La “cangiante” qualificazione della polizza unit linked: obblighi informativi, profili successori, separazione patrimoniale
21 Ottobre 2024
Massima In tema di polizze assicurative sulla vita, occorre distinguere tra:
Ne consegue che solo per le prime l'assicuratore assume su di sé, sia pure con diverse gradualità, il rischio demografico dell'evento morte del contraente, al quale va sempre riconosciuta la somma di denaro garantita al momento della stipula del contratto, a prescindere dalle oscillazioni del valore delle quote dei fondi comuni di investimento, rimanendo invece tale rischio a carico del contraente nell'ipotesi di polizza c.d. pura. Il caso Una polizza del tipo unit linked, stipulata tramite primario istituto bancario, prevedeva come persona assicurata non lo stipulante, ma uno dei due beneficiari. Dopo la morte dello stipulante, un beneficiario, subentrato al de cuius quale intestatario della polizza, constatò che il controvalore di essa era sensibilmente inferiore all'ammontare dei premi versati. Dunque, prima riscattò la polizza e poi chiese che fosse dichiarata la nullità del relativo contratto, sia per difetto di volontà dello stipulante, sia perché la polizza, quale strumento finanziario, era da ritenere nulla in assenza di stipulazione di un contratto quadro munito di forma scritta. Parte attrice propose in subordine anche domanda di risoluzione del contratto per inadempimento delle convenute degli obblighi informativi e di valutazione di adeguatezza su di loro gravanti e chiese la restituzione dell'importo pari alla differenza tra premi versati e importo riscattato. Il Tribunale escluse la natura assicurativa del contratto, al quale reputò applicabili le norme relative all'intermediazione finanziaria e, di conseguenza, accertò l'inadempimento della Banca dell'obbligo di acquisire informazioni sulla situazione finanziaria e sulla propensione al rischio del cliente, nonché dell'obbligo di astenersi dal dare corso a operazioni inadeguate e la condannò a risarcire i danni cagionati a titolo di responsabilità precontrattuale, dalla data del contratto al saldo; rigettò, invece, la domanda proposta contro la compagnia assicurativa. La Corte d'appello, invece, accolse l'appello della Banca. La questione La questione è stabilire la causa del contratto assicurativo, ossia il carattere finanziario oppure assicurativo della polizza sulla vita unit linked. Tale accertamento ha conseguenze di assoluto rilievo. L’individuazione di una causa speculativa porta con sé l’obbligo dell’intermediario di fornire con chiarezza tutte le informazioni sulla natura, i rischi e le implicazioni dell’operazione, segnalandone l’eventuale inadeguatezza per permettere all’investitore di effettuare consapevoli scelte d’investimento o disinvestimento, pena la restituzione del capitale versato ed il risarcimento del danno. Gli strumenti assicurativi pongono anche altre questioni, strettamente collegate all’individuazione della loro causa: si tratta delle implicazioni successorie e, negli strumenti più “raffinati”, della separazione patrimoniale. Le soluzioni giuridiche Con riguardo al problema di individuare la natura di queste polizze (assicurativo-previdenziale oppure finanziario-speculativo) le ipotesi di lavoro sono due. 1. Natura di prodotto finanziario Ove, nell'ambito di una polizza index linked, la prestazione della compagnia di assicurazione non sia legata ad un evento attinente alla vita umana, bensìal valore di strumenti finanziari, la causa del contratto deve ritenersi completamente estranea a quella tipica del contratto di assicurazione e diviene del tutto irrilevante il nomen juris adottato dalle parti, con la conseguenza che alla fattispecie dovranno essere applicate le norme dell'intermediazione mobiliare: Trib. Bari, 09 dicembre 2019, n. 4554; Trib. Genova, 17 maggio 2018, n. 1400. Il contratto di assicurazione sulla vita è tale solo qualora rechi la garanzia della conservazione del capitale alla scadenza. In difetto, il suddetto contratto deve considerarsi un investimento finanziario, con la conseguente applicazione del T.U.F. e del regolamento Consob. Infatti, se il rischio è posto interamente in capo al soggetto assicurato, si ricade in una fattispecie contrattuale diversa dall'assicurazione sulla vita ove l'intermediario è tenuto a rispettare le regole di leale comportamento previste dalla normativa. Inoltre, la natura speculativa e non assicurativa del prodotto comporta una diversa applicazione della disciplina in ambito successorio e fiscale: Cass. civ., sez. III, 30 aprile 2018, n. 10333; Trib. Milano, sez. VI, 23 settembre 2019, n. 8455. 2. Natura assicurativo-previdenziale Diversamente si può riconoscere la causa previdenziale, ricorrendone le condizioni. Dal punto di vista temporale, occorre individuare il riferimento normativo, anche se la soluzione non cambia. Occorre distinguere le polizze stipulate antecedentemente all'entrata in vigore della l. n. 262/2005, la quale ha abrogato la lett. f) dell'art. 100 T.U.F., che escludeva, dall'ambito di operatività delle norme sulla sollecitazione all'investimento dei valori mobiliari, i prodotti assicurativi, compresi quelli connotati da profili di investimento finanziario, e ha introdotto l'art. 25-bis, con il quale è stata estesa ai prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione (prodotti ramo III e V, tra cui le polizze linked) l'applicazione degli art. 21 e 23 T.U.F. (in cui sono enunciati i criteri generali di prestazione dei servizi di investimento e alcune regole relative alla fase precontrattuale, di perfezionamento e di esecuzione dei contratti), attribuendo alla Consob poteri di vigilanza regolamentare, informativa e ispettiva sulla sottoscrizione e collocamento dei prodotti finanziari assicurativi ad opera delle imprese di assicurazione e degli altri soggetti abilitati. Già prima dell'entrata in vigore della l. n. 262/2005 e del d.lgs. n. 303/2006, la Cassazione riteneva che, nel caso in cui sia stabilito che le somme corrisposte dall'assicurato a titolo di premi siano versate in fondi di investimento interni o esterni all'assicuratore e che alla scadenza del contratto o al verificarsi dell'evento in esso dedotto l'assicuratore sia tenuto a corrispondere all'assicurato una somma pari al valore delle quote del fondo mobiliare al momento stesso (polizze unit linked), il giudice del merito, al fine di stabilire se l'impresa emittente, l'intermediario e il promotore abbiano violato le regole di leale comportamento previste dalla specifica normativa e dall'art. 1337 c.c., deve interpretare il contratto al fine di stabilire se esso, di là dal nomen iuris attribuitogli, sia da identificare effettivamente come polizza assicurativa sulla vita (in cui il rischio avente ad oggetto l'evento dell'esistenza dell'assicurato è assunto dall'assicuratore), oppure si concreti nell'investimento in uno strumento finanziario (in cui il rischio c.d. di performancesia per intero addossato sull'assicurato): Cass. civ., sez. III, 15 novembre 2019, n. 29712; Cass. civ., sez. III, 5 marzo 2019, n.6319; Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2012, n. 6061. Occorre sottolineare, quindi, che è lo scopo previdenziale (attuato nelle polizze vita attraverso l'accumulo di capitale così da garantire all'assicurato e/o alla sua famiglia una rendita) a giustificare il sacrificio dei creditori previsto dall'art. 1923 c.c. Consegue che la polizza sulla vita beneficia di una disciplina di favore, come quella dell'impignorabilità dei capitali e delle rendite, non perché formalmente prodotto assicurativo, ma perché adempie una particolare funzione di previdenza complementare rispetto a quella obbligatoria, destinata per lo più a far fronte ai bisogni della tarda età (in questi termini Cass. civ., sez. un., 31 marzo 2008, n. 8271 l'hanno considerata "il terzo pilastro" della previdenza, in una congiuntura, quale quella attuale, caratterizzata dalle crescenti difficoltà dello Stato sociale che, sull'apporto integrativo della assicurazione privata deve necessariamente contare). Questa obiettiva considerazione ormai già del 2008 (la necessità di una copertura previdenziale “privata” a fronte dell'insufficienza della previdenza sociale) e l'assenza ad oggi di miglioramenti fanno emergere l'importanza e il rigore nell'individuare la causa in concreto della polizza, a tutela della funzione intima e reale che lo strumento assicurativo deve realizzare e l'assicurato vuole perseguire. Quel che occorre verificare è, dunque, la sussistenza della funzione previdenziale delle polizze linked. La natura previdenziale non è presente soltanto nelle tradizionali polizze di assicurazione della vita oggi appartenenti al ramo I (individuato dall'art. 2 del d.lgs. n. 209/2005), ossia a quelle che soddisfano il bisogno dell'assicurato di ottenere con immediatezza la disponibilità di una somma di denaro al verificarsi di un evento legato alla vita umana, la sopravvivenza e la premorienza, ma, tendenzialmente, anche nelle polizze unit linked, nelle quali l'entità della somma dovuta dall'assicuratore varia nel corso della durata del rapporto contrattuale in dipendenza delle oscillazioni del parametro finanziario collegato ed è definitivamente quantificato al momento del verificarsi dell'evento attinente alla vita umana. Ricordiamo che, secondo il Codice delle Assicurazioni Private (art. 2, d.lgs. n. 209/2005, n. 209), nei rami vita la classificazione per ramo è la seguente:
A loro volta, le polizze unit linked (che possono rientrare a determinate condizioni nel ramo III) si possono difatti classificare in più categorie a seconda delle loro caratteristiche, che riguardano per lo più le garanzie di restituzione dei premi riconosciute all'assicurato:
E allora, nelle polizze guaranteed o partial garanteed l'assicuratore assume su di sé, con diverse gradualità, un rischio demografico, nel senso che al verificarsi dell'evento attinente alla vita umana all'assicurato viene comunque sempre riconosciuta la somma di denaro garantita al momento della stipula del contratto, anche a prescindere dal valore sottostante delle quote dei fondi comuni di investimento, che potrebbe essersi ridotto rispetto ai premi versati o addirittura azzerato. Soltanto nelle polizze unit linked "pure" il rischio di investimento è totalmente a carico dell'assicurato, con la conseguenza che, in caso di azzeramento del valore delle quote, nulla è dovuto da parte dell'assicuratore. Ecco perché il legislatore, con l'art. 2, d.lgs. n. 209/2005 (in base al quale «rientrano nel III ramo le assicurazioni sulla durata della vita umana, di cui ai rami I e II, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento»), ha fatto rientrare nella categorie delle polizze sulla vita del ramo III non tutte le polizze unit linked, ma solo quelle guaranteed e partial garanteed: il legislatore ha così espressamente assunto come requisito qualificante l'idoneità di un evento futuro legato alla vita a incidere sulla prestazione dell'assicuratore, nel senso di riconoscere comunque all'assicurato una somma apprezzabile non legata al rischio finanziario. In definitiva, il tratto qualificante sta nell'allocazione del cd. rischio demografico, ossia dell'evento legato alla durata della vita umana. Se il rischio d'investimento grava totalmente sull'assicurato, tanto da poter comportare la perdita dell'intero capitale, il cd. rischio demografico, pur apparentemente presente, è in realtà insussistente perché non si garantisce all'assicurato, proprio in base all'accordo, il riconoscimento di una somma di denaro minima, pur ridotta rispetto all'ammontare dei premi versati, che sia completamente "slegata" dal valore sottostante delle quote di investimento; oppure gli si attribuisce una somma del tutto irrisoria. In tal caso l'evento legato alla durata della vita umana figura come mero parametro temporale per individuare il momento in cui verrà liquidata la polizza, poiché l'assunzione del rischio è soltanto apparente. Anche la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha affrontato la questione. L'art. 3, par. 1, direttiva 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 1997/7/CE, 1998/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («Direttiva sulle pratiche commerciali sleali» ), deve essere interpretato nel senso che può costituire una «pratica commerciale sleale», ai sensi di tale disposizione, la redazione, da parte di un'impresa di assicurazione, di un contratto collettivo tipo di assicurazione sulla vita a capitale variabile collegato a un fondo di investimento che non consente al consumatore che aderisce a tale contratto collettivo su proposta di una seconda impresa, contraente dell'assicurazione, di comprendere la natura e la struttura del prodotto assicurativo proposto nonché i rischi che vi sono connessi, e che tale impresa di assicurazione deve essere ritenuta responsabile di detta pratica commerciale sleale (Corte Giust. UE sez. IX, 2 febbraio 2023, n. 208; Corte Giust. UE sez. III, 24 febbraio 2022, n.143). L'art. 36, par. 1, direttiva 2002/83/CE, in combinato disposto con l'allegato III, punto A, a. 12 della stessa, deve essere interpretato nel senso che le indicazioni sulla natura delle attività di contropartita, che devono essere comunicate al consumatore prima della sua adesione a un contratto collettivo di assicurazione sulla vita a capitale variabile collegato a un fondo di investimento, devono comprendere indicazioni sulle caratteristiche essenziali di tali attività di contropartita. Tali indicazioni:
Recentemente si è espressa anche la Corte Costituzionale, di fronte ad una polizza unit linked che prevedeva la garanzia di restituzione integrale del premio unico versato e garantiva la prestazione a prescindere dai risultati della gestione finanziaria. La Corte Cost. si è pronunziata su un profilo di grande interesse, data la sempre più ricorrenza di assicurazioni o polizze sulla vita, con funzione non solo previdenziale, ma anche pianificatoria della successione. Se il beneficiario scopre l'esistenza di detta polizza a distanza di anni, il suo diritto è prescritto? L'art. 2952 c.c., applicabile ratione temporis, prevedeva un termine di due anni. Così la Corte Cost. ha ritenuto applicabile l'art. 2952, comma 2, c.c., nella parte in cui prevede un termine di prescrizione biennale per far valere i diritti derivanti dal contratto di assicurazione sulla vita, del quale ha peraltro dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui non prevede l'esclusione, dal suddetto termine, dei diritti che derivano dai contratti di assicurazione sulla vita, per i quali opera la prescrizione decennale (Corte Cost., 29 febbraio 2024, n.32) Tornando al caso concreto, il giudice d'appello ha correttamente ravvisato la natura assicurativo-previdenziale della polizza stipulata, avendo accertato che "il contratto garantiva il recupero del capitale versato o il valore delle quote, se maggiore, con l'incremento dell'1% al momento del sinistro", di modo che «non vi era ... alcun rischio di perdita del capitale per il beneficiario ... per cui la componente assicurativa del rapporto è stata effettivamente garantita attesa la conservazione (rectius incremento) del capitale alla scadenza»; laddove, ha precisato, l'evento assicurato, dato dal decesso, non si era ancora verificato quando la polizza è stata riscattata. Osservazioni In via generale, il mondo degli strumenti assicurativi è assai complesso e le assicurazioni sulla vita si distinguono in:
Le polizze vita hanno, generalmente, un carattere previdenziale, essendo finalizzate ad accumulare un capitale garantito a scopo previdenziale. Tra le polizze sulla vita rientrano le c.d. linked, la cui caratteristica principale è l'assenza della garanzia di restituzione del capitale alla scadenza contrattuale (presente, invece, nelle assicurazioni sulla vita classiche) e, quindi, sono caratterizzate dal rischio di perdere in tutto o in parte i premi versati. La prestazione dovuta dall'assicuratore non è predeterminata in misura certa al momento della stipula del contratto, ma è rapportata a risultati finanziari esterni. Le polizze linked sono nate dall'esigenza di superare i fenomeni inflattivi alla fine degli anni '70 e garantire nel tempo il potere di acquisto dei capitali e delle rendite assicurative, che le polizze “tradizionali” non permettevano. Sostanzialmente, mentre nelle polizze vita tradizionali si prevede una garanzia di risultato con un rendimento annuo minimo, le polizze linked costituiscono una forma di investimento. Le prime mirano ad accumulare un capitale garantito a scopo previdenziale, le seconde possono portare anche ad una perdita complessiva del patrimonio investito, dipendendo dall'andamento degli strumenti finanziari sottostanti. In questo senso, le polizze “linked” sono “collegate” all'andamento di determinati valori. A loro volta le polizze linked possono distinguersi in:
A loro volta le unit e le index linked si distinguono, come ricordato dalla sentenza annotata, in:
Dunque, le polizze linked possono presentare una struttura o una natura mista. Da qui il problema di individuare la natura di queste polizze: assicurativo-previdenziale oppure finanziario-speculativo? Innanzitutto, testualmente si potrebbe revocare in dubbio che le polizze linked appartengano alle assicurazioni sulla vita. Infatti, a mente dell'art. 1882 c.c., «l'assicurazione è il contratto col quale l'assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad osso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana». Ebbene, l'art. 1882 c.c. fa riferimento ad «un fatto attinente alla vita umana», mentre il rischio collegato all'andamento dei prodotti finanziari sottostanti non pare integrare il requisito dell'evento umano. È chiaro, però, che così come descritte, non tutte le polizze linked hanno una finalità speculativa che occorre verificare di volta in volta. La giurisprudenza ha individuato dei criteri per stabilire se le polizze vita hanno carattere speculativo:
Le polizze “linked” rimangono comunque prodotti assicurativi, se l'assicuratore corre il rischio c.d. demografico, in quanto la prestazione è comunque dovuta al verificarsi di un evento attinente alla vita umana (copertura caso morte), sia se il rischio delle perdite finanziarie è sostenuto dall'assicuratore. Entro questo schema giuridico, le polizze linked rientrano nel contratto di assicurazione sulla vita, caratterizzato dalla certezza della prestazione prevista alla scadenza della polizza (capitale minimo liquidabile alla scadenza) e dalla funzione di garanzia del risparmio e che deve ritenersi escluso qualsiasi rischio finanziario a carico dell'assicurato-contraente (Corte app. Roma, sez. III, 31 luglio 2017, n. 5204). Nelle polizze unit linked, caratterizzate dalla componente causale mista (finanziaria e assicurativa sulla vita), anche dove sia prevalente la causa "finanziaria", la parte qualificata come "assicurativa" deve comunque rispondere ai principi dettati dal codice civile, dal codice delle assicurazioni e dalla normativa secondaria ad essi collegata, con particolare riferimento alla ricorrenza del rischio demografico rispetto al quale il Giudice di merito deve valutare l'entità della copertura assicurativa che, avuto riguardo alla natura mista della causa contrattuale, dovrà essere vagliata con specifico riferimento all'ammontare del premio versato dal contraente, all'orizzonte temporale ed alla tipologia dell'investimento: Cass. civ., sez. III, 5 marzo 2019, n. 6319; Trib. Brescia, 13 giugno 2018; Corte app. Ancona sez. I, 3 maggio 2023, n.723; Trib. Milano sez. VI, 23 settembre 2019, n. 8455. Ai fini della tutela dell'investitore è irrilevante il canale di sottoscrizione del prodotto finanziario. L'art. 25-bis T.U.F., al comma 1, prevede che gli artt. 21 e 23 T.U.F. operano in relazione alla sottoscrizione ed al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione: in sostanza tali disposizioni si applicano pacificamente alle polizze unit linked, a prescindere dal canale distributivo. Ciò è coerente con la finalità di garantire la maggior tutela al sottoscrittore di una polizza che presenta natura e contenuto finanziari. In quest'ottica, il canale distributivo del prodotto finanziario è assolutamente irrilevante, perché la tutela del sottoscrittore si collega alla natura del prodotto collocato e non al soggetto che fisicamente lo colloca (se direttamente l'impresa di assicurazione che emette la polizza oppure un suo agente): Corte app. Torino, sez. I, 16 maggio 2022, n.520. Ancora: «Le polizze unit linked hanno una forte componente finanziaria e una debole componente assicurativa. Esse, allorquando il rischio venga posto totalmente a carico dell'assicurato e fatto dipendere non dal fattore vita o morte dello stesso, ma dall'andamento delle fluttuazioni del mercato, non possono ricondursi all'alveo dei contratti di assicurazione sulla vita ma, piuttosto, vanno ricomprese nell'ampia categoria degli strumenti finanziari, con conseguente applicazione, per l'assicuratore, allo stesso modo che per l'intermediario finanziario, degli obblighi di informazione previsti dagli artt. 21 e 23 T.U.F., a pena di nullità del contratto sottoscritto»: Corte app. Milano, sez. IV, 11 maggio 2016, n. 1800, in Resp. civ. e prev., 2017, 574; Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2012, n. 6061. Le principali differenze tra le polizze vita tradizionali e le polizze linked sono:
A ciò consegue che le polizze vita a contenuto finanziario - caratterizzate dal rischio finanziario che, in quelle cd. linked "pure", grava interamente sull'assicurato, non garantendo la compagnia la restituzione del capitale, né eventuali rendimenti minimi - conferiscono all'impresa di assicurazioni, al posto dell'obbligo restitutorio, una sorta di mandato di gestione del denaro investito, rispetto al quale l'investitore matura il diritto al mero risultato di detta gestione, che varia in base ad una serie di fattori, quali l'andamento del mercato o dei titoli (polizze cd. unit linked ed index linked, il cui rendimento è parametrato, rispettivamente, all'andamento di fondi comuni di investimento e ad indici di vario tipo, generalmente consistenti in titoli azionari): Cass. civ. sez. II, 22 ottobre 2021, n. 29583. La qualificazione della causa del contratto ha conseguenze di tutto rilievo:
Innanzitutto, come nel caso di specie, la qualificazione della causa del contratto ha notevoli ripercussioni sulla tutela dell'assicurato (rectius, investitore), con riferimento agli obblighi di trasparenza e informazione. Al pari di altri prodotti di investimento, sussiste l'obbligo dell'intermediario di fornire con chiarezza tutte le informazioni sulla natura, i rischi e le implicazioni dell'operazione, segnalandone l'eventuale inadeguatezza per permettere all'investitore di effettuare consapevoli scelte d'investimento o disinvestimento, pena la restituzione del capitale versato ed il risarcimento del danno. In secondo luogo, vengono in considerazione i profili successori:
Naturalmente non è questa la sede per affrontare le questioni. Tuttavia, può essere importante richiamare l'aspetto successorio ai fini che interessano per due aspetti:
Sotto quest'ultimo aspetto, pensiamo al fenomeno del private insurance, che non sono le classiche polizze vita, né le linked. Il Private Insurance è una formula di interesse per la soluzione di un ampio raggio di problematiche inerenti la gestione del patrimonio nell'ambito degli High Net Worth Individual – HNWI. La dicitura HNWI è l'acronimo di High Net Worth Individual ed è comunemente usata nel mondo della finanza (in particolare nel private banking) per indicare le persone (individual) che possiedono un alto (high) patrimonio netto (net worth). Nasce con l'obiettivo di combinare i servizi di private banking con i vantaggi giuridici e fiscali di un contratto di assicurazione sulla vita. Le operazioni di private insurance sono caratterizzate, tra l'altro, da segretezza, fiducia e separazione patrimoniale, cui si aggiunge l'altra funzione generale di tutela e valorizzazione patrimoniale o del risparmio (art. 47 Cost.). Le polizze di Private Insurance sono caratterizzate da una grande flessibilità rispetto alle più comuni unit linked, poiché sono un prodotto a vera architettura aperta dove il contraente può affidare a una società terza (il gestore) la scelta dei prodotti o strumenti sottostanti in cui investire in base al profilo del cliente e ai suoi obiettivi. Nelle polizze unit linked più tradizionali, al contrario, si acquista un pacchetto predefinito (e dove il sottostante possono essere anche molte SICAV, ma fuori da queste non è possibile operare e per questo vengono definite ad “architettura chiusa”) che il contraente può anche modificare (facendo eventuali switch ma sempre all'interno del perimetro delle scelte disponibili alla sottoscrizione del contratto) nelle soluzioni più avanzate. Il Private Insurance è caratterizzato da:
Tutti questi elementi coinvolgono tematiche giuridiche rilevanti:
Così inquadrate, è indubbio che queste polizze assicurative, come anche le polizze tradizionali, possono prestarsi ad abusi e vengano viste con sospetto, specie in sede giudiziaria come qualsiasi altro atto di separazione patrimoniale. Tuttavia, al di fuori dei casi di effettivo abuso dello strumento assicurativo, occorre riconoscere che esso può servire a raggiungere e tutelare interessi meritevoli di protezione. Si pensi all'uso, non infrequente, di tutela delle persone con disabilità, espressamente previsto dalla legge: la c.d. legge “Dopo di noi” (l. n. 112/2016) propone un piano per garantire il benessere, l'inclusione sociale e l'autonomia delle persone affette da disabilità grave e, soprattutto, propone un piano per il supporto dei disabili gravi dopo la perdita del sostegno dei genitori, con l'obiettivo di ridurre l'assistenzialismo e favorire l'indipendenza dei disabili. Tra le misure previste, oltre alla maggiore detrazione fiscale per le polizze assicurative, vi è il favor per trust, vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c. e fondi speciali (art. 6, l. n. 112/2016). Ecco, quindi, che emerge il tema della separazione patrimoniale e del mandato fiduciario, che non si può escludere a priori, proprio perché lo strumento assicurativo può assumere una causa “cangiante”. Riferimenti
|