Tributario

Sequestro preventivo per i crediti fittizi relativi al bonus facciate

28 Gennaio 2025

La Corte di cassazione nella sentenza in commento ha fornito chiarimenti in tema di sequestro preventivo dei crediti fittizi relativi al c.d. bonus facciate. 

Massima

I soggetti che hanno sostenuto spese per gli interventi relativi al c.d. bonus facciate negli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024, ai fini dell'ottenimento della liquidazione, non sono tenuti a documentare lo stato di avanzamento lavori (posto che l'attestazione dei Sal costituisce mera facoltà e non obbligo), purché l'intervento a cui le spese si riferiscono sia almeno iniziato. Infatti, sebbene la novella nulla dica in merito alla documentazione che deve comprovare la fondatezza del preteso diritto, non possono essere erogati contributi, o concesse detrazioni o crediti di imposta in relazione a lavori mai svolti.

Il caso

La vicenda fattuale in commento, prende le mosse dall'ordinanza del Tribunale di Venezia quale Giudice del riesame il quale, pronunciando in materia di misure cautelari reali, con ordinanza del 10 aprile 2024, confermava integralmente il provvedimento del Giudice per le Indagini preliminari del locale Tribunale che aveva disposto il sequestro preventivo, sia impeditivo (per ben 6,2 milioni di euro), che finalizzato alla confisca (sino alla concorrenza di 1,9 milioni di euro), dei crediti fiscali maturati dagli indagati e da questi ultimi fraudolentemente ottenuti mediante false attestazioni.

A detta del G.i.p. e, successivamente, del Tribunale del Riesame del capoluogo lagunare, andava accolta e confermata la richiesta del Pubblico Ministero dell'applicazione della misura cautelare sui crediti fittizi, perché relativi a lavori non erano stati effettuati, ritenendo per questo sussistenti le fattispecie criminose della truffa aggravata ai danni dello Stato, finalizzata all'illegittima fruizione di incentivi pubblici, e dell'indebita compensazione fiscale operata dagli imputati.

Avverso tale ordinanza gli indagati hanno adito la Corte di Cassazione, censurando l'interpretazione che esclude la possibilità di ottenere il credito di imposta per il bonus facciate in assenza di stato avanzamento dei lavori, posto che, secondo la normativa sopravvenuta, tale requisito per la liquidazione sarebbe meramente facoltativo.

Tale tesi non era condivisa dalla Suprema Corte, la quale rigettava il gravame interposto dai ricorrenti, ritenuto inammissibile, confermava la legittimità delle misure impugnate e condannava i ricorrenti alle spese di lite.

Nello specifico, secondo il giudice di legittimità, l'articolo 121, comma 1-bis, del d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (più noto come decreto rilancio), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, si limita a chiarire che, per le ipotesi differenti dal superbonus, la liquidazione delle spese in base agli stati di avanzamento lavori costituisce una mera facoltà e non un obbligo (v. Cass. 44726/2024).

Pertanto, è certamente possibile rilasciare l'attestazione della congruità dei costi, necessaria per effettuare lo sconto in fattura o la cessione del credito, anche in assenza di un SAL o di una dichiarazione di fine lavori, ma a condizione che l'intervento al quale le spese asseverate si riferiscono sia stato, concretamente, almeno iniziato.

La questione 

La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se per le ipotesi differenti dal superbonus, ai fini della fruizione del credito maturato, la liquidazione delle spese in base agli stati di avanzamento lavori costituisca, o meno, una mera facoltà.

La soluzione giuridica

Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in commento.

Il d.l. n. 39/2024 – in vigore dal 29 marzo 2024 e convertito in legge con un maxi-emendamento del Governo – introduce importanti restrizioni, nuovi adempimenti e ulteriori paletti che limitano significativamente l'accesso ai bonus edilizi e la loro attrattività.

Il testo coordinato con la legge di conversione 23 maggio 2024, n. 67 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 123 del 28 maggio 2024.

Con riferimento alle detrazioni spettanti per gli interventi edilizi/di risparmio energetico di cui all'art. 121, comma 2, d.l. n. 34/2020, la novella conferma che non sarà più possibile esercitare l'opzione per lo sconto in fattura/cessione del credito di cui al citato art. 121, a decorrere dal 17 febbraio 2023 (data di entrata in vigore del Decreto “originario”).

L'impossibilità di optare per lo sconto in fattura/cessione del credito riguarda tutti gli interventi elencati nel comma 2 del citato art. 121 e pertanto sia quelli con detrazione del 110% – 90% che quelli con le detrazioni “ordinarie”.

I soggetti che sostengono le spese per tali interventi agevolati, quindi, possono solo utilizzare la detrazione spettante direttamente in dichiarazione dei redditi, fatta eccezione per le fattispecie escluse dal divieto di opzione dai commi 2 e 3, di seguito riportate.

Il divieto in esame riguarda l'esercizio dell'opzione per lo sconto in fattura/prima cessione del credito da comunicare all'Agenzia delle Entrate con l'apposita Comunicazione.

La disposizione in esame non riguarda i crediti che risultano già nella piattaforma: pertanto, i crediti già risultanti in capo ai fornitori/cessionari potranno continuare ad essere ceduti nel rispetto delle limitazioni vigenti.

Al fine di individuare le fattispecie escluse dal “blocco”, per le quali pertanto è ancora possibile esercitare l'opzione per lo sconto in fattura/cessione del credito, sono stati confermati i commi 2 e 3 dell'art. 2 originariamente previsti dal Decreto in esame e sono state fatte alcune implementazioni.

Il predetto “blocco” delle opzioni non trova applicazione per le spese sostenute per gli interventi di superamento ed eliminazione di barriere architettoniche di cui all'art. 119-ter, d.l. n. 34/2020 (con detrazione del 75%).

Conclusioni

Tornando al caso in commento, la Seconda sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 44726 del 05 dicembre 2024 ha ritenuto applicabile la misura del sequestro preventivo, tanto impeditivo che finalizzato alla confisca, dei crediti d'imposta fittizi maturati con il cosiddetto bonus facciate, ossia per interventi concretamente mai eseguiti di recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna della medesima, nonostante il d.l. n. 11 del 16 febbraio 2023 (il c.d. blocca cessioni), all'articolo 2-ter (“Norme di interpretazione autentica in materia di condizioni per la detraibilità delle spese”), stabilisca che, per gli interventi diversi dal superbonus è possibile accedere alle detrazioni d'imposta differenti dalla fruizione diretta, ossia sconto in fattura e cessione del credito, anche senza stato d'avanzamento lavori.

Ad ogni modo, il decreto Blocca cessioni nulla ha aggiunto in merito alla documentazione che deve comprovare la fondatezza del preteso diritto del beneficiario.

Contestualizzando al caso in commento, in assenza di produzione, da parte dei ricorrenti, di qualsiasi elemento, sia pure indiziario, dal quale dedurre l'effettività degli interventi, qualificati come rientranti nella categoria di quelli riconducibili al bonus facciate, per i quali erano maturati i crediti fittizi sequestrati, correttamente il G.i.p. prima ed il Tribunale di Venezia, in sede di riesame, hanno applicato la misura preventiva del sequestro, in ogni caso giustificata dalla necessità di impedire che la libera disponibilità dei crediti potesse aggravare o protrarre le conseguenze dei reati ipotizzati, ovvero agevolare la commissione di reati ulteriori.

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