Condominio e locazione

La delibera assembleare che devia dalla sua funzione sconfina nell'atto emulativo

17 Gennaio 2025

L'art. 1137 c.c. stabilisce che, contro le delibere contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino assente, contrario o astenuto può adire l'autorità giudiziaria per chiederne l'annullamento. La norma non definisce quali siano i limiti che il giudice incontra nell'accertamento della correttezza della delibera assembleare, tanto è vero che il recinto della sindacabilità del giudice in questo campo è il prodotto di una costruzione giurisprudenziale oramai più che consolidata. Solo abuso di diritto o eccesso di potere consentono al giudice di entrare nel merito di una delibera superando la discrezionalità dell'assemblea.

Massima

L'art. 833 c.c. (”atti emulativi”) ha la finalità di assicurare che l'esercizio di proprietà risponda alla funzione riconosciuta al titolare dell'ordinamento, impedendo cioè che i poteri e le facoltà dal medesimo esercitate si traducano in atti privi di alcun interesse per il proprietario ma che, per le modalità con cui sono realizzati, abbiano effetto di recare pregiudizio ad altri. In buona sostanza, l'atto deve essere obiettivamente privo di alcuna utilità per il proprietario, ma di per sé idoneo ad arrecare danni a terzi.

Il caso

Alcuni condomini agivano in giudizio dinanzi al Tribunale competente per sentire dichiarare illegittima, nulla e/o annullabile la delibera con la quale il condominio aveva deciso di rimuovere gli orti e gli arbusti esistenti negli spazi condominiali, ponendo a carico dei condomini le relative spese. Gli attori, in particolare, lamentavano la violazione dell'art. 833 c.c. mancando una spiegazione giustificativa di tale decisione quanto agli eventuali vantaggi che l'intervento potesse arrecare alla comunità.

Il Condominio, il quale aveva deliberato di non partecipare alla mediazione ed era rimasto contumace anche nell'incardinato giudizio, aveva successivamente deciso di sospendere l'esecuzione dell'impugnata delibera.

Il Tribunale, accertato che la delibera difettava di qualsivoglia valida causa, ne rilevava il carattere emulativo e accoglieva la domanda di annullamento, condannando il soccombente condominio alla rifusione delle spese di lite in misura ridotta, in considerazione del suo comportamento positivo da individuarsi nella sospensione di quanto deliberato in attesa dell'esito del giudizio in corso.

La questione

La sentenza in esame ha affrontato il tema dell'applicabilità degli atti emulativi in ambito condominiale, allorché questi coincidano con un abuso di diritto.

Le soluzioni giuridiche

A fondamento della sua decisione il Tribunale ha richiamato la giurisprudenza concernente l'art. 833 c.c. che disciplina gli atti di emulazione stabilendo che il proprietario non può compiere atti, i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri. La norma trova piena applicazione in ambito condominiale, considerato che l'organo collegiale è titolare di un potere decisionale che si esprime attraverso l'approvazione di delibere assembleari prese nell'interesse collettivo, mediante le quali vengono decise le modalità concrete di utilizzazione del bene comune, così come l'assemblea ha la discrezionalità di annullare ovvero modificare una sua precedente delibera, potendo sempre rivalutare la corrispondenza della stessa agli interessi attuali e generali. Tutto questo, tuttavia, incontra il limite generale posto dall'art. 833 c.c. che configura l'abuso di diritto, che si verifica quando viene realizzato un atto che non ha interesse per il titolare e provoca un danno o un pericolo di danno per gli altri soggetti.

Questi principi riportati nell'ambito delle delibere assembleari comportano che tale vizio si verifica allorché la relativa causa è deviata dalla funzione tipica (Trib. Roma 17 aprile 2019) e questo è quanto accaduto nel caso di specie, nel quale non era stato possibile verificare, per mancanza di chiarimenti da parte del condominio, quali fossero le ragioni per assumere la decisione di eliminare gli “orti” comuni per effetto della quale i condomini si dovessero sobbarcare una spesa comune.

Osservazioni

Per la sussistenza di un atto emulativo devono concorrere, secondo la giurisprudenza (Cass. civ., sez. II, 9 ottobre 1998, n. 9998), due elementi: uno oggettivo, consistente nell'assenza di utilità per il proprietario, ed uno soggettivo, costituito dall'animus nocendi, ossia l'intenzione di nuocere o di recare molestia ad altri. Non si rientra in tale quadro se sia stata accertata la presenza di un apprezzabile vantaggio del soggetto da cui l'atto sia stato compiuto (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1995, n. 3558), così come l'operatività dell'art. 833 c.c. non può essere invocata nel compimento di una condotta omissiva.

A questo proposito, è stato affermato (Cass. civ., sez. II, 20 ottobre 1997, n. 10250) che, dal tenore letterale dell'art. 833 c.c., risulta che con il termine atti si designa una condotta che si esprime nell'agire e non nel non fare o nel subire un quid. Sussiste, pertanto, un'incompatibilità del secondo rispetto al primo, che porta a concludere che solo se viene violato il preciso obbligo previsto dalla norma in questione l'atto stesso sarà oggetto di sanzione. La condotta negativa, invece, non è idonea ad integrare la nozione di atto emulativo, non essendo ravvisabile in essa, come esige la norma sopra indicata, il solo scopo di nuocere o di recare ad altri molestia. Da ciò si deduce, quindi, che per la configurabilità dell'ipotesi normativa di cui all'art. 833 c.c. debbano sussistere entrambi le componenti.

Questi principi di ordine generale si possono trasferire in ambito condominiale, con particolare riferimento all'annullamento delle delibere assembleari affette da abuso di diritto o eccesso di potere.

È pacifico che nelle sue decisioni l'assemblea è sovrana e che il giudice non può interferire in merito all'opportunità di una delibera, tranne nel caso in cui vi sia stato un abuso di diritto o un eccesso di potere. Il sindacato dell'autorità giudiziaria, infatti, in questo caso è limitato al riscontro della conformità della decisione alle norme di legge e/o del regolamento di condominio, quale risultato di un corretto esercizio del potere dell'organo deliberante (Cass. civ., sez. II, 25 febbraio 2020, n. 5061; Cass. civ., sez. II, 17 agosto 2017, n. 20135). Questo comporta che il sindacato del giudice è precluso riguardo ad una delibera che sia fondata su dati ed apprezzamenti obiettivamente rivolti alla realizzazione di interessi comuni ed alla buona gestione dell'amministrazione, ma sempre in considerazione del fatto che questa resti contenuta nei limiti che caratterizzano l'attività dell'assemblea stessa. In buona sostanza, l'assemblea non può perseguire una finalità estranea alla comunità condominiale.

Nella decisione del Tribunale di Brescia, tali principi hanno rappresentato la base portante per l'accoglimento della domanda degli attori i quali, sostanzialmente, avevano lamentato la mancanza di qualsivoglia interesse generale per decidere di eliminare spazi e beni comuni, come orti ed arbusti. Nella fattispecie, infatti, alla mancata prova della realizzazione della comune utilità dell'atto per la collettività si era aggiunto un ulteriore elemento: il danno patito dai condomini attori da individuarsi non solo nella perdita, ingiustificata, di un bene comune ma anche in un danno economico, consistente nelle spese che questi avrebbero dovuto sopportare per l'esecuzione dell'intervento.

Pertanto, a fronte di una decisione assunta in sede assembleare, pur se formalmente corretta sotto il profilo del quorum deliberativo di cui all'art. 1136 c.c., si era contrapposta la posizione di una minoranza i cui interessi non potevano essere ignorati e, quindi, tutelati così come affermato dalla giurisprudenza di merito (App. Milano 20 settembre 2022, n. 2919). Come si legge, infatti, nella motivazione della sentenza del giudice meneghino la minoranza deve essere garantita da eventuali abusi della maggioranza e in questa ottica l'esame del merito della delibera è consentito al fine di accertare se la delibera stessa sia viziata sotto tale profilo, ma sempre a condizione che vi sia una strumentalità dell'indagine rispetto allo scopo dell'atto finale per accertarne un eventuale contrasto con gli scopi consentiti dalla legge o dal regolamento.

Per concludere, quindi, non solo l'art. 833 c.c. è pienamente applicabile alla materia condominiale, ma anche la nozione di abuso di diritto che perviene dalla giurisprudenza non muta per gli atti compiuti in seno al condominio che, per essere tali necessitano della presenza delle due componenti classiche e caratteristiche degli atti emulativi. 

Riferimenti

Nicoletti, La piantagione di alberi di alto fusto nelle prossimità del confine può con costituire un atto emulativo, in IUS Condominioelocazione, 9 giugno 2023;

Nicola, L'“abuso del diritto” nell'assemblea condominiale, in Condominio&locazioni-NT Plus, 10 gennaio 2020.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.