I confini di applicazione della cedolare secca secondo la Cassazione
31 Luglio 2024
Massima In tema di redditi da locazione, il locatore può optare per la cedolare secca anche nell'ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell'esercizio della sua attività professionale, atteso che l'esclusione di cui all'art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 23/2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell'esercizio di una attività d'impresa o di arti e professioni. Il caso Con la sentenza 7 maggio 2024, n. 12395 la Corte di Cassazione - sezione V prende in esame la questione della possibilità del ricorso al regime della cedolare secca di cui al d.lgs. n. 23/2011 nel caso di contratto di locazione che sia stipulato da un conduttore esercente attività imprenditoriale al fine di acquisire la disponibilità di un appartamento da utilizzare per l'alloggio dei propri dipendenti o collaboratori. Nella controversia definita dalla sentenza, il proprietario di immobile ad uso abitativo sosteneva appunto l'applicazione del regime fiscale della cedolare secca al reddito proveniente dal contratto di locazione stipulato relativamente a tale immobile con un conduttore che svolgeva attività imprenditoriale. L'applicabilità nel caso della normativa in tema di cedolare secca era stata negata dall'Amministrazione finanziaria sulla base dell'affermazione - poi condivisa dalla Commissione Tributaria Regionale con la decisione impugnata davanti al Supremo Collegio - che la previsione del comma 6 dell' art. 3 d.lgs. n. 23/2011 (per cui “ le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 del presente articolo, che prevedono il descritto regime della cedolare secca, non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di una attività d'impresa o di arti e professioni”) escluda l'applicabilità della normativa anzidetta non solo nel caso in cui i caratteri indicati dalla norma riguardino la posizione del locatore, ma anche nel caso in cui questi riguardino la posizione del conduttore. La questione Per definire la controversia, la Corte di Cassazione affronta una serie di questioni. Innanzitutto, prende in considerazione la questione delle finalità delle disposizioni che hanno introdotto il regime fiscale della cedolare secca. Individuate tali finalità, la Corte si pone, poi, il problema dell'interpretazione della disposizione sopra ricordata del comma 6 dell'art. 3 del d.lgs. n. 23/2011. Per individuare il significato e la portata di tale norma, la Corte prende in esame anche la previsione del comma 6-bisdello stesso art. 3 del d.lgs. n. 23/2011, il quale dispone che il regime della cedolare secca trova applicazione nel caso di locazione a cooperative o associazioni non lucrative che a loro volta lochino o assegnino l'alloggio a studenti universitari o a Comuni con previsione di esclusione dell'aggiornamento del corrispettivo. Al termine del percorso così seguito, la Corte dà risposta al quesito che sopra si è indicato: nel caso prospettato (e cioè nel caso in cui la locazione sia stipulata da un conduttore nell'esercizio della sua attività imprenditoriale) deve ritenersi che il ricorso al regime fiscale della cedolare secca sia consentito atteso che “l'esclusione di cui all'art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 23/2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell'esercizio di una attività d'impresa o di arti e professioni”. Le soluzioni giuridiche Conviene approfondire le ragioni sulle base delle quali la sentenza giunge alla conclusione indicata. Come detto, quale primo passo nell'iter argomentativo seguito la sentenza prende in esame la ratio del regime fiscale della cedolare secca e nota come la normativa che ha introdotto tale regime persegua più finalità. Il primo e più evidente obiettivo - si sottolinea - è quello del contrasto dell'evasione fiscale: con la previsione di un'imposta fissa di entità ridotta che comprenda tutti gli oneri fiscali del contratto di locazione si intende incentivare l'emersione dei contratti di locazione e favorire la regolarità e correttezza nel pagamento delle imposte relative alle locazioni. Le finalità che il legislatore intende perseguire con il regime fiscale anzidetto sono, però, anche altre. Vi è infatti anche l'obiettivo “di facilitare il reperimento di immobili ad uso abitativo” in locazione: attraverso la semplificazione e la moderazione del trattamento fiscale delle locazioni abitative si crea la condizione perché i proprietari degli immobili siano incentivati all'offerta in locazione dei loro immobili con l'effetto sul piano generale dell'accrescimento delle possibilità di soddisfacimento della necessità di alloggi per l'abitazione. Da notare - per inciso - come coerenti con questa finalità siano le previsioni della l. n. 431/1998 di facilitazione fiscale per le locazioni agevolate. Con riguardo alla finalità così individuata, la sentenza chiarisce peraltro - ed è precisazione assai importante proprio in relazione alla questione cui la Corte dà soluzione - che la condizione indicata è presente anche nel caso dell'“esercizio delle attività imprenditoriali, arti o professioni”, le quali “sempre più spesso avvengono lontano dal luogo di residenza/sede o sono dislocate in plurimi contesti territoriali”. La promozione dell'offerta degli immobili da locare quali abitazioni è diretta dunque a soddisfare anche l'esigenza di chi svolge attività imprenditoriale e deve disporre di abitazioni in luogo diverso da quello di residenza per l'alloggio di collaboratori e dipendenti. Il regime della cedolare secca - precisa la sentenza - persegue anche un altro obiettivo: lo scopo di “di sostenere la conservazione del patrimonio immobiliare” consentendo di effettuare le necessarie “periodiche spese di manutenzione straordinaria”. Tra le finalità da considerare, vi è, dunque, anche quella della promozione e facilitazione del mantenimento delle condizioni e del valore del patrimonio immobiliare: un trattamento fiscale moderato delle locazioni abitative dà ai proprietari degli immobili la possibilità di effettuare in numero maggiore e con maggiore frequenza gli interventi necessari per la conservazione degli immobili. Chiarite le finalità della normativa in esame, la sentenza prende in considerazione la questione dell'applicabilità del regime della cedolare secca alle locazioni stipulate ex latere conductoris da imprenditori o professionisti. Al proposito, la sentenza ricorda che “ai sensi dell'art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 23/2011, le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 del presente articolo, che prevedono il descritto regime della cedolare secca, non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di un'attività d'impresa o di arti e professioni” e si chiede quali siano il significato e la portata di questa regola. Nel dare risposta al quesito, la Corte nota che - attesa “la necessità di coordinare la disposizione in esame con quelle richiamate, di cui ai precedenti commi, che attribuiscono esclusivamente al locatore la possibilità di optare per il regime tributario della cedolare secca, senza che il conduttore possa in alcun modo incidere su tale scelta” - deve opinarsi che la previsione sia “riferita, esclusivamente, alle locazioni di unità immobiliari effettuate dal locatore nell'esercizio della sua attività di impresa o della sua arte/professione”, restando di contro “irrilevante la qualità del conduttore e la riconducibilità della locazione, laddove ad uso abitativo, alla attività professionale del conduttore (ad esempio […] per esigenze di alloggio dei suoi dipendenti)”. Da segnalare che la conclusione alla quale perviene la sentenza si discosta da quella che fino ad ora era stata proposta e sostenuta dall'Agenzia delle Entrate, che ha sempre ritenuto che la possibilità del ricorso al regime della cedolare secca si ponga solo nel caso in cui né l'una né l'altra delle parti del contratto di locazione operi in qualità di imprenditore o professionista, negando dunque la possibilità del ricorso a tale regime in tutti i casi in cui il conduttore abbia tale qualità. Si noti che l'àmbito delle locazioni per le quali è consentito il ricorso alla cedolare secca viene ad essere - alla luce del principio affermato dalla Corte - più ampio di quello individuato dalla lettura della norma cui fino ad ora si erano attenute le Entrate (lettura che ha comportato la riduzione del numero degli immobili offerti in locazione e l'impoverimento del mercato delle locazioni). Aspetto chiave per la definizione della questione esaminata dalla Corte è quello del rapporto tra le previsioni del comma 6 e del comma 6-bis dell'art. 3 del d.lgs. n. 23/2011. Perché possa essere compreso il significato di tale rapporto la sentenza ricorda che il comma 6 dell'articolo indicato prevede - come abbiamo già detto - che “le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 del presente articolo non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di una attività d'impresa, o di arti e professioni” mentre il comma 6-bis prevede che “l'opzione di cui al comma 1 può essere esercitata anche per le unità immobiliari abitative locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro di cui al libro I, titolo II del codice civile purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all'aggiornamento del canone di locazione o assegnazione”. La sentenza - nel considerare il rapporto tra queste due norme - osserva innanzitutto che la posizione che viene considerata dalla normativa in tema di cedolare secca è certamente e solamente la posizione del locatore, cui viene attribuito il diritto di scegliere se fare o non fare ricorso al regime anzidetto: la stessa previsione del comma 6 deve essere intesa in questo senso. Peraltro - afferma la Corte - la previsione del comma 6-bis non si discosta dal principio anzidetto dal momento che essa “non esclude affatto che, in base ai commi precedenti, il locatore possa esercitare l'opzione per la cedolare secca con riferimento ad un contratto di locazione ad uso abitativo concluso con un imprenditore/professionista e riconducibile all'attività di quest'ultimo”. Né potrebbe ritenersi - aggiunge la Corte - “che, posta questa premessa, il comma 6-bis dell'art. 3 del d.lgs. n. 23/2011 sia privo di effetti”: tale comma infatti “disciplina la possibilità per il locatore di optare per la cedolare secca in ragione non del contratto di locazione concluso con conduttori di cooperative edilizie per la locazione/enti senza scopo di lucro, ma piuttosto di quello di sub-locazione con studenti universitari: possibilità che, da un lato, prescinde dal tipo di contratto c.d. madre concluso (che potrebbe anche non essere una locazione ad uso abitativo), ma che, dall'altro lato, esige, al fine di evitare abusi o distorsioni della cedolare secca, la successiva stipula di un contratto di sub-locazione ad uso abitativo, con rinuncia all'aggiornamento istat, a favore di studenti universitari e la messa a disposizione dei Comuni”. Sulla base di queste considerazioni, la sentenza perviene alla conclusione che, dal raffronto tra le previsioni dei commi 6 e 6-bis, resti confermato il principio per cui la posizione che rileva ai fini dell'esclusione dell'applicabilità della cedolare secca è solo quella del locatore. Osservazioni La sentenza offre lo spunto per formulare alcune considerazioni. Una prima riflessione può formularsi alla luce dell'affermazione - contenuta nella motivazione della sentenza - che il contratto di locazione che abbia ad oggetto un alloggio potrebbe avere natura di locazione non abitativa. Si tratta di ipotesi, pur non frequente, che è comunque in concreto certamente consentita: considerato che l'applicabilità della disciplina degli artt. 27 ss. della l. n. 392/1978 deve riconoscersi quando risulti un collegamento funzionale dell'immobile locato con una delle attività contemplate dall'art. 27 pur svolta in altro locale di cui il conduttore abbia la disponibilità a qualsiasi titolo (Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2009, n. 24035) può pensarsi - quali esempi della condizione indicata - all'ipotesi della locazione ad un albergatore di un alloggio da utilizzarsi quale dépendance al servizio del suo albergo o all'ipotesi della locazione ad un imprenditore turistico di un appartamento perché questo sia sublocato per finalità turistiche o ancora all'ipotesi della locazione ad un imprenditore di un appartamento per l'utilizzo ad alloggio di servizio per i suoi dipendenti e collaboratori. E' proprio in relazione alla situazione ora descritta che la norma che introduce le disposizioni in materia di cedolare secca (il comma 1 dell'art. 3 del d.lgs. n. 23/2011) fa ricorso alla definizione “unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo”: formula con la quale si mantiene distinta la natura dell'oggetto del contratto di locazione dalla natura del contratto di locazione. Ciò che si ricava dalla normativa peraltro - come viene segnalato anche dalla sentenza in commento - è che solo nel caso in cui siano presenti entrambe le condizioni - consistenti l'una nel fatto che l'oggetto della locazione sia costituito da un'abitazione e l'altra nel fatto che tale immobile sia locato ad uso abitativo - può trovare applicazione, in base a quanto dispone il comma 1 dell'art. 3, la disciplina sulla cedolare secca. Eccezione rispetto a questa regola è fornita dalla previsione del comma 6-bis, la quale prende in considerazione ipotesi nelle quali - come afferma la sentenza in commento - il contratto di locazione “potrebbe anche non essere una locazione ad uso abitativo”. Da notare, poi, che la lettura delle norme fornita dalla sentenza in commento potrebbe aprire nuove prospettive nell'interpretazione della disposizione del comma 6-bis. Una prima ipotesi di lettura della disposizione anzidetta, che sembra consentita dal contenuto della sentenza in esame, potrebbe legarsi alla considerazione che si è formulata supra: potrebbe riconoscersi la finalità della disposizione del comma anzidetto nell'estensione dell'applicazione della disciplina della cedolare secca ad una fattispecie alla quale tale disciplina in difetto della norma non si applicherebbe: (che - come si è visto - il comma 1 dell'art. 3 prevede che riguardi le sole “unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo”) la locazione di immobili che - pur costituendo abitazioni - non siano oggetto di locazione abitativa in quanto locati ad una cooperativa o ad una associazione non lucrativa. La previsione del comma 6-bis potrebbe vedersi - in quest'ottica - quale strumento per l'estensione del campo di applicazione della disciplina della cedolare secca a tale specifica ipotesi di locazione. E' questa l'ipotesi di interpretazione della disposizione del comma 6-bis cui sembra più agevole pervenire seguendo la strada indicata dalla sentenza in commento. Meno convincente (perché meno vicina all'orientamento di fondo della disciplina del regime della cedolare secca) appare, invece, l'ipotesi di lettura del comma 6-bis che consideri questa disposizione volta a consentire l'applicabilità della cedolare secca non soltanto nel caso del conduttore che stipuli il contratto di locazione nell'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale (ipotesi questa che secondo quanto afferma la sentenza sarebbe già consentita dalla previsione del comma 6, ma anche nel caso - pur assai raro in quanto limitato alle ipotesi disegnate dalla disposizione del comma 6-bis - di locazioni stipulate da locatori che operino nell'esercizio di impresa o di professione. Ipotesi di lettura che, dunque, consideri che, ove la concreta utilizzazione dell'immobile consista nel fornire alloggio, da parte di una cooperativa o di un'associazione non lucrativa, a studenti con esclusione della possibilità di aggiornamento del canone, al contratto di locazione in base al quale la cooperativa o l'associazione non lucrativa abbia acquisito la disponibilità dell'immobile si può applicare il regime della cedolare secca anche nel caso in cui ciò non sarebbe consentito dalla previsione del comma 6 (e cioè nel caso in cui il contratto fosse stipulato nell'esercizio della sua attività da un locatore imprenditore o professionista). Quali sviluppi potranno aversi relativamente all'interpretazione delle norme in rapporto alle riflessioni ora formulate sulla base di quanto affermato dalla sentenza che stiamo esaminando non è possibile al momento prevedere. Da notare, comunque, che entrambe le costruzioni interpretative che si sono ora ipotizzate siano coerenti sul piano sistematico con le altre disposizioni che regolano la materia delle locazioni: esse si tradurrebbero infatti in ulteriori ipotesi di tutela di fattispecie che sono già oggetto di considerazione da parte della l. n. 431/1998 (la quale tutela appunto in modo specifico, con il comma 3 del suo art. 1, l'ipotesi della locazione di alloggio ad un Ente locale e, con i commi 2 e 3 dell'art. 5, l'ipotesi della locazione agli studenti universitari). Quanto viene affermato dalla sentenza in commento conduce, infine, a considerare anche la questione dell'ipotesi di applicazione del regime della cedolare secca alle locazioni non abitative. Al proposito, va ricordato che, nel passato, è stata disposta - limitatamente alle nuove locazioni stipulate nell'anno 2019 - l'applicazione della cedolare secca anche alle locazioni non abitative. L'art. 1, comma 59, della l. 30 dicembre 2018, n. 145 aveva appunto previsto che il regime fiscale della cedolare secca si applicasse anche nei confronti del reddito derivante da alcune locazioni di immobili destinati ad uso non abitativo. La norma prevedeva che “il canone di locazione relativo ai contratti stipulati nell'anno 2019, aventi ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 metri quadrati, escluse le pertinenze, e le relative pertinenze locate congiuntamente, può, in alternativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, essere assoggettato al regime della cedolare secca, di cui all'art. 3 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, con l'aliquota del 21 per cento”. A quella ora ricordata, era stata aggiunta l'ulteriore disposizione secondo cui “tale regime non è applicabile ai contratti stipulati nell'anno 2019, qualora alla data del 15 ottobre 2018 risulti in corso un contratto non scaduto, tra i medesimi soggetti e per lo stesso immobile, interrotto anticipatamente rispetto alla scadenza naturale”. L'esperimento disposto con le disposizioni ora ricordate era durato solo un anno: nonostante il bilancio dell'estensione dell'applicazione ora menzionata fosse risultato positivo - non solo con riguardo alla finalità del contrasto all'evasione fiscale ma anche con riguardo alle ulteriori finalità di incremento dell'offerta degli immobili in locazione e di incentivazione della manutenzione degli immobili da parte dei proprietari - e nonostante molte organizzazioni rappresentative del settore (prima tra tutte la Confedilizia) avessero suggerito - e anche oggi continuino a suggerire - l'estensione dell'applicazione del regime della cedolare secca, la disposizione sopra ricordata non è stata reiterata con riguardo alle locazioni non abitative stipulate successivamente al 2019. Resta, comunque, il fatto che in virtù della norma ricordata la disciplina della cedolare secca continua a tutt'oggi ad avere applicazione quanto ai contratti di locazione non abitativa concernenti gli immobili appartenenti alla categoria catastale C/1 stipulati nell'anno 2019 che siano a tutt'oggi in corso. Riferimenti Kowalsky, Cedolare secca, in IUS Condominio e locazione, 14 novembre 2017; Scalettaris, La disposizione in tema di cedolare secca per le locazioni commerciali stipulate nel 2019, in Arch. loc. e cond., 2020, 276; Spaziani Testa, La cedolare secca sugli affitti, Piacenza, 2011. |