la clausola del contratto (o le clausole) che abbia(no) incidenza sull'accoglimento, integrale o parziale, della domanda del creditore e che se ne escluda, quindi, il carattere vessatorio») è, in definitiva, “strumentale rispetto all'esercizio del diritto di difesa del consumatore nella fase processuale a contraddittorio pieno”. Se la motivazione del decreto ingiuntivo diviene, nella prospettiva eurounitaria, strumento indispensabile per consentire al consumatore di valutare se avvalersi o meno dell'opposizione disciplinata a partire dall'art. 645 c.p.c., appare allora dubbia la possibilità di ritenere, per il caso in cui quella motivazione manchi, che sia rispondente alla tutela effettiva dei diritti derivanti dalla Dir. 93/13/CEE un interpello che si limiti ad informare l'esecutato della possibilità di far valere l'eventuale abusività della clausola mediante l'opposizione tardiva avanti al giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo. Un simile interpello, infatti, risulta nella sostanza plasmato sulla falsariga del solo art. 641, comma 1, c.p.c. (pur, in parte, manipolato dalla Suprema Corte) ma, per il resto, presenta un contenuto ben lontano da quello che avrebbe dovuto connotare il decreto ingiuntivo. In altri termini, a fronte di un'omissione del giudice del monitorio, un interpello dal contenuto tanto laconico quale quello che pare prospettato dalle Sezioni Unite impone al consumatore di scegliere se avvalersi o meno dell'opposizione tardiva senza quelle informazioni che egli avrebbe dovuto ricevere (e che, come confermato dalla sentenza che si annota, sono essenziali nella prospettiva della tutela effettiva dei diritti derivanti dalla dir. 93/13/CEE). Le perplessità aumentano ove si consideri che, stando alle Sezioni Unite, il giudice dell'esecuzione è tenuto a comunicare l'interpello anche quando ritenga la clausola non abusiva (auspica che il giudice dell'esecuzione non palesi il proprio convincimento in ordine all'abusività delle clausole, CAPPONI, Il g. e. e la Cass., SS. UU., 6 aprile 2023, n. 9479, in Judicium.it). Ebbene, fermo restando che, secondo la Corte di giustizia, l'informazione destinata a colmare l'asimmetria esistente tra le parti deve essere dal giudice resa solo a fronte di una valutazione positiva (e non, anche, negativa) circa la potenziale abusività della clausola (tra le altre, Corte giust. UE, sez I, 21 febbraio 2013, C-472/11, Banif Plus Bank Zrt), un interpello acritico e laconico quale quello delineato dalle Sezioni Unite rischia non solo di essere un rimedio non effettivo ma, addirittura, di tradursi in un pregiudizio per il consumatore. Questi, infatti, lungi dal vedere colmata l'asimmetria esistente tra le parti del processo, finisce con l'essere invitato a coltivare iniziative processuali potenzialmente pregiudizievoli proprio da quel soggetto terzo ed imparziale (poco importa, nella prospettiva eurounitaria, che si tratti di un giudice dell'esecuzione o di un giudice della cognizione) che è chiamato ad assicurare la tutela effettiva dei diritti derivanti dalla direttiva 93/13/CEE.

Le perplessità sin qui manifestate paiono rafforzate dalla recente sentenza che si annota. La motivazione di tale sentenza, infatti, induce ad escludere che possa esservi quella completa passività del consumatore che preclude il superamento del giudicato ogni volta che, in assenza di una motivazione del decreto ingiuntivo conforme alle prescrizioni della Corte di giustizia (v., da ultimo, Corte giust. UE, sez. IX, 29 febbraio 2024, C-724/22, Investcapital Ltd), non siano state offerte al consumatore «tutte le informazioni necessarie per consentirgli di determinare la portata dei suoi diritti». Ne risulta non solo la (per la verità non necessaria) conferma della centralità del giudice delle controversie consumeristiche individuali nella prospettiva della effettività della tutela, ma, anche (e soprattutto), la chiara prospettazione di una possibile incrinatura del sistema delineato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione. Se un interpello privo di «tutte leinformazioni necessarie per consentirgli di determinare la portata dei suoi diritti» non consente di ritenere integrata una completa passività del consumatore (pur ove questi non abbia proposto l'opposizione tardiva), l'interpello quale delineato dalle Sezioni Unite rischia di essere strumento non idoneo a stabilizzare il giudicato. Ancora, un simile interpello rischia di non costituire un rimedio idoneo ad evitare il proliferare di azioni restitutorie la cui imminente propagazione è destinata ad essere incentivata da una disciplina della prescrizione che, pure essa declinata nella dimensione eurounitaria dell'effettività (di recente, Corte giust. UE, sez. IX, 8 settembre 2022, da C-80/21 a C-82/21, E.K., S.K.), presenta profili di “mobilità” cui gli ordinamenti nazionali sono ancora poco abituati.

Avuto riguardo alla rilevanza delle questioni che si prospettano l'auspicio non può quindi che essere quello che si diffondano tra i giudici dell'esecuzione prassi (le quali non sarebbero - almeno in modo esplicito - in contrasto con la più volte richiamata sentenza delle Sezioni Unite) tese a riempire di contenuto l'interpello da rendere al consumatore: ne trarrebbero giovamento non solo il principio di effettività della tutela dei diritti derivanti dalla dir. 93/13/CEE, ma, anche, la complessiva tenuta del sistema processuale.

Guida all'approfondimento

BACCAGLINI, Il decreto ingiuntivo emesso nei confronti del consumatore: le ricadute sul piano della cognizione e dell’esecuzione alla luce selle Sezioni Unite, in Nuova giur. civ. comm. 2023, 4, 946 ss.;

CAPORUSSO, Le Sezioni Unite tra potere nomogenetico della Corte di Giustizia e autonomia processuale degli Stati membri, in Riv. dir. proc., 2023, 3, 1231 ss.;

CONSOLO, Istruttoria monitoria “ricarburata” e, residualmente, opposizione tardiva consumeristica “rimaneggiata” (specie) su invito del g.e., in Giur. it. 2023, 1054 ss.;

D’ALESSANDRO, Il decreto ingiuntivo non opposto emesso nei confronti del consumatore dopo Corte di Giustizia, grande sezione, 17 maggio 2022 (cause riunite C-693/19 e C-381/19, causa C-725/19, causa C-600/19 e causa C-869/19): in attesa delle Sezioni Unite, in www.Judicium.it 2022;

FARINA M., Decreto ingiuntivo non opposto e clausole abusive nella giurisprudenza delle Corti di vertice, in Riv. dir. proc., 2023, 4, 1527 ss.

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