La sottoscrizione digitale “per autentica” si può utilizzare per la querela?

05 Agosto 2024

Il deposito telematico della querela è un obbligo generalizzato o no? Il difensore può autenticare la sottoscrizione del querelante, apposta su un documento cartaceo, con la propria firma digitale? Sono questi soltanto alcuni dei dubbi “operativi”, sorti in uno con l'introduzione del processo penale telematico, già affrontati dalla giurisprudenza. Vediamo insieme le soluzioni prospettate per non incorrere in preoccupanti sanzioni processuali.

Il PDP e il deposito della querela. Qual è la portata dell'obbligatorietà del suo utilizzo?

La querela, condizione di procedibilità per un numero rilevante di reati – divenuto ancora più folto dopo l'entrata in vigore della riforma Cartabia – è uno di quei momenti topici nel quale possono annidarsi vizi tali da condizionare tutta la vita del nascente procedimento penale. Ognuno sa, infatti, che la difettosità della condizione di procedibilità, se rilevata e dichiarata dall'autorità giudiziaria, impedisce l'avvio o il proseguimento dell'azione penale. Indispensabile è, quindi, non sbagliare nulla né sotto il profilo sostanziale (per esempio, con riguardo alla esatta individuazione dell'offeso dal reato legittimato a sporgere querela), né sotto quello processuale. Con riferimento a quest'ultimo profilo si sono recentemente adottati alcuni accorgimenti tecnici che hanno notevolmente cambiato il panorama delle tecniche di deposito della querela da parte del difensore. Ci riferiamo, in particolare, all'obbligatorietà del suo deposito telematico. A tal proposito, è sorto l'interrogativo se l'obbligatorietà, per l'avvocato, di veicolare la querela attraverso il PDP abbia portata generalizzata, oppure no. Il tessuto normativo di riferimento è costituito dall'art. 87, commi 6-bis e 6 del decreto legislativo n. 150/2022, da leggersi insieme all'art. 111-bis c.p.p., introduttivo del generale obbligo di deposito telematico degli atti processuali, e 336 c.p.p., tradizionalmente riservata alla definizione del concetto di querela. Il combinato disposto delle norme appena citate prevede l'obbligo per il difensore-procuratore speciale di depositare la querela soltanto attraverso il canale telematico. Quali sono, a questo punto, i confini di tale obbligo? Su questo argomento si è pronunciata la Suprema Corte (Cass. pen., sez. II, 3 aprile 2024, n. 20754), che ha circoscritto la sua portata al solo caso in cui il difensore indirizzi la querela alla Procura della Repubblica e non la deposito, ad esempio, presso un ufficio di Polizia o una Stazione dei Carabinieri. Gli Ermellini, su questo tema, hanno quindi fatto chiarezza – ci auguriamo definitivamente – scrivendo che: «non vi è alcun appiglio normativo utile a supportare l'assunto difensivo secondo il quale il deposito attraverso il processo portale telematico abbia una portata generalizzata e debba avvenire anche quando la querela sia depositata presso uffici diversi dalla Procura della Repubblica».

L'utilizzabilità della firma digitale per autenticare la sottoscrizione del querelante

Altro profilo degno di attenzione è quello dell'autenticazione della sottoscrizione del querelante, che sappiamo poter essere eseguita dall'avvocato, ai sensi dell'art. 39 disp. att. c.p.p. Su questo punto va considerato che il quadro normativo vigente stabilisce il principio che l'autentica di una sottoscrizione autografa, anche se quest'ultima viene scansionata elettronicamente, può ben avvenire mediante firma digitale. Il principio così enucleato è rintracciabile nel combinato disposto degli artt. 24 e 25 del c.d. codice dell'amministrazione digitale (d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche), che contempla la equiparazione della firma digitale all'apposizione di timbri, marchi, contrassegni, eccetera e prevede espressamente che l'autenticazione possa avvenire anche sull'acquisizione scannerizzata della firma autografa. Se a ciò aggiungiamo che quelle norme riguardano il “pubblico ufficiale” e che tale è tradizionalmente considerato l'avvocato che autentica la firma del proprio cliente, ne consegue l'assenza di ogni dubbio sul fatto che un difensore possa autenticare, facendo uso della firma digitale, la copia informatica della sottoscrizione del suo assistito. Anche su questo argomento si è pronunciata la Quinta Sezione della Cassazione, con la sentenza n. 8920 dell'8 febbraio 2024, confermando la correttezza della ricostruzione della trama normativa che consente all'avvocato della persona offesa-querelante di autenticarne la firma, anche facendo uso della sottoscrizione digitale. Altro profilo è, semmai, quello del possesso della qualifica appena indicata: il difensore che intenda autenticare la firma del querelante deve averne già ricevuto la nomina difensiva, non sussistendo, in capo agli avvocati, un generalizzato potere autenticativo simile a quello previsto per altre categorie soggettive (notai, cancellieri, eccetera).

In conclusione

Volendo azzardare una previsione, possiamo dire che nel breve periodo non smetteremo di occuparci di questo genere di problemi operativi. Le innovazioni tecnologiche, si sa, portano con loro inevitabili sconvolgimenti nell'agire quotidiano. Questi ultimi, nel cosmo giuridico, si traducono in dubbi interpretativi, vizi processuali ed eccezioni sollevate nelle più disparate sedi. L'intervento nomofilattico, a questo punto, si dimostra essenziale. E, nell'invocarlo, speriamo sempre che sia comprensivo del modo concreto nel quale quotidianamente si porta avanti il lavoro del sempre turbolento “comparto giustizia”.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario