Responsabilità civile
RIDARE

Pagamento a creditore apparente

07 Gennaio 2025

Il contributo si occupa del pagamento che il debitore effettui al creditore ritenuto tale sulla base dell’apparenza, ma che non è legittimato a ricevere la prestazione e delle condizioni in presenza delle quali un tale pagamento possa avere efficacia liberatoria per il debitore.

Massima

Si deve escludere l'applicabilità dell'art. 1189 c.c., norma diretta a tutelare il solo debitore che paghi il creditore che appaia “univocamente” tale, nel caso in cui siano espressamente rivolte al debitore, prima del pagamento, pretese contrastanti da diversi potenziali aventi diritto, atteso che in tale ipotesi non ricorre né una situazione oggettivamente univoca, né la buona fede soggettiva del creditore. Sono salvi solo i casi in cui  le contrastanti pretese appaiano prima facie manifestamente infondate e pretestuose ovvero vi sia un ordine giudiziale che imponga il pagamento in favore di uno dei pretendenti

Il caso

Gli eredi di una perpetua agivano in giudizio nei confronti della Compagnia Assicurativa per ottenere il pagamento del premio di una polizza che un sacerdote aveva stipulato a favore della predetta perpetua, premorta. La Compagna Assicurativa deduceva di aver già reso la prestazione assicurativa pretesa dagli eredi della perpetua in favore della erede e sorella del sacerdote, la quale veniva chiamata in causa ai fini della manleva.

Il Tribunale di Milano rigettava la domanda degli attori e la sentenza veniva poi confermata dalla Corte d’Appello che tornava a decidere della controversia a seguito della cassazione con rinvio della sentenza d’appello. In questo secondo giudizio di gravame, instaurato a seguito del rinvio, la Corte milanese accoglieva la domanda di accertamento del diritto degli attori, eredi della perpetua, a conseguire il pagamento della prestazione assicurativa, essendo la perpetua l’effettiva beneficiaria della polizza, ma rigettava la domanda di condanna nei confronti della Compagna assicurativa poiché quest’ultima avrebbe pagato con effetto liberatorio alla creditrice apparente, la sorella del sacerdote. Quest’ultima, però, non è stata condannata alla restituzione della somma incassata a favore degli eredi della perpetua in quanto questi non hanno reiterato nel giudizio di rinvio la relativa domanda

Avverso la sentenza d’appello ricorrevano per Cassazione gli eredi della sorella del prete e resistevano con due distinti controricorsi con ricorsi incidentali gli eredi della perpetua e la Compagna assicurativa.

La questione

La questione posta all'attenzione della Suprema Corte concerne l'efficacia liberatoria del pagamento effettuato dal debitore al creditore apparente ai sensi dell'art 1189 c.c.. In specie, la Corte si è soffermata sul requisito, richiesto dalla precitata norma, della presenza di circostanze univoche in base alle quali il creditore accipiens appaia come legittimato a ricevere la prestazione e sulla ratio della disposizione, pacificamente posta a tutela (anche) delle ragioni del soggetto vero creditore.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in commento riguarda una fattispecie fattuale che, si comprende, essere complessa, ma che la Corte pregevolmente semplifica proprio alla luce della chiarezza del dettato normativo dell'art. 1189 c.c., di cui viene posta in controluce dalla Suprema Corte la ratio. La pronuncia trae spunto, in realtà, non tanto dal ricorso in via principale (proposto dagli eredi della creditrice “apparente” che ha ricevuto il pagamento), bensì dal ricorso in via incidentale degli eredi della effettiva legittimaria dal lato attivo del rapporto obbligatorio.

La prospettiva assunta dalla Corte è affatto interessante poiché muove dal presupposto che quella prevista dall'art. 1189 c.c. sia una tutela accordata al debitore a carattere eccezionale e che sottintenda la meritevolezza dell'effetto liberatorio al ricorrere di peculiari condizioni. Il tema su cui si soffermano gli Ermellini è quello della univocità dell'apparenza: il creditore deve apparire come legittimato a ricevere il pagamento secondo circostanze univoche e al debitore è richiesta la buona fede soggettiva, cioè l'ignoranza di ledere l'altrui diritto.

L'esito cui giunge la sentenza in commento è il frutto di un interessante percorso argomentativo di analisi della decisione della corte territoriale. La premessa fattuale è che sono evidentemente pervenute alla compagnia assicurativa-debitrice plurime richieste di pagamento, da differenti soggetti tra cui l'assicurato ma con sottoscrizioni non genuine. Ed è interessante come la Corte precisi l'irrilevanza dell'eccezione della compagnia assicuratrice-debitrice di estraneità alle operazioni eventualmente scorrette, come quelle di falsificazione della firma, poste in essere dai creditori; anzi, a contrario, la Corte valorizza l'emersione di una diatriba tra le parti in ordine alla autenticità della sottoscrizione come dato oggettivo del tutto contrario alla univocità dell'apparenza. Né può avere valore il disconoscimento “stragiudiziale” di una sottoscrizione: nel caso di specie, infatti, era pervenuta una dichiarazione dell'assicurato che dichiarava come non propria la firma in calce alla rinuncia alla facoltà di revoca. Sono elementi che, nell'argomentare della Corte, depongono per la sussistenza di una situazione di conflitto tra creditori che avanzano pretese contrastanti.

Ed è a partire da tale contesto che la sentenza in commento trae lo spunto per una generale riflessione sull'istituto del pagamento al creditore apparente che – ricorda la Corte – mira a tutelare il debitore che adempie in buona fede cioè nello stato psicologico di ignoranza del potenziale danno che l'adempimento arrecherebbe ad un soggetto diverso da quello al quale si accinge ad offrire la prestazione; tale ignoranza non sussiste ogni volta in cui si palesi un conflitto tra soggetti che avanzano contestualmente le medesime pretese. Ammettere l'efficacia liberatoria del pagamento al creditore “apparente” in un caso del genere si tradurrebbe nella (indebita) attribuzione al debitore di una arbitraria facoltà di scelta, che – si badi – anche quando “non irragionevole” non può essere riconosciuta. Il pagamento, infatti, se fatto al creditore apparente è liberatorio per il debitore solo in una situazione di univocità che ontologicamente esclude una scelta, concetto dicotomico (quanto meno). Le uniche possibili eccezioni sono costituite dal caso in cui vi sia un ordine di carattere giudiziale al debitore di pagare un determinato soggetto o in cui le pretese di uno dei soggetti siano talmente manifestamente infondate e pretestuose da non minare l'univocità della qualità di creditore del soggetto nei cui confronti il debitore intende adempiere.

E allora dinnanzi ad un conflitto tra creditori che avanzano pretese contestuali come può il debitore che è in dubbio sul soggetto legittimato a ricevere la prestazione liberarsi dalla propria obbligazione? La Corte ricorda che in questo caso è data al debitore la possibilità di ricorrere al cd. sequestro liberatorio previsto dall'art. 687 c.p.c. al fine di mettere a disposizione dell'effettivo titolare la somma dovuta in attesa dell'accertamento del legittimato effettivo. Ove, invece, pur in uno situazione dubbia e non univoca il creditore scelga di adempiere si assume il rischio che il pagamento non sia liberatorio. Nel caso di specie la compagnia assicurativa ha corrisposto la somma alla sorella dell'assicurato (il sacerdote) sulla base di documenti della cui autenticità della sottoscrizione ha dubitato e in presenza della concorrente e configgente richiesta di pagamento degli eredi della beneficiaria (la perpetua) indicata nella polizza e, pertanto, non può ritenersi liberata dall'obbligo di adempiere la prestazione

Osservazioni

Con la decisione in commento la Suprema Corte delinea i presupposti della fattispecie di cui all'art. 1189 c.c. in un'ottica dinamica, a partire cioè dai temi che il caso di specie ha posto. Il pagamento al soggetto non effettivo creditore è liberatorio per il debitore sole ove ricorrano, congiuntamente un presupposto oggettivo, costituito da elementi concreti ed obiettivi da cui possa dedursi la sussistenza della legittimazione in capo all'accipiens; e da un presupposto soggettivo la buona fede, ovvero la convinzione che lo stato di fatto corrisponda alla realtà giuridica.

Quanto al primo requisito è interessante il punto di vista della sentenza di cui ci occupiamo che indica un criterio di risoluzione di quella che è una questio facti: laddove vi sia una situazione di conflitto, laddove cioè pervengano pretese contrastanti da soggetti diversi è esclusa l'univocità delle circostanze e, si badi, ciò ove anche il pagamento fosse stato effettuato ad un soggetto ragionevolmente legittimato in astratto: la contemporaneità di richieste contrastanti esclude, in radice, l'invocabilità della prevalenza della apparenza sulla realtà poiché non si può ammettere alcuna facoltà di “scelta” in capo al debitore. Al solo ricorrere di una tale ipotesi l'affidamento non è più tutelato.

Infatti, il secondo presupposto si traduce nel grado di scusabilità dell'errore in cui il debitore incorre: è richiesto uno sforzo di diligenza nell'accertamento della qualità dell'accipiens.

Nel caso di specie, se è vero che le richieste contrastanti rispetto a quelle degli eredi della beneficiaria indicata nella polizza venivano da un erede dell'assicurato, è anche vero che una situazione di conflitto vi era ed era tale, secondo la Corte, da rendere necessario l'approfondimento sulla legittimazione a ricevere la somma erogata.

E, allora, l'analisi ai fini della sussunzione della fattispecie passerà, necessariamente dalla delineazione della condotta esigibile dal soggetto debitore al fine di appurare la realtà giuridica rispetto a quella fattuale che gli si pone. Per esempio, nel caso in cui vi sia un sistema di pubblicità mediante il quale sia possibile controllare l'effettivo potere di richiede la prestazione (è il caso degli organi della società e dei relativi poteri iscritti al Registro Imprese), l'apparenza è sempre verificabile e la buona fede, quale convinzione di non ledere alcuno, non potrà certo essere invocata. Vi sono altri casi, come quello in cui l'ordine di pagamento derivi da una pronuncia esecutiva del Giudice in cui, invece, l'eventuale “errore” è sempre da considerare scusabile, e l'evento liberatorio.

Con la sentenza in commento, infine, la Suprema Corte assume, dal punto di vista rimediale, la duplice prospettiva del vero creditore, la cui pretesa (o aspettativa) viene lesa, e al quale non resterebbe che l'azione di ripetizione nei confronti dell'accipiens “falso” creditore con tutte le conseguenze in termini di difficoltà di recupero e del debitore che potrebbe ricorrere al sequestro liberatorio al fine di mettere la somma dovuta a disposizione di colui che sarà accertato come vero legittimario.

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