Danno da emotrasfusione: il sinistro stradale ne costituisce antecedente causale?
11 Novembre 2024
Massima Non sussiste il rapporto di causalità fra l’evento dannoso costituito dall’epatite da virus HCV, contratta a seguito di emotrasfusione - compiuta nel corso dell’intervento chirurgico richiesto dalle lesioni riportate in un sinistro stradale - e la condotta colposa, in violazione delle regole della circolazione stradale, che ha cagionato le dette lesioni, giacché il sinistro stradale costituisce un mero antecedente temporale del tutto sganciato dalla successiva, autonoma e determinante condotta dei sanitari e della struttura ospedaliera. Il caso La vicenda inizia negli anni Settanta quando, in un incidente stradale in cui è coinvolta un'autovettura della Regione Calabria, un suo occupante viene sottoposto ad intervento chirurgico e a cinque emotrasfusioni in seguito alle lesioni riportate. Nel 2007 gli viene diagnosticata l'epatite da virus HCV che la Commissione medica ospedaliera ritiene causalmente collegata alle trasfusioni di sangue. Il danneggiato agisce in giudizio domandando la condanna al risarcimento del danno della Regione Calabria, in qualità di proprietaria del mezzo (ai sensi dell'art. 2054, comma 3 c.c.), la quale chiama in manleva l'assicurazione che, a sua volta, cita in giudizio anche il conducente del veicolo antagonista. I giudici di merito hanno rigettato la domanda sostenendo l'esclusione della responsabilità del conducente del veicolo e l'individuazione della causa della patologia nelle emotrasfusioni e non nell'incidente, qualificato come mero antecedente temporale, non potendo assurgere a una delle conseguenze ordinarie di un sinistro stradale. La questione Sussiste il nesso di causalità tra un incidente stradale e il danno da emotrasfusione resasi necessaria a causa delle lesioni riportate nel sinistro? Le soluzioni giuridiche La questione al centro della pronuncia de qua riguarda non già l'accertamento della sussistenza del nesso causale, costituendo questo un giudizio di fatto rimesso al giudice del merito, bensì la costruzione della regola di causalità giuridica: in particolare, l'impugnazione si concentra sull'attività di qualificazione in iure della fattispecie sussunta nell'ipotesi normativa, nella specie la disciplina del rapporto causale tra condotta e danno che, secondo il ricorrente, sarebbe stata violata. Invero, il danneggiato, nel sostenere che l'emotrasfusione non possa essere considerata causa esclusiva dell'evento dannoso, richiamava la pronuncia della Cass. civ., sez. III, 24 aprile 2001, n. 6023, la quale aveva affermato che l'individuazione del rapporto di causalità tra evento e l'ultimo fattore d'una serie causale non esclude la rilevanza di quelli anteriori, che abbiano avuto come effetto di determinare la situazione su cui il successivo è venuto ad innestarsi. Poiché ai fini del sorgere dell'obbligazione di risarcimento dei danni da fatto illecito il nesso di causalità tra il fatto e l'evento lesivo può essere anche indiretto e mediato, purché si presenti come effetto normale, secondo il principio della c.d. regolarità causale (cfr. Cass. civ., sez. III, 19 maggio 1999, n. 4852), occorre verificare se la causa successiva - nella specie l'emotrasfusione - possa essere ritenuta imprevedibile ed eccezionale rispetto al decorso causale innescato dal fattore remoto, tanto da assurgere a causa sufficiente ed unica dell'evento dannoso. Pertanto, nel caso in esame, il punctum pruriens è comprendere se l'evento epatite da trasfusione potesse essere considerato conseguenza regolare di un incidente stradale, quando le lesioni prodotte dal sinistro esigono di sottoporre il danneggiato a interventi chirurgici, i quali, a loro volta, richiedono il ricorso a trasfusione di sangue. Il precedente di cui alla Cass. civ., sez. III, 24 aprile 2001, n. 6023 richiama il concorso di cause, sostenendo che solo un fatto sopravvenuto, assolutamente anormale e dunque eccezionale rispetto all'ordinario decorso della catena causale, possa interrompere il nesso eziologico fra la «causa antecedente» e l'evento dannoso. In quel caso, il giudice di merito aveva ritenuto sussistente il nesso di causalità tra l'evento (epatite da trasfusioni) e l'incidente stradale, reputando che l'epatite non rappresentasse un esito anomalo, ma una conseguenza prevedibile di una trasfusione di sangue, la quale, secondo un calcolo di regolarità statistica, comporta il rischio di contrarre tale malattia. Tuttavia, vale osservare che in quel giudizio il motivo di ricorso, in seguito a una pronuncia di accoglimento del giudice del merito, verteva sull'assenza di un rapporto con gli estremi della sequenza costante fra l'esito di epatite da trasfusione ed il sinistro stradale e il Collegio ritenne che non potesse ritenersi assolutamente anormale ed eccezionale l'emotrasfusione, richiesta dall'intervento chirurgico imposto dalle lesioni provocate dal sinistro stradale. Al contrario, nel procedimento che ci occupa, il ricorrente ha impugnato una pronuncia di rigetto del giudice del merito, chiedendo il riconoscimento dell'esistenza del nesso eziologico in modo da appurare non già se il nesso eziologico fosse stato interrotto, bensì se, a monte, la condotta che aveva cagionato il sinistro stradale potesse essere considerata causa antecedente in senso proprio. La Suprema Corte rammenta che – secondo l'approdo cui è giunta la giurisprudenza penale – la dicotomia tra la valutazione probatoria del nesso eziologico secondo il criterio civilistico del c.d. «più probabile che non» e quella secondo il criterio penalistico del c.d. «oltre ogni ragionevole dubbio» non può comportare una contraddittoria divaricazione del contenuto del rapporto di causalità tale da reputare che un soggetto, per il medesimo evento, sia responsabile sul piano civile e non responsabile sul piano penale. Di conseguenza, secondo la costante giurisprudenza penale di legittimità, la responsabilità colposa comporta che la violazione della regola cautelare debba aver provocato la concretizzazione del rischio che tale regola puntava a prevenire. Ciò in quanto occorre ricondurre alla colpa dell'agente soltanto l'evento causalmente riconducibile alla condotta realizzata in violazione della regola cautelare. Nel momento del giudizio sulla colpa specifica, relativo all'applicazione della regola cautelare, come nel caso della colpa generica, in cui la regola di condotta viene ricostruita ex post, a partire proprio dalla fattispecie concreta, si deve verificare se l'evento si pone quale esito di una sequenza eziologica regolare, che l'agente avrebbe potuto e dovuto prevedere ed evitare. Il principio della regolarità causale, rapportato ad una valutazione ex ante, diviene la misura della relazione probabilistica in astratto, affrancata da ogni riferimento soggettivo tra l'evento che genera il pregiudizio e l'evento dannoso, da ricostruirsi anche alla luce dello scopo della norma violata che, perciò, costituisce integrazione della regola eziologica. Invece, tutto ciò che riguarda la sfera dei doveri di diligenza comportamentale va a comporre l'elemento soggettivo dell'illecito, vale a dire la colpevolezza, potendo anche interrompere, a certe condizioni, il nesso causale tra l'illecito ed il danno. Pertanto, nell'ipotesi in cui l'illecito è configurato dalla violazione di regole funzionali ad evitare la creazione di un rischio irragionevole, la responsabilità si dilata sino a ricomprendere gli eventi dannosi che siano realizzazione del rischio in considerazione del quale la condotta è vietata, individuando e circoscrivendo la sequenza causale che tipicamente porta all'evento che si vuole evitare. Di conseguenza, nel momento del giudizio sulla colpa specifica, relativo all'applicazione della regola cautelare, come nel caso della colpa generica, in cui la regola di condotta viene ricostruita ex post, a partire proprio dalla fattispecie concreta, si deve verificare se l'evento si pone quale esito di una sequenza eziologica regolare, che l'agente avrebbe potuto e dovuto prevedere ed evitare. In particolare, la Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, indica le valutazioni di natura causale che occorre assumere, precisando che si debba:
Ebbene, nel caso specifico, alla luce dei superiori principi e valutando la fattispecie non solo dal punto di vista della colpa specifica, ma anche da quello della colpa generica, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo di escludere che l'epatite da virus HCV contratta a seguito dell'emotrasfusione, eseguita durante l'intervento chirurgico resosi necessario in ragione delle lesioni riportate nel sinistro stradale, possa costituire concretizzazione del rischio della regola funzionale a prevenire il sinistro stradale. Invero, nonostante nella specie fosse stata accertata la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa sotto il profilo delle regole della circolazione stradale, tale requisito non può essere idoneo a dilatare la responsabilità, sul piano eziologico, fino a ritenere che la condotta del soggetto agente nella circolazione sia responsabile della contrazione dell'infezione, che la regola della circolazione stradale non mirava certo a impedire. Pertanto, la Corte di Cassazione, applicando il criterio dello scopo della norma violata (Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2010, n. 13830), osserva che l'emotrasfusione infetta risulta estranea al comportamento prescritto dalla regola cautelare di circolazione stradale e, di conseguenza, la valutazione su cosa sarebbe accaduto nel caso in cui fosse stata tenuta la condotta alternativa lecita va effettuata, non rispetto all'emotrasfusione, che rappresenta un evento estraneo alla regola cautelare, bensì con riferimento al sinistro stradale che configura l'evento che la regola cautelare voleva scongiurare. Del resto, se si affermasse che, qualora il danneggiante nel sinistro stradale avesse rispettato la regola cautelare, oltre ad evitare l'incidente, avrebbe evitato anche l'emotrasfusione e dunque il contagio dell'epatite, significherebbe ritenere l'incidente stradale concausa del danno da emotrasfusione, quanto, invece, si tratta di un mero antecedente del fatto. Osservazioni La Corte di Cassazione si sofferma sulla questione se, ancor prima della problematica dell'interruzione del nesso eziologico, la condotta che ha causato il sinistro stradale – le cui lesioni hanno richiesto l'intervento chirurgico in cui il paziente è stato contagiato – possa essere considerata causa antecedente in senso proprio o un mero antecedente fattuale. Valga rammentare che nel codice civile il problema causale è espressamente affrontato unicamente dall'art. 1223 c.c., applicabile esclusivamente alla c.d. causalità giuridica, funzionale a isolare, tra le varie conseguenze negative derivanti da un fatto illecito, solo quelle idonee ad essere accostate all'autore dello stesso mediante il risarcimento del danno. Il codice civile tace, invece, con riferimento alla causalità materiale che regola l'imputazione della responsabilità dell'evento lesivo, da cui lo sforzo dell'interprete – fin dal celebre caso Meroni - a volgere lo sguardo alla disciplina penalistica in modo da colmare la lacuna normativa, colmata tramite un rinvio alla disciplina penalistica di cui agli artt. 40 e 41 c.p. In particolare, mentre l'art. 40 c.p. regola genericamente il rapporto di causalità, l'art. 41 c.p. si occupa del «concorso di cause» che, al comma 2, esclude la sussistenza del nesso eziologico in presenza di cause da sole idonee a determinare l'evento lesivo: secondo il combinato disposto delle due norme generali, un evento è da considerarsi causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo. Tuttavia, secondo le Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581), è necessario adeguare la ricostruzione del nesso di causalità alle peculiarità delle singole fattispecie normative di responsabilità civile, applicando il criterio correttivo della «causalità adeguata» o «regolarità causale», in virtù del quale, all'interno della serie causale, è necessario assegnare rilievo unicamente alle cause di cui l'evento rappresenti uno sviluppo non del tutto imprevedibile alla luce di una valutazione effettuata ex ante. L'accertamento del nesso causale, come pure tratteggiata dalla Corte EDU, 21 giugno 2017, C-621/15, comporta la valutazione della sua effettiva sicurezza in relazione alla singola condotta causalmente efficiente alla produzione dell'evento, apprezzata sulla scorta delle circostanze del caso concreto, per come emerse all'esito dell'istruzione probatoria condotta nel processo. Nel caso al centro della sentenza in commento, si richiama un precedente della Cass. civ., sez. III, 24 aprile 2001, n. 6023, secondo il quale, nel valutare l'efficacia interruttiva del nesso eziologico con gli antecedenti, il rapporto causale può essere instaurato anche con gli antecedenti causali, purché la causa successiva sia di per sé sola sufficiente a cagionare il danno in ragione della sua eccezionalità. Di conseguenza, secondo tale pronuncia (su una fattispecie analoga a quella della sentenza in commento) «la questione da risolvere non era se l'evento epatite da trasfusione potesse essere considerato conseguenza normale o regolare di un incidente stradale, ma se lo possa essere quando le lesioni prodotte dall'incidente richiedono di eseguire sull'infortunato interventi chirurgici e questi impongono il ricorso a trasfusioni di sangue (...) non è stato acquisito, attraverso l'indagine tecnica, alcun elemento in contrasto con l'implicita valutazione del giudice di merito, per cui l'epatite non costituisce esito anomalo, ma un rischio insito nelle trasfusioni ed un evento che ne consegue con determinata regolarità». In tale arresto, gli Ermellini avevano ascritto così all'autore del sinistro stradale anche l'infezione da epatite contratta dal paziente a seguito dell'intervento chirurgico e delle trasfusioni eseguite in quella sede, sulla base di un approccio esclusivamente condizionalistico e dell'equivalenza causale, sostenendosi che l'infezione epatica si ponga come vicenda possibile nel corso di una terapia chirurgica e trasfusionale. È, tuttavia, evidente come il precedente della Corte di Cassazione del 2001 sia il precipitato di un orientamento di politica del diritto orientato in un'ottica di compensazione pura della responsabilità civile, con il risultato di far gravare il danno da contagio da epatite sulla "tasca profonda" dell'assicurazione del proprietario del veicolo danneggiante, assumendo il rischio d'infezione come esito non anomalo in caso di emotrasfusione. Invero, pochi anni dopo, in un'altra pronuncia la Cass. civ., sez. III, 7 dicembre 2005, n. 26997, ha reputato corretto il ricorso al criterio c.d. della «causa prossima di rilievo» per stabilire che i danni patiti da un automobilista in seguito ad un tamponamento hanno costituito un mero antecedente logico privo di rilevanza giuridica e non già una concausa delle lesioni riportate dallo stesso automobilista per essere, subito dopo, precipitato scavalcando il segnavia. Se, infatti, deve riconoscersi alla responsabilità da fatto illecito, accanto alla funzione sanzionatoria del danneggiante, anche quella di reintegrare il patrimonio del danneggiato, allora quest'ultimo non ha diritto di essere risarcito ogni qualvolta il bene leso non rientra nell'ambito di protezione della norma cautelare violata o comunque vi sia incongruenza tra scopo della norma e modalità di verificazione del danno: pertanto, la responsabilità può estendersi unicamente fino all'evento che la disposizione di legge mirava a evitare. Si tratta del principio di diritto, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di responsabilità civile, affinché la violazione di una norma possa costituire causa o concausa di un evento, è necessario che essa sia preordinata ad impedirlo; in caso contrario, la condotta trasgressiva del contravventore assume autonoma rilevanza giuridica, ma non costitutiva di un rapporto di causalità con l'evento, in relazione al quale diviene un mero antecedente storico occasionale (Cass. civ., sez. VI, 22 marzo 2017, n. 7352; Cass. civ., sez. III, 9 giugno 2010 n. 13830). Orbene, nel caso che ci occupa, bene ha fatto la Corte di Cassazione a considerare che la violazione della regola cautelare stradale si configura come mero antecedente temporale dell'ipotetico evento lesivo, non assumendo la funzione di concorrente elemento efficiente, tale da determinare un rapporto di causalità giuridica rilevante. Ha confermato così le conclusioni dei giudici di merito, secondo i quali la causa delle lesioni dovevano rinvenirsi nelle emotrasfusioni da sangue infetto, trattandosi di una patologia estranea alla serie delle conseguenze ordinarie di un sinistro stradale. Pertanto, la causa dell'evento pregiudizievole sono, appunto, solo ed esclusivamente le emotrasfusioni, mentre il sinistro stradale costituisce un mero antecedente temporale del tutto sganciato dalla successiva autonoma e determinante condotta degli operatori sanitari e della struttura ospedaliera che non aveva assicurato l'integrità del sangue utilizzato. |