Allegati agli atti di impugnazione privi di sottoscrizione digitale: si consolida la lettura teleologica

23 Settembre 2024

Le norme in materia di inammissibilità hanno lo scopo di assicurare la provenienza certa e l’autenticità dell’atto depositato telematicamente. Da ciò discende la necessità che la sanzione dell’inammissibilità operi solo nel caso in cui l’allegato privo di firma digitale sia essenziale per la valutazione di una specifica questione.

Non era infrequente che, nel caso in cui il difensore avesse dimenticato di apporre la sottoscrizione digitale su un allegato a un atto di impugnazione, quest’ultimo fosse dichiarato inammissibile nel suo complesso. La mancanza della firma digitale sugli allegati, quindi, trascinava nell’abisso dell’inammissibilità l’intera impugnazione, con conseguenze devastanti facilmente intuibili.

Il fondamento normativo su cui si sono appoggiate le ordinanze di inammissibilità è duplice: prima dell’entrata in vigore della riforma Cartabia, esso è stato rinvenuto nell’art. 24, comma 6-sexies, lett. b) della l. 176/2020 (di conversione in legge del famoso d.l. n. 137/2020). La disciplina in esame, nota per essere stata la prima ad “aprire” al deposito delle impugnazioni a mezzo posta elettronica certificata per ovviare ai disagi dell’emergenza pandemica, prevedeva espressamente la sanzione dell’inammissibilità laddove gli allegati all’impugnazione non fossero stati sottoscritti digitalmente dal difensore. Con l’entrata in vigore del d.lgs. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia), invece, la norma di riferimento è diventata quella contenuta nell’art. 87-bis, il quale, nel dettare le regole di dettaglio per il deposito telematico delle impugnazioni, ha ribadito il concetto della necessità che gli allegati siano sottoscritti digitalmente dal difensore per attestarne la conformità agli originali.

Dalla interpretazione strettamente letterale di queste norme discendeva l’automatica e indefettibile declaratoria di inammissibilità degli atti di impugnazione ai quali erano acclusi allegati privi di firma digitale. E le ordinanze di inammissibilità, infatti, non si sono fatte attendere.

Tuttavia, nel rifiutare una interpretazione formalistica del dettato normativo in esame, la Corte di Cassazione ha maturato nel breve volgere di un triennio un proprio convincimento che si è vieppiù consolidato. Possiamo così sintetizzarlo: bisogna rifuggire da una interpretazione ciecamente letterale delle norme in tema di inammissibilità delle impugnazioni depositate telematicamente. Queste norme, infatti, hanno quale scopo primario quelle di assicurare la certezza della provenienza dell’atto e la sua autenticità. Da ciò ne discende che, sposando una lettura teleologicamente orientata del complesso delle norme vigenti, può addivenirsi alla conclusione che la sanzione processuale dell’inammissibilità deve essere applicata soltanto se l’allegato, privo di firma digitale, sia essenziale per la valutazione di una specifica questione sottoposta al giudice dell’impugnazione. Ciò, quindi, consente di “ritagliare” il motivo colpito dal vizio processuale e di salvare, in ossequio al principio di conservazione degli atti, il resto dell’impugnazione (quella, per intenderci, che non è strettamente correlata all’allegato privo di sottoscrizione).

Il fondamento di questo orientamento è multiforme: a ispirarlo è stata, innanzitutto, la considerazione secondo cui dalla lettura costituzionalmente orientata del complesso normativo vigente emerge chela mancata sottoscrizione digitale delle copie informatiche per immagine da parte del difensore può comportare la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione solo ove l'allegato privo di sottoscrizione digitale assuma una valenza decisiva o, comunque, essenziale nell'economia dell'impugnazione proposta” (Così si legge in Cass., sez. VI, 11 maggio 2023, n. 29173). Tale lettura, peraltro, gode della copertura dell’ombrello costituito dagli arresti della Corte EDU (v., tra le tante, Xavier Lucas c. Francia), secondo la quale il diritto di accedere al processo deve essere concreto ed effettivo, e tale non può definirsi se esso è ingabbiato in rigidi formalismi fini a se stessi.

Infine, un’attenta analisi delle norme vigenti non annoverano più (quantomeno in forma esplicita) l’omessa sottoscrizione degli allegati quale causa di inammissibilità dell’atto di impugnazione, che è da considerarsi invalido soltanto se non è sottoscritto digitalmente dal suo autore.

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