La disapplicazione del regolamento comunale è possibile solo in presenza di vizi di legittimità

Giuseppe Durante
25 Settembre 2024

Nella sentenza n. 16287 del 12 giugno 2024, i giudici di legittimità delineano le circostanze specifiche in base alle quali un contribuente può richiedere al giudice tributario, come previsto dall'art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 546/1992, di non applicare il Regolamento comunale per la regolamentazione delle imposte, secondo quanto stabilito dal d.lgs. n. 446/1997.

Massima

In materia di TARI, il potere giudiziale di disapplicazione degli atti regolamentari del Comune previsto espressamente dall'art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 546/1992 non trova applicazione in relazione alla classificazione delle categorie con omogenea potenzialità di rifiuti previsti dall'art. 68, comma 2, del d.lgs. n. 507/1993. La possibile disapplicazione del Regolamento comunale previsto dal d.lgs. n. 446/1997 è ammessa solo in presenza di specifici vizi di legittimità dell'atto comunale quali l'incompetenza, la violazione di legge nonché l'eccesso di potere.

Il caso

La questione tributaria posta all'attenzione della Corte di Cassazione prende piede nel caso di specie dalla impugnazione di un avviso di accertamento TARSU/TARI riferito al periodo d'imposta 2006 con il quale il Comune impositore contestava ad una SRL la mancata presentazione della dichiarazione di occupazione delle superfici. Le doglianze mosse dalla società ricorrente riguardavano la categoria attribuita dall'ente locale ad una superficie adibita a parcheggio scoperto a pagamento, a servizio esclusivo dell'ospedale civile della città, considerata non congrua dalla ricorrente rispetto alla effettiva destinazione d'uso dell'area. Veniva pertanto richiesta al giudice tributario la “disapplicazione” dell'atto regolamentare del Comune che aveva stabilito l'applicazione di quella tariffa per quella tipologia di superficie. Il giudice tributario di primo grado accoglieva le ragioni della ricorrente che venivano però rigettate dal giudice di appello il quale dava ragione al Comune impositore. Nei termini di legge la SRL destinataria dell'avviso di accertamento TARI notificava ricorso per Cassazione.

La questione

La questione tributaria posta al vaglio della Suprema Corte di Cassazione nella sentenza in commento in materia di TARSU/TARI è di indubbio interesse poiché focalizza i limiti entro i quali il giudice tributario in sostituzione del giudice amministrativo può disporre “la disapplicazione” del Regolamento comunale ex d.lgs. n. 446/1997 con la quale ogni Comune ha la possibilità di disciplinare i tributi locali. In particolare, l'art. 7, comma 5 del d.lgs. n. 546/1992 prevede la possibilità che il Collegio tributario adito qualora ritenga illegittimo un Regolamento (comunale) o un atto generale rilevante ai fini della decisione, lo può disapplicare in relazione all'oggetto dedotto in giudizio dal ricorrente. In altre parole, se richiesto espressamente dal ricorrente il giudice tributario può disapplicare il Regolamento con il quale il Comune disciplina il o i tributi di spettanza (IMU-TARI- Tributi minori). Tuttavia, i giudici di Palazzaccio hanno precisato che il potere di disapplicazione del giudice tributario trova dei limiti in quanto è possibile disattendere una previsione regolamentare disposta dal Comune solo se sussistono vizi di legittimità dell'atto regolamentare in generale o della singola disposizione regolamentare con la quale l'ente locale ha disciplinato alcuni aspetti del tributo. In particolare, quando si parla di “vizi di legittimità” bisogna necessariamente fare riferimento a casi di incompetenza, violazione di legge o eccesso di potere. Pertanto, ai fini di una possibile disapplicazione del Regolamento TARSU/TARI non possono essere addotte dal contribuente questioni che riguardano strettamente la questione di merito, ossia, per esempio, la congruità dei una tariffa applicata dal Comune piuttosto che un'altra. In particolare, proprio sulla istituzione delle Tariffe TARSU/TARI la giurisprudenza di legittimità ha escluso la configurabilità del vizio di illegittimità ai fini della disapplicazione del Regolamento comunale, in casi in cui l'ente locale preveda l'applicazione di specifiche tariffe riferite ad alcune tipologie di immobili o, viceversa, preveda l'applicazione della stessa tariffa per determinate categorie di immobili. Infatti, è stato disposto dalla stessa Corte di Cassazione in più di una pronuncia che la scelta della tariffa da applicare ai fini Tari rappresenta una scelta discrezionale che rientra nei limiti della potestà impositiva del Comune. Pertanto, nell'ambito degli atti regolamentari dei Comuni esiste uno spazio di discrezionalità di tipo politico-amministrativo che è insindacabile in sede giudiziale. In particolare, come ha chiarito la stessa Corte di Cassazione in più di una pronuncia la legge non obbliga l'ente impositore a determinare in maniera rigorosamente omogenea e paritaria le tariffe in relazione agli immobili cui si riferisce il tributo, essendo l'amministrazione comunale titolare di un potere tecnico-discrezionale che deve necessariamente tenere conto delle peculiarità specifiche delle varie possibili fattispecie oggetto di regolamentazione  in ragione delle caratteristiche del suo territorio e della produzione di rifiuti: ma, una tale valutazione non può giungere a contraddire le finalità stesse e la ratio del tributo. Quest'ultima, è strumentale rispetto alle finalità del tributo in oggetto consistenti nell'idoneità e necessità del gettito tributario a coprire i costi complessivi del servizio erogato, ripartendone ragionevolmente gli oneri in coerenza alla natura stessa e con la qualità di rifiuti potenzialmente riconducibili alle varie tipologie di beni nonché della rispettiva capacità inquinante.

La soluzione giuridica

Ne deriva che, secondo i giudici di Palazzaccio, relativamente alla questione specifica sopra richiamata, la semplice contestazione del contribuente per cui le aree scoperte adibite a parcheggio produrrebbero meno rifiuti dei garages coperti è irrilevante, ai fini della disapplicazione del regolamento dell'ente locale poiché ciò non configura un vizio di legittimità dell'atto poiché viene solo contestato il merito della scelta tariffaria adottata dal Comune sotto il profilo tecnico-amministrativo. Tale profilo, non può essere disapplicato dal giudice tributario ex art. 7, comma 5 del d.lgs. n. 546/1992 sopra richiamato. Nel caso di specie, la SRL ricorrente aveva richiesto al giudice tributario, previo richiama l'art. 68 del d.lgs. n. 507/1993, l'applicazione di una tariffa in sostituzione di quella applicata dal Comune, con conseguente disapplicazione del Regolamento adottato dal Comune. Trattasi, nel caso di specie di una doglianza riferita al merito del tributo poiché incide direttamente sul presupposto d'imposta della tassa e che pertanto non  può concretizzare un vizio di legittimità  tale da poter legittimare la disapplicazione  del regolamento comunale da parte del giudice tributario.

Conclusioni

Con la pronuncia sopra citata, i giudici di Palazzaccio hanno precisato le ragioni specifiche che possono portare il contribuente a chiedere al giudice tributario, ai sensi dell'art. 7, comma 5 del d.lgs. n. 546/1992, la disapplicazione del Regolamento con il quale il Comune impositore ha la possibilità di regolamentare i propri tributi in osservanza a quanto disposto dal d.lgs. n. 446/1997. Non possono essere questioni che riguardano il merito della pretesa impositiva TARI; ossia, i criteri che hanno portato l'ente locale alla determinazione delle tariffe di riferimento, tenendo conto, il Comune impositore, dei diversi gruppi di attività o di utilizzazione di una superficie da parte del contribuente sia esso persona fisica o persona giuridica

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