Il ruolo della medicina legale nell'accertamento della sofferenza morale
24 Luglio 2024
Introduzione «Così è: dopo tante indagini faticose, tormentose talvolta anche pei testi di legge assoggettati ad una cura violenta d'interpretazione, il dibattito su l'entità e quindi sul rifacimento del "danno morale" è sempre aperto: e quel che più sorprende è la incertezza onde paiono addirittura avvolte certe decisioni […] quando dopo accolta la separazione netta fra le due maniere di danno compongono poi il danno morale di elementi del tutto patrimoniali» (Chironi, G. P.: Del danno morale, in Id.: Studi e questioni di diritto civile, Vol. II, Parte speciale, Milano-Torino-Roma, 1914, p. 383 - cors. orig.). Così già nel 1914 scriveva il Chironi nel commentare alcune sentenze dell'epoca e noi non possiamo far altro che confermare questa evidenza: a più di 100 anni di distanza il dibattito sul danno morale è ancora aperto. In realtà, scopo del presente focus non è tanto quello di discutere sull'esatta ontologia del danno morale, questione questa ormai (apparentemente) chiusa almeno dal 2008, bensì cercare di descrivere lo stato dell'arte della valutazione della sofferenza morale, portando all'attenzione del lettore la proposta di valutazione effettuata dalla Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni (SIMLA). Facendo però un passo indietro per un breve e doveroso excursus storico, occorre ricordare che nel 1986, con la sentenza n. 184, la Corte Costituzionale ha sancito l'esistenza, all'interno del danno non patrimoniale, del danno biologico e del danno morale. Tale distinzione subì qualche cambiamento nel corso del tempo, come era ovvio aspettarsi: nel 2003, ad esempio, la Corte di Cassazione con le cosiddette “Sentenze gemelle”, nonché la Corte Costituzionale, identificarono all'interno del danno non patrimoniale il danno morale soggettivo, il danno biologico e il danno esistenziale, definito come unicum. Fino ad arrivare al 2008 quando, con le famose sentenze di San Martino, le Sezioni Unite della Cassazione (Cass civ., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972 e Cass. civ., sez. un., 11 novembre 2008, n. 26975) hanno stabilito che il danno morale costituisce peculiare aspetto del danno non patrimoniale, in quanto pregiudizio costituito dalla «sofferenza soggettiva derivata dal fatto lesivo dei diritti inviolabili della persona costituzionalmente qualificati». Nelle sentenze del 2008 era inoltre anche affrontato il tema della duplicazione risarcitoria nella separata liquidazione del danno biologico e del danno morale; scrive la Suprema Corte «va conseguentemente affermato che, nell'ambito della categoria generale del danno non patrimoniale, la formula danno morale non individua una autonoma sotto-categoria di danno, ma descrive, tra i vari pregiudizi non patrimoniali, un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata. Sofferenza la cui intensità e durata nel tempo non assumono rilevanza ai fini della esistenza del danno ma solo della quantificazione del risarcimento». Infatti, a parte la problematica, tutt'altro che di poco conto, dell'esatto inquadramento del danno morale, che poi giungerà a definitiva (si spera) classificazione nel 2018 con l'ordinanza decalogo (Cass. civ. sez. III, 27 marzo 2018, n. 7513), vi era l'altro grande problema relativo alle modalità con cui questo danno dovesse essere risarcito. All'epoca, la prassi consolidata seguiva un sistema di liquidazione del danno morale con un automatismo tale che ne veniva riconosciuto un incremento economico di 1/3 o 1/2 del quantum individuato per il danno biologico temporaneo o permanente. A fronte di ciò, la Suprema Corte con la pronuncia Cass. civ., sez. III, 23 maggio 2003, n. 8169 ribadiva che «è censurabile la liquidazione del danno morale in una frazione del danno biologico con un automatismo che elude l'obbligo di motivazione… la quantificazione automatica del danno morale come quota del danno biologico al quale il primo si accompagna è illogica e potenzialmente riduttiva». Questo problema fu poi posto, in ambito medico legale, dagli Autori della Guida alla valutazione medico-legale dell'invalidità permanente edita nel 2009 da Giuffrè (Ronchi E., Mastroroberto L., Genovese U., Guida alla valutazione medico-legale dell'invalidità permanente. Con contributo alla quantificazione della sofferenza morale, Giuffrè Editore. 2009), testo che dedicò all'argomento un intero capitolo, intitolandolo Contributo medico-legale alla quantificazione della sofferenza morale. In particolare, gli Autori sollevarono il problema di stabilire cosa esattamente fosse “contenuto” nel termine danno morale e se – ed in che misura – attraverso l'accertamento medico legale sul danneggiato fosse possibile evidenziare elementi che, diversamente dalla quantificazione del danno biologico, potessero contribuire ad una stima “personalizzata” di questo pregiudizio. Questo concetto è stato poi ribadito nel corso degli anni anche dalla Giurisprudenza; ad esempio, con la sentenza della Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2011 n. 12408 e con la sentenza della Cass. civ., sez. III, 16 febbraio 2012 n. 2228, è stato nuovamente affermato il concetto che non si potesse liquidare autonomamente e automaticamente la sofferenza calcolandola come mera frazione del danno biologico, bensì la sua valutazione era da rimandare alla «valutazione tecnica espressa dal medico legale». Ovviamente, da medici legali, non possiamo che concordare a pieno su questo punto. Gli Autori già citati, sempre nella Guida del 2009, scrivevano giustamente che proprio perché erano da rifiutare automatismi risarcitori, «…vi potrebbe essere preciso interesse del giudice ad una scala tecnica del grado di sofferenza che offra dati per quanto possibile oggettivi, ripetibili e che possano rappresentare supporto motivazionale al convincimento: a maggior ragione nei casi (frequenti) in cui buona parte del danno morale è costituito dalle sofferenze fisiche, dalle terapie e dall'iter clinico». Ma di parere diverso sul ruolo della Medina Legale rispetto all'accertamento della sofferenza sembra essere stata, almeno ad una prima lettura, la famosa “ordinanza decalogo” della Cassazione, Cass. civ. sez. III, 27 marzo 2018, n. 7513, che, al punto 8) del decalogo afferma: «In presenza di un danno alla salute, non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico e di un ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranee alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione)». In realtà, la sentenza, come da altri precedentemente sottolineato, non dice e non esclude che possa essere di utilità un contributo medico-legale per la valutazione della sofferenza morale ed è facile ritenere che il giudice, esaminata la metodologia medico-legale che adesso andremo a illustrare, ne trarrebbe certamente giovamento. Proprio su questa scia si va ad inserire un primo passo in avanti effettuato dalla SIMLA. A fronte delle ripetute pronunce della Cassazione e a fronte delle affermazioni della dottrina medico legale, la Società incaricò un gruppo di medici legali esperti nella valutazione del danno alla persona in responsabilità civile di effettuare una prima disamina delle varie problematiche legate alla quantificazione della sofferenza. Al termine dei lavori fu stilata una prima proposta di Statement della SIMLA sulla Valutazione medico legale della sofferenza psico-fisica del 2018, che ha posto le basi per la costruzione di una metodologia valida di valutazione e quantificazione della sofferenza lesione e menomazione correlata. Il Gruppo di Esperti incaricato dalla Società affermava che il concetto di sofferenza psico-fisica, alla luce degli orientamenti giurisprudenziali, poteva essere scisso in due componenti: 1. sofferenza “pura”, ovvero “patema d'animo transeunte” conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente garantito, diverso dal bene salute ed indipendente dalla sussistenza di una menomazione all'integrità psicofisica. In quanto tale, essa non è di pertinenza valutativa medico-legale (i.e. sofferenza pura conseguente alla perdita di un parente, in assenza di un accertato pregiudizio alla salute di natura psichiatrica delle vittime secondarie, sofferenza per una diffamazione o ingiusta carcerazione… e via elencando); 2. sofferenza menomazione-correlata, ovvero conseguente alla lesione della salute, pregiudizio però diverso dal danno biologico, ma di cui rappresenta una conseguenza, nei suoi aspetti di temporaneità e permanenza. Il documento sottolineava inoltre come non sussistesse alcun rapporto diretto ed automatico tra entità della menomazione permanente/temporanea e la sofferenza da essa derivata. La proposta di Statement della SIMLA prevedeva quindi una scala di valutazione della sofferenza sia in riferimento al danno biologico temporaneo (sofferenza lesione-correlata), sia in riferimento al danno biologico permanente (sofferenza menomazione-correlata), proponendo, secondo una precisa gamma di criteri valutativi oggettivi ed evincibili dalla visita medico legale, una scala di valutazione distinta e graduata in crescenti quotazioni: “assente”, “lieve”, “lievissima”, “medio”, “elevata” ed “elevatissima”. Il Gruppo di Esperti, con quel documento, delineava quindi un duplice aspetto della sofferenza – sofferenza pura e sofferenza menomazione-correlata – ritenendo che il medico legale dovesse esprimersi soltanto sul secondo punto, fornendo al giudice elementi utili, oggettivi e verificati, per la valorizzazione economica di tale aspetto. A tal proposito ricordiamo il punto di vista di P. Ziviz (Alla ricerca di uno statuto definitivo per il danno non patrimoniale, in IUS Responsabilità civile, Focus del 30 ottobre 2018): «Un rilievo finale va riservato all'eventuale ruolo che può ricoprire il medico legale con riguardo all'accertamento del turbamento emotivo provocato dallo stato di invalidità (permanente o temporanea) della vittima. Va osservato che, in quanto soggetto deputato ad accertare sul piano scientifico la lesione dell'integrità psico-fisica come concretamente sofferta dalla vittima, il medico legale è in grado di fornire compiuti riscontri di carattere qualitativo utili per poter determinare l'ordine di grandezza dell'impatto emotivo che quel certo tipo di invalidità ha prodotto in capo a quella specifica persona. Si tratta, pertanto, di indicazioni delle quali il giudice dovrà tener conto all'atto della valutazione del danno non patrimoniale complessivamente inteso: per determinare, in particolare, se le compromissioni sofferenziali subite dalla vittima si spingano o meno oltre il limite della quota standard compresa nel calcolo tabellare». In realtà il dibattito sul danno morale è ancora aperto, non tanto però, come prima detto, per la sua autonomia ontologica, più volte confermata anche dalla Suprema Corte, quanto sulle modalità di indagine e sulla gradazione della sua intensità, essendo per sua stessa natura di difficile e particolare quantificazione a differenza del danno biologico dinamico-relazionale. Il metodo francese e il danno al “sentire”: prime proposte di valutazione della sofferenza Un contributo alla risoluzione dei nostri problemi su questa particolare tematica, ben prima degli statement della SIMLA, era stato fornito dalla metodologia di valutazione francese. Il loro sistema, infatti, pur essendo diverso dal nostro, ha molti punti in comune, tra cui l'utilizzo di baremès per la quantificazione del danno biologico dinamico-relazione, o - come la chiamano loro - della “incapacitè a faire”, incapacità al “fare”. Accanto a questa valutazione, che appare similare alla nostra, i francesi hanno anche da tempo proposto delle scale valutative per la stima della souffrances, della sofferenza, distinta dall'incapacità a fare e che si può ben tradurre in “pregiudizio al sentire”. Le scale francesi propongono una valutazione strutturata in sette gradi, utilizzando come parametri di valutazione la diagnosi di lesione, il tipo di trattamento effettuato ed il periodo di astensione lavorativa. Seppur riconoscibile il grande pregio di essere definite precorritrici in tale ambito, le scale di valutazione francese non sono state però emulate o copiate, bensì utilizzate come punto di partenza nella iniziale proposta avanzata nel 2009 dalla più volte citata “Guida”. In essa gli Autori, in riferimento alla scala francese della sofferenza, scrivevano che il ricorso all'utilizzo della diagnosi di lesione come parametro oggettivo avrebbe potuto condizionare in modo inappropriato la valutazione, così come l'astensione lavorativa era da considerare parametro di scarso aiuto nella gradazione della sofferenza, proponendo a loro volta una diversa metodologia, per la prima volta portata nel nostro Paese all'attenzione degli operatori del settore. Quella prima scala proponeva come parametri oggettivi la valutazione della durata delle cure (iter clinico), il tipo di terapia, farmacologica e non, per lenire il dolore fisico, il tipo di presidio ortopedico posizionato per curare la lesione, il tipo di intervento chirurgico ed infine il grado di impedimento e rinuncia all'estrinsecazione delle attività quotidiane della persona. Quella tabella prevedeva di fornire a ciascun parametro un punteggio crescente da zero a cinque secondo la sua entità meglio specificata all'interno della tabella; la somma dei punteggi dei singoli parametri (erano cinque) avrebbe poi condotto ad uno score totale oscillante dal minimo di 0/25 al massimo di 25/25. Sulla base del punteggio finale era poi possibile indicare una stima, oggettivamente riproducibile, della quantificazione della sofferenza di quella specifica persona, che era possibile assumere come base per poi proporre un risarcimento monetario per la sofferenza basata non su automatismi, come veniva allora fatto nella maggior parte dei casi, ma su una stima ragionata, oggettiva, riproducibile e aderente a fatti e riscontri desunti dalla storia clinica del paziente. Nel 2013 altri Autori medico legali affrontarono lo stesso argomento proponendo una loro metodologia di indagine (E. Pedoja , F. Pravato, La sofferenza psicofisica nel danno alla persona. Metodologia valutativa medico-legale, Maggioli editore, 2013) ed ancora nel 2015, in occasione della seconda edizione della Guida Ronchi Mastroroberto Genovese, fu modificata la modalità di calcolo dello score. Il tema divenne quindi di maggiore attualità e, a quel punto, visto anche che diverse sedi giudiziarie avevano iniziato ad inserire fra i quesiti da porre al CTU medico legale anche la stima della sofferenza patita dal danneggiato, la SIMLA si appropriò della questione, creando un gruppo di lavoro ad hoc che, come già scritto, nel 2018 stilò un primo documento, quello sopra richiamato. Il documento finale della SIMLA Alla prima proposta di Statement sulla valutazione medico legale della sofferenza psico-fisica del 2018 è seguita una seconda fase del lavoro del Gruppo, che alla fine ha prodotto un secondo documento intitolato “Valutazione medico legale della sofferenza lesione e menomazione correlata nella rappresentazione del danno a persona - fase seconda”. In questo secondo documento, come premessa, viene ribadito il concetto che la componente non patrimoniale del danno connessa con la Sofferenza Lesione e Menomazione (SLM) correlata costituisce una categoria che, all’interno del danno non patrimoniale, è diversa dal danno biologico; ma è soprattutto ribadito che a uguale danno biologico permanente (sia in termini percentualistici che in termini anatomo-funzionali) non è detto che corrisponda una uguale sofferenza menomazione correlata, così come non è detto che a parità di menomazione corrisponda un uguale iter clinico e quindi una uguale sofferenza lesione correlata. Testualmente, infatti, il documento recita: «È assodato sotto il profilo fisiopatologico che non sia conforme alla realtà clinica né affermabile in termini tecnici medico legali una diretta proporzionalità ed una correlazione ripetibile tra entità e caratteristiche della compromissione lesiva dello stato psico-fisico personale e caratteristiche della SLM correlata. “L’autonomia ontologica” di danno morale rispetto al danno biologico è principio affermato in sede giuridica ed in piena armonia con le acquisizioni medico legali nella prospettiva di una valutazione della “effettiva consistenza delle sofferenze fisiche e psichiche patite” per un compiuto apprezzamento del danno alla persona: l’esigenza di una graduazione applicativa con criteri ripetibili e clinicamente motivati rappresenta un auspicato riferimento finalizzato a principi di equità, omogeneità e ripetibilità». Continua il nuovo documento SIMLA: «Il trauma fisico esprime una componente nocicettiva ed una percettiva, ampia ed articolata, nella quale sono incluse espressioni culturali, relazionali, di percezione del sé e del proprio contesto di vita … La lesione dell’integrità psico-fisica umana … si associa, dunque, a componenti di sofferenza nel suo significato più complesso che contrassegnano sia la fase evolutiva di un processo lesivo alla persona sia l’eventuale condizione di minorazione permanente come percezione interiore di una realtà evolutiva o di uno stato». Il Gruppo di Lavoro sottolinea come il contenuto della sofferenza con valore di detrimento morale è costituito dalle ripercussioni generali di patimenti interiori direttamente derivati dalla modificazione peggiorativa dell’assetto biologico personale. Le componenti considerate sono rappresentate dalla frustrazione e dal senso di inadeguatezza, dalla disistima di sé, dal disagio nel rapporto con gli altri, sino al ritiro sociale, dal disagio fino alla umiliazione derivante dalla necessità di dipendenza da terzi anche per le più intime attività di vita quotidiana, dall’obbligo di adozione di presidi o ausili determinato da lesioni e/o menomazioni, nonché dall’evidenza e l’apprezzabilità degli stessi da parte di terzi. Esse rappresentano tutte conseguenze del danno alla integrità psico-fisica, alle conseguenze della perduta o ridotta capacità del leso di vivere la vita come la viveva in precedenza, ma che si distinguono da esso, riguardando non già il pregiudizio al “fare” (danno biologico), bensì quello al “sentire” (danno da sofferenza morale). Sulla base di ciò il documento propone dei criteri di analisi della percezione interiore e della sofferenza morale temporanea correlati alla lesione ed alla sua evoluzione fino alla stabilizzazione (sofferenza lesione correlata), facendo riferimento ai seguenti aspetti delle conseguenze della lesione alla salute:
E dei criteri di analisi della percezione interiore e della sofferenza morale correlata agli esiti permanenti (sofferenza menomazione correlata):
Questi, dunque, i criteri delineati dalla SIMLA da utilizzare per il medico legale che si approcci alla valutazione della sofferenza lesione-menomazione correlata. Ogni criterio andrà chiaramente valorizzato con una gradazione che, come prima detto, va da “assente” a “elevatissima”. La valutazione globale della gradazione dei singoli criteri andrà poi trasformata in una valutazione unica e complessiva che miri a indicare il grado globale della sofferenza relativa al periodo di danno biologico temporaneo o al danno biologico permanente. Questo, ad avviso degli scriventi, sia pur con i limiti di ogni schematizzazione, ben rappresenta un metodo di indagine medico legale oggettivo, determinante omogeneità di trattamento, affidabile e soprattutto riproducibile. Registriamo peraltro in proposito anche un recente contributo pubblicato su questa stessa rivista a firma del Dott. Pedoja, che già ne condivideva finalità e metodo (E. Pedoja: Valutazione della componente “sofferenza menomazione correlata”: commento allo Statement SIMLA, IUS Responsabilità civile, Focus del 21 febbraio 2023). Come scriveva uno di noi già nel 2009 (concetto poi ribadito ancora nel 2011 da E. Ronchi, L. Mastroroberto, U. Genovese, Sofferenza morale: conferme e novità, Medicina e Diritto, nr. 1/2011, pagg. 6-16, 2011 e poi ancora richiamato nel 2019 da E. Ronchi, L. Mastroroberto, U. Genovese: La competenza medico legale nella valutazione “tecnica” della sofferenza soggettiva interiore, IUS Responsabilità civile, Focus del 26 settembre 2019), nessuno nel mondo medico legale ha «mai sostenuto che il medico legale possa direttamente accertare il dolore dell’anima, la vergogna, la disistima, la paura, la disperazione, eccetera… la metodologia elaborata… cerca di cogliere, nella storia del danneggiato, elementi indiretti ma oggettivi. Le domande dirette sono certamente da bandire in questa specifica materia. In ambito clinico, il rapporto medico-paziente è improntato, ovviamente, alla reciproca fiducia. Il rapporto medico-legale/periziando è contrassegnato da sfiducia più o meno evidente. Non possono aver peso risposte a fronte di domande dirette (come nelle scale di valutazione del dolore in uso in sede clinica); non esistono tristometri né diretti misuratori del dolore dell’animo, della vergogna, della disistima di sé, eccetera; e nessuno può dubitare che tutto debba essere rimesso all’accertamento del Giudice». Il quesito medico legale proposto dall’Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano Dopo l’aggiornamento del 2013 che per la prima volta inseriva nel quesito al CTU medico legale il compito di dare una indicazione quantitativa del grado di sofferenza, le edizioni 2021 e 2024 ne hanno predisposto una nuova versione dettagliando ulteriormente la richiesta all’ausiliario di giustizia di pronunciarsi sul tema della sofferenza. In verità già nel 2019 Damiano Spera aveva mostrato un vivo interesse per il primo statement della SIMLA (D. Spera, Il nuovo quesito medico legale all'esame dell'Osservatorio di Milano, IUS Responsabilità civile, Focus 16 luglio 2019), mostrando di condividerne i contenuti. Come poi vedremo, lo stesso autore, nella Relazione illustrativa del nuovo quesito medico legale allegata alla presentazione delle nuove tabelle 2021-2014 ha rielaborato il quesito da porre al consulente medico legale e nella parte riguardante l’identificazione e quantificazione del danno da sofferenza soggettiva ha fatto esplicito riferimento al documento SIMLA ed alla metodologia che esso propone (D. Spera, Relazione a cura del dott. Damiano Spera, Coordinatore del “Gruppo danno alla persona” dell’Osservatorio di Milano, Nota di presentazione tabelle dell’Osservatorio di Milano 2021-2014, pag. 62-68). Per una questione puramente semantica, ma quanto mai cogente, è importante sottolineare come, sulla scorta delle pronunce di Cassazione, il gruppo-danno dell’Osservatorio ha quindi deciso, anzi tutto, di aggiornare la terminologia utilizzata nel quesito, reputando preferibile denominare il danno biologico con il sintagma “danno biologico/dinamico relazionale” e il c.d. danno morale con il sintagma “danno da sofferenza soggettiva interiore”. D’altronde, all’interno dell’ordinanza decalogo si diceva già che «…ogni discussione scientifica è impossibile in assenza di un lessico condiviso». Quindi questo passo è certamente di rilievo nel computo finale della nostra discussione. Ulteriore punto da evidenziare è che, all’interno delle nuove Tabelle milanesi, viene riconosciuto il ruolo della Dottrina medico legale. È stato infatti recepito (anche se rimane qualche dubbio di cui si dirà in seguito) quanto prodotto dai documenti della SIMLA, che con gli ultimi lavori ha di recente formulato la seguente distinzione tra “sofferenza pura”, da intendersi come la sofferenza conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente garantito, diverso dal bene salute e che, in quanto tale, non è di pertinenza valutativa medico legale (come, ad esempio, in ipotesi di danno da perdita del rapporto parentale, da diffamazione… ecc.) e “sofferenza menomazione correlata”, cioè la sofferenza interiore direttamente conseguente al danno biologico temporaneo e permanente. Fatta e ribadita questa distinzione, aggiungiamo che già nel quesito del 2013 sia per il danno biologico temporaneo che per quello permanente, il quesito prevedeva di chiedere al C.T.U. di «indicare il consequenziale grado di sofferenza psicofisica, in una scala da 1 a 5». Si chiedeva in particolare allora, come avviene anche nel nuovo quesito, di indicare:
In sostanza, nel dare risposta al quesito, il CTU deve offrire al giudice tutti gli elementi utili per accertare il grado di sofferenza soggettiva interiore derivante da una lesione del bene salute. A differenza però del quesito del 2013, nelle versioni 2021-2024, non si chiede più al CTU di valutare il grado della sofferenza con una scala da 1 a 5, metodo che in diversi casi aveva portato a conclusioni del tutto apodittiche, bensì di valutarlo mediante una scala crescente di intensità “assente/lievissima, lieve, media, elevata, elevatissima”. Sembra effettivamente che quanto prodotto dagli Statement della SIMLA sia stato recepito anche nella terminologia da utilizzare. A ben guardare infatti, benché sia nella parte lesione correlata, sia in quella menomazione correlata, il quesito chiede di apprezzare specificamente alcuni dei vari parametri indicati dal documento SIMLA, alla fine comunque (v. punto 8 per la componente temporanea e p. 7 in quella permanente), rimette al CTU un giudizio complessivo, così testualmente formulato: «alla luce dei predetti accertamenti (ove sia stato richiesto dalla parte il risarcimento del danno da sofferenza soggettiva interiore), dica in quale dei seguenti parametri possa essere valutata la c.d. “sofferenza menomazione-correlata” al danno biologico/dinamico-relazionale temporaneo: assente/lievissima, lieve, media, elevata, elevatissima». Conclusioni Nel concludere queste note, siamo consapevoli che Medicina Legale e Giurisprudenza non sempre fanno passi avanti contemporaneamente e il dibattito, come si diceva all’inizio, è ancora aperto, e parlarne e approfondire le tematiche di discussione serve anche ad allineare i pensieri e cercare di far correre insiemequeste due Discipline per raggiungere, alla fine, le tanto agognate equità e stabilità del sistema. Ma abbiamo anche cercato di evidenziare come, sul tema della sofferenza, entrambe le discipline hanno fatto passi avanti nel ricercare ed in parte soddisfare le reciproche esigenze tecnico-interpretative. Per questo, atteso che ormai il punto di contatto ci sembra vicino e fermo restando che lo statement illustrato rappresenta uno strumento che, al pari della valutazione degli altri parametri di danno forniti dal medico legale, può dare al giudice una indicazione ulteriore per meglio motivare la decisione finale, ci sentiremmo di auspicare che esso possa, al pari dei barème per la valutazione del danno permanente biologico, rappresentare lo strumento di riferimento, attraverso il quale raggiungere, anche per questo parametro di danno, indicazioni univoche, fondate su elementi oggettivi. Chironi G. P.: Del danno morale, in Id.: Studi e questioni di diritto civile, Vol. II, Parte speciale, Milano-Torino-Roma, 1914, p. 383 - cors. orig.; Ronchi E., Mastroroberto L., Genovese U., Guida alla valutazione medico-legale dell'invalidità permanente. Con contributo alla quantificazione della sofferenza morale, Giuffrè Editore. 2009; SIMLA, Prima proposta di Statement della SIMLA sulla Valutazione medico legale della sofferenza psico-fisica, 2018; Ziviz P., Alla ricerca di uno statuto definitivo per il danno non patrimoniale, in IUS Responsabilità civile, Focus del 30 ottobre 2018; Pedoja E, Pravato F. La sofferenza psicofisica nel danno alla persona. Metodologia valutativa medico-legale, Maggioli editore, 2013; SIMLA, Valutazione medico legale della sofferenza lesione e menomazione correlata nella rappresentazione del danno a persona - fase seconda; Pedoja E.: Valutazione della componente “sofferenza menomazione correlata”: commento allo Statement SIMLA, IUS Responsabilità civile, Focus del 21 febbraio 2023; Ronchi E., Mastroroberto L., Genovese U., Sofferenza morale: conferme e novità, Medicina e Diritto, nr. 1/2011, pagg. 6-16, 2011; Ronchi E., Mastroroberto L., Genovese U., La competenza medico legale nella valutazione “tecnica” della sofferenza soggettiva interiore, IUS Responsabilità civile, Focus del 26 settembre 2019; Spera D., Il nuovo quesito medico legale all'esame dell'Osservatorio di Milano, IUS Responsabilità civile, Focus 16 luglio 2019; Spera D., Relazione a cura del dott. Damiano Spera, Coordinatore del “Gruppo danno alla persona” dell’Osservatorio di Milano, Nota di presentazione tabelle dell’Osservatorio di Milano 2021-2014, pag. 62-68. |