Motivazione dell’accertamento di distribuzione occulta di utili a carico dell’ex socio di società a ristretta base azionaria

Giovambattista Palumbo
20 Agosto 2024

La Suprema Corte, con l'ordinanza 1° luglio 2024, n. 18038, si è pronunciata in tema di distribuzione occulta di utili a socio di società a ristretta base azionaria, definendo i requisiti minimi di motivazione previsti per poter considerare legittimo l'avviso di accertamento notificato ad un socio non facente più parte della compagine societaria.

Massima

Nel caso in cui tra l'anno d'imposta sottoposto ad accertamento ed il momento della notificazione alla società dell'atto impositivo il socio sia receduto dalla compagine sociale, è nullo l'avviso di accertamento a lui notificato per i maggiori redditi di capitale presuntivamente distribuiti, quando esso, rinviando per relationem alla motivazione dell'avviso di accertamento notificato alla società, manchi dell'allegazione della documentazione citata o della riproduzione dei suoi contenuti essenziali.

Il caso

La Corte di Cassazione, con la recente Ordinanza 1° luglio 2024, n. 18038, ha risolto un caso in tema di distribuzione occulta di utili a socio di società a ristretta base azionaria, chiarendo quali sono i requisiti minimi di motivazione affinché, in caso di socio non più facente parte della compagine societaria al momento della notifica, il relativo avviso possa essere considerato legittimo.

Nel caso di specie, la contribuente aveva proposto ricorso avverso gli avvisi con cui l'Agenzia delle Entrate aveva accertato, per gli anni di imposta 2009 e 2010, ai fini dell'IRPEF e in virtù della presunzione di distribuzione di utili extracontabili, maggiori redditi da partecipazione, a seguito di avviso di accertamento emesso nei confronti della s.r.l. partecipata dalla stessa contribuente.

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva, previa riunione, i ricorsi, ma la decisione, appellata dall'Agenzia, veniva poi integralmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale, la quale ribadiva la legittimità della presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili, ritenendo privi di valenza probatoria gli estratti conto bancari prodotti dalla contribuente.

Avverso tale sentenza la contribuente proponeva infine ricorso per cassazione, censurando, per quanto di interesse, la sentenza impugnata per avere la CTR ritenuto legittima la pretesa tributaria e per non avere annullato gli atti impositivi, che, in quanto privi di motivazione, erano lesivi del diritto del contraddittorio e della difesa, laddove l'avviso notificato recava infatti solo il numero del diverso avviso emesso a carico della società, con i corrispondenti utili ricostruiti nei periodi di imposta.

La ricorrente ribadiva peraltro la sua totale ignoranza dell'avviso di rettifica presupposto, emesso nei confronti della società quando ella aveva già dismesso la propria partecipazione.

Con un secondo motivo di ricorso si lamentava poi che la CTR aveva omesso l'esame degli effetti della mancata notificazione alla contribuente dell'atto di accertamento a carico della società e il fatto che, comunque, agli atti impositivi a lei diretti non era stato allegato o riprodotto l'avviso di accertamento notificato alla stessa società.

La questione

Pur facendo riferimento alla violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, la ricorrente, con il primo mezzo di impugnazione, aveva sostanzialmente denunciato l'illegittimità dell'avviso di accertamento perché privo della necessaria motivazione.

Sul tema, del resto, la Corte di Cassazione, con l'Ordinanza 10 febbraio 2022, n. 4239, aveva già affermato che «in tema di accertamento nei confronti del socio di società a ristretta partecipazione sociale, ove tra l'anno d'imposta sottoposto ad accertamento ed il momento della notificazione alla società dell'atto impositivo il socio sia receduto dalla compagine sociale, è nullo l'avviso di accertamento a lui notificato per i maggiori redditi di capitale presuntivamente distribuiti, quando esso, rinviando per relationem alla motivazione dell'avviso di accertamento notificato alla società, manchi dell'allegazione della documentazione citata o della riproduzione dei suoi contenuti essenziali».

Le soluzioni giuridiche

I giudici di legittimità, con la sentenza in commento, intendono seguire questa linea.

Escluso dunque, sulla base dei documenti allegati al ricorso, che gli avvisi d'accertamento notificati alla contribuente contenessero i passaggi essenziali dell'atto impositivo già notificato alla società, avendo l'Ufficio indicato il solo numero degli avvisi emessi a carico della società, né potendo il mero accenno alle voci di maggior imponibile accertato in capo alla società sopperire al procedimento logico-motivazionale su cui reggeva l'avviso, la Suprema Corte ribadisce che, in materia di accertamento tributario di un maggior reddito nei confronti di una società di capitali organizzata nella forma della società a responsabilità limitata ed avente ristretta base partecipativa, e di accertamento conseguenziale nei confronti dei soci, l'obbligo di motivazione degli atti impositivi notificati ai soci è soddisfatto anche mediante il rinvio per relationem alla motivazione dell'avviso di accertamento riguardante i maggiori redditi percepiti dalla società, anche se solo a quest'ultima notificato, giacché il socio, ex art. 2476 c.c., ha comunque il potere di consultare la documentazione relativa alla società e, quindi, di prendere visione dell'accertamento presupposto e dei suoi documenti giustificativi (cfr., Cass., 2 ottobre 2020, n. 21126; Cass., 18 febbraio 2020, n. 3980Cass., 4 giugno 2018, n. 14275Cass., 28 novembre 2014, n. 25296).

Tale orientamento incontra però, come rilevato dalla citata Cass. 10 febbraio 2022, n. 4239, il limite della persistente posizione di socio, con conseguente facile accesso alla conoscenza e comunque conoscibilità degli atti che attingono la società.

Nel caso di specie, invece, la ricorrente, ancora socia nell'anno d'imposta sottoposto a verifica fiscale, nello spazio temporale tra tale annualità e quella in cui l'Amministrazione finanziaria aveva dato corso all'attività accertativa nei riguardi della compagine sociale, e successivamente nei suoi confronti, aveva ceduto la sua partecipazione sociale.

Conclude quindi la Cassazione che se era indiscutibile che, astrattamente, poteva rispondere anch'ella della presunta distribuzione degli utili extracontabili accertati in via definitiva in capo alla società, era invece tutt'altro che scontato che, una volta ceduta la propria partecipazione sociale ed uscita da quella compagine sociale, ella fosse stata ancora in condizione di accedere alla documentazione della medesima società.

Pertanto, trovava applicazione, nella specie, la prescrizione degli artt. 7 della l. n. 212/2000 e 42 del d.p.r. n. 600/1973, con l'effetto della nullità dell'avviso di accertamento indirizzato al socio receduto, motivato mediante rinvio all'atto impositivo precedentemente notificato alla società, senza allegazione o riproduzione dei suoi contenuti essenziali nell'atto impositivo relativo allo stesso socio.

In conclusione, afferma la Corte, se è corretta l'interpretazione che riconosce in capo al socio la conoscibilità degli atti indirizzati alla società, anche per la peculiare ristrettezza della compagine sociale, non può certo affermarsi che il socio receduto abbia ancora accesso agli atti e alla documentazione sociale, così come prevede l'art. 2261 e l'art. 2320 c.c. per le società di persone, oppure l'art. 2476 comma 2, c.c., per le società a responsabilità limitata.

In tali casi l'ex socio non ha infatti alcuna garanzia di accesso alla documentazione notificata alla società, cui per relationem fa rinvio l'atto impositivo ricevuto. Conseguentemente, l'avviso di accertamento notificato alla contribuente, il quale, ai fini della motivazione, aveva fatto rinvio all'avviso di accertamento indirizzato alla società, doveva essere necessariamente corroborato dalla allegazione della documentazione citata, o, quanto meno, dalla riproduzione dei suoi contenuti essenziali.

La Corte afferma quindi il principio di diritto sopracitato.

Osservazioni

A prescindere dallo specifico caso processuale, in termini più generali, giova anche evidenziare quanto segue.

In caso di società a ristretta base partecipativa è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati in capo alla società, rimanendo comunque salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma accantonati, ovvero reinvestiti.

Da un punto di vista processuale, le Sezioni Unite della Cassazione hanno del resto affermato il principio di diritto – successivamente oggetto di costante applicazione in caso di separata pendenza dei giudizi di accertamento nei confronti di società di capitali a ristretta base partecipativa e dei soci della stessa – secondo cui, in tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria (salvi i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante), quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (e, se disposta, può essere proposta subito istanza di prosecuzione ex art. 297 c.p.c.), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell'art. 337 comma 2, c.p.c. (Cass., sez. un., 29 luglio 2021, n. 21763, Cass. civ, sez. trib., 12 settembre 2022, n. 26699).

Il fondamento logico della detta presunzione di distribuzione degli utili si rinviene quindi nella «complicità», che, normalmente, avvince un gruppo societario composto da poche persone.

Il fatto noto, che sorregge la distribuzione degli utili extracontabili, in sostanza, non è costituito dalla sussistenza di questi ultimi, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci che, in tal caso, normalmente caratterizza la gestione sociale (cfr., Cass., 19 marzo 2015, n. 5581).

Se poi, come nel caso esaminato, tale (possibilità di) controllo sulla vita societaria, in un secondo momento, viene meno, è chiaro che ogni successivo atto processuale dovrà però essere motivazionalmente “adeguato”, non potendo dare per presupposta la conoscenza degli atti societari da parte dell'ex socio.

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