Il sequestro preventivo può essere applicato anche nel caso di rateizzazione del debito tributario

22 Ottobre 2024

La Cassazione, nella sentenza n. 35339 del 20 giugno 2024, si è pronunciata in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca in relazione al reato di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74/2000 e ha chiarito che tale misura può essere disposta anche in caso di rateizzazione del debito tributario. 

Massima

La sussistenza di uno dei requisiti fondanti il vincolo cautelare reale, il periculum in mora, non viene automaticamente in meno nel caso in cui il contribuente abbia concordato procedure conciliative o di accertamento con adesione e di regolarità del pagamento delle rate maturare, con la conseguenza che il sequestro preventivo a fini di confisca può comunque essere disposto.

Il caso

La pronuncia (Cass. pen., sez. III, 20 giugno 2024, n. 35339) origina dal ricorso per cassazione presentato dal difensore dell'indagato contro l'ordinanza del Tribunale in sede di riesame che aveva in parte confermato quella del Giudice per le indagini preliminari mediante la quale era stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv. c.p. e 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74.

La questione

Al fine di un migliore inquadramento della tematica pare opportuno esaminare il delitto previsto dall'art. 2 d.lgs. n. 74/2000.

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti punisce con la reclusione da quattro ad otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

La norma chiarisce, al secondo comma, che il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria.

La condotta consiste quindi nell'utilizzare fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria.

Soggetto attivo del reato può essere unicamente il contribuente, cioè il soggetto obbligato alla tenuta di scritture contabili ai fini del pagamento dell'IVA (oppure amministratore, liquidatore o rappresentante del contribuente soggetto ad imposizione, art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 74/2000), ma anche il soggetto tenuto soltanto all'obbligatoria presentazione della dichiarazione annuale dei redditi.

In base all'art. 1, lett a), per fatture e i documenti per operazioni inesistenti rilevano tutti quei documenti aventi valore probatorio per l'Amministrazione tributaria emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi (F. Martin, La responsabilità del consigliere di amministrazione per i reati tributari, in questo Portale, 5 febbraio 2024).

La consumazione si realizza al momento della presentazione della dichiarazione fraudolenta.

Sotto il profilo invece dell'elemento soggettivo il delitto è punito a titolo di dolo specifico, cioè è necessario che in capo all'agente risieda la consapevolezza e volontà di porre in essere la specifica condotta sanzionata, cioè di utilizzare le fatture per operazioni inesistenti per dichiarare il falso al fisco, quindi il fine specifico di evadere le imposte.

Il dolo di evasione deve sussistere al momento della consumazione del reato e, quindi, in quello di presentazione della dichiarazione, e non invece nel momento antecedente di annotazione in contabilità delle fatture per operazioni inesistenti, posto che la presentazione o trasmissione in via telematica della dichiarazione si traduce in un atto che esce dalla sfera soggettiva del contribuente, per porsi quale elemento strutturale della fattispecie, la cui realizzazione segna la consumazione del reato (A. Mancini, Diritto penale tributario, Roma, 2021).

Su questo punto, è sorto un dibattito se vi sia spazio, in una fattispecie di reato a dolo specifico, per la figura del dolo eventuale.

La dottrina prevalente (G.L. Soana, I reati tributari, Milano, 2018) è critica circa la possibilità di riconoscere la compatibilità tra dolo eventuale e dolo specifico. Si ritiene, infatti, che le due forme di dolo sarebbero compatibili solo laddove l'accettazione del rischio riguardi elementi del fatto di reato diversi da quello concernente la finalità penalmente rilevante: accanto ad elementi che necessariamente devono essere coperti dal dolo specifico, possono infatti esservene altri relativamente ai quali è sufficiente il dolo generico, e quindi – e solo relativamente a quest'ultimi – anche il mero dolo eventuale. 

Il consolidato indirizzo della Corte di cassazione (ex multis Cass. pen., sez. III, 22 aprile 2020, n. 12680), tuttavia, ritiene che il dolo specifico richiesto per integrare il delitto previsto dall'art. 2 d.lgs. n. 74/2000 sia in via generale compatibile con il dolo eventuale, riscontrabile nell'accettazione, da parte del soggetto attivo, dell'evento lesivo, e quindi anche del fine di evasione o di indebito rimborso, come conseguenza della sua condotta (D. Colombo, Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti: la Cassazione ribadisce la compatibilità con il dolo eventuale, Milano, 2022, n. 11).

La soluzione giuridica

Nell'esaminare la questione la Corte richiama innanzitutto dei precedenti giurisprudenziali (Cass. pen., sez. III, 10 settembre 2020, n. 28488) secondo cui la disposizione di cui all'art. 12-bis, comma 2, d.lgs. n. 74/2000, non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro, intesa nel senso che il sequestro preventivo preordinato alla confisca, così come quest'ultima, possono essere adottati anche a fronte dell'impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l'evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito.

Di recente, il d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87 ha posto delle modifiche al d.lgs. n. 74/2000, prevedendo, tra le altre, della cause di non punibilità e – in generale – orientandosi verso un miglioramento del rapporto tra il Fisco ed il contribuente.

Invero gli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74/2000 prevedano la non punibilità «se il debito tributario è in corso di estinzione mediante rateazione, ai sensi dell'articolo 3-bis d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462.  In caso di decadenza dal beneficio della rateazione ai sensi dell'articolo 15-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, il colpevole è punito se l'ammontare del debito residuo è superiore a cinquantamila euro».

In tal senso quindi se il contribuente si è attivato per rateizzare il proprio debito tributario non sarà chiamato a rispondere del reato di cui agli artt. 10-bis e 10-ter e nemmeno se, in caso di decadenza dal beneficio della rateizzazione, la somma residua si inferiore a cinquantamila euro.

Tale forma di rateizzazione poi incide anche sulla confisca di cui all'art. 12-bis d.lgs. n. 74/2000 in quanto il comma 2 prevede che: «Salvo che sussista il concreto pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale, desumibile dalle condizioni reddituali, patrimoniali o finanziarie del reo, tenuto altresì conto della gravità del reato, il sequestro dei beni finalizzato alla confisca di cui al comma 1 non è disposto se il debito tributario è in corso di estinzione mediante rateizzazione, anche a seguito di procedure conciliative o di accertamento con adesione, sempre che, in detti casi, il contribuente risulti in regola con i relativi pagamenti».

Tuttavia la novellata disposizione conferma esplicitamente che, anche in caso di impegno ad adempiere i debiti tributari mediante procedure conciliative o di accertamento con adesione e di regolarità del pagamento delle rate maturate, il sequestro preventivo a fini di confisca può comunque essere disposto se sussiste il periculum in mora.

La Corte ha affermato quindi che: «costituisce principio consolidato quello secondo cui, in tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l'Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mantenuto sull'intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell'imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l'ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall'azione delittuosa».

Osservazioni

La Corte di cassazione ha avuto modo di pronunciarsi nuovamente (Cass. pen., sez. III, 25 luglio 2024, n. 30532), seppur in modo parziale, circa le modifiche apportate dal d.lgs. n. 87/2024.

Come evidenziato, il nuovo testo dell'art. 12-bis, comma 2, d.lgs. 74/2000, come modificato dal d.lgs. n. 87/2024, prevede che il sequestro preventivo a fini di confisca non è disposto se il debito tributario è in corso di estinzione mediante rateizzazione, anche a seguito di procedure conciliative o di accertamento con adesione, e il contribuente risulti in regola con i pagamenti, ma sempre che non sussista il concreto pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale, desumibile dalle condizioni reddituali, patrimoniali o finanziarie del reo, tenuto altresì conto della gravità del reato.

In definitiva quindi se la rateizzazione permette, a seguito della nuova disciplina, permette di evitare l'applicazione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca tranne nei casi in cui sussista il concreto pericolo di dispersione della garanzia patrimoniale.

Valutazione che dovrà necessariamente essere presente nella motivazione del provvedimento cautelare e che dovrà dare conto del perché il sequestro si rende necessario a fronte dell'atteggiamento collaborativo del contribuente.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.