Mancata percezione dei bonus fiscali: l’impresa va pagata comunque?
05 Novembre 2024
Massima Condominio e impresa possono subordinare il pagamento dell'importo dell'appalto alla concessione dei bonus edilizi, ma, se il contratto non specifica altrimenti, l'impresa deve essere pagata per l'avanzamento lavori realizzato, e ciò a prescindere dall'eventuale mancato accesso ai citati bonus fiscali. Il caso Un'impresa edilizia agiva in giudizio in sede monitoria notificando un decreto ingiuntivo ad un condominio per il quale aveva effettuato dei lavori edili. L'impresa, infatti, provava la realizzazione di diverse opere, corrispondenti a diversi stadi di avanzamento lavori nell'ambito di un contratto relativo al c.d. Superbonus 110% e lamentava il mancato pagamento da parte del condominio. Si costituiva in giudizio il condominio, notificando atto di citazione in opposizione e negando di dovere pagare la somma ingiunta dall'impresa. In buona sostanza, la difesa del condominio, che non contestava la realizzazione dei lavori, si basava unicamente sul testo del contratto di appalto. In tale documento, sussisteva una pattuizione che avrebbe subordinato il pagamento dell'impresa alla concessione del Superbonus e che, in mancanza dei relativi fondi, il condominio si sarebbe trovato nell'impossibilità di procedere ai pagamenti richiesti. La norma in questione affermava che “il pagamento del corrispettivo dei lavori di cui al presente contratto è subordinato all'accettazione del finanziamento di cui al Superbonus ed Ecobonus”. Nel corso del giudizio, l'impresa aveva affermato che tale clausola dovesse interpretarsi, invece, nel senso che il pagamento del corrispettivo fosse subordinato unicamente all'accertamento della presenza, in capo al condominio, dei requisiti per potersi giovare dei bonus fiscali e non dall'effettiva concessione delle linee di finanziamento da parte delle banche. Il condominio, tuttavia, nel concreto, non era riuscito ad ottenere il finanziamento da parte dell'istituto bancario scelto, in quanto questi avrebbe obiettato sulla presenza di segnalazioni debitorie a carico del legale rappresentante della società appaltante. In ragione di tale mancata concessione, quindi, il condominio comunicava di avere effettuato il recesso unilaterale dal contratto di appalto, esercitando la facoltà di cui all'art. 1671 c.c. Il giudice, quindi, era chiamato a decidere se il corrispettivo dei lavori sin ad allora effettuati dall'azienda fosse comunque da pagare o se il condominio, non avendo avuto l'accettazione del finanziamento della banca avesse la possibilità di non pagare l'appaltante, invocando una rigida interpretazione della summenzionata norma contrattuale. La questione La questione giuridica in analisi non è banale. Il giudice della causa, infatti, era chiamato a decidere se il corrispettivo dei lavori sin ad allora effettuati dall'azienda fosse comunque da pagare o se il condominio, non avendo avuto l'accettazione del finanziamento della banca avesse la possibilità di non pagare l'appaltante, invocando una rigida interpretazione della summenzionata norma contrattuale. Vi sono, quindi, due possibili interpretazioni giuridiche apparentemente plausibili e assolutamente contrastanti: da una parte, il condominio afferma di non dovere comunque pagare i lavori, dato che a causa della presenza di segnalazioni in capo al legale rappresentante dell'impresa non era stato possibile ottenere la concessione dei bonus fiscali. Dall'altra parte, invece, l'impresa afferma che i lavori svolti fossero stati realizzati a regola d'arte (invero il condominio non contesta alcun vizio di sorta) e che, alla presenza dei requisiti di legge, il rifiuto della banca fosse del tutto immotivato, anche data l'autonomia patrimoniale perfetta della società appaltante, che era una s.r.l. e le cui sorti economiche erano tendenzialmente separate da quelle del suo legale rappresentante. Le soluzioni giuridiche Sciogliendo il punto rimasto in sospeso dal paragrafo che precede, si può rivelare che la decisione in commento ha del tutto sposato le tesi dell'impresa. Secondo il decidente, a prevalere deve essere l'interpretazione contrattuale fornita dalla società appaltante. A seguito della sottoscrizione dell'accordo, infatti, l'impresa aveva validamente valutato la sussistenza dei requisiti in capo al condominio per giovarsi dei bonus fiscali richiesti. Si noti che tale presenza non era stata smentita dalla banca, che aveva motivato la mancata erogazione del credito non tanto sull'assenza dei requisiti, quanto sulla presenza - come detto - di trascrizioni pregiudizievoli a carico del legale rappresentante, mentre nulla sussisteva a carico dell'impresa. Nonostante tale situazione, tuttavia, il condominio si era indubbiamente giovato dei lavori dell'impresa, che aveva realizzato delle opere che dovevano essere pagato. Secondo il giudice, infatti, la vicenda in seguito seguiva le ipotesi contemplate dall'art. 1671 c.c. Tale norma specifica, infatti, che “il committente può recedere dal contratto, anche se è stata iniziata l'esecuzione dell'opera o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno”. Il condominio, a seguito del rifiuto da parte della banca, aveva, infatti, provveduto a recedere dal contratto di appalto che la legava all'impresa e l'aveva sostituita con un'altra società, che aveva proseguito i lavori iniziati dalla prima. Secondo il giudice, quindi, il rifiuto della banca era stato sostanzialmente immotivato e comunque non dovuto all'impresa, che aveva lavorato correttamente e alla quale, quindi, non poteva essere eccepita una eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 c.c. In senso contrario a quanto affermato dal condominio, inoltre, vi sarebbe stata la circostanza che, anche con la sostituzione dell'impresa, la pratica di accesso ai benefici fiscali fosse comunque ancora bloccata. In ragione di tutto quanto sopra riportato il giudice, rigettata l'opposizione, confermava il decreto ingiuntivo opposto e decretava, quindi, il dovere del condominio di pagare l'impresa per i lavori edili svolti. Osservazioni La decisione in commento appare ragionevole e di buon senso. Nel suo ragionamento, infatti, il giudice appare andare al di là dell'interpretazione letterale del contratto, giungendo ad una vera e propria interpretazione delle volontà delle parti. E' ipotizzabile, infatti, che il condominio avesse voluto intendere nel contratto che - non avendo i fondi necessari - avrebbe corrisposto la società solamente se accettate le pratiche per il Superbonus 110%. Dal canto suo, l'impresa - chiaramente - non poteva accettare il rischio di lavorare gratis, e anzi rimetterci di svariati costi di materie prime e personale; conseguentemente la sottoscrizione della citata clausola doveva essere letta come una sorta di garanzia. Concludendo il contratto, l'impresa dava atto di avere riscontrato le caratteristiche necessarie nel condominio per potere accedere al Superbonus 110% e rischiava, questo sì, per un eventuale riscontro di assenza di tali caratteristiche, che avrebbe avuto i connotati di un errore (un inadempimento) da parte dell'impresa per una valutazione sbagliata ab origine. Siccome, tuttavia, la mancata concessione dei crediti non era dovuta ad un errore dell'impresa, ma ad una volontà apodittica della banca, il rifiuto non aveva i connotati dell'inadempimento e, quindi, l'impresa doveva essere pagata. Dal punto di vista legale, non si può non riscontrare come l'art. 1671 c.c., nel consentire il recesso ad nutum da parte del committente, contiene il bilanciamento della necessità in capo a questi di compensare l'impresa per il danno cagionato. Dal punto di vista del buon senso, invece, si può certamente ritenere che il mancato pagamento da parte del condominio, che si è giovato dei lavori edili, costituirebbe un arricchimento senza causa e come tale un grave sbilanciamento del rapporto tra le parti. Si sottolinea, ancora una volta, come i lavori fossero stati correttamente eseguiti e come non fosse un eventuale vizio delle opere la questione dibattuta. Nel concludere questa dissertazione consentite all'autore una riflessione: il “peccato originale” delle parti, che appaiono entrambe in buona fede per quanto di conoscenza, sembrerebbe quello di avere sottoscritto un contratto abbastanza vago e non dettagliato. In casi di appalti di valore e complessità elevate, apparrebbe prudente avere contratti molto precisi e molto dettagliati, certamente stilati da professionisti, che consentano di regolare a monte tutte (o comunque molte) delle possibili problematiche di modo da sgravare le parti dal dover risolvere le incertezze contrattuali con l'ausilio del Tribunale. Appare corretta, quindi, la decisione del giudice di compensare l'impresa e decisamente appropriata la sentenza commentata. Riferimenti Albanese, Il più moderno tra i contratti più antichi: le nuove sfide dell'appalto, in Giur. comm., 2023, fasc. 4, 688; Celeste, Il condominio diventa "consumatore” sia pure solo se le unità immobiliari dell'edificio risultino prevalentemente di proprietà di persone fisiche, in IUS Condominioelocazione, 11 gennaio 2021; Spina, No ad acconti per lavori Superbonus 110% se non sono riferiti ad opere già effettuate corrispondenti ai Sal, in IUS-Tributario, 6 dicembre 2022; Tarantino, Superbonus: revoca per giusta causa nei confronti dell'amministratore che omette informazioni importanti per il condominio, in IUS Condominioelocazione, 17 maggio 2024; Valentino, Opposizione a decreto ingiuntivo per la morosità condominiali: il giudice de quo non può valutare il merito delle delibere assembleari, in IUS Condominioelocazione, 9 ottobre 2019. |