La presunzione di distribuzione degli utili nelle società a ristretta base sociale: stato dell’arte e prospettive normative

Giancarlo Marzo
20 Settembre 2024

Con sentenza 30 gennaio 2024, n. 2752, la Corte di cassazione si è pronunciata sul tema della presunzione di distribuzione degli utili nelle società a ristretta base sociale richiamando un precedente (Cass., sez. V, 19 novembre 2020, n. 26317), al quale si è conformata. 

Massima

In tema di imposta sui redditi, per le società di capitali a ristretta base sociale è ammessa la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili. Tale operazione esegetica non si porrebbe in contrasto con il divieto di presunzione di secondo grado, e ciò in quanto il fatto noto non sarebbe dato dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società, bensì dalla ristrettezza dell'assetto societario, il quale, secondo l'id quod plerumque accidit, comporterebbe uno stretto vincolo di solidarietà e di reciproco controllo nella gestione sociale.

Il caso

Il contesto in cui si inserisce la sentenza è una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza nei confronti di una società. A seguito di tale verifica, sono stati emessi due avvisi di accertamento relativi all'Iva e alle imposte dirette. L'Amministrazione finanziaria, ritenendo che i maggiori ricavi accertati fossero stati distribuiti ai soci sotto forma di utili extracontabili, ha emesso due atti impositivi anche nei confronti del socio rispettivamente per il 95% dei ricavi del 2003 e per il 100% di quelli del 2004.

La questione

Il contribuente ha impugnato gli avvisi di accertamento, deducendo in primis la necessità di integrare il contraddittorio, richiesta accolta come questione pregiudiziale. Inoltre, ha contestato l'illegittimità degli atti impositivi, sostenendo l'assenza dei presupposti per operare la presunzione di distribuzione degli utili accertati in capo alla società.

In particolare, il contribuente ha sottolineato l'infondatezza della presunzione che gli utili extracontabili fossero stati distribuiti proporzionalmente alla sua partecipazione nel capitale sociale, senza il rispetto del limite percentuale del 40% previsto dall'art. 47 del TUIR.

La Commissione Tributaria Provinciale di Brescia ha rigettato i ricorsi, confermando la legittimità degli atti impugnati, decisione poi confermata anche in appello. Il contribuente ha, quindi, proposto ricorso per cassazione, articolato in diversi motivi.

La soluzione giuridica

La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha respinto il ricorso del contribuente, confermando la legittimità dell'imputazione dei maggiori utili in capo ai soci sulla base della ristretta base sociale della società. La Corte ha fatto riferimento all'orientamento consolidato secondo cui, in materia di imposte sui redditi, nelle società a ristretta base sociale è ammessa la presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili. Tale presunzione, ha precisato la Corte, non contrasta con il divieto di presunzione di secondo grado, in quanto il c.d. "fatto noto" è costituito dalla ristrettezza dell'assetto societario, che implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo tra i soci.

La Corte ha chiarito che, una volta operante tale presunzione, spetta, poi, al contribuente fornire prova contraria, dimostrando la mancata distribuzione degli utili extracontabili o l'inesistenza del loro effettivo conseguimento.

Inoltre, ha ulteriormente chiarificato che il limite del 40% previsto dall'art. 47 del TUIR agli utili extracontabili si applichi esclusivamente agli utili regolarmente dichiarati dalla società e non a quelli derivanti da evasione fiscale. Pertanto, non vi sarebbe il rischio di doppia imposizione ogniqualvolta gli utili non siano dichiarati nella contabilità della società.

Osservazioni

La mancata distribuzione degli utili extracontabili o l'inesistenza del loro effettivo conseguimento: la “prova contraria”

La recente evoluzione normativa in materia di processo tributario ha introdotto rilevanti modifiche nella ripartizione dell'onere probatorio tra il Fisco e il contribuente. Con la legge n. 130 del 2022, in vigore dal 16 settembre 2022, è stato inserito il comma 5-bis all'art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, che attribuisce all'Amministrazione finanziaria l'onere della prova in giudizio delle violazioni contestate con l'atto impugnato. Questo cambiamento normativo inciderebbe ¾ se correttamente vagliato dai giudici ¾ profondamente su situazioni come quelle relative alla presunzione di distribuzione degli utili nelle società a ristretta base sociale.

Prima di tale modifica normativa, la giurisprudenza consolidata attribuiva al contribuente l'onere di fornire la prova contraria per contrastare la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili. Questa presunzione, basata sulla ristretta base sociale della società, si fondava su un'interpretazione giurisprudenziale che riteneva plausibile, in assenza di prova contraria, che i soci avessero percepito tali utili. Tuttavia, con l'introduzione del nuovo comma 5-bis all'art. 7, questo approccio verrebbe sostanzialmente rivisitato.

La novellata disposizione prevede che il giudice fondi la propria decisione sugli elementi di prova emersi in giudizio e che annulli l'atto impositivo se la prova della sua fondatezza sia mancante, contraddittoria o, comunque, insufficiente a dimostrare ¾ in modo circostanziato e puntuale ¾ le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l'irrogazione delle sanzioni. In altre parole, è ora il Fisco a dover dimostrare, con precisione e coerenza, la fondatezza della sua pretesa, con l'unica eccezione prevista dalla normativa tributaria sostanziale che regola specifiche ipotesi di inversione dell'onere della prova.

La presunzione della ristretta base sociale, su cui in passato si fondavano molte delle contestazioni relative alla distribuzione degli utili, deve, quindi, essere considerata superata, non potendo prevalere sul nuovo precetto normativo. A differenza di altre presunzioni disciplinate direttamente dal legislatore, come l'accertamento sintetico ex art. 38 del d.p.r. n. 600 del 1973, la presunzione di distribuzione degli utili nelle società a ristretta base ha natura giurisprudenziale e non trova un esplicito fondamento normativo. Pertanto, alla luce del principio sancito dal novellato art. 7, comma 5-bis, l'Amministrazione finanziaria è tenuta a fornire in giudizio una prova circostanziata non solo dell'avvenuta distribuzione dei maggiori utili accertati in capo alla società, ma anche dell'effettiva percezione di tali utili da parte dei soci.

Questa evoluzione normativa richiede che l'Ufficio finanziario attivi strumenti probatori più incisivi, come indagini di natura finanziaria o patrimoniale, per dimostrare la reale esistenza di un imponibile sottratto a tassazione e per giustificare l'imputazione ai soci dei maggiori utili presunti. Solo se l'Amministrazione riesca a fornire tale prova in modo convincente, il giudice potrà confermare l'accertamento.

La giurisprudenza di merito ha già recepito questo mutamento, come dimostra una recente sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano, sez. V, 28 giugno 2023, n. 2380, che ha ribadito l'importanza della dimostrazione puntuale e circostanziata da parte dell'Amministrazione finanziaria. In assenza di tale dimostrazione, l'atto impositivo deve essere annullato.

Verso la riforma delle presunzioni di distribuzione degli utili nelle società a ristretta base sociale: stato attuale e prospettive future

È fondamentale evidenziare l'attuale discussione legislativa riguardo alla presunzione di distribuzione occulta degli utili nelle società a ristretta base sociale.

La legge delega per la riforma fiscale (legge del 9 agosto 2023, n. 111) prevede specifiche disposizioni che modificheranno le modalità di accertamento nei confronti dei soci di queste società. Tuttavia, come chiarito nella risposta all'interrogazione parlamentare n. 5-02650 del 24 luglio 2024 dalla Commissione Finanze della Camera, tali disposizioni non sono immediatamente applicabili, ma verranno attuate in futuro, in linea con la tempistica stabilita dalla legge delega.

In particolare, la legge delega stabilisce che l'accertamento nei confronti dei soci di società a ristretta base sarà ammesso solo alla presenza di due condizioni: (i) l'esistenza di un reddito accertato in capo alla società basato su elementi certi e precisi; (ii) la sussistenza di componenti positivi non dichiarati o da componenti negativi inesistenti a fondamento di tale rettifica. Questa previsione normativa, sebbene chiara e precisa, non è ancora stata implementata nei decreti attuativi finora emanati, e, pertanto, non avrebbe effetto immediato, nemmeno per i giudizi pendenti.

In conclusione, sebbene il legislatore intenda limitare l'uso della presunzione di distribuzione degli utili nelle società a ristretta base, con le future modifiche normative, attualmente rimane valida la giurisprudenza che attribuisce all'Amministrazione finanziaria ampio margine di manovra in tale ambito. Tuttavia, la risposta della Commissione Finanze conferma che l'applicazione effettiva di tali disposizioni richiederà ancora tempo, lasciando in sospeso la portata e l'impatto di queste modifiche nel breve termine.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.